Oggi il Jardin des plantes di Parigi è il maggiore orto botanico di Francia e il cuore pulsante del Museo nazionale di storia naturale. Eppure i suoi esordi furono tardivi e difficili: aperto al pubblico quasi mezzo secolo dopo l'orto di Montpellier, la sua nascita si deve alla congiunzione tra la caparbietà del suo fondatore, Guy de La Brosse, la benevolenza dei medici di corte, in particolare l'archiatra Charles Bouvard, la volontà della corona di indebolire i corpi intermedi (in questo caso, la potente Università di Parigi). Ricordato dalla toponomastica del quartiere dove sorge il Jardin, de La Brosse non è celebrato da alcun nome di genere valido, al contrario di Bouvard, eponimo del grazioso genere Bouvardia. La Brosse e la battaglia per il Giardino Nonostante le prime proposte di fondare anche a Parigi un orto botanico siano contemporanee alla creazione del giardino di Montpellier (1593), rimasero lettera morta, forse per la morte di Enrico IV, poi per la minore età di Luigi XIII. Dopo che era stato chiuso anche il piccolo giardino della facoltà di medicina per far posto alla costruzione di un teatro anatomico, il botanico e giardiniere Jean Robin, che lo gestiva, presentò al re la sua Request au Roy pour l'establissement d'un Jardin royal en l'Université ("Richiesta al re per la creazione di un giardino reale nell'Università"). La proposta fu immediatamente fatta propria da Guy de la Brosse, "medico ordinario del re", ma su tutt'altre basi. Egli puntava a un luogo dove le piante si potessero studiare tanto dall' "esterno" (cioè nella loro morfologia) quanto dall' "interno" (cioè nelle loro proprietà farmaceutiche e chimiche), sulla base del metodo sperimentale; un'istituzione del genere doveva essere indipendente dall'Università. La facoltà di medicina parigina era infatti la roccaforte dei tradizionalisti, grandi sostenitori dei salassi e delle purghe e nemici giurati dei "botanici" di Montpellier, la facoltà rivale che sfornava medici più aggiornati e spesso più apprezzati dalla clientela titolata. Vi si erano formati anche molti medici di corte, compreso Jean Héroard, l'archiatra o primo medico del re, che vide subito con favore la richiesta di la Brosse. Favore condiviso dal cardinale Richelieu, per ragioni eminentemente politiche: la creazione di un Jardin royal, finanziato e gestito dalla corona, oltre a dare lustro alla capitale, avrebbe eroso il potere dell'Università, sottraendogli il controllo dei farmacisti, che sarebbe passato al sovrintendente del nuovo giardino, da cui si attendeva che rifornisse le farmacie delle regione anche di quelle piante esotiche spesso avversate dalla facoltà. Nel gennaio 1626, Guy de la Brosse ottenne una prima vittoria, ovvero una lettera patente del re che stabiliva la creazione di un "giardino delle piante medicinali" in un sobborgo parigino, affidandone la sovrintendenza a Héroard. Tuttavia quest'ultimo morì nel 1628, durante l'assedio della Rochelle. A sostituirlo fu nominato Charles Bouvard, un medico che si era laureato e insegnava proprio all'Università di Parigi. Ma se quest'ultima aveva sperato di trovare in lui un alleato, fu presto delusa: forse in modo non del tutto disinteressato, Bouvard si schierò dalla parte di La Brosse. La creazione di un orto botanico reale, finanziato dalla corona, rafforzava infatti il potere del primo medico del re, che ne sarebbe diventato sovrintendente (un incarico di natura essenzialmente politica), mentre La Brosse ne assumeva la direzione scientifica, con il titolo di intendente. Ma l'università non demordeva e riuscì a bloccare il progetto per qualche anno. Solo nel 1633 Guy de la Brosse poté acquistare un vasto terreno nel faubourg Saint-Victor, nei pressi dell'abbazia omonima. Nel 1635 giunse anche il decreto reale che istituiva il Jardin royal des plantes médicinales, stabilendo che vi si sarebbero studiate le piante e le loro proprietà medicinali; a tal fine si istituirono tre cattedre (materia medica, ovvero botanica farmaceutica, chimica, anatomia), affidate a altrettanti "dimostratori", assistiti da un sottodimostatore, che avrebbe insegnato a riconoscere le piante a partire dagli esemplari coltivati nelle parcelle del giardino. Il primo fu Vespasien Robin, già "arboriste" del re e esperto giardiniere. La facoltà cercò allora di impugnare il decreto di fronte alla Corte dei Conti; riuscì solo ad ottenere che la nuova istituzione non potesse assegnare diplomi; svolti in francese anziché in latino, i corsi, che non prevedevano esami, erano aperti a tutti; comprendevano insegnamenti pratici e teorici e accettavano molte novità ancora tabù per la facoltà di medicina ufficiale: la circolazione del sangue di Harvey, medicamenti esotici come la corteccia di Cinchona, i preparati chimici come l'antimonio. Dopo alcuni anni febbrili dedicati alla sua costruzione, il Jardin royal fu finalmente inaugurato al pubblico nel 1640. Collocato nell'area che ancora oggi lo ospita, il giardino comprendeva tra l'altro una collinetta artificiale (il "labirinto") e ospitava migliaia di piante anche esotiche. Guy de la Brosse ne redasse il catalogo, per il quale fece preparare 400 incisioni su rame. Ma nel 1641, forse esausto per la lunga battaglia, moriva ad appena 55 anni. L'opera non uscì mai, e gli eredi vendettero le incisioni a un calderaio (se ne salvarono appena cinquanta). Dispute legali e un giardino trascurato Altre morti illustri seguirono a ruota: nel 1642 il cardinale di Richelieu, nel 1643 il re Luigi XIII. Con la morte del quale, cessava anche il ruolo di archiatra di Bouvard, che avrebbe dunque dovuto lasciare la sovrintendenza del Giardino. Tuttavia si accordò con il nuovo primo medico del re Jacques Cousinot (suo genero) e mantenne l'incarico, mentre suo figlio Michel fin dal 1641 era stato nominato intendente. Nel 1646 tuttavia Cousinot morì e gli succedette come primo medico François Vautier, intenzionato a recuperare la remunerativa carica di sovrintendente. Tra Vautier e Bouvard iniziò una battaglia legale; nel 1647 il Consiglio di Stato si pronunciò a favore di Vautier e "dimise" Michel Bouvard, sostituendolo con lo scozzese William Davidson. Bouvard fece appello al Parlamento parigino; in questa situazione di incertezza, Davidson preferì andarsene in Polonia a curare i giardini della regina Maria Luisa Gonzaga. Ampiamente trascurato, il giardino dovette aspettare la sovrintendenza di Antoine Vallot per risorgere. Ma di questa storia si parlerà in un altro post. Torniamo a Charles Bouvard e ai suoi discutibili meriti botanici, sufficienti tuttavia a spingere il botanico britannico R. A. Salisbury a dedicargli nel 1805 il genere Bouvardia. Un onore che invece non è toccato al ben più meritevole Guy de la Brosse: a dire la verità, Linneo non aveva certo dimenticato il fondatore dell'illustre Jardin des Plantes, e nel 1753 gli aveva dedicato il genere Brossaea. Ma quest'ultimo fu unito a Epigaea da de Candolle (1839), quindi a Gaultheria da Hooker (1876). Oggi è una delle numerosi sezioni del grande genere Gaultheria della famiglia Ericaceae. A ricordare La Brosse una delle strade parigini nei pressi della sua creatura, il Jardin des plantes. Quanto all'intrigante Bouvard, dobbiamo ammettere che non era solo un carrierista e un medico di dubbia abilità (alcuni lo accusano di aver accelerato - o provocato - la morte del suo reale paziente, al quale nei suoi due ultimi anni di vita inflisse 34 salassi, 1200 clisteri e 250 purghe). Secondo la testimonianza dello stesso de Brosse, fu lui a volere le tre cattedre che caratterizzarono il Jardin royal des plantes médicinales come un'istituzione scientifica innovativa. Fu dunque grazie alla sua intuizione che l'insegnamento della botanica venne unito a quello della chimica e dell'anatomia, gettando le basi per quello studio a tutto tondo delle scienze della natura che avrebbe poi caratterizzato fino ai nostri giorni la grande istituzione parigina. Anche grazie a Bouvard, dunque, per la prima volta la botanica, da ancella della medicina, cominciava ad affermarsi come scienza autonoma. Inoltre egli volle dotare il Jardin della sua prima serra calda e elaborò alcune ricette tratte da fiori di uso comune. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Un profumato bouquet di Bouvardia Il genere Bouvardia, della famiglia Rubiaceae, comprende 30-50 specie di erbacee perenni e arbusti sempreverdi, nativi soprattutto del Messico (con qualche rappresentante negli Stati Uniti meridionali e in America centrale). Sono piante estremamente attraenti soprattutto per i lunghi fiori tubolari, solitamente con quattro lobi, talvolta solitari ma più spesso riuniti in dense cime terminali (possono ricordare quelli della più nota e affine Pentas, che tuttavia ha cinque lobi), a seconda della specie rossi, rosa, bianchi, delicatamente profumati. La specie più nota, la messicana Bouvardia longiflora, a lungo è stata soprattutto una pianta da serra, coltivata per la produzione di fiori recisi, grazie alla sua lunga durata - anche due o tre settimane - e alla disponibilità per gran parte dell'anno. I suoi densi e eleganti bouquet di fiori candidi e fragranti sono particolarmente apprezzati dalle spose in sostituzione dei tradizionali fiori d'arancio. Di un vibrante scarlatto è invece B. ternifolia, la specie più diffusa in natura (dall'Arizona all'Honduras, passando per il Messico) che fu anche la prima ad arrivare nelle serre europee (a Kew, nel 1794). Ma oggi, quando si parla di Bouvardia, si fa riferimento soprattutto agli ibridi, immessi sul mercato da meno di vent'anni dagli ibridatori olandesi, interessati alle sue potenzialità anche come pianta da appartamento o da patio; sono meno profumati dei progenitori, ma di più facile coltivazione, e soprattutto offrono una più ricca gamma di colori, che include anche delicate sfumature di crema, pesca, albicocca. Da noi sono soprattutto disponibili come fiori recisi; ma è prevedibile che anche in Italia nei prossimi anni invaderanno i bancali dei Garden center e abbelliranno le nostre case. Qualche informazione in più nella scheda.
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November 2024
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