Nel 1545 nasce l'Orto botanico di Padova; coincidenza vuole che entrambi i suoi primi curatori si accapiglino con Mattioli. Il secondo, il tedesco italianato Melchiorre Guilandino, approda all'istituzione dopo una vita avventurosa; la guida per 23 anni e diventa un prestigioso professore, il primo a illustrare le piante dal vivo. Linneo gli dedica lo spinoso genere Guilandina. ![]() Gli esordi dell'Orto botanico di Padova Nel 1545, su sollecitazione del medico e professore universitario Francesco Bonafede, il Senato della Repubblica veneta delibera la creazione di un giardino dei semplici, destinato alla formazione degli studenti di medicina dell'Università di Padova. Nasce così quello che si vanta di essere il più antico Orto botanico universitario, inserito addirittura nella lista dei siti Unesco patrimonio dell'umanità. Per una curiosa coincidenza, a dirigerlo furono chiamati, uno dopo l'altro, i due arcinemici di Mattioli: Luigi Anguillara e Melchiorre Guilandino. Il primo "prefetto dell'orto" fu appunto Luigi Anguillara, che resse l'istituzione dal 1547 al 1561, portandola subito a un livello di eccellenza come riferiscono le testimonianze dei visitatori dell'epoca. Era giunto a Padova preceduto dalla fama dei suoi viaggi botanici a Cipro, in Grecia, nella Dalmazia, in Provenza e nella stessa Italia; nonostante le malignità di Mattioli, era un botanico eccellente, come dimostrò anche nella sua opera maggiore, Semplici (1561). Non altrettanto versato fu, a quanto pare, nel settore amministrativo; forse per questo, o per le calunnie del velenoso Mattioli (che lo apostrofava con frasi come "Ho visto la coglioneria dei pareri dell’Anguillara, né mai harei pensato che questa bestiaccia scannata fosse stato così mariolo, ignorantissimo, invidiosissimo, malignissimo [...] invero non si può tanto svilirlo e vituperarlo che non meriti peggio") nel 1561 diede le dimissioni, per trasferirsi a Ferrara come medico del duca e professore di quella Università. ![]() Dalla Borussia con furore Dopo pochissimi mesi gli subentrò proprio quel Melchiorre Guilandino protagonista di una lunga e feroce disputa con Mattioli. Arrivava da lontano, addirittura dalla baltica Königsberg (la patria di Kant); secondo gli usi del tempo aveva latinizzato in Guilandinus il suo vero nome, Melchior Wieland; amava definirsi "borusso", dal nome latino della sua patria, la Prussia. Al momento di assumere l'incarico, il botanico prussiano era sui quarant'anni e aveva alle spalle una vita alquanto burrascosa. Dopo essersi probabilmente laureato in medicina, era venuto in Italia, dove aveva vissuto qualche anno in Sicilia e a Roma, in terribili ristrettezze. A metà degli anni cinquanta lo ritroviamo in Veneto grazie all'ambasciatore veneto alla curia pontificia, Marino Cavalli, che lo aveva conosciuto a Roma, apprezzandone la competenza botanica. Si trasferisce a Padova, brillantissimo centro universitario dove sta nascendo la nuova scienza; stringe amicizia e condivide la casa con uno dei protagonisti di questa svolta, il medico Gabriele Falloppio. La querelle con Mattioli inizia nel 1556 con una lettera privata a Gessner in cui Guilandino solleva - in tono sferzante - critiche a "quel Dio dei botanici" e alle sue identificazioni; nonostante gli inviti alla moderazione dello svizzero, la lettera viene data alle stampe, in De stirpium aliquid nominibus vetustis ac novis (1557), insieme ad altri scritti in cui Mattioli è esplicitamente chiamato in causa. Il senese per ora incassa: corregge gli errori nella nuova edizione dei Commentarii e risponde con una lettera, non al "cane arrabbiato barbaro Borusso" ma "all'Eccellentissimo S.or Gabriele Falloppia a cui sta in casa, acciò che lo corregga della sua temerarietà e poltroneria". Nel 1558 Guilandino rincara la dose con Apologiae adversus Petr. Andream Mattheolum liber primus, in cui si esaminano cento errori contenuti nell'opera di Mattioli, accusato di non sapere né il greco né il latino e di aver plagiato i grandi botanici del tempo, senza aggiungere una riga di novità. Dopo una seconda lettera senza risposta a Falloppio - questa volta privata - l'infuriatissimo Mattioli si convince che dietro all' "infame bestia", al "tristo furfante, mal nato e peggio allevato" ci fosse proprio Falloppio. Visto il silenzio dell'anatomista, concluse: "non potrò credere altrimenti se non che voi siate stato la balestra e egli il bolzone" (ovvero, Guilandino era stata la freccia, ma Falloppio la balestra che l'aveva scagliata). Ma nel frattempo Guilandino parte per l'Oriente, deciso a sfruttare i contatti e la rete diplomatica veneziana per esplorare dal vivo le piante del Mediterraneo orientale e del nord Africa, ponendosi come meta finale le favolose Molucche. Mattioli saluta con sollievo la sua partenza, augurandogli addirittura che i turchi "lo puniscano con un palo", e non manca di cercare di danneggiarlo, inviando una lettera piena di malignità al figlio di Marino Cavalli, all'epoca Bailo veneziano a Costantinopoli. Non conosciamo nei dettagli il viaggio di Guilandino in Oriente, tranne che, ottenuto un salvacondotto da Solimano il Magnifico grazie a Jean de la Vigne, ambasciatore della Francia a Costantinopoli, cercò di raggiungere la Persia, ma dovette tornare indietro a causa della guerra; toccò quindi il Turkmenistan, la Siria, la Palestina, l'Egitto. Qui si imbarcò alla volta della Sicilia e, da qui, per Lisbona (con l'idea di cercare un passaggio per l'India), ma la nave fu catturata dai corsari algerini. Condotto ad Algeri, fu venduto come schiavo e rimase in cattività nove mesi, finché l'amico Falloppio, conosciuta la sua sorte, si recò in Grecia e lo riscattò per l'ingente somma di duecento scudi. Le avventure non erano finite: la nave che doveva riportarlo in Italia fece naufragio e Guillandino si salvò a stento. Fu soccorso da alcuni nobili genovesi e nel 1561 era di nuovo a casa. Ma in queste vicissitudini tutti gli esemplari, tutti i preziosissimi appunti erano andati perduti. ![]() Curatore dell'Orto e Ostensore dei semplici Ma torniamo a quel 20 settembre 1561 in cui Guillandino diventa curatore dell'Orto: nella sua nomina contano la protezione di Marino Cavalli; la fama di grande erudito; la conoscenza delle piante orientali acquisita nello sfortunato viaggio; la provenienza da quel mondo tedesco che con Fuchs, Bock, Cordus e Brunfels era all'avanguardia nella scienza botanica. Nel 1564, all'incarico di curatore unisce la docenza, con il titolo di "Ostensore dei semplici". E' una cattedra innovativa, non basata sulla lettura del testo di un'autorità (in particolare Dioscoride, l'argomento principale delle cattedre di Materia medica); è piuttosto un laboratorio pratico che parte dalle piante vive coltivate nell'orto botanico; e per questo, le lezioni non si terranno ex catedra nella sede universitaria di palazzo Bo, ma proprio in mezzo alle aiuole. E' la prima cattedra di botanica della storia. Nel 1567, quando Bernardino Trevisan lasciò l'incarico "teorico", i due insegnamenti furono riuniti e affidati entrambi a Guilandino, che continuò - nonostante qualche mugugno - a tenere le sue lezioni all'aperto, nella sede dell'Orto, fino alla morte, avvenuta nel 1589. Tralasciando la seconda puntata della polemica con Mattioli - il combattivo borusso pubblicò una seconda serie di accuse in uno scritto del 1562 - che per fortuna con gli anni e i crescenti impegni di entrambi i contendenti si andò affievolendo, nei suoi ventitré anni di gestione il nostro tedesco italianizzato fece dell'Orto padovano una delle istituzioni scientifiche più importati d'Europa. Si deve a lui la trasformazione delle collezioni, da giardino dei semplici, destinato essenzialmente alla coltivazione delle piante medicinale, in giardino botanico che accoglieva le piante rare ed esotiche che grazie alle esplorazioni geografiche, ai viaggi e ai commerci affluivano sempre più numerose in Europa. Da una parte, Venezia, con quanto rimaneva dello "Stato de Mar", era in ottima posizione per fare da tramite tra l'Europa e il Levante; dall'altra, Guiladino seppe costruire una rete di contatti e scambi con altri importanti studiosi europei. Fu per questa via che arrivarono a Padova il bulbocastano (Bunium bulbocastanum), oggetto - tanto per non smentirsi - di una polemica con Mattioli, i tulipani, i lillà. Non abbiamo cataloghi per quest'epoca, ma sappiamo che nel 1591, due anni dopo la morte del nostro, le specie coltivate nell'Orto erano 1200. Migliorò anche l'irrigazione, facendo costruire una prima canalizzazione che deviava le acque di un fiumicello; e riuscì a convincere i Rettori ad assumere un secondo giardiniere. Alla sua morte, lasciò la sua copiosa biblioteca alla Repubblica di Venezia; ancora oggi, a margine dei libri che gli sono appartenuti, si possono leggere i suoi feroci commenti a quelli che riteneva svarioni dei colleghi: Error, Falsum, Falsa Omnia (e passando al volgare "Questa è una coglionaria", "Animalaccio"). Una sintesi della sua vita nella biografia. ![]() Guilandina, una spinosa arrampicatrice All'ipercritico prussiano Linneo nel 1747 in Flora zeylanica dedica il genere Guilandina, poi confermato in Species Plantarum (1753). Ma, evidentemente, le polemiche devono essere nel suo destino: in uno studio del 1973, Guilandina è stato declassato a sottogenere di Caesalpinia; da allora, i botanici si sono rimpallati la classificazione: è un genere autonomo; no fa, parte di Caesalpinia, ma...; è un genere autonomo, però... Solo di recente (ottobre 2016) uno studio ha definitivamente risolto la questione, dimostrando, sulla base di dati molecolari, l'indubbia indipendenza del genere, anche se ne rimangono ancora incerti i confini (da sette a diciannove specie). Guilandina è un genere pantropicale della famiglia Fabaceae, appartenente alla tribù Caesalpineae e al gruppo informale Caesalpinia; comprende liane e arbusti sarmentosi armati di spine ricurve; i fiori sono unisessuali, anche se in alcune specie hanno l'apparenza di ermafroditi (ma con antere prive di polline). La caratteristica più interessante è data dai semi, duri e globosi, adatti a fluttuare sulle onde oceaniche, per essere dispersi a lunga distanza, il che spiega perché sia presente nei Caraibi, in Madagascar, in alcune isole della Polinesia, nel Sud est Asiatico, in Giappone. La specie tipo è Guillandina bonduc, una liana tropicale dai fiori gialli, spinosa, che si arrampica sulla vegetazione. Visto lo status ancora incerto di molte specie potenzialmente appartenenti a questo genere, taccio prima che dall'aldilà mi arrivi un Error, Falsum (e di peggio). Poche notizie in più nella scheda.
1 Comment
ALESSANDRO ALESSANDRINI
28/11/2020 08:59:40 pm
Bellissima pagina, molto ben scritta e istruttiva!
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