Non affrontò viaggi avventurosi; non gli si devono ricerche originali e innovative. Al bavarese Andreas Ernst Etlinger è bastata una tesi di laurea per entrare negli annali della botanica e assicurarsi un genere celebrativo. Ma ha dovuto pazientare duecento anni perché quel tributo fosse riconosciuto. Oggi si fregiano del nome Etlingera piante con magnifiche infiorescenze, tra le più belle del regno di Flora. Laurearsi con una tesi sulla salvia Oggi le salvie sono di moda; ci sono vivai specializzati nella loro coltivazione, giardini-collezione in cui la fanno da protagoniste, gruppi di discussione in rete. Del resto, il genere Salvia è un piccolo mondo: il più vasto della sua famiglia, conta tra le 700 e le 1000 specie. Fa quasi tenerezza pensare che 240 anni fa, quando gli venne dedicata la prima monografia, se ne conoscessero meno di cinquanta. A scriverla fu Andreas Ernst Eltinger, giovanissimo dottorando tedesco, che nell'estate del 1777 discusse presso l'Università Friedrich-Alexander di Erlangen una tesi di medicina dal titolo De Salvia dissertatio inauguralis. L'operina - conta in tutto 68 pagine - venne stampata e dovette riscuotere un certo successo. Oltre che come curiosità pionieristica, il De Salvia di Etlinger vale come testimonianza di quello che doveva essere il livello medio degli studi botanici nell'ultimo quarto del Settecento in area tedesca: l'ottimo Etlinger, da bravo studente che vuole fare bella figura con il relatore, ha letto diligentemente tutte le pubblicazioni disponibili, è aggiornato (conosce a menadito Linneo e non ignora le più recenti ricerche chimiche), ma allo stesso tempo sfoggia le sue conoscenze classiche e erudite con un'attenta disamina di Teofrasto, Plinio e Dioscoride, inserisce ricette erboristiche e sfata vecchie leggende (come quella che la salvia diventi velenosa se contaminata dai rospi). Oggi la definiremmo una buona tesi compilativa, non basata su ricerche originali ma su una rassegna puntigliosa della letteratura precedente. Del resto, l'autore aveva poco più di vent'anni. Dopo una pomposa introduzione, un inno al rigoglio del mondo vegetale, e alla sua ancella, la piacevolissima scienza della botanica, il libro esordisce con una breve rassegna storica degli studi precedenti sulla salvia: cinque pagine dedicate agli antichi, di cui si discutono (proprio come si faceva nei testi del Cinquecento) denominazioni e attribuzioni, seguite da tre pagine per gli autori di Cinquecento e Seicento, con particolare attenzione a Tournefort, che divise le specie tra tre generi: Salvia, Horminum e Sclarea. Poi, dice Etlinger, "sorse la gloria della Svezia, il cavaliere von Linné, che contrasse in uno solo tutti i generi proposti dai botanici precedenti". Infatti Linneo, e in particolare il suo Species plantarum, sono la fonte principale della parte centrale dell'opera, che contiene, dopo la descrizione dei caratteri generali del genere, la trattazione di 49 specie, raggruppate nei tre gruppi definiti da Tournefort. Per ciascuna specie è fornita la denominazione, gli eventuali sinonimi con i riferimenti bibliografici, l'habitat, la descrizione, le eventuali varietà. La terza e ultima parte è quella propriamente medica, con una discussione delle proprietà farmaceutiche essenzialmente di Salvia officinalis, incluse le ricette di vari preparati. Ma torniamo alla sezione centrale, quella più interessante per noi. La grande maggioranza delle specie è ripresa da Linneo; fanno eccezione tre specie (tuttora valide) pubblicate da Nikolaus Joseph von Jacquin nell'allora recentissimo Hortus Botanicus Vindebonensis, a confermare il buon livello di aggiornamento del nostro dottorando. Il quale, in dieci casi, osa proporre denominazioni proprie; quasi sempre esagerando (sette su dieci sono oggi considerate sinonimi di specie linneane; un peccato veniale, visto che anche ai nostri giorni la grande variabilità di molte specie di salvia mette in imbarazzo i tassonomisti), ma in tre casi vedendoci giusto. De Salvia è così l'atto di battesimo ufficiale di S. barrelieri, S. coccinea, S. tingitana. Due erano già state descritte da autori prelinneani, ma non erano state prese in considerazione dallo svedese. S. barrelieri è una specie della penisola iberica descritta nel Seicento dal domenicano padre Barrelier con il nome di Horminum silvestre maius, cui la denominazione di Etlinger rende giusto omaggio. S. coccinea (oggi una star delle bordure estive) è attribuita a un botanico francese contemporaneo, Pierre-Joseph Buc'hoz, ma non compare in nessuna delle opere a stampa di quest'ultimo; inoltre, anche se si tratta di una specie americana, curiosamente viene indicato come habitat l'Etiopia, da cui - si aggiunge - i semi sarebbero stati portati dal cavaliere scozzese Bruce. Quest'ultimo andrà identificato in James Bruce, che negli anni 1768-1773 esplorò Etiopia e Abissina alla ricerca delle sorgenti del Nilo. Insomma, qualcuno (Etlinger o Buc'hoz) ha fatto un po' di confusione sulla provenienza di una specie conosciuta presumibilmente attraverso il Jardin des plantes di Parigi, dove S. coccinea, a quanto sembra, fu coltivata per la prima volta in Europa. S. tingitana risale invece a Tournefort, che l'aveva descritta come Sclarea tingitana; il nome specifico dovrebbe richiamare un'origine nordafricana (significa "di Tangeri"), ma in effetti non è presente in natura in quell'area. Probabilmente da identificare con una specie coltivata all'Orto botanico di Padova all'inizio del Seicento e segnalata nei secoli successivi in altri giardini botanici, a lungo si è pensato non esistesse più in natura. Soltanto nel 1989 ne è stata scoperta una popolazione allo stato selvatico in Arabia Saudita. Rimane un mistero come e dove l'avesse conosciuta Tournefort. Per concludere, il dottorando Etlinger nell'agosto 1777 presentò e discusse la sua tesi e divenne dottore. Con orgoglio si affrettò a ristampare il libricino, identico, ma con un altro titolo, Commentatio botanico-medica de salvia, e un nuovo frontespizio con il sospirato doc. med., "dottore in medicina". Dopo di che uscì dagli annali della botanica, per dedicarsi alla carriera medica, fino a diventare medico cittadino della città natale, Kulmbach, in Baviera, dove morì in giovane età di una malattia polmonare. Cenni sulla sua breve vita nella sezione biografie. Etlingera, un nome ripescato Fu forse proprio la sua morte precoce a spingere un altro botanico tedesco, Paul Dietrich Giseke, a dedicargli un genere di nuova scoperta. Entrambi probabilmente facevano parte dell'ambiente dei linneani tedeschi: come abbiamo visto, Etlinger, pur non risultando contatti diretti con Linneo, ne conosceva bene e ammirava l'opera; Giseke invece fu allievo dello svedese, e corrispondente suo e del figlio Carl jr. Inoltre l'Università di Erlangen, di fondazione recente, era uno dei centri di diffusione del metodo linneano: tra i maestri di Etlinger, il più noto è J.C. D. von Schreber, autore di un importantissima opera sui mammiferi in cui si avvalse del sistema dello svedese. Nel 1779, un altro allievo di Linneo, Johann Gerhard König, un botanico baltico di lingua tedesca al servizio della Danimarca, raccolse in Tailandia una specie sconosciuta. Nel 1792, in Icones plantarum (un'opera di stretta osservanza linneana, che si presenta come un'appendice di Species plantarum) Giseke la denominò Etlingera littoralis. Curiosamente per quasi due secoli la denominazione passò inosservata e la specie (e le sue consorelle scoperte nel frattempo) venne attribuita a molti generi creati successivamente: Geanthus, Diracodes, Achasma, Nicolaia, Phaeomeria. Soltanto nel 1986 fu scoperto che Etlingera era il nome legittimo perché precedeva cronologicamente tutti gli altri. In epoca ancora più recente, nel 2004, uno studio basato su dati molecolari ne ha definito con maggiore precisione i confini, attribuendogli alcune specie prima assegnati ad altri generi. Oggi Etlingera è uno dei più vasti della famiglia Zingiberacae, con 100-150 specie, distribuite tra l'India, l'Indocina, l'Indonesia e le isole del Pacifico, dove cresce nel sottobosco della foresta pluviale tropicale e equatoriale. Si tratta di aree molto ricche di biodiversità, ancora poco esplorate e conosciute; perciò il numero di specie potrebbe essere molto maggiore. Lo farebbero pensare i risultati di una campagna di ricerca internazionale condotta nell'isola di Sulawesi, nell'arcipelago indonesiano: nel 2008 le specie note di Etlingera nel suo territorio erano 4, oggi sono 40! E' un genere notevole per la bellezza davvero esotica delle infiorescenze, che talvolta crescono rasoterra, talvolta sulla cima di lunghi steli rigidi, cui si deve il nome inglese torch ginger, "zenzero torcia"; si tratta di grandi o grandissime erbacee rizomatose (che possono raggiungere anche i 10 metri) con alti steli simili a canne e attraenti infiorescenze dalle forme molto variabili (a coppa, a cono, a stella), caratterizzati da più o meno numerosi giri di brattee concentriche molto colorate e vistose. La specie più nota è la spettacolare E. elatior, con enormi infiorescenze rosa carico o rosse, originaria della Malaysia e dell'Indonesia, ma naturalizzata in diversi paesi tropicali, dove è stata introdotta come ornamentale. I suoi boccioli sono anche ricercati dai buongustai, come prelibato ingrediente di piatti esotici. Di altre specie si consumano invece i frutti o i turioni; molte hanno proprietà medicinali; altre sono note come spezie; altre ancora sono utilizzate nella cosmesi, e persino nella fabbricazione di tappeti e cesti. Poco conosciute da noi, queste splendide e utili tropicali meritano dunque di essere conosciute più di vicino; qualche informazione in più nella scheda.
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November 2024
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