L'avventura del baltico Güldenstädt, tra i protagonisti della grande Spedizione dell'Accademia, ci insegna che nel Settecento non c'era separazione tra le cosiddette due culture: un medico e naturalista poteva interessarsi brillantemente di tutto, tanto da diventare il padre fondatore della linguistica caucasica. Ma il secondo insegnamento è che anche una spedizione scientifica può essere meno innocente di quel che sembra e che dopo gli scienziati e gli esploratori arrivano i soldati. Il suo viaggio in Georgia fu un'importante tappa della conoscenza scientifica della regione, ma anche un altrettanto decisivo passo avanti della penetrazione imperialistica russa. Quattro scienziati in Russia (più un gatto selvaggio) La spedizione dell'Accademia russa, con i suoi sette anni di durata, migliaia di chilometri percorsi e un inestimabile patrimonio di scoperte etnografiche, economiche, naturalistiche segnò una tappa fondamentale nella storia della scienza russa. Guidata da scienziati con una preparazione enciclopedica, i cui interessi spaziavano dalle scienze naturali alla geologia, dall'economia all'etnologia, permise la conoscenza scientifica di un vastissimo territorio fino allora quasi sconosciuto. Tanto per limitarci alla botanica, un dato ne evidenzia l'impatto: nel 1733 nel giardino dei farmacisti di S. Pietroburgo (antesignano dell'orto botanico) si coltivavano 1100 specie; nel 1808 erano diventate 2236. Grazie a Pallas venne anche pubblicata la prima flora della Russia (Flora Russica, 1774-1788). Anche se in modo parziale, la nomenclatura botanica rende giustamente omaggio agli scienziati che guidarono la spedizione. Nonostante tutti i suoi meriti, il leader, Peter Simon Pallas, ha rischiato di essere dimenticato dalla nomenclatura botanica; lo celebrano il nome comune di molti animali da lui scoperti, primo fra tutti il gatto di Pallas o manul (Otocolobus manul), nonché il nome specifico di diverse specie animali, ma anche vegetali (Crocus pallasii, Erysimum pallasii, Coriospermum pallasii), un tipo di meteorite (la pallasite), la città di Pallasovka. Per ben quattro volte gli fu dedicato un genere Pallasia, sempre ridotto a sinonimo. A rimediare, ci pensò verso la metà del secolo scorso il botanico russo Poljakov che creò in suo onore il monospecifico Neopallasia. Dunque potremo ritrovare lui e la sua Flora Russica in un altro post. Nessun riscatto invece per lo sfortunato Samuel Gottlieb Gmelin (che come si è visto nel post precedente morì in prigionia durante la spedizione) cui non è stato dedicato alcun genere; ma può vivere di gloria riflessa grazie allo zio Johan Georg Gmelin, che Linneo omaggiò con il genere Gmelina. Entrano invece a pieno diritto nella nostra lista di dedicatari di generi botanici, oltre a Falk, entrambi i sudditi dell'Impero russo: il baltico Johann Anton Güldenstädt, esploratore del Caucaso e della Georgia, e il russo Ivan Ivanovič Lepëchin, che perlustrò il Caspio, gli Urali e la Siberia, futuro direttore dell'orto botanico di S.Pietroburgo (ne parleremo in un prossimo post). Güldenstädt dal Caspio alla Georgia (per tacer del gatto della giungla) L'area toccata a Güldenstädt, il Caucaso, era una delle più calde sul piano politico e il suo viaggio rispondeva a un immediato interesse strategico per la Russia, in quegli anni impegnata in un conflitto con l'impero ottomano. Dunque si trattò sia di una missione scientifica, sia di una ricognizione a fini militari di una zona di confine, a cavallo tra i due imperi. Fu un tassello importante della penetrazione russa nell'area, che culminò nel 1783 con il trattato di Georgievsk con quale la Georgia - alleata dei russi contro i turchi - fu trasformata in protettorato dell'impero russo. Appena laureato in medicina il ventiduenne Güldenstädt fu invitato a partecipare alla spedizione dell'Accademia russa, di cui avrebbe diretto uno dei gruppi di Astrachan'; mentre a Gmelin toccò il settore più orientale, a lui fu assegnato quello a occidente del Caspio. Il suo corpo di spedizione, che comprendeva numerosi studenti e assistenti russi, fu il primo a partire da S. Pietroburgo nel giugno del 1768 e l'ultimo a rientrare, nel marzo del 1775. Dopo una sosta a Mosca, seguendo il Volga raggiunse Astrachan', sul mar Caspio, nell'inverno seguente. Nella primavera si spostò a Kizljar, fortezza russa sul delta del fiume Terek, che divenne la sua base operativa. Dopo aver esplorato le rive del Caspio, Güldenstäd nella primavera del 1771 risalì il corso del Terek e nel settembre varcò il Caucaso nella regione dell'Ossezia meridionale. Per circa un anno, da settembre 1771 a novembre 1772, esplorò estensivamente la Georgia, che a quel tempo era divisa in due regni: la Georgia governata da Eraclio II e l'Imerezia governata da Salomone II. Güldenstäd incontrò entrambi i sovrani da cui ebbe uomini e aiuti per continuare la sua esplorazione, oltre a doni di manufatti e molte preziose informazioni culturali, linguistiche e storiche. Benché richiamato dall'Accademia russa delle scienze che riteneva ormai conclusa la spedizione, lo scienziato si trattenne un altro anno nel Caucaso e rientrò a Pietroburgo solo nel marzo del 1775. In sette anni di esplorazione (metà dei quali dedicati alla Georgia) aveva raccolto un'imponente documentazione che includeva esemplari di piante e animali, minerali, monete, iscrizioni, osservazioni economiche, etnografiche e linguistiche puntigliosamente annotate nel suo diario di viaggio. Per i sette anni successivi (morì prematuramente nel 1781 vittima di un'epidemia contratta curando i suoi pazienti) si dedicò alla revisione del diario e al riordino dell'enorme massa di materiali raccolti, senza riuscire a portare a termine il compito. Fu quindi Pallas a curarne la pubblicazione; il suo diario di viaggio in due volume Dr. Johann Anton Güldenstädt: Reisen durch Russland und im kaukasischen Gebürge (Pietroburgo, 1787-1791, "Viaggio in Russia e nelle montagne del Caucaso") fu la prima opera scritta in una lingua europea a descrivere estesamente il Caucaso e segnò profondamente per almeno un secolo il modo di concepire quella regione. Particolarmente influente fu la classificazione delle lingue dei popoli del Caucaso; paragonando tra loro serie di parole (in un'epoca in cui la linguistica comparata non era ancora nata) egli identificò 17 lingue che classificò in quattro gruppi, divenendo di fatto il padre fondatore della linguistica caucasica. Anche se raccolse puntigliosamente una massa di notizie che, oltre alle lingue, includevano lo stato delle strade, le dimensioni degli abitati, le risorse minerarie, la natura del suolo e delle acque, gli usi e i costumi, le forme di governo e la storia, l'interesse principale di Güldenstädt rimaneva la medicina e le scienze naturali. Identificò molte specie di animali e piante mai descritte prima di lui: un felino selvatico, il gatto della giungla (Felis caus), uccelli come il piro-piro del Terek (Xenus cinereus) e il codirosso di Güldenstädt (Phoenicurus erythrogaster). E' ricordato dal nome specifico dello storione russo, Acipenser gueldenstaedtii. Raccolse una notevole collezione di piante lungo le sponde del Caspio, il bacino del Terek e le montagne del Caucaso georgiano; il semplice elenco delle specie che progettava di descrivere nella mai realizzata Flora del Caucaso occupa 18 pagine manoscritte. Qualche notizia in più nella biografia. Gueldenstaedtia, questa sconosciuta Nel 1823 un altro botanico tedesco naturalizzato russo, Friedrich Ernst Ludwig von Fischer, direttore dell'Orto botanico di San Pietroburgo, dedicò all'instancabile esploratore del Caucaso il genere Gueldenstaedtia, una Fabacea (leguminosa) che comprende una dozzina di specie delle aree temperate e montane della regione sino-himalayana e della Siberia. Si tratta di perenni quasi prive di stelo, con foglie composte pinnate aderenti al suolo e fiori relativamente grandi, dalla tipica corolla papilionacea. Lo status tassonomico di questo genere è stato oggetto di discussione tra i botanici; dopo aver rischiato di essere soppresso a favore di Amblyotropis, è stato confermato in un congresso internazionale nel 1959; più recentemente, nel 1979 ne è stato staccato il genere Tibetia, molti simile, che comprende cinque specie native delle aree montane di Bhutan, Cina, India, Nepal e Pakistan. Sono piante ancora poco note e raramente coltivate. La specie più diffusa è Gueldenstaedtia verna, un'erbacea che cresce in ambienti abbastanza vari in una vasta area che va dalla Russia al Myanmar, passando per il Pakistan, l'India, la Cina e il Laos. Se ne conoscono diverse varietà, tra cui G. verna f. alba, dai fiori bianchi (nella specie tipica sono invece da rosa a porpora). L'Alpine garden Society segnala come pianta da serra alpina o giardino roccioso di breve vita e non facile coltivazione G. himalaica, dai bei fiori azzurri, oggi rinominata Tebetia himalaica. Qualche informazione in più nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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