Dopo Euricius e Valerius Cordus, un'altra coppia padre-figlio della Germania del Cinquecento: quella costituita dai due Joachim Camerarius, il Vecchio e il Giovane. Il primo in gioventù fu amico di Euricius, poi divenne una colonna dell'intellighenzia luterana e un notissimo filologo; il secondo studiò in Italia, divenne un medico conteso da principi e sovrani, il riformatore della medicina della sua città, l'autore di un noto testo sugli emblemi, a metà tra erudizione, filosofia morale e naturalismo. Per noi è soprattutto un creatore di giardini: il suo, ricchissimo di piante esotiche, e quelli che aiutò a realizzare o progettò per il langravio d'Assia e il vescovo di Eichstätt. Proprio come quest'ultimo esiste ormai solo nelle magnifiche figure di Hortus Eystettensis, così anche il giardino di Camerarius sopravvive nelle pagine di un libro e di un manoscritto. Auspice Plumier, Linneo gli dedicò il piccolo genere Cameraria. Un emblematico figlio d'arte Abbiamo incontrato Joachim Camerarius il Vecchio (1500-1574) a Erfurt nel 1520, quando, ventenne, aprì una sfortunata scuola latina insieme a Euricius Cordus. Dopo quell'infelice esordio, divenne un intellettuale di punta del Luteranesimo. Professore a Wittenberg, fu a fianco di Melantone che aiutò a scrivere la Confessione augustana; più tardi ne fu anche il primo biografo. Ebbe un ruolo importante nella riforma in senso protestante delle università di Tubinga (insieme a Fuchs) e di Lipsia, dove visse dal 1539 alla morte. Fu uno dei maggiori umanisti della sua generazione, autore di opere di vario argomento e di numerose traduzioni, nonché curatore di fondamentali edizioni critiche, la più importante delle quale è la prima edizione a stampa del testo greco del Tetrabiblos di Tolomeo. Suo figlio Joachim, che per distinguerlo dal padre è noto come Camerarius il Giovane (1534-1598), cresciuto in questa atmosfera intellettuale, poté giovarsi della fitta rete di contatti del padre, che includeva importanti umanisti e le maggiori personalità del mondo riformato. Dopo aver ricevuto un'ottima formazione classica a Wittenberg con Melantone e a Lipsia con il padre, si orientò verso la medicina. Il suo primo maestro fu Johann Crato von Krafftheim, medico cittadino a Breslavia, che si era laureato a Padova e gli consigliò di fare lo stesso; fu così che nel 1559 Joachim il Giovane partì per l’Italia. Per due anni seguì i corsi a Padova, poi si spostò a Bologna dove si laureò con Ulisse Aldrovandi, con il quale sarebbe rimasto in corrispondenza per tutta la vita. In Italia strinse preziosi legami con molti altri naturalisti, che gli sarebbero stati molto utili al suo ritorno in Germania. Infatti Camerarius il Giovane, oltre che un medico di notevole talento, era anche un umanista e un collezionista che non avrebbe potuto né scrivere le sue opere né arricchire le sue collezioni e il suo giardino senza il contributo di tanti amici e corrispondenti. Dopo la laurea nel 1562, viaggiò ancora per qualche mese in Italia quindi rientrò a Norimberga che sarebbe rimasta la sua residenza fino alla morte. Divenne medico cittadino; la sua competenza era tale che spesso veniva consultato da principi e sovrani. Fu anche molto impegnato nella riforma della medicina della sua città; nel 1571 propose al Consiglio cittadino di istituire un Collegium Medicum che ne regolasse la pratica: solo i medici laureati dovevano essere autorizzati a fare diagnosi e i farmacisti dovevano essere posti sotto il controllo dei medici. Il Collegium venne infine istituito nel 1592 e Camerarius ne fu il decano fino alla morte. Oltre a scrivere di argomenti medici, Camerarius era un intellettuale di vasti interessi, un appassionato collezionista di immagini, piante, minerali, fossili, oggetti naturali in genere. Alla morte di Gessner, di cui era amico, fu lui ad acquistarne i manoscritti e i disegni. Gli studi naturalistici, la competenza di filologo, il moralismo di matrice luterana e il fascino per le immagini si conciliano in Symbola et emblemata, un'opera in quattro libri (o centurie), ciascuno dei quali contiene cento emblemi. Essa si inquadra in un filone che ebbe ampio successo tra tardo Cinquecento e Seicento, quello dei libri di emblemi, ma se ne distingue perché Camerarius sceglie i suoi emblemi esclusivamente dal mondo naturale: le piante (I libro), i quadrupedi (II libro), gli uccelli e i volatili (III libro), gli animali acquatici (IV libro). Ognuno dei quattrocento emblemi ha una struttura quadripartita: sulla pagina di sinistra, l’emblema vero e proprio, un’immagine posta in una cornice circolare, simile a una medaglia; lo sormonta il motto, una frase sentenziosa contenente un insegnamento morale; al piede un epigramma in versi; sulla pagina di destra, un commento con riferimenti sia ad autori classici o alla Bibbia, sia alla letteratura naturalistica. Le immagini, dovute al pittore e incisore Hans Siebmacher e realizzate con la tecnica allora nuova della calcografia, sono assai attraenti e furono riutilizzate per secoli. Giardini veri (e filosofici), giardini dipinti Come molti naturalisti del tempo, Camerarius aveva vasti interessi, ma la botanica era il suo campo d'elezione: è stato notato che in Symbola et emblemata, i testi delle centurie sugli animali sono per lo più un collage della letteratura di riferimento, mentre nella centuria sulle piante si nota una profonda conoscenza diretta e sono frequenti le osservazioni di prima mano. Infatti, a partire dal 1569 Camerarius poteva studiarle nel suo giardino, dove accanto ai semplici c'erano moltissime piante esotiche; era considerato il più raffinato della Germania meridionale. A farci sapere che cosa vi coltivasse, provvide lo stesso Camerarius con la sua maggiore opera di botanica, Hortus Medicus et Philosophicus , che di quel giardino è almeno in parte il catalogo. Seguito da un opuscolo di Johann Thal sulla flora della regione dello Harz e illustrato da xilografie di Jost Amman e altri artisti, tra cui Joachim Jungermann (nipote di Camerarius), contiene una lista in ordine alfabetico di piante adatte alla coltivazione nei giardini tedeschi di cui vengono forniti i nomi, i sinonimi, la provenienza e note di coltivazione; lo stile è sintetico e le note erudite sono sporadiche, così come le eventuali proprietà officinali. Dalla medicina farmaceutica, l’interesse si va spostando verso le piante in sé, come sottolinea il titolo: hortus medicus sì, ma anche philosophicus, ovvero scientifico: è ora che le piante, da ingrediente delle ricette dei medici, diventino oggetto di studio dei naturalisti. Ci sono piante native, magari alpine, il cui interesse estetico è emerso dai viaggi dei primi esploratori della flora locale, come Valerius Cordus e Gessner, ma moltissime sono esotiche, soprattutto provenienti dall’Italia e dal Mediterraneo orientale. Alcune delle specie che Camerarius coltivava nel suo giardino erano souvenir dei suoi viaggi in Italia come il “bellissimo Antirrhinum dai fiori gialli che cresce spontaneo tra Savona e Genova" . Molte le acquistava dai mercanti di Norimberga che si rifornivano soprattutto ad Anversa, la porta europea delle piante provenienti dalle Indie orientali e occidentali. Ma moltissime le aveva avute da altri botanici e appassionati: il fornitore più assiduo probabilmente era Carolus Clusius, che in quegli anni era a Vienna ed aveva accesso alle specie provenienti dall’Impero ottomano; ma le piante del Levante gli arrivavano anche dai contatti italiani: Aldrovandi, i prefetti di Padova Guilandino e Cortuso, il farmacista Calzolari, i botanici viaggiatori Prospero Alpini e Giuseppe Casabona, prefetto dell'orto di Firenze. Nel 1568 il langravio Gugliemo IV di Assia-Kassel fece allestire uno spettacolare giardino nell'isola di Fulda, ai piedi del suo castello di Kassel. Per selezionare le piante più adatte, si avvalse della consulenza di Camerarius, che gli mise a disposizione i suoi contatti e aiutò il giardiniere capo, che faceva continuamente la spola tra Kassel e Norimberga, a procurarsi piante e elementi decorativi presso i mercanti della città. Era considerato il massimo esperto di giardinaggio della Germania, era un uomo colto e raffinato abituato a frequentare principi e corti; è dunque logico che il vescovo Johann Konrad von Gemmingen abbia pensato a lui quando decise di creare un giardino senza pari a Eichstätt. Il fatto che fosse luterano, evidentemente, non era un ostacolo. Tuttavia Camerarius morì quasi subito e il compito, come ho raccontato in questo post, passò al meno colto ma molto intraprendente Basilius Besler. Ci sono però legami molto forti tra l'Hortus Eystettensis (inteso sia come giardino sia come libro) e il giardino dello stesso Camerarius, Non solo talee, bulbi, barbatelle e semi passarono da un giardino all'altro, ma il vecchio medico e botanico anticipò il progetto del vescovo di far ritrarre dal vero le piante di Eichstätt facendo eseguire uno splendido florilegio manoscritto che documenta le più belle e rare specie del suo giardino. Mai pubblicato, il Camerarius Florilegium si credeva perduto finché venne riscoperto all'inizio del secolo e messo all'asta da Christie nel 2002. Ad aggiudicarselo è stata la biblioteca di Erlangen. È una spettacolare opera d’arte che ritrae 473 specie coltivate, indigene o esotiche, per lo più a grandezza naturale, disposte secondo la successione delle stagioni. Alcune sono collocate in vasi, altre affiancate sulla stessa pagina in una composizione armonica, che anticipa, appunto, lo stile di Hortus Eystattensis. I disegni, allo stesso tempo accurati e di grande qualità estetica, non sono firmati; è stato fatto il nome di Joachim Jungermann, il nipote di Camerarius, che aveva eseguito alcuni dei disegni di Hortus medicus et philosphicus. L'esotica (e poco nota) Cameraria Riprendendo un suggerimento di Plumier, in Species Plantarum Linneo ha voluto ricordare Camerarius con il genere Cameraria. Appartenente alla famiglia delle Apocynaceae, è un piccolo genere di appena sette specie, quattro delle quali endemiche di Cuba, due di Haiti e una sola presente anche nell'America continentale, in una stretta fascia tra Messico meridionale e Guatemala. Come molte rappresentanti di questa famiglia, sono piante attraenti, ma tossiche. Sono piccoli alberi o arbusti con foglie intere, lucide, e fiori di piccole dimensioni, bianchi, con tubo corollino a imbuto e cinque lobi a stella. La specie più nota e diffusa è C. latifolia, un elegante alberello con fiori bianchi, che secerne un lattice bianco tossico utilizzato dagli indigeni per avvelenare le frecce. Tuttavia la radice e la corteccia hanno diversi usi officinali. Un elenco delle specie con la distribuzione nella scheda.
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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