Le avventure del grande botanico-esploratore Odoardo Beccari, celebre soprattutto per aver scoperto la pianta con l'infiorescenza più grande del mondo, Amorphophallus titanum, iniziano sotto il segno di lord Brooke, l'arcinemico di Sandokan, grazie alla cui protezione poté espolorare il Borneo sdettentrionale. I suoi viaggi lo portarono, nell'arco di un ventennio, anche in Malaysia, Indonesia e Corno d'Africa, dove fu coinvolto negli esordi del colonialismo italiano. Fu ancora un membro della famiglia Brooke, la rani Margareth, a convincerlo a scrivere il brillante Nelle foreste di Borneo, che, tradotto in inglese, gli assicurò fama europea. Tra i suoi più avidi lettori, anche Emilio Salgari, che ne trasse lo sfondo e molti particolari per il ciclo di Sandokan. Entusiasta e coraggioso viaggiatore in gioventù, nell'età matura Beccari si specializzò nello studio delle palme, di cui divenne uno dei massimi esperti mondiali. Lo ricordano decine di nomi specifici di piante e animali, e ben quattro nomi di generi botanici: Beccarianthus, Beccariella, Beccarinda, Beccariophoenix. Primo viaggio: nel regno di Sarawak La vocazione di esploratore e viaggiatore senza paura per Odoardo Beccari, giovane botanico fiorentino fresco di laurea, nasce dall'incontro con il marchese Giacomo Doria, presidente della Società geografica italiana, appena rientrato da un viaggio in Persia. Entrambi condividevano la passione per la natura (Doria era stato allievo del padre David, quando questi insegnava a Savona) e progettarono immediatamente una spedizione in qualche luogo inesplorato. Su consiglio di John Ball, celebre naturalista e alpinista, scelsero il regno di Sarawak, in Borneo. Per conoscere meglio la fauna e la flora del sud est asiatico, nel febbraio 1865 il ventiduenne Beccari si spostò a Londra, a studiare le collezioni indiane del British Museum e del giardino botanico di Kew. Qui, oltre a naturalisti come Hooker o Darwin, conobbe sir James Brooke, il leggendario rajah bianco di Sarawak. che, ormai anziano e malato (sarebbe morto tre anni dopo, nel 1868) era in patria per curarsi. Brooke prontamente scrisse lettere commendatizie in cui raccomandava i naturalisti italiani al suo reggente e futuro successore. All'inizio di aprile Beccari partì da Southampton alla volta di Alessandria d'Egitto, dove incontrò Doria e suo fratello Giovanni Battista, a sua volta diretto in Giappone. A giugno giunsero a Kuching, la capitale di Sarawak. All'inizio furono ospiti di Charles Brooke, il Tuan-muda (il"giovane principe"); poi si sistemarono in una piccola casa, con alcuni servitori, acquistando anche un sampan. Ben presto Doria e Beccari cominciarono a esplorare la foresta profonda che all'epoca circondava Kuching; intenzionato a conoscere da vicino quel nuovo mondo, Beccari si fece costruire una grande capanna nella foresta del Gunon Mattang, a circa 300 m sul livello del mare. Ma presto la salute di Doria cominciò a deteriorarsi, così che il geografo nel marzo 1866 fu costretto a rientare in Italia. Dopo aver accompagnato l'amico a Singapore, Beccari tornò a Sarawak e si stabilì nella capanna, ribattezzata "Vallombrosa", deciso a completare da solo il programma di esplorazione. Fino alla fine dell'anno fu il quartier generale da cui mosse per escursioni sulle montagne circostanti mettendo insieme una collezione straordinaria. Sul monte Poe scoprì una nuova specie di Rafflesia, che in onore del suo protettore battezzò R. tuan-mudae. Dedicò poi il 1867 all'esplorazione dell'interno, toccando anche aree mai visitate dai bianchi; si mosse in genere lungo i fiumi, ma anche a piedi, quando doveva superare rapide o penetrare nella foresta densa; corse più volte rischi mortali, come quando, persa la bussola, vagò per due giorni senza cibo in una foresta disabitata. Fino ad allora la sua salute era stata eccellente, ma verso la metà dell'anno contrasse la malaria e più tardi l'elefantiasi; perciò, benché avesse pianificato una nuova spedizione nell'interno, nel gennaio 1868 lasciò Kuching per rientrare in Italia. Qui aveva comunque il suo daffare a riordinare le enormi collezioni di esemplari naturalistici (oltre 4000 esemplari botanici, spesso costituiti da singole specie, molte delle quali ignote alla scienza) e etnografici, che in parte affidò al Civico museo di storia naturale di Genova, fondato e diretto da Doria. Nuova Guinea e dintorni Ma la vita del botanico da scrivania non si addiceva all'avventuroso Beccari. Nel 1870 fu contattato dalla Società geografica italiana e dalla compagnia di navigazione Rubattino, intenzionata ad acquistare la baia di Assab; venne così coinvolto negli esordi del colonialismo italiano, visitando insieme a Orazio Antinori e Arturo Issel la baia di Assab e il paese di Bogos, dove raccolse una notevole collezione di piante. Rientrato in Italia, incominciò a progettare una seconda spedizione malese, che prese avvio alla fine di novembre 1871. Il suo nuovo compagno era un altro ex allievo di David, il conte Luigi Maria d'Albertis. La prima tappa fu Giava, dove i due viaggiatori visitarono l'orto botanico di Bogor e il monte Gedeh. Ripartitono quindi alla volta della Nuova Guinea, che raggiunsero nel marzo 1872, dopo brevi soste a Flores, Timor, Banda e Ambon. Qui si ripeté in qualche modo quello che era avvenuto a Sarawak: dopo un inizio promettente, che li portò nell'isola di Sorong, quindi a Dorei e Andai, nella Guinea Occidentale, d'Albertis si ammalò gravemente e Beccari, in mezzo a mille difficoltà si ingegnò di riportarlo ad Ambon. Mentre il marchese rientrava in Italia a bordo della corvetta italiana Vettor Pisani, Beccari continuò il lavoro sul campo, visitando oltre ad Ambon le isole Aru (durante il viaggio contrasse il vaiolo) e Kei (qui il sampan su cui era imbarcato fece naufragio, ma per fortuna sia le attrezzature sia le collezioni si salvarono). La tappa successiva fu Celebes (oggi Sulawesi), di cui Beccari esplorò l'area sudoccidentale per tre mesi fino al febbraio 1874, spostandosi poi nell'area di Kendari nella costa sudorientale dove rimase circa sei mesi, dedicandosi soprattutto a rilievi topografici. Infatti la regione non solo era relativamente povera di piante, ma soprattutto infestata dai pirati sul mare e dai cacciatori di teste via terra. Ad agosto una nave olandese, che era stata inviata appositamente a cercarlo, essendosi sparsa la voce che la sua vita era in pericolo a causa dei pirati, lo portò a Makassar, dove ricevette una graditissima lettera dal marchese Doria, in cui lo informava che la città di Genova aveva accettato di contribuire a una seconda spedizione in Nuova Guinea con una sovvenzione di 15.000 lire. Dopo un breve soggiorno a Giava, a ottobre Beccari dava inizio al suo secondo viaggio in Nuova Guinea. Dapprima si fermò per circa tre settimane nell'isola di Ternate, nelle Molucche, dove raccolse ricche collezioni botaniche e zoologiche, nell'intenzione di farne la sua base per l'esplorazione della Nuova Guinea. Capito ben presto che era impossibile, tornò ad Ambon dove affittò un piccolo veliero, la Deli, con un equipaggio di 10 uomini, ingaggiando anche 8 portatori e un ragazzo come aiutante per la raccolta di piante e animali. La seconda spedizione in Nuova Guinea si protrasse da gennaio a agosto 1875. Usando come base la nave, l'esploratore visitò Sorong (dove scoprì anche un fiume non indicato nelle carte), l'isola di Wagei, quindi si mosse in direzione di Dorei lungo la costa occidentale della Baya di Geelvink; il resto della primavera fu dedicato all'esplorazione di altre isole della baia. All'inizio di giugno giunse a Dorei, dove incontrò la corvetta Vettor Pisani, cui affidò le sue collezioni, per partire verso i monti Arfak, stabilendo la sua base a Hatai, a 1500 m sul livello del male al centro della catena montuosa. Aveva progettato di dedicare almeno due mesi alla sua esplorazione, ma lo scoppio di un'epidemia di beri beri tra l'equipaggio (c'erano già stati due morti) lo costrinse a rinunciare. Quando ad agosto la Deli rientrò a Ternate, la malattia aveva ucciso buona parte dell'equipaggio. I risultati scientifici di questa seconda spedizione furono eccezionali soprattutto per le raccolte zoologiche (le sole specie di uccelli erano più di 2000) e le collezioni etnologiche, che includevano ogni tipo di oggetto usato dai nativi. Importanti furono anche i rilievi topografici che più tardi permisero al geografo Guido Cora di disegnare mappe di varie regioni. Il suo amore per la natura spicca nelle pagine che nelle lettere inviate dalla Nuova Guinea dedicò alla vita degli uccelli, in particolare al giardiniere bruno Amblyornis inornata, di cui descrisse con ammirazione e poesia le "capanne e giardini". Relativamente meno ricche le raccolte botaniche (al contrario di Borneo e Sumatra, dove Beccari opererà successivamente, in Nuova Guinea gli endemismi sono meno numerosi). Prima di lasciare la Nuova Guinea, Beccari ricevette il permesso di unirsi alla nave olandese Soerabaja che avrebbe effettuato ricerche barometriche e dal novembre 1875 alla fine di gennaio 1876 percorse la costa settentrionale della Nuova Guinea, esplorandone le baie e gli arcipelaghi, per poi raggiungere Ambon. Rientrato quindi a Ternate, a marzo si spostò a Giava, per imbarcarsi per l'Italia, dove rientrò dopo quattro anni e mezzo d'assenza, ricevendo molti onori. L'infiorescenza gigante di Sumatra Non bastarono certo a trattenerlo a casa. Dopo nemmeno un anno partì di nuovo, questa volta insieme a Enrico d'Albertis, cugino del suo precedente compagno. Concepita più come un viaggio di piacere che come spedizione scientifica, questa crociera iniziata nell'ottobre 1877 li portò in India, a Singapore, ancora a Kuching, quindi in Australia, Tasmania e Nuova Zelanda. Nel viaggio di ritorno, Beccari si separò da d'Albertis a Singapore per raggiungere Giacarta e Bogor, dove avrebbe preparato una spedizione a Sumatra. Lasciata Giava a maggio, all'inizio di giugno era a Padang, da dove, proprio come aveva fatto in Borneo e Nuova Guinea, si spostò nel cuore della foresta primaria del monte Singalong, un vulcano estinto alto quasi 2900 metri. Qui, al limite tra le coltivazioni e la foresta, all'altezza di 1700 m si fece costruire una capanna, che chiamò "Bellavista", dove visse tre mesi esplorando le pendici della montagna; esplorò poi la regione tra Padang e Bangok, dove giunse a novembre. Il bottino botanico raccolto soprattutto sul Singalang fu eccezionale (oltre 1000 esemplari); la scoperta più nota è quella di Amorphopallus titanum. Come egli stesso raccontò, ad agosto scoprì quello che inizialmente scambiò per il tronco di un albero ricoperto di licheni; avendo poi capito che si trattava del gambo di una foglia gigantesca di una Aracea, macchiettato di chiaro, promise un premio a chi gliene avrebbe portato un fiore. Dopo una mese la sua attesa fu premiata: per portarglielo, il mostruoso fiore fu legato a un palo e trasportato a spalle da due uomini. Come Rafflesia arnoldii è il fiore individuale più grande del mondo, Amorphophallus titanum è l'infiorescenza più grande, può raggiungere i 3 m e ricorda un gigantesco fallo (il nome significa "fallo privo di forma dei titani"); la foglia può raggiungere i 6 m e una superficie di 15 m di diametro. Beccari ne spedì fiori e tuberi al marchese Bardo Corsi Salviati che coltivava piante esotiche nelle serre della sua villa di Sesto Fiorentino; i bulbi però furono trattenuti alla dogana di Marsiglia e perirono; i semi invece raggiunsero il destinatario e germinarono. L'anno successivo il marchese spedì i piccoli tuberi a vari orti botanici europei, tra cui i Kew Botanical Gardens. Mentre le piante "fiorentine" morirono tutte, la pianta di Kew, coltivata in una serra e costantemente immersa in una vasca di acqua tiepida, riuscì a prosperare e dopo dieci anni giunse a fioritura (un evento ancora oggi eccezionale: A. titanum fiorisce ogni 7-10 anni, anche se alcuni esemplari fioriscono ogni 2-3 anni). Ma torniamo a Beccari che rientrò in Italia alla fine di dicembre 1878. La sua avventura malese era finita, ma lo attendeva ancora un viaggio in Africa; questa volta fu lo stesso ministro degli esteri a convocarlo e a inviarlo nuovamente nella baia di Assab (novembre 1879-gennaio 1880). Fu l'ultima tappa della sua ventennale carriera di naturalista-esploratore. Da allora fino alla morte, dopo una breve e burrascosa parentesi come direttore del giardino dei semplici di Firenze, dedicò le sue attività al riordino delle collezioni, agli affari di famiglia (fu tra i pionieri della produzione del Chianti) e allo studio delle piante tropicali, diventando un esperto di palme di fama mondiale. Su suggerimento dell'amica Margareth Brooke (la moglie del Tuan-muda Charles) che soggiornava spesso in Italia, a Bogliasco, e fu più volte ospite di Beccari in Toscana, raccontò le sue avventure malesi in un bellissimo libro di viaggio, Nelle foreste del Borneo (1902) che grazie alla traduzione inglese divenne poi un bestseller anche fuori d'Italia; molte delle fotografie che lo accompagnano erano state scattate dalla stessa rani Margareth. Tra i più avidi lettori dei resoconti di Beccari e di questo libro, anche Emilio Salgari, che ne trasse l'ispirazione e gli scenari per il ciclo di Sandokan (dove James Brooke, primo protettore di Beccari, diventa il cattivo per eccellenza). Altri particolari sulla avventurosa e intensa vita di Beccari nella sezione biografie. Dalle foreste asiatiche agli altipiani del Madagascar A quello che è considerato (insieme a Parlatore) il più grande botanico italiano del secondo Ottocento (e certo il più noto all'estero) furono dedicate numerose specie di piante e animali, a cominciare da quella Tulipa beccariana Bicchi (oggi T. saxatilis Siebold ex Spreng.) che il professor Bicchi, direttore dell'orto botanico di Lucca, gli dedicò quando era ancora adolescente. A ricordarlo sono i nomi di ben quattro generi botanici tuttora validi (altri tre sono invece ritenuti sinonimi): Beccarianthus, Beccariella, Beccarinda, Beccariophoenix. Il genere Baccarianthus, della famiglia Melastomataceae, fu creato nel 1890 dal botanico belga C.A. Cogniaux, in Handleiding tot de Kennis der Flora van Nederlandsch Indië, sulla base di B. pulchra, raccolta da Beccari a Sarawak. E' un genere di piccoli alberi poco noti distribuiti nelle foreste pluviali di Filippine e Papua-Nuova Guinea (oltre all'unica specie del Borneo). Hanno foglie coriacee, con venature molto evidenti, e fiori bisessuali relativamente vistosi raccolti in racemi apicali. Ben poche notizie sono riuscita a reperire, sintetizzate nella scheda. Il genere Beccariella, della famiglia Sapotaceae, fu creato sempre nel 1890 dal botanico francese J.B.L. Pierre, specialista di flora asiatica. Comprende una trentina di specie di alberi sempreverdi delle aree tropicali e subtropicali del Pacifico occidentale, soprattutto dall'Indonesia e la Malaysia all'Australia settentrionale. Hanno foglie coriacee, lucide, a volte cospicuamente tomentose; sia le foglie sia i fusti contengono un lattice che può risultare irritante; alcune hanno frutti relativamente grandi, come la curiosa Beccariella sebertii, originaria della Nuova Caledonia, i cui frutti dalla dimensione di grosse olive sono totalmente ricoperti da un fitto tomento vellutato color ruggine che ricorda la pelliccia di un animale. Qualche approfondimento nella scheda. Il genere Beccarinda, della famiglia Gesneriaceae, creato dal botanico tedesco C.E.O. Kuntze nella sua Revisio Generum plantarum (1891), comprende sette specie di erbacee perenni o suffrutici, litofite o terrestri, diffuse tra Cina, Myanmar e Vietnam. La specie più nota è la graziosa B. tonkinensis, con foglie ovate e irsute che ricordano quelle delle violette africane e fiori tubiformi e lobati lilla chiaro. Qualche notizia in più nella scheda. Se questi tre generi, tutti appartenenti alla flora del sudest asiatico, sono un omaggio all'attività di esploratore e ricercatore sul campo di Beccari che tanto contribuì a farla conoscere, l'ultimo genere è legato al suo contributo allo studio delle palme, in particolare con Palme del Madagascar (1912). E' infatti endemico proprio del Madagascar Beccariophoenix, creato dai francese Jumelle e Perrier de la Bathie nel 1915, che comprende due-tre specie, ormai rare in natura ma apprezzatissime in coltivazione; sono alte palme spettacolari, piuttosto simili nell'aspetto alla palma da cocco, che possono egregiamente sostituire per la maggiore rusticità. B. alfredii è stata scoperta solo di recente, nel 2002, quando Alfred Razafindratsira, osservando una fotografia di Beccariophoenix scattata sull'altopiano attorno a Andrembesoa, fu colpito dal fatto che esso crescesse in un'area così distante e così diversa sul piano ecologico dalla costa e dalle foreste litoranee in cui abitualmente crescono le altre specie; due anni dopo, una spedizione ritrovò questa e un'altra stazione, confermando che si trattava di una nuova specie, subito battezzata alfredii in onore dell'acume del suo "scopritore". Qualche approfondimento nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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