Per volontà di un papa umanista e grazie alla traduzione di un rifugiato greco in fuga di fronte all'avanzata turca, le opere botaniche di Teofrasto escono dall'oblio. Al benemerito - anche se a volta fantasioso - traduttore, Teodoro Gaza, verrà più tardi (forse) dedicato un tesoro vegetale: la prorompente Gazania. Una traduzione libera, ma meritoria Condividendo il destino di Omero e Platone, nell'Occidente medievale Teofrasto fu completamente dimenticato. I più informati sapevano che si era occupato anche di botanica, e qualcuno pensava avesse scritto De Plantis, un trattatello comunemente attribuito a Aristotele (oggi si ritiene sia stato scritto da un altro peripatetico molto più tardo, Nicola di Damasco, vissuto nel I sec. a. C.). La situazione iniziò a cambiare nel Quattrocento, quando gli umanisti riscoprirono la cultura greca. Nel 1423 Giovanni Aurispa, che fu anche tra i primi a insegnare il greco, ritornò da un viaggio a Costantinopoli con 238 volumi di testi greci. Tra di essi c'era anche un manoscritto con De historia plantarum e De causis plantarum di Teofrasto. A metà secolo, una copia del manoscritto si trovava nella biblioteca papale. Sul soglio pontifico sedeva un papa umanista, Niccolò V, che creò una vasta raccolta di codici di autori classici (ne contava 1200 al momento della sua morte), primo nucleo della futura Biblioteca apostolica vaticana. Poiché all'epoca lo studio del greco era appena agli inizi, il papa varò un vasto programma di traduzioni incaricando numerosi studiosi di tradurre integralmente dal greco in latino significative opere greche, sia pagane sia cristiane. In questo contesto, nel 1449 alla corte pontificia approdò Teodoro Gaza, un sapiente greco che oggi definiremmo un rifugiato. Nativo di Salonicco, nel 1440 era giunto in Italia per sfuggire all'avanzata turca (com'è noto, la caduta di Costantinopoli avverrà qualche anno dopo, nel 1453). Di lingua madre greca, aveva appreso il latino e aveva anche una certa cultura scientifica, avendo seguito studi di medicina presso lo Studio ferrarese. Autore fra l'altro di una grammatica greca, era un umanista molto noto e apprezzato. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Teodoro si presentava come il candidato ideale per tradurre le opere scientifiche di Aristotele e della sua scuola. Il papa gli affidò dunque sia la traduzione delle due opere botaniche di Teofrasto, sia di quelle zoologiche di Aristotele (De historia animalium, De partibus animalium, De generatione animalium). Un lavoro molto complesso che impegnò il greco per almeno cinque anni e si protrasse anche dopo al morte di Niccolò V. Un aneddoto, probabilmente apocrifo, vuole che, insoddisfatto del misero pagamento ricevuto dal successore Callisto III, abbia gettato platealmente il compenso ricevuto nel Tevere. Il grande lavoro di traduzione iniziò proprio con le opere di Teofrasto: prima De historia plantarum (che risulta terminata all'inizio del 1451), quindi De causis plantarum. Delle difficoltà incontrate da Teodoro ci informa la lettera dedicataria premessa alla splendida edizione manoscritta approntata per il pontefice. In primo luogo, lo stile di Teofrasto è difficile di per sé: le sue opere non erano state pensate per la pubblicazione, erano piuttosto materiali di lavoro, continuamente rivisti, di cui il filosofo si serviva per i suoi corsi; ne risulta uno stile sintetico e ellittico. In secondo luogo, il manoscritto di cui servì Teodoro (l'unico di cui disponesse) era pesantemente corrotto. In terzo luogo, egli non era un esperto di piante e sia la terminologia botanica sia l'identificazione delle specie descritte ponevano molti problemi. Per risolverli, Teodoro studiò attentamente la Naturalis historia di Plinio, che a sua volta dipendeva in parte dalle opere di Teofrasto e ne attinse la terminologia, la chiave per l'identificazione delle specie, le informazioni per interpretare i passi corrotti o colmare le lacune. Dunque la sua traduzione, all'epoca molto ammirata anche per l'eleganza formale, è molto libera e in molti passi errata. In ogni caso, fu decisiva per rimettere in circolazione Teofrasto. Nel 1483 uscì la prima edizione a stampa della traduzione di Gaza, seguita tra il 1495 e il 1498 dalla prima edizione a stampa dell'originale greco, nell'ambito della grande edizione delle opere di Aristotele per i tipi di Aldo Manuzio. Teofrasto ritornava a circolare, nel momento più opportuno per fecondare la rinascita della botanica. Gazania, un tesoro vegetale Nel 1791 Joseph Gaertner, nella sua importante De Fructibus et Seminibus Plantarum (una delle prime opere in cui nello studio delle piante è stato usato estesamente il microscopio) riclassificò una specie sudafricana già nota a Linneo come Gorteria rigens, creando il nuovo genere Gazania. Poiché l'autore non lasciò spiegazioni, sull'etimologia del nome ci sono due scuole di pensiero: secondo alcuni deriva dal sostantivo greco gaza, che significa "tesoro reale"; secondo la maggioranza degli studiosi, è un omaggio al nostro Teodoro Gaza; Gaertner fu un grande tassonomista e un pioniere degli incroci e della genetica, ed è credibile che apprezzasse colui che riportò in auge Teofrasto. Ovviamente, mi schiero con la seconda ipotesi, che permette al blog di ospitare la bellissima Gazania, forse (insieme a Gerbera) il più noto tra i numerosi generi di margherite sudafricane. L'altra possibile etimologia ha lasciato però traccia nella lingua inglese, in cui la Gazania è chiamata anche treasure flower, probabilmente in riferimento all'esplosiva e prorompente fioritura di molte specie e forse anche ai caldi e brillanti colori. Gazania raggruppa erbacee annuali e perenni originarie dell'Africa australe, in particolare del Sud Africa; il numero delle specie è altamente incerto perché (la cosa non sarebbe piaciuta a Teodoro Gaza, ma avrebbe sommamente divertito Teofrasto) alcune specie sono così variabili da aver mandato in tilt generazioni e generazioni di tassonomisti. Chi fosse interessato a scoprire perché, troverà un approfondimento nella scheda. E' certo invece che, soprattutto sotto forma dei numerosissimi ibridi, è una delle più popolari piante da giardino, celebre per la facilità di coltivazione, la resistenza alla siccità, la prolungata fioritura. La gamma dei colori offerti è ricchissima: giallo, bronzo, arancio, rosa, salmone, rosso aranciato, bianco, talvolta con strisce e macchie di colore contrastante. Nessuna esigenza se non il sole; come il girasole, sono eliotropiche (il capolino si orienta seguendo il corso del sole) e i fiori si chiudono nelle giornate nuvolose e dopo il tramonto.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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