Estremo lembo orientale della Siberia, la Kamčatka è una penisola lunga circa 2000 km, stretta tra il golfo d'Okhotsk a occidente e l'oceano Pacifico ad oriente. Anche oggi quasi disabitata (con un territorio poco maggiore di quello italiano, conta circa 300.000 abitanti), con un clima subartico e paesaggi mozzafiato, dominati dai numerosissimi vulcani, è un paradiso della biodiversità, con ambienti geologici unici, un fitto manto forestale, una ricchissima fauna - famosi su tutti gli orsi, che ne sono un po' il simbolo - e una flora varia e diversificata. Nel XVIII secolo, era abitata da circa 50.000 persone di etnia itelmena, che vivevano di caccia e pesca; la penetrazione dell'impero russo, che vi inviò nuclei di cosacchi e impose un tributo in pellicce ai locali, era iniziata da pochi decenni. Il primo a studiarla in modo sistematico fu Stepan Krašeninnikov, il più promettente degli studenti che parteciparono alla Grande spedizione del Nord. Secondo il progetto iniziale, a esplorare la penisola avrebbero dovuto essere i professori del distaccamento dell'Accademia, ma essi preferirono rimanere in Siberia e inviare al loro posto l'allievo. Giunto in Kamčatka nell'autunno del 1737, egli nell'arco di tre anni ne percorse in un lungo e in largo il territorio, raccogliendo una grande massa di informazioni benché lavorasse in condizioni difficilissime. Soltanto alla fine del 1740 arrivò da San Pietroburgo Georg Wilhelm Steller, che prese su di sé il comando della missione e gli ingiunse di rientrare nella capitale. L'arroganza del tedesco non lo ha tuttavia privato della gloria di essere stato il primo naturalista ad esplorare e descrivere la Kamčatka; gli si deve infatti Opisanie zemli Kamčatki, "Descrizione della terra di Kamčatka", il primo resoconto geografico, etnografico, linguistico e naturalistico della penisola, per la cui redazione Krašeninnikov poté avvalersi anche dei materiali di Steller. Titolare della cattedra di botanica e scienze naturali e curatore dell'Orto botanico dell'Accademia di San Pietroburgo, fu tra i primi russi ad essere ammesso in questa istituzione all'epoca ancora dominata da studiosi stranieri. A ricordarlo, oltre a diverse località della Kamčatka, il nome specifico di varie piante che fu il primo a descrivere, e il genere Krascheninnikovia, dedicatogli da un altro esploratore delle terre russe, Johann Anton Güldenstädt. Krašeninnikov l'esploratore Dominata da vulcani attivi, ricca di fiumi dalle acque purissime, con un manto forestale che offriva rifugio e alimento a una abbondante fauna selvatica, all'inizio del XVIII secolo la Kamčatka era abitata da circa 50.000 nativi che vivevano di caccia e di pesca. I russi li chiamavano Kamčadal, ma essi si definivano Itelmen. I primi nuclei russi, costituiti da distaccamenti militari di cosacchi incaricati di imporre ai nativi un tributo in pellicce, vi arrivarono nel corso del Seicento, creando piccoli insediamenti soprattutto sulla costa occidentale. Il più importante era il forte di Bolšeretsk, in realtà un minuscolo accampamento fortificato che nel 1728, quando Bering vi giunse durante la Prima spedizione in Kamčatka, contava appena 14 abitazioni. Proprio muovendo da Bolšeretsk Bering e i suoi uomini tra l'autunno e l'inverno 1728-29 compirono una difficile marcia attraverso le montagne per raggiungere la costa orientale, dove la primavera successiva costruirono la nave con la quale avrebbero esplorato il Pacifico settentrionale alla ricerca del passaggio a Nord est. Era il primo contatto scientifico con la penisola, sufficiente a mostrarne il grande interesse geologico e l'enorme potenziale naturalistico e economico (vale la pena ricordare che le pellicce erano la prima voce nelle esportazioni dell'Impero russo). L'esplorazione sistematica del suo territorio fu dunque uno dei principali obiettivi scientifici della Seconda spedizione in Kamčatka; ad occuparsene avrebbero dovuto essere i professori del distaccamento dell'Accademia, ma le cose andarono diversamente. Infatti, quando giunsero a Yakutsk, dove si trovava il quartier generale di Bering, Müller e Gmelin cambiarono programma. Il primo era seriamente ammalato, mentre il secondo aveva perso buona parte delle sue raccolte in un incendio. Decisero così di rimanere in Siberia e di inviare in avanscoperta in Kamčatka il loro studente più promettente, Stepan Petrovič Krašeninnikov, che intendevano raggiungere in un secondo tempo. Cosa che non avvenne mai. Fu così che il primo studioso a esplorare la penisola, e più tardi a pubblicare i risultati nella sua lingua madre, non fu uno dei numerosi scienziati tedeschi che dominavano l'Accademia della scienze, ma un figlio della grande madre Russia. In tal modo, il viaggio in Kamčatka di Krašeninnikov costituisce una tappa importante della nascita della scienza russa e della sua emancipazione dai mentori occidentali. In una Russia che non aveva conosciuto né il Rinascimento né la Rivoluzione scientifica, non esisteva infatti personale scientifico formato. Per sopperire in tempi rapidi a questa lacuna, su suggerimento di Leibnitz, con il quale si era intrattenuto a lungo durante il suo viaggio in Europa, Pietro il Grande volle creare l'Accademia russa delle Scienze (l'atto di fondazione è del 1724, poco prima della morte dello zar), che era allo stesso tempo una società scientifica e un centro didattico, da cui dipendevano un ginnasio e un'università. Le lezioni, in lingua latina, erano tenute dagli accademici, tutti stranieri provenienti da università dell'Europa occidentale; nel disegno di Pietro, in tal modo sarebbe stata formata una leva di giovani studenti russi che sarebbero diventati gli studiosi di domani, nonché i tecnici e i funzionari necessari al progresso del paese. Capiamo dunque bene perché la seconda spedizione in Kamčatka, cui l'Accademia fornì personale e supporto scientifico, accanto a tecnici e studiosi stranieri, come lo stesso Bering, danese, oppure il francese de l'Isle de la Croyère e i tedeschi Müller, Gmelin e Steller, abbia visto la partecipazione di un gruppetto di promettenti studenti russi, provenienti dai ranghi del ginnasio o dell'università dell'Accademia, oppure dalla migliore delle scuole moscovite, l'Accademia slavo-greco-latina. La spedizione, in tal modo, fu anche un gigantesco laboratorio didattico in cui gli studenti apprendevano il metodo e il linguaggio scientifico affiancando i propri professori sul campo. Uno di loro era il nostro protagonista, Stepan Petrovič Krašeninnikov. Figlio di uno soldato povero, si era distinto tra gli studenti dell'Accademia slavo-greco-latina, che offriva un corso di studi ancora tradizionale, basato essenzialmente sullo studio delle lingue classiche e della logica aristotelica. Proprio in vista della spedizione, nel 1732 (all'epoca era ventenne) fu inviato a San Pietroburgo dove venne istruito dai professori che poi avrebbe accompagnato nella spedizione, in particolare Gmelin e Müller. Partito con loro nell'agosto 1733, li accompagnò fino a Yakutsk; durante il lungo viaggio, durato circa tre anni, fece osservazioni meteorologiche con Gmelin e fu coinvolto in diverse escursioni a breve raggio, in cui via via affinò la sua capacità di studiare un territorio in ogni suo aspetto, dalla geografia alla geologia, dagli animali e dalle piante alle risorse economiche, senza trascurare la storia, gli usi, i costumi e le lingue delle popolazioni locali (campo in cui dimostrò un'eccezionale attitudine). Tra l'altro, fu incaricato di studiare due caverne e dipinti rupestri nei pressi di Krasnoyarsk e nel luglio 1735 diresse la sua prima spedizione indipendente, in cui esplorò e studiò le sorgenti calde sul fiume Onon. Il progetto iniziale prevedeva che tutto il gruppo proseguisse con Bering e si imbarcasse per la Kamčatka; come ha già anticipato, Müller e Gmelin rimasero invece in Siberia e ordinarono a Krašeninnikov di recarsi in Kamčatka a preparare il campo dove lo avrebbero raggiunto in un secondo tempo. Nel luglio 1737 Krašeninnikov partì dunque con il gruppo di Bering per Okhotsk, raggiunto dopo un faticoso cammino di 47 giorni; si imbarcò quindi con gli altri sulla nave Fortuna in direzione di Bolšeretsk, ma, poiché il battello era sovraccarico, dopo nove ore in balia delle onde, per proseguire si dovette buttare a mare buona parte dei bagagli (Krašeninnikov perse così le provviste per due anni e una parte dell'attrezzatura). Appena sbarcati, nell'ottobre 1747, sperimentarono anche gli effetti di un terremoto, uno tsunami con epicentro nelle Curili, la lunga dorsale di isole che unisce la Kamčatka al Giappone. Mentre il resto della spedizione proseguiva il suo cammino verso la costa orientale, dove sarebbero state costruite le navi per l'esplorazione del Pacifico settentrionale, Krašeninnikov rimase a Bolšeretsk per preparare il campo base e iniziare l'esplorazione della penisola. Era una regione difficile e ostile (oltre a terremoti e al clima rigido, erano frequenti le ribellioni dei locali, poco disposti ad assoggettarsi al tributo imposto dai russi), ma estremamente varia e interessante da ogni punto di vista; intanto, una geologia peculiare con circa 160 vulcani, 29 dei quali attivi, campi di geyser, fonti di acque termali; una grande ricchezza di acque, con migliaia di corsi d'acqua alimentati da oltre 400 ghiacciai e centinaia di migliaia di laghi; un clima fondamentalmente subartico, ma con forti differenze, tra le valli e le cime, le zone interne e quelle costiere, tra la fredda costa orientale e la più mite costa occidentale; ambienti naturali altrettanti vari, in cui alla tundra arida e alle torbiere si alternano praterie erbose, boscaglie e foreste di conifere e latifoglie; una fauna estremamente ricca (lo è ancora oggi, e tanto più lo era trecento anni fa) con numerosi mammiferi, tra cui l'orso, il re e il simbolo animale della penisola, uccelli stanziali e di passo, un eccezionale patrimonio ittico. Appena giunto a Bolšeretsk, Krašeninnikov si attivò per preparare il terreno per l'arrivo dei professori, creando un campo base che includeva un piccolo giardino di acclimatazione per le piante, secondo le indicazioni di Gmelin. Dedicò questi primi mesi a brevi escursioni nella regione più meridionale, quindi nella primavera del 1738, accompagnato da un interprete e da un drappello di soldati, partì per la prima delle undici spedizioni nel corso delle quali avrebbe battuto in lungo e in largo la penisola. Percorse sia lunghi tratti della costa sia l'interno da sud a nord, per un totale di oltre 3500 km. Fu così in grado di descrivere le quattro penisole orientali della Kamčatka e i golfi da esse formati, i maggiori vulcani (tra cui il vulcano attivo più alto d'Eurasia, Ključevskaja Sopka, 4688 metri), i campi di geyser delle valli dei fiumi Paužetka e Banna. Seguirono numerose escursioni minori e una seconda lunga spedizione, iniziata nell'autunno del 1739, in cui Krašeninnikov risalì il fiume Bystra, per poi raggiungere le sorgenti del fiume Kamčatka che scese fino al forte cosacco di Nižne-Kamčatsk, dove raccolse informazioni sull'aurora boreale, chiaramente visibile nel marzo di quell'anno. I suoi informatori erano sia i pochi russi presenti nell'area, sia soprattutto i locali, da cui acquistava manufatti e che interrogava sulle pratiche di caccia e pesca, oltre ad osservarne gli usi e i costumi, secondo le precise indicazioni di Müller. Ovviamente, durante i suoi viaggi non mancava mai di raccogliere esemplari naturalistici che poi inviava a Gmelin, accompagnati da lettere-relazione in latino. Nel settembre 1740, giunsero a Bolšeretsk de l'Isle de la Croyère e Steller. Krašeninnikov, dopo tre anni di esplorazione solitaria, si ritrovò all'improvviso nei panni dello studente. Il tedesco infatti era stato incaricato di prendere il comando delle operazioni in Kamčatka e non senza arroganza ordinò al giovane russo di consegnargli i suoi materiali e di obbedire ai suoi ordini. Nell'inverno del 1740, Krašeninnikov mosse ancora una volta a nord, con l'intento di studiare i Coriachi (stanziati a nord della Kamčatka) e ebbe modo di osservare l'eruzione del vulcano Tolbačik. Tra l'inverno e la primavera del 1741, esplorò insieme a Steller la zona a sud di Bolšeretsk; durante questo viaggio, furono i primi naturalisti a vedere un raro mammifero marino poi denominato "leone marino di Steller", Eumotopias jubatus. Nel frattempo però erano giunti nuovi ordini da San Pietroburgo e Steller ingiunse a Krašeninnikov di raggiungere Gmelin e Müller in Siberia e di rientrare con loro nella capitale. Krašeninnikov l'accademico Krašeninnikov obbedì, ma senza fretta. Lasciata la penisola nel giugno 1741, arrivò a Turinsk, dove lo aspettavano i professori, solo ad ottobre, muovendosi lentamente per arricchire le sue collezioni. Insieme ai suoi maestri, svernò a Yakutsk, dove si sposò con la figlia del governatore locale. Ripercorrendo in parte il cammino dell'andata per completare le raccolte e le osservazioni, il gruppo, che ora includeva anche la neosposa, giunse finalmente a San Pietroburgo nel febbraio 1743. La lunga avventura in Oriente aveva fornito allo studioso russo gli strumenti e le credenziali per entrare nel mondo accademico. Due mesi dopo il suo ritorno, insieme ad altri studenti che avevano partecipato alla spedizione, sostenne un esame orale di botanica e latino, di fronte a una commissione costituita da Gmelin e da Siegesbeck, all'epoca curatore dell'orto botanico dell'Accademia. Nel 1745 venne accolto nell'Accademia come professore aggiunto, discutendo una tesi di dottorato su alcuni pesci della Kamčatka; iniziò anche a lavorare all'orto botanico come assistente di Siegesbeck, che poi sostituì quando questi fu costretto a dimettersi (1747). Krašeninnikov divenne così uno dei primi membri russi dell'Accademia delle scienze. Nel 1749 fece parte della commissione incaricata di respingere le "scandalose" tesi dell'antico maestro Müller, che aveva sostenuto (a ragione) l'origine vichinga dei fondatori della Russia, che egli respinse con forza insieme a Lomonosov e altri studiosi russi. Nel 1750 divenne titolare della cattedra di botanica e scienze naturali e qualche mese dopo fu nominato rettore dell'Università. Intanto, nel 1745 Steller era morto in Siberia, lasciando un manoscritto tanto ricco quanto indecifrabile, in cui al latino si alternavano il russo e il tedesco. L'Accademia decise di consegnarlo a Krašeninnikov, l'unica persona in grado di venirne a capo, per il perfetto dominio delle tre lingue, la sua lunga esperienza in Kamčatka e la collaborazione con lo stesso Steller. Integrando le note del tedesco con le proprie copiose osservazioni, intorno al 1748 Krašeninnikov incominciò così a scrivere un'opera sulla Kamčatka, che uscì nel 1755, poco dopo la sua morte, con il titolo di Opisanie zemli Kamčatki, "Descrizione della terra di Kamčatka". Di carattere enciclopedico, è divisa in due tomi, il primo dedicato alla geografia, alla fauna e alla flora, il secondo alla storia, alla cultura e alle lingue dei popoli nativi. Il primo tomo si apre con una sezione sulle caratteristiche generali della penisola e delle terre confinanti, con particolare attenzione ai fiumi; segue una sezione dedicata alla storia naturale, con approfondimenti sui vulcani, i geyser, gli animali e le piante, il commercio delle pellicce di zibellino, le maree. Nel capitolo dedicato alle piante, oltre a descrivere numerose specie fin ad allora sconosciute alla scienza, si dimostra soprattutto attento al loro uso come medicinali o alimenti, sulla base delle informazioni raccolte dai nativi. Analogamente, anche il secondo tomo è diviso in due parti: la prima descrive i popoli della penisola, le loro usanze, le loro lingue; la seconda espone la storia della conquista russa e le condizioni di vita dei russi e dei locali. Incuriosito e a volte indignato dai costumi di questi ultimi, Krašeninnikov oscilla tra la condanna per ciò che gli appare rozzo o lascivo e l'ammirazione per la libertà e la totale sintonia con il mondo naturale. Nazionalista e convinto assertore dell'imperialismo russo, non manca la difesa del "mite" dominio russo, condita con elogi cortigiani dell'imperatrice (all'epoca regnava Elisabetta, la figlia di Pietro). Accanto alla stesura di quest'opera, negli anni di San Pietroburgo, il principale interesse di Krašeninnikov fu la botanica, cui dedicò quasi tutti gli articoli pubblicati negli Atti dell'Accademia delle scienze. Studiò la flora dei dintorni di San Pietroburgo, lasciando un manoscritto che molti anni dopo fornì materiali a Grigorij Sobolevskij per la sua Flora petropolitana (1799). Nel 1752 visitò il lago Ladoga e Novgorod per studiarne la flora; i materiali da lui raccolti, sistemati da David de Gorter seguendo il sistema linneano, vennero pubblicati nel 1761 sotto il titolo Flora ingrica. Probabilmente minato dai lunghi anni trascorsi in Siberia, morì appena quarantaquattrenne, subito dopo aver terminato la prefazione di Opisanie zemli Kamčatki; secondo la testimonianza di un contemporaneo, si spense proprio il giorno in cui terminò la stampa del suo capolavoro. Nel 2015 le sue avventure in Kamčatka sono state raccontate nel documentario Expedition to the End of the Earth con la regia di A. Samoilov. Una sintesi della sua vita come sempre nella sezione biografie. Krascheninnikovia, una lanosa pianta delle steppe Come pioniere dell'esplorazione della Kamčatka, Krašeninnikov è ricordato da un certo numero di nomi geografici della regione e delle aree limitrofe, come il vulcano Krašeninnikov o la penisola Krašeninnikova. Gli è stato dedicato anche un asteroide e il nome specifico di qualche animale (ad esempio, il salmonide Salvelinus malma krascheninnikova) e di una decina di piante, come Gipsophila krascheninnikovii o Astragalus krascheninnikovii. Nel 1772, un altro grande protagonista dell'esplorazione dell'Impero russo, Johann Anton Güldenstädt (il primo a studiare sistematicamente il Caucaso) volle onorarlo con il genere Krascheninnikovia (famiglia Amaranthaceae). Una seconda dedica giunse molti decenni dopo (1840) da parte del botanico Nikolaj Stepanovič Turčaninov, che intorno agli anni '30 dell'Ottocento ripercorse alcuni dei territori siberiani visitati da Krašeninnikov e dai suoi maestri durante la Grande spedizione del Nord. Anche se la grafia è lievemente diversa, questo genere Krascheninikovia (famiglia Dianthaceae) non è valido per la regola della priorità. Krascheninnikovia Guldenst. è un piccolo genere di arbusti tipico delle steppe aride e fredde dell'emisfero boreale. Il numero di specie è discusso (da uno a tre), perché quella più diffusa, K. ceratoides, è estremamente variabile, con numerose varietà a diffusione locale che in passato sono state considerate specie a sé. Oggi le si riconoscono fondamentalmente due sottospecie: l'euroasiatica K. ceratoides sub. ceratoides e l'americana K. ceratoides sub. lanata. La prima è presente dall'Europa centrale all'Asia nord-orientale, con alcune colonie isolate in Marocco, Egitto e Spagna (relitti di una fase interglaciale a clima più freddo e arido); la seconda negli altopiani e nei deserti freddi dell'America nord-occidentale, dal Canada al Messico settentrionale, con una presenza particolarmente significativa in California. Si tratta di un arbusto o suffrutice alto circa un metro, eretto o prostrato, con piccole foglie tomentose dalle forme assai variabili; le infiorescenze sono dense spighe allungate, con numerosi fiori maschili protetti da grandi brattee lanose e pochi fiori femminili raggruppati in posizione terminale, con brattee più piccole. I semi sono provvisti di lunghi peli setosi bianchi che ne favoriscono la dispersione grazie al vento. La sottospecie americana, nota con il nome comune winter fat, ha un ruolo ecologico molto importante come foraggio per gli erbivori selvatici soprattutto nella stagione invernale. Oggi è talvolta anche coltivata per la bellezza delle foglie argentee, ma anche per le soffici fioriture. Qualche approfondimento nella scheda.
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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