Tra i sovrani citati da Plinio per aver dato il proprio nome a una pianta, eccone finalmente uno che nello studio delle proprietà medicinali dei semplici era qualcosa di più di un dilettante: Mitridate VI re del Ponto, celebre per il fenomeno che dal suo nome è detto "mitridatismo" e per il mithridatum, o mitridato, antidoto e antiveleno di fama secolare. A ricordarlo nella nomenclatura botanica il genere linneano Eupatorium, tratto dal suo soprannome onorifico Eupatore, il "ben nato" "di nobili natali"; ridimensionato dai tassonomisti, ha sua volta dato il nome a una piccola corona di generi affini, tutti centro e sudamericani: Austroeupatorium, Eupatoriastrum, Eupatoriopsis. Ossessionato dai veleni Tra i nemici di Roma, il più irriducibile e più pericoloso, forse anche più di Annibale, fu Mitridate VI del Ponto, detto Eupatore, che per un venticinquennio tenne sulla corda lo stato romano, in tre guerre (guerre mitridatiche, 89-85 a-C., 83-81 a.C., 74-63 a.C.) che si intrecciarono con la crisi della repubblica e la guerra civile tra Mario e Silla. Eppure è con sincera ammirazione che Plinio ne parla nei primi paragrafi del libro XXV, in cui traccia una breve storia dello studio delle piante officinali. Lo celebra come un uomo di grande cultura e intelligenza, versatissimo nelle lingue (ne parlava 22); dopo averne ricordato il profondo interesse per la medicina e gli esperimenti che fece su se stesso, fino a rendersi immune dai veleni, dichiara che la formula del suo celebre antiveleno, il mithridatium, trovata nei suoi forzieri da Pompeo e tradotta dal liberto di quest'ultimo, Leneo, è stata benefica per la vita quanto la conquista del regno lo è stata per Roma. L'interesse di Mitridate per la medicina e le erbe medicinali nasceva da un'ossessione: quella di essere avvelenato. Quando era adolescente (doveva avere tra 11 e 13 anni) suo padre morì di veleno, in seguito a una congiura in cui ebbe parte presumibilmente anche la moglie (e madre di Mitridate) Laodice, che divenne reggente. Il ragazzo si convinse che, in combutta con la cara mammina, i suoi tutori stessero cercando di assassinare anche lui; si ritirò nelle più remoti regioni del regno, dove si dedicò alla caccia e allo studio della natura, cercando soprattutto un metodo per proteggersi dai veleni. Divenuto maggiorenne e assunto il potere, continuò le ricerche e gli esprimenti. Inventò la pratica, che da lui è detta mitridatismo, di assumere quotidianamente piccolissime dosi di veleno per rendersene immune. Alla sua corte creò un vero e proprio centro di ricerca che comprendeva una biblioteca di testi di etnobotanica e tossicologia, giardini dedicati a piante tossiche e antidoti, vivai e laboratori; prese al suo servizio un'equipe internazionale, diretta dal greco Crateva (o Crateuas), dove altri medici come ellenici come Papias e Thimotheos erano affiancati da sciamani sciti e magi persiani, e forse medici indiani ayurvedici e druidi celtici. Era in corrispondenza con scienziati di tutto il mondo antico, come il greco Asclepiade che, pur rifiutando il suo invito di passare al suo servizio, gli dedicò un trattato e gli spedì formule di antidoti; l'egiziano Zopiro, che aveva creato un rimedio universale che comprendeva 20 ingredienti; gli sciamani Marsi che gli inviavano i loro medicamenti a base di veleni. Sperimentò gli effetti di centinaia di veleni e di antidoti su se stesso, sui suoi collaboratori e su prigionieri condannati a morte. Con il tempo si immunizzò contro i più noti veleni tanto che, con gusto teatrale, durante i banchetti amava esibirsi mangiando e bevendo vivande che per altri sarebbero state letali. L'obiettivo principale delle ricerche del re e della sua équipe era mettere a punto un antidoto universale, capace di proteggere da tutti i veleni. Secondo Plinio, attraverso ricerche instancabili e ogni possibile esperimento, fu ottenuto un farmaco la cui particolarità era unire insieme veleni e antidoti. Gli ingredienti sarebbero stati ben 54. Tra di essi, veleno di vipere, carne di salamandra, sangue di anitre del Bosforo che si cibavano di piante velenose, miele tossico, orpimento (solfuro d'arsenico), e moltissime piante, alcune probabilmente tossiche, altre aromatiche, resinose, depurative. Mitridate utilizzò le sue conoscenze tossicologiche anche come arma di guerra: durante la campagna di Pompeo, fece trovare ai soldati romani giare colme di miele tossico, tratto da polline di Rhododendrum ponticum, che indebolì le truppe avversarie tanto da permettergli di sconfiggerle. Dopo la morte di Mitridate, la formula della sua panacea, nota come mithridatium, giunse a Roma e fu variamente rielaborata. Ce n'è giunta una ricetta di Celsio, un medico dell'epoca di Augusto e Tiberio, che comprende 36 elementi (essenzialmente resine, spezie e erbe aromatiche, senza alcun elemento tossico a parte l'oppio); modificato da Andromaco, medico di Nerone, e Galeno, medico di Marco Aurelio, che aggiunsero come ingrediente fondamentale la carne di vipera, con il nome teriaca rimase in uso come rimedio universale almeno fino alla fine del Settecento. Quanto a Mitridate, rimase nell'immaginario collettivo come personaggio quasi leggendario. Machiavelli ne lodò l'abilità politica e militare. Gessner gli intitolò un libro che raccoglieva dati su circa 130 lingue; nel Seicento Racine gli dedicò una tragedia e nel Settecento Mozart (e non fu il solo) un'opera lirica. Una sintesi della sua lunga (anche la sua longevità, in un'epoca in cui la speranza di vita si aggirava sui 45 anni, fu considerata eccezionale) e burrascosa vita nella sezione biografie. Eupatorium e i suoi fratelli Plinio riferisce che Creteva dedicò al suo re due piante. La prima, denominata mithridatia, è stata identificata da alcuni botanici con Erythornium dens-canis; ma l'identificazione non è convincente (non corrispondono né la descrizione né le proprietà officinali). A fine Settecento, non sappiamo per quale ragione, Commerson riprese il nome, battezzando Mitridatia quadrifida un endemismo di Mauritius, già descritto da Sonnerat come Tambourussa quadrifida. Si tratta dunque di un sinonimo. La seconda, denominata eupatorium, ha fatto discutere i botanici. In Dioscoride con il nome di eupatorion viene descritta un'erbacea generalmente identificata come Agrimonia eupatoria; è possibile che la pianta di Plinio sia la stessa, ma la sua descrizione sembra più vicina al nostro Eupatorium cannabinum, una specie le cui foglie e radici contengono alcune sostanze tossiche, ma allo stesso tempo sono usate da secoli nella medicina popolare per curare una varietà di affezioni. Questa duplicità fa pensare che potrebbe davvero trattarsi di uno dei componenti del mithridatium. In ogni caso, questa era l'opinione di Linneo che nel 1753 in Specie plantarum creò il genere Eupatorium. Appartenente alla famiglia Asteraceae, in passato era vastissimo (più 800 specie), ma nel corso del '900 è stato ripetutamente riclassificato e smembrato. Oggi comprende 40-60 specie di erbacee perenni presenti esclusivamente nelle regioni temperate dell'emisfero boreale, in America settentrionale, Europa e Asia. In Europa (e in Italia) abbiamo un'unica specie, appunto Eupatorium cannabinum, una grande perenne amante dei boschi e dei luoghi umidi, presente in tutto il continente, in Asia occidentale (compreso l'antico Ponto, regno del nostro Mitridate) e in Africa settentrionale. La medicina tradizionale le ha riconosciuto molte proprietà, sebbene sia tossica e pericolosa a concentrazioni elevate. Molto vigorosa e piuttosto infestante, è comunque utilizzata nei giardini informali, soprattutto sui bordi dei laghetti. Molte specie di grande valore ornamentale, spesso ancora descritte come Eupatorium nei testi di giardinaggio, sono stati trasferite ad altri generi: E. coelestinum è Conoclinium coelestinum, E. sordidum è Barttlettina sordida, E. rebaudianum, ovvero la stevia, nota per le sue proprietà dolcificanti, è Stevia rebaudiana. Ma soprattutto sono state trasferite a Eutrochium alcune spettacolari specie nordamericane, che almeno in Italia conosciamo come Eupatorium: Eutrichium purpureum, E. fistulosum, E. maculatum. Attorno a Eupatorium, c'è per altro una piccola corona di generi sudamericani più o meno affini che ne riprendono parzialmente il nome. Austroeupatorium, ovvero "Eupatorium nell'emisfero australe", creato da R. M. King e H. Robinson nel 1970, comprende 13 specie di piante erbacee e suffruticose presenti esclusivamente in Sud America (A. inulifolium, considerato estremamente invasivo, si è naturalizzato in alcune aree dell'Asia). Eupatoriastrum, creato nel 1903 da J.M. Greenman, è un piccolo genere endemico del Centro America (Messico, Salvador, Guatemala) con 5 specie. Eupatoriopsis ("di aspetto simile a Eupatorium"), creato da G.H. Hieronymus nel 1893, è un alquanto misterioso genere monotipico brasiliano, endemico dello stato di Manas Gerais, rappresentato dalla sola E. hoffmanniana. Per qualche approfondimento su Eupatorium, Austroeupatorium, Eupatoriastrum, Eupatoriopsis, si rimanda alle rispettive schede.
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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