Nel Cinquecento la creazione dei primi orti botanici imprime una svolta allo studio delle piante. Accanto a quelli pubblici, nati in ambito universitario, come quelli di Pisa e Padova, anche giardini privati ebbero talvolta un ruolo nella (ri)nascita dell'interesse per la botanica. Ne è un esempio il giardino della Montagnola, creato a Napoli da Gian Vincenzo Pinelli intorno alla metà del XVI secolo, grazie al quale si formò un vivace circolo di studiosi e appassionati. Un giardino e una corrispondenza internazionale Il nome di Gian Vincenzo Pinelli è noto agli studiosi di Galileo e ai bibliofili. Trasferitosi a Padova dal 1558, attratto da quella celebre università, vi creò una immensa biblioteca che, almeno in parte, venne acquistata dal cardinal Borromeo andando a costituire uno dei fondi più importanti della Biblioteca ambrosiana; raccolse attorno a sé un importante circolo di intellettuali, fu il primo ospite di Galileo che poté avvalersi della sua notevole collezione di volumi di ottica; fu in corrispondenza con il fior fiore degli intellettuali europei. Ma prima di tutto questo, nella sua giovinezza napoletana, Pinelli fu veramente un "giovane meraviglioso". Di salute cagionevole, aggravata da un grave incidente a un occhio, fin da bambino si dedicò attivamente allo studio, acquisendo una cultura vastissima e poliedrica. Le cospicue risorse economiche della famiglia (il padre era un mercante genovese trasferitosi a Napoli per meglio curare i propri interessi commerciali) gli permisero di avere i migliori maestri: il filosofo e letterato napoletano Gian Paolo Vernaglione per la cultura classica e le lingue latina e greca; il celebre compositore fiammingo Filippo de Monte per la musica. I suoi interessi includevano anche le scienze: i problemi di vista lo spinsero a studiare ottica; le piante medicinali esotiche che affluivano al porto di Napoli, uno dei principali del Mediterraneo, lo avvicinarono alla medicina e botanica. Fu così che intorno alla metà del secolo il giovanissimo Pinelli fece impiantare in una proprietà della famiglia fuori delle mura della città, sulla collina dei Miracoli in località Montagnola, un giardino botanico privato, sul modello di quello che pochi anni prima Ghini aveva creato a Pisa. Secondo le testimonianze dell'epoca, comprendeva specie sia medicinali sia ornamentali, ed era ricco di essenze rare ed esotiche. Forse grazie a Ghini, Gian Vincenzo entrò in contatto con il suo allievo prediletto, Bartolomeo Maranta, che rientrato a Napoli da Pisa intorno al 1555, divenne il suo maestro di medicina e botanica, nonché il curatore del giardino. In realtà, fu un arricchimento reciproco: se Pinelli si giovò della grande competenza di Maranta, quest'ultimo fu stimolato dalle intelligenti conversazioni con il dotatissimo allievo. La frequentazione quotidiana del giardino della Montagnola permise al botanico di mettere alla prova le conoscenze apprese alla scuola di Ghini e di creare un vero e proprio metodo per il riconoscimento dei semplici, esposto in Methodi cognoscendorum simplicum libri tres (1559), che volle dedicare a Pinelli (al tempo ventitreenne). Maranta non era il solo frequentatore di quel favoloso giardino; un altro abituè fu il farmacista Ferrante Imperato che ne ottenne esemplari per la sua collezione e rese omaggio a Pinelli nella prefazione della sua Historia naturale, dove lo celebra come fondatore della scuola naturalistica napoletana. Tuttavia nel 1558 Gian Vincenzo riuscì finalmente a convincere il padre a lasciarlo partire per Padova. Non sappiamo quale sorte avesse il giardino dopo la sua partenza; pare che per qualche tempo fosse affidato alla cura di Maranta che tuttavia a sua volta lasciò Napoli a più riprese (e per un certo periodo, nel 1562, subì anche il carcere dell'Inquisizione). Probabilmente, lontani il proprietario e il curatore, il giardino languì e fu abbandonato. Non di meno, anche a Padova Pinelli continuò a interessarsi di scienze naturali; oltre alla ricchissima biblioteca, considerata la maggiore del tempo, creò anche una collezione di antichità e di storia naturale; anche la casa padovana aveva un giardino ricco di piante rare. Soprattutto, fu l'animatore di una rete di studiosi europei, che consentì di collegare gli esponenti dell'umanesimo e della ricerca scientifica italiana con gli studiosi d'oltralpe. La sua stessa casa - meta irrinunciabile degli intellettuali stranieri in visita in Italia - divenne in un vero centro di smistamento da cui transitavano lettere, libri, pacchi di reperti. Ad esempio, Imperato si rivolse a lui per far pervenire un pacco (che conteneva tra altri esemplari una collezione di semplici essiccati) al botanico tedesco Camerarius; e a Pinelli fece spesso ricorso per procurasi reperti rari per il suo museo. Fu sempre Pinelli a mettere in contatto Clusius con Imperato e Aldrovandi. Anche Gessner e i fratelli Bahuin furono tra i suoi contatti. Dopo aver fondato in giovinezza un giardino, nella maturità Pinelli fu dunque uno dei principali tramiti tra la botanica italiana e quella europea. Questi i suoi meriti botanici; qualche informazione in più sulla vita del poliedrico erudito, che fu cultore di molte materie ma non scrisse neppure un libro, nella sezione biografie. Pinellia, un drago verde dalla Cina Al fervore di studi della Napoli rinascimentale, seguì una lunga pausa. Bisognò attendere il Settecento perché rifiorissero gli studi di botanica e addirittura il 1807 perché Napoli avesse il suo orto botanico. Per una singolare coincidenza, sorse proprio in località Montagnola, dove 250 anni prima Pinelli faceva coltivare il suo orto dei semplici. Se ne ricordò Michele Tenore, primo prefetto dell'orto napoletano, nell'agosto del 1839, quando creò un nuovo genere, staccandolo da Arum. Nella comunicazione all'Accademia reale delle scienze si dichiara deciso a imitare l'esempio dei botanici di tutte le nazioni che quasi ogni giorno creano nomi in onore dei "più distinti cultori della scienza delle piante". Quindi aggiunge: "Di simili omaggi noi scrittori della Penisola mostrar ci dobbiamo più teneri, come quelli che meno frequenti occasioni avendo di tributarli, una schiera non meno numerosa d'illustri nomi negli annali della scienza registrati troviamo, che ne attendono tuttora il meritato favore". La sua scelta cadde dunque su Pinelli, di cui Tenore ricorda i meriti come fondatore del giardino della Montagnola, prima istituzione di questo tipo in Napoli. Nacque così il genere Pinellia della famiglia Araceae. Pinellia è un piccolo genere endemico dell'Asia orientale (Cina, Corea, Giappone) che comprende nove specie, con centro di biodiversità in Cina. Alcune di esse sono relativamente conosciute anche da noi come piante ornamentali, prima fra tutte la famigerata P. ternata. Famigerata perché questa erbacea, per quanto bella e gradevole, si dimostra fin troppo espansiva e volonterosa, tanto da essere ormai considerata una pericolosa infestante. Così, l'anno scorso l'orto botanico di Torino ha chiamato a raccolta amici, studenti, volontari per eradicarla dalle sue aiuole. Eppure in Cina è una specie di notevole importanza etnobotanica, utilizzata nella medicina tradizionale nel trattamento di svariate malattie. Più controllabili e (a mio parere) più attraenti altre specie: in particolare la giapponese P. tripartita, con foglie trifogliate con venature molto evidenti e uno spadice lunghissimo, verde acido, che le ha guadagnato il nome di Green Dragon. Notevole anche il fogliame di P. pedatisecta, che forma una grande ventaglio di lunghe foglioline lanceolate, di aspetto molto esotico. Un po' meno diffusa è la piccola P. cordata, che in alcune varietà ha foglie a freccia o cuoriformi piacevolmente marmorizzate. Qualche approfondimento nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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