Come i suoi colleghi Galinsoga e Sobral, anche il "terzo uomo" della medicina di corte spagnola, Josep de Masdevall, fu omaggiato da Ruiz e Pavon con la dedica di uno dei loro nuovi generi americani. Dei tre, era certo il più meritevole, come attivo ispettore delle epidemie e inventore di un medicamento che per qualche decennio lo rese celebre in Europa, l'oppiata di Masdevall. Oggi, più che con i medici che la decantarono come panacea e febbrifugo universale, a leggerne gli ingredienti tendiamo a schierarci con i monelli di Cadice che la presero di mira in una canzone satirica. Più discutibili ancora le idee di Masdevall in tema di tutela dell'ambiente e di salute dei lavoratori. Indiscutibile è invece la bellezza delle splendide orchidee del genere Masdevallia. Panacea o veleno? Nel 1783 la Catalogna fu devastata da un'epidemia di "calenturas putridas", ovvero di febbri tifoidi, i cui effetti andavano ad aggiungersi a quelli delle endemiche febbri malariche; iniziata nella provincia di Lerida in seguito al transito dell'esercito francese che rientrava dall'assedio di Gibilterra (1779-1783), unito alle pessime condizioni igieniche sanitarie e alle piogge incessanti, si estese rapidamente a gran parte della Catalogna e all'Aragona provocando moltissime vittime. A far fronte all'emergenza, il primo ministro spagnolo Floridablanca inviò una commissione capeggiata dal medico Josep Masdevall, che visitò i borghi coinvolti, impose misure igienico-sanitarie atte a circoscrivere il contagio e impose agli ammalati, qualsiasi fosse la natura delle loro febbri, un rimedio di sua invenzione. Composto da radice di china, sciroppo d'assenzio, carbonato di potassio, cloruro d'ammonio, tartaro emetico, il preparato univa le proprietà febbrifughe della china agli effetti emetici dei sali; assai drastica e per nulla innocua - il tartaro emetico, tartrato di potassio e antimonio, utilizzato fino al Novecento, è altamente tossico - la cura sembrò efficace e trasformò Masdevall nell'astro nascente della medicina spagnola, salutato come l'"Ippocrate iberico". Il ritrovato di Masdevall, noto come elettuario antipiretico e soprattutto come "oppiata di Masdevall", acquistò ben presto fama europea, grazie anche alle capacità imprenditoriali dell'inventore, che lo propagandò nell'instant book Relación de las epidemias de calenturas pútridas y malignas ("Relazione sulle epidemie di febbri putride e maligne", 1786), presto tradotto e pubblicato in Italia, in Francia, nell'impero. La fama del nuovo specifico raggiunse anche le Americhe e il Maghreb; nel 1787, è elogiato dalla Gaceta de Mejico; nel 1800, viene utilizzato per debellare un'epidemia in Marocco. Grazie al successo della sua cura, Masdevall poté scalare i vertici della sanità spagnola: fin dal 1783 fu nominato ispettore generale delle epidemie del principato di Catalogna e medico di camera del re; nel 1785 fu promosso a "medico di camera con esercizio e stipendio" e nobilitato (da allora si chiamò de Masdevall); nel 1788 divenne terzo protomedico di Castiglia e nel 1791 secondo protomedico; nel 1799, alla morte di Francisco Martínez Sobral, la sua carriera culminò con la nomina a primo medico del re, nonché presiedente del Tribunale del Protomedicato, protomedico dell'Esercito e presidente della regia società di medicina. La terapia messa a punto da Masdevall trovò seguaci entusiasti, ma provocò anche polemiche. Tra i più ostili, buona parte dei medici catalani e l'Accademia medica di Barcellona, che attaccò Masdevall con tanta violenza che nel 1784 le autorità proibirono di "parlare in bene o in male del sopra nominato dottor Masdevall e del suo metodo di cura", pena la prigione. Applicata con successo in altre crisi epidemiche anche in Aragona e nella Mancia, si dimostrò invece così inefficace in occasione di un'epidemia scoppiata a Cadice nel 1800 che i monelli la derisero in una canzone il cui ritornello suonava Santo dios, Dios inmortal, libernos de la opiata de Masdevall ("Dio santo, Dio immortale, liberaci dall'oppiata di Masdevall"). Masdevall è anche noto per aver condotto uno dei primi studi sull'impatto ambientale e sanitario delle manifatture tessili. Nel 1784, il conte di Floridablanca, in seguito al divieto della municipalità di Barcellona di installare nuove manifatture di cotone, chiese a Masdevall di studiarne l'impatto per la salute pubblica. Nel suo Dictamen [...] sobre si las fabricas de algodon y lana son perniciosas o no a la salud pública de las ciudades donde están establecidas ("Relazione sulla questione se le fabbriche di cotone e lana sono pericolose o no per la salute pubblica delle città dove vengono edificate") concluse che le preoccupazioni del municipio e dell'Accademia di Medicina pratica di Barcellona erano infondate. Per arrivare a questa conclusione si basò su un ragionamento analogico: dal momento che le sostanze chimiche utilizzate per la tintura e la stampa dei tessuti si impiegavano anche in farmacia con effetti benefici, non potevano danneggiare la salute degli operai e dei cittadini. Stiamo parlando della radice di garanza (Rubia tinctoria), effettivamente usata come disinfettante e antisettico, ma oggi disusata come colorante perché cancerogena; nonché di arsenicati, acqua forte, vetriolo, zucchero di Saturno (ovvero diacetato di piombo), tutte sostanze altamente inquinanti e poco benefiche. Ma le conclusioni di Masdevall erano esattamente quelle che le autorità di Madrid si aspettavano da lui, e contarono non poco nel lanciare la sua carriera di medico di corte. Indubbiamente ambizioso e sempre attento ai propri interessi anche economici, Masdevall fu comunque un medico innovatore, un funzionario solerte e attivo e uno spirito riformatore che propose tra l'altro una riforma del curriculum di medicina che dava ampio spazio al praticantato. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. La curiose e coloratissime Masdevalliae La prima Masdevallia fu scoperta da Ruiz e Pavon nell'inverno del 1779 nella valle di Tama in Perù; poiché porta un solo grande fiore violetto, in Prodromus Florae Peruvianae et Chilensis (1794) i due botanici la battezzarono Masdevallia uniflora, in onore appunto del protagonista della nostra storia, all'epoca "terzo uomo" nella gerarchia dei medici di corte dopo Sobral e Galinsoga. Per molti anni fu l'unica specie attribuita a questo genere, ma a partire dagli anni '30 dell'Ottocento le scoperte di nuove specie si moltiplicarono rapidamente; oggi è vastissimo, con oltre seicento specie distribuite dal Messico al Sud America tropicale, con centro di diversità tra Colombia e Ecuador. Sono per lo più epifite delle foreste nebulose d'altura, tra 2000 e 4000 metri, dove vivono sui rami ricoperti di muschio, in una situazione di umidità costante. Essendo così vasto, il genere è anche molto vario, ma con alcune costanti piuttosto riconoscibili: prive di pseudobulbi, hanno rizomi striscianti che producono una singola foglia carnosa sostenuta da corto fusto eretto; molto caratteristici sono soprattutto i fiori, con grandi sepali saldati alla base, in modo da formare un tubo che circonda e protegge i piccoli petali e il labello; di forma da triangolare a falcata, in molte specie essi si prolungano all'apice in una "coda" a volte breve, a volte lunghissima. Sono per lo più piante compatte, talvolta minuscole, con fiori piccoli, ma coloratissimi (i colori vanno dal bianco al rosa, all'arancio al viola) e spesso molto numerosi. Oggi sono tra le orchidee più amate dai collezionisti, ma più che le specie si coltivano i numerosi ibridi, frutto di incroci complessi. Il genere è sicuramente polifiletico, ovvero artificiale; ne sono già stati separati alcuni piccoli generi (come Dracula, Dryadella e Trisetella) e altri aggiustamenti seguiranno in futuro. Qualche approfondimento e una selezione di specie nella scheda.
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