Nel 1824, Nathaniel Wallich dedica "con grande soddisfazione" un bell'arbusto dell'Himalaya, Leycesteria formosa, all'amico William Leycester, giudice della suprema corte di giustizia del Bengala, appassionato orticultore e primo presidente della Agri-Horticultural Society of India. Poco sappiamo di questo personaggio che in tal modo ha donato il suo nome al genere Leycesteria e a questa notevole pianta, di moda nei giardini vittoriani e oggi ingiustamente un po' dimenticata. Nuove introduzioni per migliorare l'orticultura indiana Fino alla grande rivolta dei Sepoy del 1857, che spinse la monarchia britannica a prendere il controllo diretto del Raj, gran parte della penisola indiana era amministrata dai funzionari della Compagnia delle Indie (più correttamente, Compagnia Britannica delle Indie Orientali), una compagnia commerciale privata. Gli storici valutano che verso la metà del secolo, quando sotto il suo controllo passarono anche gran parte della Birmania, Singapore ed Hong Kong, un quinto dell'umanità fosse sottoposto alla sua autorità. Per assolvere i propri immensi compiti amministrativi, la Compagnia si avvalse di una schiera di migliaia di funzionari, reclutati in Gran Bretagna, ma cercò anche di coinvolgere le élites locali (caratteristica che differenziò profondamente il colonialismo britannico, tra gli altri, da quello francese). Un esempio relativamente riuscito di questa politica di integrazione può essere la Agri-Horticultural Society of India, fondata, come si è visto in questo post, nel settembre 1820 da William Carey. Per la sua storia personale, che lo aveva messo in contatto con studiosi, tipografi, filantropi indiani, egli era sicuramente la persona più adatta per imprimere alla nuova società un carattere multietnico. Infatti nel progetto di statuto scrisse esplicitamene: "E' particolarmente desiderabile che i gentlemen nativi possano non solo essere membri, ma anche dirigenti della società esattamente nello stesso modo degli europei". Considerando che le riunioni si tenevano in inglese, i "gentlemen nativi" erano ovviamente notabili colti e anche ricchi, visto che l'iscrizione era abbastanza costosa. Nel primo comitato direttivo, ne troviamo due, che erano anche vecchie conoscenze di Carey. Il primo era Radhakanta Deb (1784-1867), un linguista e uno studioso, autore di un dizionario di sanscrito, ma anche un pedagogo impegnato nella promozione dell'educazione (inclusa quella delle ragazze) e un uomo politico conservatore; egli mise a disposizione della società cinquecento acri di terreno e intervenne assiduamente alle riunioni, presentando diversi contributi sullo stato dell'agricoltura in Bengala. Il secondo, Ramkamal Sen (1783-1844), rappresenta molto bene il tipo del funzionario nativo di successo; all'inizio della sua carriera era un compositore tipografico sotto pagato; poi passò a lavorare al Fort William College e acquisì posizioni di crescente prestigio, fino a diventare tesoriere della Banca del Bengala e segretario dell'Asiatic Society; per le edizioni missionarie di Serampore curò la prima edizione in bengali dell'Hitopadesha, una raccolta di fiabe in sanscrito risalente al XII secolo. Tra i soci c'erano altri bengalesi eminenti. Vale la pena di citare almeno l'uomo d'affari Dwarkanath Tagore (1794-1846), fondatore di una delle prime grandi aziende anglo-indiane, che si occupava tra l'altro della produzione e dell'esportazione di prodotti agricoli, e più tardi fu coinvolta sia nell'introduzione del tè cinese in Assam sia nel traffico dell'oppio in Cina. Era il nonno del poeta premio Nobel Rabindranath Tagore. E' chiaro che né il governatore dell'India, né i funzionari della Compagnia, né tanto meno i magnati e proprietari terrieri indiani, e tutto sommato neppure i missionari, intendevano mettere in discussione la struttura agraria del paese e lo sfruttamento dei piccoli contadini da parte dell'élite rurale degli zamindar (era proprio da questa classe che la Compagnia reclutava gran parte dei suoi funzionari); erano però convinti che le condizioni di vita dei contadini e più in generale l'economia del paese (e della potenza colonizzatrice) avrebbero tratto giovamento dall'introduzione di nuove coltivazioni e di tecniche agrarie più moderne. Nonostante l'ostilità degli ambienti indù più conservatori, che temevano che la Società promuovesse la coltivazione di piante proibite (come l'aglio e le cipolle, il cui consumo era vietato dai testi sacri), il progetto di Carey ottenne un immediato successo, anche grazie all'alto patronato del governatore dell'India e di sua moglie, lord e lady Hastings, che misero a disposizione un terreno a Barrackpore. Il numero dei soci, sia britannici sia indiani, crebbe abbastanza rapidamente e oltre che in Bengala, vennero fondate sezioni in Punjab, a Madras e a Bombay. La presenza tra i soci di un certo numero di esperti permise anche alla società di varare una serie di comitati di studio, dedicati alla coltivazione del cotone, del grano, della canna da zucchero, del tè, del lino e della canapa, del tabacco, all'orticoltura, alla sericoltura e all'allevamento. In una prima fase, più o meno dalla fondazione al 1835, tuttavia, la società si concentrò prevalentemente sulle produzioni orticole su piccola scala e sull'acclimatazione di ortaggi europei, coinvolgendo non solo grandi proprietari terrieri, ma un vasto tessuto di ortolani e giardinieri a cui vennero distribuiti i semi fatti giungere dall'Europa o da altre colonie britanniche. Ad esempio, nel 1824 dalla Colonia del capo giunse una consegna di semi che comprendeva spinaci, carciofi, asparagi, lattuga, insalata pan di zucchero, pastinaca, cavoli, cavolfiori, zucche, cavolini di Bruxelles, sedano, zucchine, rape e crescione. Sul modello delle fiere agricole britanniche, i giardinieri indiani erano incoraggiati a presentare i prodotti migliori in esposizioni periodiche, ben pubblicizzate dalla stampa. La prima si tenne nel gennaio 1827 e premiò cinque bengalesi con medaglie e piccoli premi in denaro. Certamente i risultati non furono trascurabili, tanto da cambiare permanentemente le abitudini alimentari indiane: due casi eclatanti sono l'introduzione del cavolfiore e della patata (giunta dall'Inghilterra nel 1832), ortaggi oggi molti comuni nelle ricette indiane. Tuttavia, dopo il primo decennio, si registrò una certa crisi. Nel 1827, la Compagnia delle Indie decise di utilizzare il terreno di Barrackpore per espandere le coltivazioni sperimentali dell'orto botanico di Calcutta, e la Società fu costretta a cercare una nuova sede, che alla fine fu trovata ad Alipore. Tuttavia già nel 1834 il giardino fu dismesso, in seguito alla bancarotta del tesoriere della società, l'agenzia Alexander and Co. Non si trattava solo di problemi finanziari. La Compagnia delle Indie era insoddisfatta dell'indirizzo assunto dalla società; i risultati economici si facevano attendere, mentre all'introduzione di nuove coltivazioni provvedeva anche meglio l'orto botanico di Calcutta, ora abilmente diretto da Nathaniel Wallich. La Società rispose creando un vivaio all'interno dello stesso orto botanico; l'importazione di semi orticoli e di alberi da frutto dall'Europa non cessò, così come continuarono le mostre orticole, ma venne incrementata l'introduzione di piante alimentari e industriali. Abbiamo già visto il caso delle patate, giunte nel 1832. Nel 1830, da Londra arrivarono semi di cotone e tabacco. Tra le colture introdotte per la prima volta dalla Società, possiamo aggiungere il mais, introdotto dagli Stati Uniti nel 1831; la segale e l'orzo; il lino, importato dalla Scozia nel 1842, e il ramié bianco Boehmeria nivea, giunto dall'orto botanico di Edimburgo nel 1854. Tra le foraggere, il trifoglio e l'erba di Guinea Megathyrsus maximus. Molti sforzi furono anche rivolti all'introduzione di alberi da frutto tipicamente europei (meli, peschi, peri, ciliegi, susini), inclusi piccoli frutti come il ribes e l'uva spina, particolarmente richiesti dai proprietari terrieri indiani. Tuttavia alla fine degli anni '30, la Società aveva ormai cambiato natura. Anche per influenza di personaggi come Dwarkanath Tagore, il focus andava sempre più spostandosi dalle piante alimentari e medicinali a quelle industriali, come la canna da zucchero, dalle necessità della popolazione al profitto e alla produzione per l'esportazione. Non seguiremo questa evoluzione per soffermarci su uno dei protagonisti della prima fase "orticola" della società: William Leycester. Un giudice appassionato di orticultura Purtroppo su di lui sappiamo meno di quanto vorremo. William Leycester (1775 - 1831), giunto in India quindicenne, nel 1790, inizia la carriera dalla gavetta, come scrivano della Compagnia delle Indie. Nel 1802 è esattore nel Bihar. Forse dal 1804 entra in magistratura. Nel 1809 lo troviamo come magistrato e giudice nel distretto di Moradabad (Uttar Pradesh). Nel 1814 è promosso secondo giudice della corte di giustizia di Bareilly (sempre nell'Uttar Pradesh). Nel 1820 diventa primo giudice sia della corte suprema delle entrate sia dell'alta corte di giustizia, entrambe con sede a Calcutta. In questo ruolo, si trovò a conciliare la legge inglese con quelle musulmane e indù, come possiamo notare da diverse sentenze da lui emesse. Il caso più clamoroso riguarda una bimba dodicenne arrestata per aver evirato l'uomo cui era stata venduta dal fratello e condannata da una fatwa del tribunale musulmano; Leycester ne dispose il rilascio, sostenendo l'inapplicabilità della fatwa a un soggetto di età inferiore a tredici anni, non punibile secondo la legge inglese. Più tardi fu uno dei giudici che si pronunciò contro la pratica (sati) di sacrificare le vedove bruciandole vive sulla pira del marito defunto. Era noto come un giudice preparato e imparziale, e difese la separazione delle funzioni di magistrato e di giudice. Le testimonianze del tempo lo dicono appassionato di orticoltura e botanica. Quella più ampia si deve a Nathaniel Wallich che, proprio nel dedicargli Leycesteria, si espresse in questi termini: "E' con grande soddisfazione che lo dedico al mio stimatissimo amico William Leycester, giudice capo della principale corte nativa della Presidenza del Bengala, che in una lunga serie di anni e in varie parti dell'Indostan distanti tra di loro ha perseguito ogni ramo dell'orticultura con munificenza, zelo e successo tali da assicurargli pienamente questa distinzione". Queste esperienze gli garantirono anche l'elezione alla presidenza dell'Agri-Horticultural Society, incarico che mantenne dalla fondazione nel 1820 al 1829, quando ripresentò la sua candidatura ma non fu rieletto; pare che ci fossero stati dissapori con Carey, ma sicuramente fu determinante la svolta della linea di fondo della società, che dalla vocazione orticola stava ormai virando verso le produzioni agricole e industriali. Non che Leycester si disinteressasse del tutto di queste ultime: come membro del comitato del lino e della canapa nel 1822 presentò uno studio sulle potenzialità delle fibre di tre specie di Musa (M. x sapientum, M. ornata, M. textilis). Ma certo era un convinto sostenitore della linea "orticola" e come presidente la sua maggiore incombenza fu l'organizzazione delle esposizioni annuali, di cui ebbe a lamentare lo scarso numero di partecipanti. Si è già visto che Nathaniel Wallich ne aveva grande stima, tanto che nel 1822, quando dovette lasciare momentaneamente Calcutta per recarsi a Singapore con Raffles, Leycester ne fece le veci. In questa occasione, guadagnò anche una medaglia d'argento della Royal Horticultural Society per "il valido dono di piante, semi e frutti conservarti sotto alcool inviati alla Società dall’Orto botanico di Calcutta”. Dal 1821, era anche membro della Asiatic Society. Un arbusto dalla bellezza inconsueta Leycesteria è un piccolo genere della famiglia Caprifoliaceae che raggruppa sei o sette specie di arbusti originari dell'Himalaya e dell'Asia temperata, dal Pakistan al Myanmar. Decidui, hanno rami cavi o con midollo solido, foglie opposte con margini interi o serrati, fiori raccolti in infiorescenze a spiga o in giri sovrapposti, spesso con brattee vistose. E' il caso della specie più nota, L. formosa (quella dedicata da Wallich a Leycester), un notevole arbusto con eleganti rami arcuati e fiori penduli bianchi sottesi da brattee viola porpora. In autunno sono seguiti da bacche lucide viola scuro, molto gradite agli uccelli, ma amare per gli esseri umani. Piacciono molto anche ai fagiani, il che ne ha favorito la voga all'epoca vittoriana quando veniva piantata in grandi quantità nelle macchie di arbusti delle grandi tenute per la gioia dei cacciatori. Poi la moda è cambiata e ora è un po' dimenticata; in Inghilterra è ancora abbastanza coltivata, anche se piuttosto che la specie si privilegiano le cultivar. Da noi non è molto diffusa. E' un peccato, perché è una specie inconsueta, attraente, del tutto rustica e poco esigente. D'altra parte, poiché ogni medaglia ha il suo rovescio, in alcuni paesi, come l'Australia, si è rivelata infestante e pone seri problemi di controllo. Le altre specie non sono in genere coltivate, tranne in qualche orto botanico. La più notevole è L. crocothyrsos, originaria delle valle montane dell'Assam; un arbusto spettacolare, ma non rustico, che ostenta vistosi grappoli di fiori giallo-oro. Altre informazioni nella scheda.
0 Comments
Leave a Reply. |
Se cerchi una persona o una pianta, digita il nome nella casella di ricerca. E se ancora non ci sono, richiedili in Contatti.
CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
Categorie
All
|