Come i tre moschettieri in realtà erano quattro, così i sette fondatori della Horticultural Society erano otto. Il d'Artagnan della situazione fu Thomas Andrew Knight, escluso per una ripicca dalla fondazione vera e propria, ma ben presto accolto come ottavo socio, quindi presidente della Society per quasi trent'anni. La persona giusta al posto giusto: pioniere degli studi di fisiologia vegetale, ma sempre attento alla loro applicazione pratica in orticoltura,scrisse lo statuto della Horticultural Society e ne determinò il successo. Arriva dagli antipodi il genere che lo ricorda, il neozelandese Knightia. La fisiologia vegetale e le sue applicazioni pratiche Quando, dopo l'appello di Wedgwood e l'assenso di Banks, Forsyth (se ne è parlato in questo post) incominciò a prendere i contatti che avrebbero portato alla nascita della Horticultural Society of London, futura Royal Horticultural Society, escluse a priori Thomas Andrew Knight (come Knight stesso riferì in una delle sue numerosissime lettere a Banks): lo considerava un nemico personale per aver osato sollevare dubbi sul suo miracoloso mastice. Ma poco dopo la riunione inaugurale del 4 marzo 1804, Forsyth morì; caduto ogni ostacolo, all'inizio del 1805 Knight fu finalmente accolto nella Society, su proposta di Banks che anzi gli chiese di scrivere un Prospectus che ne sintetizzasse gli obettivi. Nel 1811, alla morte del primo presidente, lord Darthmouth, Knight divenne il secondo presidente della Society, incarico che sostenne per 27 anni, cioè fino alla morte, avvenuta nel 1838. Dopo aver ereditato nel 1786 la vasta tenuta di Elton Hall, Knight aveva incominciato a interessarsi di orticultura e di fisiologia vegetale da autodidatta (anzi, finché Banks non lo convinse del contrario, preferiva non leggere gli scritti di altri scienziati, affidandosi unicamente allo studio sperimentale). Nei frutteti a lungo trascurati trovò alberi vecchi e malati; scoprì che, anche innestandoli con marze vigorose, i problemi permanevano. L'unica soluzione, pensò, era partire dai semi. Fu così che scoprì che i semi della stessa pianta producevano semenzali con caratteristiche diversissime tra loro. Incominciò così a incrociare volutamente alberi da frutto e piante orticole, allo scopo di creare nuove varietà più vigorose e fruttifere. Spirito indagatore, non si fermò alle applicazioni pratiche, ma volle capire meglio il funzionamento delle piante, indagandone la morfologia, l'anatomia, i processi fisiologici. Studiò il meccanismo della discesa e della salita della linfa; la natura e la funzione del cambio. Si interrogò sull'influsso della gravità: perché le radici vanno verso il basso e i rami verso l'alto? C'entra la gravità? Per capirlo, inventò un disco verticale rotante, mosso costantemente da una corrente d'acqua, su cui dispose dei semi: quando i semi incominciarono a germinare, notò che i germogli si disponevano orizzontalmente verso il centro della ruota, in direzione della forza centripeta, mentre le radici si disponevano verso l'esterno, in direzione della forza centrifuga. Grazie a questo esperimento, Knight scoprì quello che oggi chiamiamo geotropismo, ovvero la capacità degli organi vegetali di crescere orientandosi in base alla forza di gravità (geotropismo positivo, verso il basso, per organi come le radici; negativo, verso l'alto, per organi come i fusti e i rami). La macchina da lui inventata, con molti perfezionamenti, è oggi detta clinostato. Altrettanto importanti furono i suoi esperimenti sull'ibridazione. Proprio come avrebbe fatto mezzo secolo dopo Mendel, incominciò a lavorare sui piselli, incrociando tra loro piselli verdi e gialli, con petali bianchi e porpora. Non avvalendosi di metodi quantitativi, a differenza di Mendel (che lesse i suoi lavori e ne ricevette l'impulso alle proprie ricerche), non giunse alla formulazione di leggi, ma intuì alcuni meccanismi fondamentali: la dominanza, la recessività, il vigore degli ibridi. L'obiettivo fondamentale delle ricerche di Knight era il miglioramento dell'orticoltura e della frutticoltura britanniche, tanto più in un periodo di guerre (nel frattempo era iniziato l'interminabile ciclo di guerre contro la Francia rivoluzionaria, poi contro Napoleone, che impegnò la Gran Bretagna, pur con tregue più o meno lunghe, dal 1793 al 1815). L'attenzione, da una parte, alla conoscenza scientificamente fondata della fisiologia vegetale, dall'altra all'applicazione pratica e alla diffusione delle conoscenze presso giardinieri e orticultori, lo fanno considerare il padre dell'orticoltura britannica. Nel campo della frutticoltura, attraverso la selezione e centinaia di incroci, produsse numerose nuove cultivar migliorate sia di piante da frutto (mele, pere, ciliegie, nettarine, prugne, fragole e ribes) sia di ortaggi (piselli, cavoli, patate). Migliorò le tecniche di coltivazione, l'uso delle serre, studiò le cause delle principali malattie e metodi per accrescere la rusticità, la resistenza alle malattie, la produzione precoce. Promosse l'introduzione di specie esotiche (avocado, mango, ananas, sapote). Una presidenza incisiva Knight viveva nella sua tenuta nello Hertfordshire (nel 1809 era entrato in possesso di una vastissima proprietà, a Downton Castle, più di 10.000 acri dove poté continuare i suoi esperimenti su vasta scala, creando anche grandi serre), lontano dagli ambienti scientifici. Fu ancora una volta Banks - con il quale intrattenne per molti anni un voluminoso carteggio - a convincerlo a uscire dall'isolamento, presentando i suoi contributi alla Royal Society. Nel 1797 uscì il primo libro di Knight, Treatise on the Culture of the Apple and Pear, and on the Manufacture of Cider and Perry, un testo importante più volte ristampato, con il quale egli incoraggiava i proprietari terrieri, i vivaisti e i semplici appassionati ad applicare le sue scoperte e a coltivare le nuove, più vigorose varietà. Nel 1809, fu seguito da Pomona Herfordensis, arricchito da splendide illustrazioni: un libro bellissimo, oggi raro, perché le tavole sono così belle che spesso sono state tagliate e utilizzate come stampe. I suoi contributi, letti dapprima durante le sedute della Royal Society e della Horticultural Society, quindi pubblicati nelle Transactions di entrambe le istituzioni, sono centinaia. Come si è anticipato, nel 1805 divenne membro della Horticultural Society e su richiesta di Banks stese un succinto Prospectus, in cui divideva l'orticultura - e il campo d'azione della società - in due settori: da una parte, la coltivazione di piante ornamentali (insomma, il giardinaggio); dall'altra quella di piante utili. Fissando come compito principale della Società "l'incoraggiamento e il miglioramento della scienza, dell'arte e della pratica dell'orticultura in tutti i suoi rami", Knight vi sottolineava quel legame tra ricerca scientifica e avanzamento pratico dell'agricoltura che aveva improntato tutta la sua vita. La presidenza di Knight segnò una tappa importante nella vita della neonata società. Sul modello della Royal Society, inizialmente l'attività dell'Horticultural Sociey of London si era incentrata intorno a otto incontri annuali, durante i quali venivano letti i contributi dei soci, che vertevano per lo più sulle piante da frutto e da orto (il giardinaggio era decisamente in secondo piano). Nel 1807 incominciarono a uscire a stampa sul bollettino, Transactions of Horticultural Society, accompagnati da tavole a colori. Knight introdusse molte novità. Nel 1817, propose di creare un giardino sperimentale dove si potessero mettere alla prova nuove tecniche, specie esotiche di recente introduzione, nuove varietà; a questo scopo nel 1818, venne acquisita una piccola proprietà a Kensington; rivelatosi presto troppo piccola, nel 1822 fu sostituita da un terreno di 33 acri a Chiswick (ancora oggi condotto dalla RHS, il più antico dei suoi sei giardini). I giardini di Chiswick comprendevano un arboretum, che includeva un prato all'inglese e bordure fiorite; un frutteto con un'importante collezione di piante da frutto; serre e cassoni. Nelle stanze della Società si iniziarono a esporre le più interessanti novità. Nacque poi l'idea di premiare con una medaglia chi introducesse miglioramenti nell'agricoltura; si trattava di grandi medaglie, assegnate a poche persone per meriti speciali. Nel 1820, poco dopo la morte di Banks, venne istituito un secondo tipo di medaglie, di piccole dimensioni, per premiare chi si era distinto per le novità presentate nelle mostre annuali della società: la Banksian medal, con sul recto un profilo di Banks, sul verso il nome del premiato, l'anno, il motivo del riconoscimento. Oggi viene assegnata a chi in quell'anno ha ottenuto un maggior numero di punti nelle tre classi (frutti, fiori, ortaggi) delle mostre locali della RHS. Nel 1835, proprio in onore di Knight, venne istituito un terzo tipo di mediaglia, Knightian medal, di dimensioni intermedie. Altri tipi si aggiungeranno nei decenni successivi. La creazione dei giardini di Chiswick aveva comportato grandi spese e il bilancio della società andò in rosso. Nacque così l'idea di organizzare "feste floreali", da tenere nei giardini di Chiswick, aperte al pubblico dietro pagamento di un biglietto d'ingresso che coprisse anche le spese della coniazione delle medaglie. Fino ad allora, le novità venivano esposte al chiuso, nelle stanze della Società, dove erano ammessi solo i soci. La prima festa si inaugurò il 23 luglio 1827; fu un grande successo che aprì la tradizione delle esposizioni della RHS, che ha trovato il suo culmine nel celebrato Chelsea Flower Show. Con questa iniziativa, la società usciva dal ristretto cerchio dei grandi proprietari terrieri, dei ricercatori e dei professionisti, e si allargava al vasto pubblico degli appassionati. Presidente attivo e energico, Knight continuò tuttavia a risiedere nelle sue proprietà nell'Hertfordshire, da dove si spostava a Londra in carrozza per partecipare alle riunioni. Si racconta che durante uno di questi lunghi viaggi, nell'inverno del 1838 - all'epoca aveva 79 anni - contraesse un'infreddatura che lo portò alla morte nel maggio di quell'anno. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Knightia, albero degli antipodi Il genere Knightia fu creato nel 1810 da Robert Brown nell'ambito del suo importante studio sulle Proteaceae, con la seguente motivazione: "Questo genere, che fu scoperto da sir Joseph Banks, è stato, con la sua approvazione, battezzato in onore del suo amico Thomas Andrew Knight, autore di tanti importanti saggi sulla fisiologia vegetale, pubblicati nei Philosophical Transactions". Brown vi assegnò una sola specie, la neozelandese K. excelsa. Più tardi, vennero aggiunte due specie della Nuova Caledonia, K. strobilina e K. deplanchei. Nel 1975 entrambe sono state trasferite nel genere Eucarpha. Dunque, come alle origini, Knightia è tornato ad essere un genere monospecifico, ristretto alla sola K. excelsa, un albero sempreverde endemico della Nuova Zelanda, dove è noto con il nome di rewarewa; è un grande albero, alto fino a 30 metri, che vive nelle foreste a bassa altitudine dell'isola del Nord e nel Marborough Sound dell'isola del Sud. Di portamento colonnare, ha foglie oblunghe, coriacee, con margini seghettati, coperte di un tomento rossastro deciduo; i fiori, raccolti in racemi lunghi fino a 10 cm, rossi, tubolari, sono coperti da una peluria vellutata rosso mattone. Ricchissimi di nettare, attraggono, oltre alle api ( i loro impollinatori), anche piccoli uccelli. E' una specie molto decorativa, ma scarsamente rustica. Qualche approfondimento nella scheda.
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Alla storia di James Dickson, il quarto e ultimo dei padri fondatori della RHS ad essere onorato da un nome generico valido, si adatterebbe il titolo "Dalla vanga al milione". Nato in una povera famiglia scozzese, non solo si trasformò nell'agiato proprietario di un vivaio e di un negozio di piante e sementi, ma acquisì reputazione internazionale come pioniere degli studi di un ramo ancora trascurato della botanica, quello delle crittogame. A ricordarlo, grazie a un botanico francese innamorato dei giardini inglesi, le stupefacenti felci arboree del genere Dicksonia. Con un'appendice sul misterioso botanico polacco Zier e la sua Zieria. Un giardiniere con il bernoccolo degli affari Al contrario di quanto accadde a Richard Salisbury e William Forsyth, nessuna polemica polemica sfiorò James Dickson, che seppe guadagnarsi la stima dei contemporanei tanto negli affari quanto nella scienza, tanto che nel suo necrologio James Edward Smith, presidente della Linnean Society, e suo intimo amico, ebbe a definirlo "un uomo di integrità senza macchia". La sua storia sembra quasi uscire da uno di quei racconti edificanti che si facevano leggere ai ragazzi nell'Ottocento per dimostrare che "volere è potere". Nato in una famiglia scozzese povera, cominciò la sua carriera come apprendista nel giardino del signorotto locale, il conte di Torquay. Un giorno sentì un altro garzone chiedere a un compagno più esperto il nome di una pianta; rimase affascinato dalla risposta competente e decise di saperne di più, dedicando tutto il suo tempo libero allo studio della botanica. Diventato adulto, proprio come Forsyth e centinaia di altri giardinieri scozzesi, emigrò a Londra dove trovò lavoro come giardiniere presso il vivaio Jeffrey and Co., a Kensington; più tardi lavorò in un vivaio di Hammersmith, probabilmente il celebre "The Vineyard" di Lee & Kennedy. Lavorando anche in diverse grandi proprietà, mise insieme abbastanza risparmi da aprire, nel 1772, un proprio negozio di piante e sementi al Covent Garden; una scelta che dimostra il suo fiuto per gli affari: era un'area frequentatissima, con caffè, teatri e il più importante mercato di Londra. Infatti al nuovo negozio arrise subito il successo, attirando clienti importanti, come lo stesso Forsyth (all'epoca sovrintendente dell'orto botanico di Chelsea) e James Edward Smith. Ma l'incontro più importante fu quello con Joseph Banks, che gli divenne amico e lo coinvolse nel suo circolo di studiosi e appassionati di botanica. Nel 1781, quando l'amministrazione del British Museum era alla ricerca di un nuovo giardiniere, sempre su suggerimento di Banks, Dickson presentò la sua candidatura; poiché la sua offerta risultò la più competitiva, ottenne l'appalto, mantenendo l'incarico fino alla morte. Negli anni '90, la sua posizione economica divenne ancora più solida, con l'acquisto di un grande vivaio a Croydon, che gestì fino al 1799, quando si ritirò dall'attività (ma mantenendo il negozio di Covent Garden, che alla morte lasciò al figlio, con una cospicua eredità a lui e alle figlie). Il fascino discreto delle briofite Quest'uomo d'affari di successo seppe anche diventare un botanico di rinomanza internazionale. Anche in questo caso, c'è lo zampino di Banks, che oltre a metterlo in contatto con il Gotha della botanica britannica, ne incoraggiò gli studi mettendogli a disposizione la sua ricca biblioteca. Fu ancora Banks a coinvolgerlo nel 1788 nella fondazione della Linnean Society (creata e presieduta da un altro amico, James Edward Smith) e nel 1804 della Horticultural Society, di cui Dickson fu eletto vicepresidente. In tal modo, egli è l'unico - oltre a Banks, ça va sans dire - ad essere annoverato tra i padri fondatori di entrambe le istituzioni. Intorno al 1780 Dickson cominciò a interessarsi a quello che sarebbe diventato il suo campo di elezione: le crittogame. In un'epoca in cui l'interesse dei botanici era indirizzato piuttosto verso le fanerogame, i suoi studi ebbero un ruolo pionieristico. Questa passione singolare lo riportava alla sua terra d'origine, la Scozia. Per la sua posizione geografica, la varietà climatica e la diversa natura dei suoli, la Scozia è infatti il paradiso delle briofite: la costa occidentale è ricca di specie di muschi e licheni dell'area oceanica; i banchi assolati del sud-est ospitano specie mediterranee; nelle aree montane - quelle più ricche di specie - a dominare sono quelle nivali e alpine; le montagne delle Higlands nordoccidentali ospitano una comunità unica al mondo, denominata "Northern Hepatic Mat", dominata da una serie di licheni rari, alcuni dei quali vivono solo qui, nell'Himalaya e nelle montagne del British Columbia in Canada (a migliaia di km di distanza). Con le sue 920 specie di briofite, non sorprende che la Scozia abbia dato i natali ai pionieri degli studi di muschi, epatiche e licheni: Archibald Menzies, Robert Brown, William Hooker e, naturalmente, il nostro James Dickson. Per raccogliere e studiare le sue piante predilette, tra il 1785 e il 1791 Dickson ritornò più volte in Scozia, esplorandone i diversi ambienti, comprese le isole Ebridi, talvolta da solo, talvolta con alcuni amici (J. E. Smith, che lo vide in azione, lo soprannominò "Dickson occhio di lince" per l'acume con cui sapeva scovare nuove specie). Nel 1789, fu accompagnato dal giovane cognato diciottenne, lo studente di medicina Mungo Park. Più tardi, lo presentò a Banks, che ne fece uno dei suoi cacciatori di piante. Si deve dunque a Dickson l'inizio della carriera del celebre esploratore scozzese. I risultati della ricerche di Dickson furono presentati nei quattro Fasculi Plantarum Crytogamicarum Britanniae, usciti rispettivamente nel 1785, 1790, 1793 e 1801, in cui vengono descritte circa 400 specie di muschi, epatiche, licheni, alghe e funghi delle isole britanniche; se per le prime categorie Dickson attinse soprattutto al materiale raccolto nelle spedizioni scozzesi (con moltissime specie descritte per la prima volta), per le alghe e i funghi si appoggiò sulle raccolte di amici e corrispondenti, soprattutto nell'Inghilterra meridionale. All'epoca, soprattutto se si desiderava diffondere le proprie opere a livello internazionale, la lingua della scienza era ancora il latino, una lingua estranea a Dickson, un self made man privo di preparazione accademica. Perciò, per la stesura dei primi tre fascicoli si avvalse della collaborazione del misterioso botanico polacco Jan Zier e per l'ultimo di quella di Robert Brown, che scrissero le descrizioni tecniche in latino. I volumi erano illustrati dagli acquarelli del grande pittore botanico James Sowerby. L'importanza dei contributi di Zier e Brown (semplici "traduttori" o autori veri e propri) è oggetto di discussione. Il primo fascicolo è aperto dalla dedica a Joseph Banks "baronetto, presidente della Royal Society, curatore del British Museum, principe dei botanici". Seguono le descrizioni delle specie, divise in tre categorie: Musci (che comprende anche altre briofite, come le epatiche), Algae (che curiosamente comprende anche i licheni), Fungi. In un'appendice solo elencate le piante scozzesi segnalate per la prima volta nel corso dei suoi viaggi, con la denominazione linneana. Oltre a diversi contributi pubblicati sulle Transactions della Linnean Society e della Horticultural Society, Dickson fu autore anche di due opere sulla flora britannica che divulgarono il sistema linneano: A Collection of Dried Plants, named on the authority of the Linnaean Herbarium, and other original collections, pubblicato tra il 1787 e il 1799, in 17 fascicoli; Hortus Siccus Britannicus, in 19 fascicoli usciti tra il 1793 e il 1802. Alla sua morte, avvenuta nel 1822, fu commemorato da un necrologio del suo vecchio amico James Edward Smith. Una sintesi della sua lunga e operosa vita nella sezione biografie. L'Heritiér de Brutelle e la Dicksonia di Sant'Elena Come Dickson giunse a donare il suo nome al magnifico genere Dicksonia, che comprende spettacolari felci arboree, la più nota delle quali è la neozelandese D. anctartica, è un'altra bella storia da raccontare. Nel maggio 1771, sulla rotta di casa, l'Endevour, la nave del primo viaggio di Cook, fece scalo a Sant'Elena per rifornimenti; Banks e l'amico Solander ne approfittarono per erborizzare. Li colpirono le magnifiche felci arboree che rivestivano le parti più alte dell'isola e ne raccolsero le spore; arrivate a Londra, germinarono, e alcuni anni dopo alcuni esemplari della felce ancora senza nome erano la gloria dei giardini di Kew. Fu lì che la vide nel 1786 il botanico francese L'Héritier de Brutelle, che si era rifugiato a Londra con l'erbario di Dombey piuttosto di restituirlo alla corona spagnola. I botanici britannici lo accolsero a braccia aperte e L'Héritier volle ripagare la cortesia dedicando ad alcuni di loro diversi nuovi generi nel suo Sertum anglicum (1788), in cui descrisse alcune specie di Dombey insieme a piante rare che aveva visto nei giardini inglesi. A Dickson - forse perché era un esperto di crittogame, anche se non di felci - toccò la felce di Sant'Elena, ribattezzata Dicksonia arborescens. Il genere Dicksonia, appartenente a una famiglia propria (Dicksoniaceae), comprende circa 25 specie di felci con rizomi solitamente eretti, simili a tronchi, ma talvolta striscianti, che culminano con un morbido ciuffo di lunghe fronde. La sua distribuzione geografica è singolare: con centro di irradiazione probabilmente in Nuova Guinea (dove si trovano 5 specie), si spinge a nord in Indocina, poi a est attraverso il Pacifico, raggiungendo le Filippine, l'Australia, la Nuova Zelanda (con le specie più rustiche, quindi più note e coltivate da noi), la Nuova Caledonia, quindi, varcato l'Oceano, in Messico, America centrale, Perù, Brasile. Come si arrivata a Sant'Elena, nessuno lo sa: l'isola dove fu relegato Napoleone dista 1900 km dalla costa africana (in questo continente le Dicksoniae non sono mai arrivate) e 3250 dalla costa del Brasile, dove vive la specie più vicina, D. sellowiana. Del resto, queste bellissime felci hanno avuto il tempo per viaggiare: sono piante antichissime, la cui origine si fa risalire al Giurassico e al Cretaceo (almeno 150 milioni di anni fa). Qualche approfondimento nella scheda. Il misterioso Zier e l'elusiva Zieria Ma è ora di strappare all'oblio Jan (o John) Zier, collaboratore o gost writer di Dickson. Su di lui c'è arrivato davvero pochissimo: la data di morte, le sibilline motivazioni della dedica del genere Zieria, un manoscritto dimenticato, qualche notizia sparsa che trapela qua e là dalle pubblicazioni del tempo. Le maggiori informazioni su di lui si devono a una nota di G. Jameson, pubblicata nel 1810, che ci informa che era polacco, definendolo "un botanico valente e industrioso". Quando e dove fosse nato, non si sa, né quando e perché sia approdato in Inghilterra. In un manoscritto che inviò non sappiamo quando né perché a Menzies (in sostanza, il manoscritto delle descrizioni scritte per i fascicoli di Dickson) Zier dice di essere amico di J.F. Ehrhart, direttore dell'orto botanico di Hannover. Dato che il re d'Inghilterra era anche Principe elettore di Hannover, e nel 1780 Ehrhart fu nominato Botanico reale e elettorale, potrebbe essere stato lui a fare da tramite al trasferimento di Zier in Inghilterra. E' possibile che vi giungesse nel 1785, anno in cui uscì il primo fascicolo dell'opera di Dickson sulle crittogame. Nell'Hortus kewensis (ovvero il catalogo di Kew) del 1787, risultano come procurate da lui alcune piante provenienti dall'Europa centrale, in particolare dall'Austria e dalla Pannonia. Nel 1788, in occasione della seconda riunione della Linnean Society, vi fu ammesso su proposta del presidente, James Edward Smith, segno che all'epoca era già un botanico rinomato. In una nota scritta diversi anni dopo nella Cyclopedia di Rees, lo stesso Smith sostiene che siano di mano di Zier anche le descrizioni della Flora londinensis di Curtis uscita in sei volumi tra il 1777 e il 1798, un'insinuazione che non trova riscontri in altre fonti. Un altro amico di Zier fu il botanico John Sims, che ne ereditò l'erbario (che comprende anche alcune briofite); secondo il già citato Jameson, nel 1796 (o forse alla fine del 1795) Zier si accingeva a tornare in Polonia, dove gli era stata assegnata una cattedra quando, consunto da una malattia cronica, morì, ancora in età abbastanza giovane. Poco dopo, nel 1798, James Edward Smith volle ricordarlo dedicandogli il genere Zieria in Transactions of the Linnean Society, dicendo esplicitamente che era un modo di sottrarlo all'oblio, visto che le sue fatiche erano diventate celebri sotto il nome di altri (allusione a Dickson e forse anche a Curtis?). Inoltre, lo specifico zieri è stato assegnato ad alcune briofite da lui descritte nei fascicoli di Dickson. Zieria è un piccolo genere della famiglia Rutaceae che comprende una quarantina specie, tutte endemiche dell'Australia orientale, tranne Z. chevalieri, presente in Nuova Caledonia. Sono graziosi arbusti dal portamento prostrato o piccoli alberi, con foglie opposte e composte, trifoliate con la fogliolina centrale lievemente maggiore delle due laterali. I fiori, raccolti in infiorescenze all'ascella fogliare, hanno quattro sepali fusi, quatto petali alternati con i sepali e quattro stami. E' molto simile all'affine Boronia, da cui si distingue per le foglie, il numero di stami (quattro in Zieria, otto in Boronia) e alcune particolarità dei frutti; come quelli di Boronia, anche le foglie e i fiori di alcune specie di Zieria sono ricchi di olio essenziale, con usi medicinali e in profumeria. In continuità con il loro elusivo dedicatario, sono piante decisamente di nicchia: molte sono endemismi di piccole aree a rischio di estinzione; alcune sono state identificate e descritte solo da pochissimi anni; soppiantate dalle più vistose Boroniae, anche nei guardini australiani, con qualche eccezione, non sono molte diffuse; nei giardini di altri continenti non sono mai arrivate. Qualche informazione in più e una selezione di specie nella scheda. Curioso destino, quello di William Forsyth: reputato dai contemporanei un'autorità indiscussa soprattutto nel campo delle piante da frutto, scrisse un best seller che resistette per decenni, stampato e ristampato; un successo professionale che raggiunse il suo apice con la creazione del Forsyth's plaister, che inizialmente gli procurò fama, onori e denaro, ma poi finì per rovinare i suoi ultimi anni (e la sua reputazione presso i posteri). Ora è ricordato soprattutto grazie alla solare forsizia, che con le sue esplosive fioriture annuncia l'arrivo della primavera. Un prototipo di giardino roccioso... Abbiamo incontrato William Forsyth tra i sette padri fondatori della (futura) Royal Horticultural Society: a lui si rivolse Wedgwood per chiedergli di coinvolgere Banks, e sicuramente fu lui il principale organizzatore della fatidica riunione del 7 marzo 1804. Del resto, in quel momento era un'autorità: curatore dei giardini reali di Kensington e Saint James, autore di un volume di successo sull'arboricoltura, godeva del sostegno di membri del parlamento e dell'ammiragliato. Ma andiamo con ordine. Nato nel 1737 a Old Medrum, nei pressi di Aberdeen, Forsyth era uno dei numerosissimi giardinieri scozzesi che a partire dalla seconda metà del Settecento per circa un secolo quasi monopolizzarono l'orticultura inglese. Come molti conterranei, venne a cercare fortuna a Londra. Dopo aver perfezionato la sua formazione con Philip Miller al Chelsea Physic Garden, nel 1763 fu nominato capogiardiniere di Syon House, il grande parco londinese di proprietà del duca di Northumberland che proprio in quegli anni veniva riplasmato come giardino paesaggistico da Capability Brown. Nel 1771, quando l'ottuagenario Miller fu costretto al pensionamento dal Comitato dei farmacisti, gli subentrò come giardiniere capo a Chelsea; la sua assunzione fu subordinata all'accettazione di regole ferree imposte dal Comitato, che mal aveva sopportato l'indipendenza e il caratteraccio di Miller; il Comitato si riservava di decidere ogni particolare della sistemazione del giardino, e Forsyth doveva chiederne l'autorizzazione per ogni più piccolo spostamento, oltre che per scambiare piante e semi con altre istituzioni. Nonostante questo (e le condizioni finanziarie poco brillanti, con una paga annua di 50 sterline), si trattava di un incarico prestigioso: all'epoca - Kew era ai suoi esordi - Chelsea era il più importante orto botanico del paese. Forsyth lo curò per 13 anni. Durante la sua gestione, il giardino si arricchì di nuove specie, soprattutto tropicali, grazie ai buoni rapporti con vivaisti (come Gordon e Lee), collezionisti come lo stesso duca di Northumberland e Fothergill, e lo staff di Kew (il capo giardiniere Aiton e, ovviamente, lo stesso Banks). Forsyth stimolò anche l'attività di cacciatori di piante, come John Fraser. Tra le piante esotiche che giunsero in quegli anni a Chelsea, Caesalpinia pulcherrima, il pimento (Pimenta dioica), l'anatto (Bixa orellana), il mogano (Swietenia mahagoni), Guaiacum officinale, Senna alata. Sull'esempio del suo predecessore, Forsyth mantenne inoltre fitte relazioni e scambi con altre istituzioni botaniche e singoli studiosi nel resto d'Europa. Due furono le imprese più impegnative in cui si trovò coinvolto: in primo luogo, la ricollocazione delle piante che a partire dal 1773 ricevettero una collocazione sistematica basata sul sistema di Linneo; in secondo luogo, la creazione di quello che è considerato il più antico giardino roccioso europeo. Nel 1771 la Società dei Farmacisti decise infatti di creare un'area adatta alla coltivazione di piante che richiedono un substrato roccioso. Il progetto probabilmente si deve non Forsyth - che ebbe un ruolo di esecutore - ma a Stanesby Alchorne, il prefetto dell'orto, e a Uriah Bristow, membro del Comitato e più tardi Maestro della Società. Poiché i farmacisti non avevano fondi, per la costruzione si ripiegò inizialmente su materiali di recupero, in particolare pietre provenienti dalla Torre di Londra (che Alchorne pagò di tasca sua). Venne poi in soccorso Joseph Banks, che nel 1772 donò un carico di pietra lavica trasportato dall'Islanda. Con questi materiali Forsyth creò un monticello ovale di pietra dal diametro di appena 40 passi, che venne decorato con un assortimento di oggetti bizzarri: minerali insoliti; madrepore e coralli; una conchiglia gigante portata da Cook dai mari del Sud (che esiste tuttora); un busto dello stesso Banks. Chiamato semplicemente The Rock e costruito nel corso dell'estate del 1773, fu la prima struttura del genere in Europa. Sfortunatamente, non ci sono rimaste né informazioni su quali piante vi crescessero né illustrazioni d'epoca (la più antica è del 1890). Sotto l'opprimente tutela del Comitato e con una paga sempre più insoddisfacente mano a mano che la sua famiglia cresceva insieme alla sua reputazione di eccellente giardiniere, Forsyth si trovò a combattere con difficoltà economiche e organizzative: nel 1774 riuscì a strappare all'avaro Comitato il permesso di vendere le piante eccedenti e di coltivare una parte dell'orto a proprie spese e per il proprio uso; nel 1775, mentre continuavano i grandi lavori di trapianto richiesti dalla ricollocazione sistematica, ottenne l'assunzione di un terzo aiuto giardiniere, ma solo da marzo a ottobre. Nel 1777 rimase senza esito la sua richiesta di un aumento salariale, rimasto invariato da anni nonostante il rincaro del costo della vita. Un mastice miracoloso? A sollevarlo da queste difficoltà giunse nel 1784 la nomina a Sovrintendente dei giardini reali di Kensington e St. James; in questa nuova veste, Forsyth dovette occuparsi della coltivazione di verdure e della cura delle piante da frutto. Molte erano vecchie, in cattive condizioni, affette da cancri e altre malattie del legno. Per riportarle in salute, oltre a rimuovere accuratamente le parti malate, Forsyth mise a punto la ricetta di un particolare mastice che, a suo dire, non solo chiudeva i fori e consolidava l'albero, ma consentiva la ricrescita di legno nuovo e sano. Il ritrovato (Forsyth ne manteneva segreta la composizione) suscitò l'immediato interesse delle alte sfere: disporre di alberi sani, in particolare querce, era essenziale per la marina inglese, civile e miliare, specie dopo la perdita delle colonie americane, che si aggiungeva alla costante diminuzione delle foreste britanniche. Nel luglio del 1789 (una decina di giorni dopo la presa della Bastiglia) i due rami del parlamento incaricarono un comitato di vagliare l'efficacia del mastice (noto come Forsyth's plaister) e di riferirne al Tesoro; visto il parere favorevole, nel maggio 1791 quest'ultimo dispose il pagamento a Forsyth di un premio di 1500 sterline in cambio della ricetta miracolosa. Eccola: uno staio di letame fresco, mezzo staio di calce, mezzo staio di cenere di legna, una sedicesima parte di sabbia di fiume, cui potevano aggiungersi, per rendere la miscela più fluida, urina e sapone. Per quanto possa apparirci bizzarra, non è molto dissimile dalle ricette in uso all'epoca (e da certi mastici e paste per tronchi ancora oggi usati, tra l'altro, nell'agricoltura biodinamica). L'opinione pubblica si divise: ad alcuni pareva uno spreco di denaro pubblico, per non dire una soperchieria o un caso di manifesta corruzione, che si fosse pagata una cifra enorme - vi ricordate la paga di Forsyth a Chelsea? - per un prodotto ben poco dissimile da quelli usuali. Altri - come capita anche oggi - furono invece sedotti proprio dalla semplicità della procedura e dal basso costo degli ingredienti di un prodotto che si voleva miracoloso, tanto più che a metterlo a disposizione di tutti aveva pensato lo stesso Forsyth, rivelandone pubblicamente la formula in appendice a Observation on the diseases, defects, and injuries in all kinds of Fruit and Forest Trees ("Osservazioni sulle malattie, i difetti, le lesioni di ogni tipo degli alberi da frutto e forestali"), uscito sempre nel 1791. A difendere a spada tratta il ritrovato di Forsyth (oltre a uomini politici, membri dell'ammiragliato e uomini della strada) fu soprattutto l'agronomo James Anderson nel suo Recreation in agricolture (1799). Sul versante opposto, il critico più reciso fu Thomas Andrew Knigth che nel 1801, nella seconda edizione di A Treatise on the Culture of Apple and Pear ("Trattato sulla coltivazione delle mele e delle pere"), avanzò alcuni dubbi, ribaditi più estesamente l'anno successivo in Some doubts relative to the efficacy of Mr. Forsyth's plaister in filling up the holes in trees ("Alcuni dubbi sull'efficacia del mastice di Forsyth nel riempire i buchi degli alberi"). Grande esperto di alberi da frutto (è considerato il padre della pomologia britannica), studioso della fisiologia vegetale che per alcuni aspetti anticipò Mendel, prove sperimentali alla mano, Knight dimostrò che il preteso mastice miracoloso non era certo in grado di far rinascere il legno morto; era solo una pasta che riempiva i buchi in modo tale che "era impossibile distinguere il legno nuovo dal vecchio". La risposta di Forsyth non si fece attendere; in appendice alla sua fortunata opera A Treatise on the culture and management of Fruit-Trees ("Trattato sulla coltivazione e la gestione degli alberi da frutto"), uscito anch'esso nel 1792, attaccò, senza nominarlo esplicitamente, il "libello" di Knight e allegò le testimonianze dell'efficacia del suo mastice, che gli giungevano da ogni dove, da San Pietroburgo a Madras. Knight, a sua volta, rincarò la dose, giungendo a insinuare che Anderson fosse in combutta con Forsyth. La polemica si trascinò per anni, sempre più violenta. Intanto, il trattato di arboricoltura di Forsyth conosceva uno strepitoso successo: senz'altro il più letto e più influente manuale sull'argomento di primo Ottocento, fu ristampato per almeno un trentennio, ne fu pubblicata un'epitome negli Stati Uniti e traduzioni in altri paesi. Anche se oggi molte delle pratiche che vi sono consigliate (prima tra tutte il trattamento delle lesioni del legno) sono superate, ne emerge chiaramente la profonda padronanza del soggetto da parte dell'autore. Il quale, probabilmente, non era dunque né un ciarlatano né un imbroglione: credeva in buona fede che il suo mastice fosse in grado di rigenerare il legno, senza rendersi conto che le piante non traevano giovamento dal plaister in quanto tale, ma dall'accurata rimozione delle parti malate. Quanto a Knight, Forsyth se ne vendicò come poté: come organizzatore della riunione che portò alla nascita dell'Horticultural Society, usò tutta la sua influenza per escluderne l'arcinemico, benché fosse uno scienziato rinomato e un protetto di Banks. Del resto, una vendetta di breve durata; Forsyth mori pochi mesi dopo (una sintesi della sua vita nella sezione biografie) e Knight non solo entrò a fare parte della Society, ma a partire dal 1811 ne divenne presidente (incarico che mantenne per 27 anni). Alla scoperta delle solari forsizie In una simile atmosfera polemica, è improbabile che un botanico britannico avrebbe dedicato un genere a Forsyth; a commemorarlo tuttavia pensò il danese Martin Vahl che nel stesso anno della sua morte gli dedicò Forsythia, riconoscendo come appartenente a un nuovo genere Syringa suspensa, un arbusto giapponese descritto per la prima volta da C. P. Thunberg nel 1784. Il genere Forsythia, della famiglia Oleaceae, comprende una decina di specie di arbusti di origine soprattutto orientale (Cina, Corea, Giappone), con l'eccezione di F. europaea, nativa della penisola balcanica. Oggi è difficile immaginare un giardino o un parco senza le immancabili forsizie, che con le loro prorompenti fioriture color oro sono un vero e proprio araldo della primavera. Eppure sono arrivate da noi da meno di 150 anni. Dopo la segnalazione di Thunberg, bisogna aspettare un altro grande divulgatore della flora giapponese, Franz von Siebold, perché la prima Forsythia asiatica raggiunga l'Europa: è ancora F. suspensa, importata in Olanda intorno al 1830 e approdata in Inghilterra, nei famosi vivai Veitch, nel 1855. Nel 1864, il cacciatore di piante Robert Fortune introduce la varietà eretta (F. suspensa var. fortunei). Lo stesso Fortune, nel suo primo viaggio in Cina (1844-45) in un vivaio cinese si era imbattuto nella seconda specie decisiva per i moderni ibridi, F. viridissima. F. suspensa e F. viridissima sono infatti i genitori di F. x intermedia, nata da un incrocio casuale nell'orto botanico di Gottinga in Germania nel 1878. Nei decenni seguenti, numerosi altri ibridi x intermedia vengono attenuti dai vivaisti tedeschi; il più fiorifero e vigoroso di tutti è probabilmente 'Spectabilis', creato nel 1908 dal vivaio tedesco Spath, ancora oggi molto diffuso. Dopo la prima guerra mondiale, sono invece gli ibridatori statunitensi a dominare il campo; tra le cultivar più note, 'Lynwood' (nata da uno sport di 'Spectabilis' in Irlanda, ma resa popolare da vivaisti americani) e 'Arnold Giant', creata nell'Arnold Arboretum nel 1946. Ancora più tardiva è la conoscenza e la diffusione delle altre specie. F. europaea fu scoperta nel 1897 in Albania; la scoperta di F. giraldiana, un'altra specie cinese, si deve invece al missionario italiano Giuseppe Giraldi, che la raccolse nello Shanxi nel 1897. Solo nel Novecento di aggiungeranno la giapponese F. japonica, descritta nel 1914 da Tomitaro Makino, lettore di botanica all'Università di Tokio, e la coreana F. ovata, raccolta nel 1917 da Takenoshi Nakai sulla Montagna di Diamante nella Corea centrale. Altri approfondimenti nella scheda. La sera del 7 marzo 1804 in una libreria del quartiere londinese di Piccadilly si incontrano sette uomini, diversi per età e condizione sociale. A unirli, la passione per il giardinaggio e l'orticoltura. Da quell'incontro nascerà la Horticultural Society, oggi Royal Horticultural Society, la più prestigiosa associazione di orticultura del mondo, con oltre 350.000 iscritti. Più di uno di quei sette uomini verdi è ricordato da un genere di piante. Per cominciare, facciamo conoscenza con il più altolocato, l'onorevole Charles Francis Greville, dedicatario della Grevillea. Una fruttifera riunione in libreria Nell'Inghilterra di inizio Ottocento, in cui il possesso di un parco con essenze esotiche è uno status symbol e l'hobby del giardinaggio unisce titolati e ricchi borghesi, mentre le conseguenze della interminabile guerra con la Francia rendono sempre più urgente incrementare le rese agricole e valorizzare gli alberi di frutto e da legname, l'idea di creare un'associazione che si proponga di promuovere lo sviluppo dell'orticultura in tutte le sue forme è nell'aria. Il primo a lanciarla è John Wedgwood, figlio di Josiah, fondatore della celeberrima fabbrica di ceramiche, che nel giugno 1801 scrive una lettera a William Forsyth, soprintendente dei giardini reali di Kensington e Saint James, chiedendogli di contattare sir Joseph Banks, presidente della Royal Society e grande patron degli studi botanici, per proporgli di creare una Società dedicata alla promozione dell'orticoltura. La risposta di Banks, prontamente coinvolto da Forsyth, è entusiastica, ma ci vogliono quasi tre anni per giungere alla fatidica sera del 7 marzo 1804 quando finalmente, presso la libreria Hatchards di Piccadilly, avviene l'incontro tra i sette soci fondatori da cui nasce ufficialmente la Horticultural Society (qualche anno dopo divenuta Horticultural Society of London e dal 1864, ottenuto il patrocinio reale, Royal Horticultural Society). I sette personaggi sono un piccolo spaccato della dinamica e aperta società inglese, in cui troviamo fianco a fianco nobiluomini, ricchi dilettanti, uomini di scienza e orticultori con le mani sporche di terra. Il primo è ovviamente John Wedgwood, che in quanto promotore presiede l'incontro. E' un ricco borghese appassionato di giardinaggio, ma è anche l'esponente di una famiglia in ascesa che unisce la ricchezza (derivata da una grande azienda di successo) agli interessi scientifici. Il padre Josiah, protagonista della prima rivoluzione industriale, si interessò di scienza applicata, inventò il pirometro - uno strumento per misurare le alte temperature necessarie per la cottura delle ceramiche - e fu accolto nella Royal Society. Il fratello Richard proseguì gli studi del padre sulla temperatura, ma soprattutto fu tra gli antesignani della fotografia. La sorella Susannah sposò Robert Darwin, figlio del filosofo Erasmus, divulgatore del sistema linneano con un poema all'epoca famoso, Gli amori delle piante. Dalla coppia nascerà il grande naturalista Charles Darwin. A rappresentare la nobiltà è l'honourable Charles Francis Greville, figlio cadetto di un lord, collezionista d'arte e appassionato dilettante di giardinaggio. La scienza è invece rappresentata da tre botanici: sir Joseph Banks, amico personale del re Giorgio III, sovrintendente ufficioso e artefice dei Royal Kew Gardens, presidente della Royal Society, e onnipotente patrono della botanica britannica, che già tante volte abbiamo incontrato in questo blog; Richard Anthony Salisbury, un personaggio dal passato (e dal futuro) alquanto chiacchierato; James Dickson, autore di un'importante opera sulle alghe e i funghi britannici, ma anche vivaista e come tale esponente anche dell'ultimo gruppo, quello dei "pratici". A formarlo insieme a lui sono i sovrintendenti dei giardini reali: William Forsyth, che dirige i parchi di Kensington e St. James dopo una lunga gavetta iniziata come aiuto giardiniere; William Townsend Aiton, capo giardiniere di Kew, carica ereditata dal padre, il grande William Aiton. Nomi botanici, imbrogli e scandali Per quella che non è affatto una coincidenza, ben quattro di questi sette personaggi sono onorati da generi celebrativi tuttora validi, e un quinto da un sinonimo che gli assicura comunque un posto nella storia della nomeclatura botanica. A essere rimasti a bocca asciutta sono soltanto Josiah Wedgwood e W. T. Aiton, che tuttavia vive di gloria riflessa, dal momento che il suo nome di famiglia è ricordato dal genere Aitonia, dedicato al padre (oggi però ridotto a sinonimo). A sfiorare il podio è stato Richard Anthony Salisbury, nato Richard Markham; quando partecipò alla fatidica riunione, aveva alle spalle un passato burrascoso che lo aveva portato in carcere per debiti, ma godeva di una solida reputazione scientifica; nel 1797 James Edward Smith gli aveva dedicato il genere Salisburia (non valido: Salisburia adiantifolia Smith è un sinonimo di Ginkgo biloba L., pubblicato da Linneo nel 1771); nel 1809 fu nominato segretario ad honorem propria della neonata Horticultural Society. Ma quello stesso anno fu protagonista di uno scandalo che gli costò l'ostracismo dall'establishment scientifico britannico; dopo aver assistito presso la Linnean Society ad una conferenza di Robert Brown in cui lo botanico scozzese presentava la sua revisione tassonomica delle Proteaceae, ne memorizzò i nomi e li pubblicò come propri, sotto il nome di un amico, Joseph Knight, anticipando di qualche mese la pubblicazione di Brown. Da quel momento, nonostante la sua innegabile competenza, le sue opere furono boicottate e rimasero manoscritte; inoltre il suo successore alla carica di tesoriere della Horticultural Society, Joseph Sabine, ne rilevò e denunciò le irregolarità finanziarie. I quattro generi tuttora validi sono toccati rispettivamente a sir Joseph Banks con Banksia L.f. 1782 (se ne è già parlato in questo post); William Forsyth con Forsythia Vahl 1804; James Dickson con Dicksonia L'Héritier 1789; Charles Francis Greville con Grevillea R. Brown ex Knight 1809. Riservando a Forsyth e Dickson i prossimi post, approfondiamo ora la conoscenza con Greville. Fiorirà la vaniglia Charles Francis Greville era il secondo figlio del primo conte di Warwick, proprietario tra l'altro di un grande parco progettato da Capability Brown. Come molti cadetti del suo ceto, godeva di un patrimonio personale molto limitato. Nonostante questo, investendolo con proverbiale oculatezza - i detrattori la definivano avarizia - riuscì a creare una notevole collezione di antichità e di pittura italiana, anche grazie ai contatti dello zio materno, sir William Hamilton, ambasciatore britannico a Napoli. Nelle cronache rosa, è noto per la sua lunga relazione con Emily Hart detta Emma. Ormai stanco di lei e desiderando sposarsi con una ricca ereditiera - l'unico modo per rimpinguare le sue magre finanze - senza tenere conto della volontà di lei, la spedì a Napoli dallo zio, da cui contava di ereditare, perché ne facesse la sua amante, nel duplice intento di liberarsi di una relazione scomoda e di evitare un secondo matrimonio del facoltoso parente. I suoi progetti però fallirono completamente: il ricco matrimonio andò in fumo, sir William si innamorò di Emma e la sposò; con il nome di lady Hamilton, la bellissima donna entrò nella storia come confidente della regina Carolina di Napoli e come amante di Horace Nelson. Alla morte del padre, Greville ereditò dal fratello maggiore un seggio alla Camera dei comuni e percorse una carriera politica che lo portò a rivestire diverse cariche di una certa rilevanza (fu Tesoriere della Real casa e membro del Consiglio privato della corona). Gli furono spesso affidati incarichi finanziari, dove poté esplicare il suo notevole spirito imprenditoriale. I suoi interessi scientifici furono variegati; come collezionista, incominciò a interessarsi di pietre preziose e minerali, divenendo amico di James Smithson, dedicatario dello Smithsonian di Washington; le sue collezioni furono poi acquisite dal British Museum. Membro di diverse società scientifiche (incluse la Royal Society, la Linnean Society e la Society of Antiquarians of London), come membro della Società dei dilettanti divenne intimo amico di Joseph Banks, che lo avvicinò alla passione per i giardini. Per molti anni visse in una casa affacciata sul Paddington Green, alla periferia di Londra, dove creò un giardino estremamente raffinato, dotato di serre in cui coltivava le piante tropicali che gli giungevano grazie ai contatti di Banks. Nell'inverno 1806-1807 ottenne il suo maggior successo, riuscendo a far fiorire per la prima volta in serra l'orchidea da cui si ricava la vaniglia, Vanilla planiflora. Pubblicata nel 1807 da Salisbury nel suo Paradisus londinensis (un catalogo delle piante più significative dei giardini di Londra), proprio perché se ne conoscevano i fiori solo da illustrazioni, fu ritenuta erroneamente una nuova specie e battezzata Vanilla fragrans. Greville fornì anche diversi esemplari di piante rare a James Edward Smith per il suo erbario, oggi conservato presso la Linnean Society. Qualche informazione in più sulla sua vita nella sezione biografie. Il fascino esotico della Grevillea A questo appassionato di giardini e protettore della botanica, Robert Brown volle dedicare uno dei nuovi generi di Proteaceae australiane, Grevillea, stabilito nel 1810 in Prodromus Florae Novae Hollandiae et Insulae Van Diemen. Come si accennato, però, i suoi risultati furono plagiati da Salisbury, che nel 1809 ne anticipò la pubblicazione in On the cultivation of the plants belonging to the natural order of Proteeae, sotto il nome di Knight. Ecco perché, per la regola della precedenza, la denominazione completa del genere è Grevillea Brown ex Knight. Con le sue circa 300 specie, Grevillea è uno dei più vasti generi della famiglia Proteaceae. Multiforme per portamento (si va dagli arbusti sempreverdi prostrati alti non più di mezzo metro ai grandi alberi che superano i trenta), si è adattato agli habitat più vari: dagli ambienti montani innevati alle foreste pluviali, dalle aree aride semidesertiche dell'interno australiano alle zone costiere sabbiose. La maggior parte delle specie è endemica dell'Australia, ma il suo areale si estende a nord all'Indonesia e alla Nuova Guinea e a est alla Nuova Caledonia. Molto caratteristiche sono le infiorescenze dai colori brillanti, talvolta unilaterali, talvolta cilindriche, che possono ricordare uno spazzolino, formato da numerosissimi fiori privi di petali con un calice tubolare che si divide in quattro brevi lobi da cui si protende un lunghissimo stilo. Ricchi di nettare, attirano insetti e uccelli, che ne sono i principali impollinatori; alcune specie sono però impollinate da farfalle, falene, coleotteri, imenotteri, formiche e persino da piccoli marsupiali. Le foglie alternate variano invece molto da una specie all'altra (aghiformi, pennatosette, pennate, profondamente dentate). Per i loro fiori inconsueti e vistosi, dal fascino decisamente esotico, alcune sono apprezzate piante da giardino; in Australia sono tra le più frequentemente coltivate nei parchi e nei giardini pubblici e privati; introdotte nei paesi tropicali e subtropicali, alcune specie sono abbastanza diffuse anche da noi in aree non soggette a gelate. Tra le più note G. banksii, un piccolo albero o arbusto espanso originario del Queensland, con vistosi racemi cilindrici rosso brillante; relativamente frequente da noi anche l'arbustiva e rustica G. rosmarinifolia, orginaria dell'Australia Sud orientale, con lunghe foglie lineari e fiori da rosa vivo e rosso riuniti in racemi allargati, da alcuni paragonati a ragni. G. robusta, nativa del Queensland e del South New Wales, è invece un vero e proprio albero, di crescita veloce, con fiori da arancione a giallo oro, riuniti in racemi orizzontali unilaterali. Moltissimi sono poi le cultivar e gli ibridi orticoli, selezionati soprattutto in Australia. Qualche approfondimento nella scheda. Se quest'estate sui vostri balconi coltiverete petunie e verbene, rivolgete un pensiero a John Tweedie: senza i suoi semi quelle magnifiche e coloratissime varietà orticole non sarebbero mai state create. Né sarebbero arrivate nei nostri giardini l'erba delle Pampas e il Solanum jasminoides. A ricordare questo scozzese fattosi argentino, Tweedia, un genere dell'Argentina e del Chile, di cui fu il primo raccoglitore. Una colonia agricola scozzese in Argentina Nel 1825, quando decise di dare una svolta alla sua vita, John Tweedie aveva già cinquant'anni; un'età avanzata, per gli standard dell'epoca (la speranza di vita per un uomo della sua classe sociale era intorno ai quarant'anni). Invece Tweedie non esitò a lasciare una carriera di successo come giardiniere paesaggista, che lo aveva visto giardiniere capo dell'Orto botanico di Edimburgo e progettista e direttore di diversi parchi in Scozia e Inghilterra, per unirsi a un gruppo di 200 coloni in partenza per l'Argentina. A organizzare l'emigrazione in massa erano stati i due intraprendenti fratelli Parish Robertson, che negli anni della lotta per l'indipendenza erano riusciti ad arricchirsi con il contrabbando e finanziando i ribelli ora al potere. Furono particolarmente vicini a Rivadavia (al momento Ministro degli esteri, più tardi presidente della repubblica) che si rivolse a loro per il suo progetto di attirare capitali stranieri per diversificare e sviluppare l'economia del paese, creando tra l'altro colonie agricole, affidate a coloni venuti dall'Europa cui sarebbero state concesse terre in enfiteusi. I Roberston proposero a Tweedie di unirsi agli emigranti come agronomo e progettista giardiniere; egli accettò, forse insoddisfatto della sua posizione, solida ma pur sempre subordinata, forse affascinato dalla possibilità di conoscere una natura ancora largamente ignota alla scienza europea. Del gruppo, per lo più scozzese, che salpò da Leith il 22 maggio 1825 a bordo del veliero Simmetry, facevano parte anche un architetto inglese (insieme a sei fornaciai) e un medico, oltre alla famiglia Tweedie al gran completo (lo accompagnavano la moglie e sei figli). All'arrivo, ad agosto, una prima momentanea delusione: il governo aveva cambiato idea e non concesse le terre; i fratelli Robertson risolsero la situazione affittando ai coloni la loro grande tenuta di Monte Grande, a una trentina di km da Buenos Aires. Tweedie, attivissimo, inventò una macchina per estirpate i cardi selvatici, che abbondavano nei campi abbandonati; introdusse la pratica di creare siepi vive per separare i campi dalle aree lasciate a pascolo e impedire le incursioni del bestiame; a Santa Catalina, un'altra tenuta dei Robertson, notando che in Argentina non esisteva legname adatto alle costruzioni. creò il primo bosco artificiale del paese, facendo arrivare dalla Gran Bretagna olmi, robinie, frassini, lecci, querce. Questo bosco esiste ancora ed è stato dichiarato Monumento nazionale. I primi tre anni furono favorevoli ai coloni e assicurarono attimi raccolti; poi incominciarono ad accumularsi le difficoltà: la guerra con il Brasile per il controllo dell'Uruguay, le dimissioni di Rivadavia, l'inflazione, la siccità, l'ostilità dei vicini che non potevano più far pascolare il loro bestiame sulle terre di Monte Grande. Nel 1829, la colonia si sciolse. Tweedie si trasferì con la famiglia a Buenos Aires, dove creò un vivaio con un negozio; il suo obiettivo era riprendere per clienti argentini la sua attività scozzese, progettando giardini per i più ricchi. Ma in mancanza di una clientela solida e solvente, il progetto fallì. Allora Tweedie, a quasi 55 anni, decise di cambiare ancora una volta vita: sarebbe diventato cacciatore di piante, mantenendosi con i semi e agli esemplari che avrebbe raccolto e inviato agli orti botanici, ai vivai e ai collezionisti britannici. Un "vecchio" raccoglitore instancabile Fin dall'arrivo a Monte Grande, Tweedie era stato affascinato dall'esotica flora argentina e aveva inviato molti esemplari in Gran Bretagna per l'identificazione; era in contatto con diversi orti botanici, in particolare Kew, Edimburgo, Glasgow e Dublino. Grazie al lui, tra il 1830 e il 1831 arrivarono all'orto botanico di Glasgow i semi di due petunie, Petunia integrifolia e P. violacea, che incominciarono ad essere incrociate tra loro, creando un vera e propria mania delle ibridazioni e contribuendo a determinare il tramonto del giardino paesaggistico, sostituito dalla nuova passione per le bordure di annuali dai colori sgargianti. Nel 1832 (qualche mese prima aveva incontrato un giovane Charles Darwin, di passaggio in Argentina nel viaggio di andata della Beagle), Tweedie partì per la sua prima vera spedizione, unendosi a un convoglio inglese, capeggiato dal diplomatico H.S. Fox, che rimontò il fiume Uruguay per 60 miglia; scese poi lungo il Rio Negro e dalla foce del fiume risalì verso nord, attraverso il Rio grande del Sud fino a Rio de Janiero, da dove poi rientrò a Buenos Aires in nave. L'area, nota come Banda Oriental, tra Argentina, attuale Uruguay e Brasile meridionale, caratterizzata da foreste pluviali a galleria, era ricchissima di biodiversità e praticamente sconosciuta alla scienza europea. Qui Tweedie incontrò un altro botanico, il belga Louis van Houtte, con il quale fece diversi viaggi. Il bottino fu immenso: almeno 1000 esemplari, con un'alta percentuale di specie mai descritte prima. La più bella di tutte è forse Calliandra tweediei, una spettacolare leguminosa con fiori scarlatti simili a piumini (il nome volgare infatti è plumerillo). Un secondo viaggio, del 1835, fu meno fortunato. Uscendo da Montevideo, la nave su cui era imbarcato naufragò, e Tweedie si salvò aggrappandosi al velame. La terra ferma sembrava più affidabile; fu così che a marzo si unì a una grossa carovana diretta a Tucuman, nel nord ovest del paese. Un viaggio lungo, lento e disagevole, che di solito richiedeva una quarantina di giorni; questa volta, ne occorsero più del doppio. Ogni possibile disagio rallentò il viaggio: indigeni ostili, animali selvaggi, fiumi in secca o in piena (uno fu superato in piccole canoe manovrate da robuste donne indigene che trattenevano le funi di traino con i denti). Da Tucuman Tweedie fece anche una puntata sulla cordigliera, dove nonostante la stagione avanzata riuscì a raccogliere una scatola di semi che spedì a W.J. Hooker a Glasgow. Tra gli apporti di questo viaggio Passiflora tucumanensis. Nel 1837 (aveva ormai 62 anni) si accontentò di una breve escursione di un mese nelle colline nei dintorni della capitale, che con il loro paesaggio mosso e desolato gli ricordavano le highlands scozzesi. Più tardi (non conosciamo le date esatte di questo e del seguente viaggio) ripartì verso sud con l'intenzione di raggiungere la Patagonia; la piccola nave su cui era imbarcato, con provviste solo per cinque giorni, si arenò a Cabo San Antonio; dopo un inutile tentativo di proseguire via terra, alleggerendo il carico riuscirono a salpare, raggiungendo Bahia Blanca dopo 19 giorni. Neppure questo scoraggiò il tenace scozzese, che tentò nuovamente di raggiungere la Patagonia; anche questa volta rischiò di morire di fame e si salvò nutrendosi di pinoli. Quando rientrò a Buenos Aires, era così stracciato e sporco che i suoi stessi amici non lo riconobbero. Altre spedizioni, sulle quali siamo meno informati, le intraprese fino all'età di settant'anni. Negli anni '40 Tweedie contribuì all'ibridazione di un'altra annuale da giardino molto popolare, inviando a Niven dell'Orto botanico di Glasnevin a Dublino i semi di diverse specie di verbena: Verbena tweediana e V. teucrioides, antenate delle verbene ibride (oggi classificate come Glandularia x hybrida, genere cui sono state assegnate molte verbene sudamericane, comprese ovviamente Glandularia tweediana e G. teucrioides). Altre introduzioni dovute a lui sono Mandevilla laxa (così chiamata in onore di H.J. Mandeville, console britannico a Buenos Aires), Solanum laxum (spesso più noto come S. jasminoides), e Cortaderia selloana, l'erba delle Pampas. Non provato da tante avventure, morì a 87 anni, nel 1862. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. In corrispondenza con molti botanici, vivaisti e appassionati, il suo contatto più assiduo fu con William Jackson Hooker, professore di botanica all'Università di Glasgow, poi direttore dei Kew Gardens, che pubblicò molte delle specie raccolte da Tweedie nel celebre Botanical Magazine di Curtis; le specie di Tweedie furono poi essenziali per la compilazione di Contributions towards a flora of South America and the islands of the Pacific, scritto in collaborazione con W. Arnold (1834). Tweedia, un genere a cavallo della Cordigliera In quest'opera Hooker non mancò di rendere omaggio al formidabile raccoglitore, dedicandogli almeno una trentina di nomi specifici: oltre a Calliandra tweedii e Verbena (= Glandularia) tweediana, tra gli altri Capparicordis tweediana, Bignonia tweediana (oggi Macfadyena ugnis-catis), Ruellia tweediana, nonché il genere Tweedia. Delimitato e ridotto da successive revisioni, Tweedia, della famiglia Apocynaceae, è oggi un piccolo genere di solo sei specie, distribuite equamente a est e a ovest delle Ande, con due specie argentine, una boliviana e argentina, tre cilene. Sono erbacee prevalentemente sarmentose, che si distinguono dai numerosi generi affini per i lobi della corona in genere liberi che si innestano in alto sul tubo della corolla; spesso il fiore ha la forma di una stella a cinque raggi, con punte ricurve e andamento elicoidale. Molto simili tra loro, le sei specie si sono tuttavia adattate ad ambienti molto diversi; le due specie argentine, T. aucarensis e T. echegaray, vivono in zone aride e rocciose della pre-cordigliera; la specie argentina e boliviana, T. brunonis, è nativa di un'area subtropicale, monsonica, con violente piogge estive; le tre specie cilene (T. andina, T. birostrata e T. stipitata) sono originare del Cile centrale, con clima di tipo mediterraneo, a piogge invernali. Recentemente è stata staccata dal genere T. australis, ora Diplolepis australis. Ma soprattutto non è più una Tweedia quella che gli appassionati di giardinaggio ancora chiamano T. caerulea, oggi Oxypetalum caeruleum (una perdita grave per il buon Tweedie: uno degli azzurri più belli dell'intero regno vegetale). Qualche approfondimento nella scheda. Dopo il primo viaggio di Cook (1763-1771), nelle grandi spedizioni oceaniche la presenza a bordo di almeno un naturalista è un fatto scontato. Ma la convivenza non è sempre facile, soprattutto se il naturalista è un botanico e non si accontenta di esemplari essiccati e semi, ma vorrebbe riportare a casa piante vive, che richiedono spazio, acqua, protezione dal clima mutevole, dalle burrasche, dalle onde, dalla salsedine, dagli animali di bordo. Molto può la benevolenza del capitano che, però di solito, ha ben altro per la testa. Lo scoprì a sue spese Archibald Menzies, alle prese con l'irascibile capitano Vancouver. Prima della partenza: le ingerenze di Banks Nel luglio 1789 - negli stessi giorni in cui la folla parigina mette un moto eventi di ben altra portata - nello stretto di Nootka, un'insenatura di quella che oggi conosciamo come isola Vancouver, va in scena una delle più insignificanti crisi diplomatiche della storia. Alcune navi mercantili britanniche vengono poste sotto sequestro (insieme ai beni dei mercanti e al loro insediamento sull'isola) dagli spagnoli, per aver osato commerciare e installarsi in un'area di cui la Spagna rivendica la sovranità. A Madrid e a Londra gli animi si eccitano, le rispettive flotte vengono mobilitate, sembra si arrivi alla guerra; senonché, proprio a causa degli eventi parigini, la Spagna, priva del sostegno della Francia, è costretta a cedere e ad incassare tutte le richieste britanniche, siglando la convenzione di Nootka (ottobre 1790). Alcuni particolari devono essere definiti sul posto. Invece di una guerra, l'ammiragliato britannico prepara una spedizione che è allo stesso tempo diplomatica, geografica e scientifica. Il comando è affidato al capitano George Vancouver, esperto marinaio e abile cartografo che si è formato alla scuola di Cook; la spedizione infatti ha un obiettivo ufficiale e dichiarato, ovvero verificare l'esecuzione della convenzione; e uno più importante e segreto: cercare il mitico passaggio a nord-ovest oppure dimostrarne l'inesistenza. Come tutte le maggiori spedizioni dell'epoca, ha anche scopi scientifici: vi si aggregano un astronomo, William Gooch, e un botanico, lo scozzese Archibald Menzies. E' stato Banks a volere con forza la presenza di Menzies (da tempo suo corrispondente, con una certa conoscenza dell'America settentrionale), a dettargli gli obiettivi scientifici, addirittura a progettare uno strano cassone-serra destinato a proteggere dei rigori della navigazione le piante vive che egli raccoglierà. L'influenza di Banks sull'ammiragliato impone al capitano Menzies e la sua serra viaggiante, che viene sistemata sul ponte di comando. L'arroganza di Banks si spinge fino a scrivere una lettera di istruzioni al capitano, chiedendogli di mettere alcuni uomini a disposizione di Menzies e di provvedere con sollecitudine all'integrità del cassone. Vancouver, che non è l'uomo più paziente del mondo, non si degna neppure di rispondergli (con grande indignazione di Banks). Per capirne i sentimenti, non dimentichiamo che il ponte di comando non era un luogo qualunque: era il simbolo stesso del potere del capitano, là dove impartiva gli ordini, sventolava la bandiera di bordo e gli uomini venivano convocati per ricevere gli ordini e assistere alle punizioni. La spedizione di Vancouver La nave di Vancouver, ribattezzata Discovery in ricordo del vascello del terzo viaggio di Cook, accompagnata dalla nave d'appoggio Chatam, salpò il 1 aprile 1791, una data altamente simbolica agli occhi del capitano. Agli ordini di Cook, nel corso del suo terzo viaggio, Vancover aveva già esplorato il Pacifico settentrionale ed era convinto che il passaggio a nord-ovest fosse un miraggio: quella missione era uno scherzo, affidatagli da pazzi. La spedizione sarebbe durata quattro anni e mezzo (1 aprile 1791-ottobre 1795), avrebbe circumnavigato il globo e percorso più di 60.000 miglia. Navigando verso est, toccando le Canarie, il Capo di Buona Speranza, la costa dell'Australia meridionale, la Nuova Zelanda, alla fine dell'anno erano a Tahiti dove Vancouver, memore delle vicende del Bounty, proibì ai suoi uomini contatti personali con i nativi. Un guardiamarina sedicenne, che aveva disobbedito, fu vergato pubblicamente. Il capitano dimostrò così la sua severità, ma anche scarso senso politico: quell'adolescente era Thomas Pitt, cugino del primo ministro. A marzo 1792 raggiunsero l'arcipelago delle Hawaii che, da quel momento, sarebbe stato il loro quartier generale invernale. Ad aprile toccarono la costa americana intorno al 39° Nord, incominciandone l'esplorazione sistematica. Iniziò così una routine che si sarebbe ripetuta per tre anni: la bella stagione era dedicata all'esplorazione e alla mappatura della costa americana, seguendo palmo palmo ogni più minima insenatura, risalendo fiordi e fiumi, per verificare se vi si celasse l'imboccatura del mitico passaggio a nord-ovest. Poiché anche la piccola Chatam era troppo grande per questo compito, ci si servì delle scialuppe di bordo, mosse a vela o a remi, spesso in condizioni proibitive di nebbia, pioggia, freddo, oltre a disagi come fame, sete, moscerini, indigeni non sempre amichevoli. Si calcola che siano stati percorse così circa 10.000 miglia, dall'attuale stato di Washington al limite occidentale dell'Alaska. D'inverno, le navi ritornavano alle Hawaii, in genere dopo aver trascorso qualche tempo in California, nel tentativo infruttuoso di arrivare a un accordo diplomatico con la Spagna. In effetti, la missione diplomatica si rivelò impossibile: gli spagnoli erano disponibili a restituire ai britannici i pochi metri quadrati dove si trovava la base mercantile messa sotto sequestro, gli inglesi pretendevano il controllo dell'intero stretto di Nootka. Nonostante gli ottimi rapporti personali con il negoziatore spagnolo, Juan Francisco de la Bodega y Quadra, ogni accordo risultò impossibile. Così Vancouver e Bodega decisero di attendere nuove istruzioni: che non arrivarono mai. In Europa erano iniziate le guerre contro la Francia rivoluzionaria, la Spagna da nemica era diventata alleata, quel lembo di isola era ormai indifferente a Londra come a Madrid. Alla fatica di un'esplorazione condotta in condizioni difficilissime, alla ricerca di un obiettivo inesistente in cui non credeva, si aggiungeva per Vancouver la frustrazione del fallimento della missione diplomatica. Mano a mano che passavano i mesi (e gli anni), il capitano diventava sempre più malato e più irascibile. Era diventato un uomo con cui non si discuteva; a farne le spese non fu il solo Pitt (lo fece vergare altre due volte, infine lo rispedì in Inghilterra), ma anche ufficiali e marinai che pure Vancouver stimava. E, ovviamente, Menzies e le sue piante. Menzies si era imbarcato come soprannumerario naturalista, accompagnato da un servitore. Tuttavia durante il viaggio era stato chiamato a sostituire il medico di bordo, rimasto paralizzato in seguito a un ictus. Benché riluttante, all'arrivo a Nootka il botanico, che era già il medico personale del capitano, assunse ufficialmente l'incarico di chirurgo di bordo, con il vantaggio di avere a disposizione una seconda cabina, benvenuta per sistemare le crescenti collezioni naturalistiche; ma con lo svantaggio di non essere più un civile, ma un ufficiale della Marina militare, soggetto all'autorità del capitano. Durante il viaggio di andata, aveva approfittato di ogni sosta (in Sudafrica, Autralia, Nuova Zelanda, Tahiti) per erborizzare e raccogliere campioni naturalistici, nonché piante vive che sistemava nel famoso cassone di Banks. E lì cominciarono i guai: bisognava proteggere le piante dalla pioggia, dalle onde, dal sole eccessivo e sorvegliare il cassone costantemente per impedire agli uccelli marini e agli animali di bordo di farvi irruzione. Menzies chiese ripetutamente che il cassone fosse protetto da una spessa rete e che qualche marinaio lo sorvegliasse quando lui o il suo servitore non erano a bordo o erano impegnati altrove. La prima richiesta fu soddisfatta (dopo due mesi), la seconda mai. Il primo anno di esplorazione fu fruttuoso per Menzies. Fu affascinato dalle fioriture primaverili delle aree costiere dall'attuale Stato di Washington e esplorò a fondo Nootka, mentre iniziavano le trattative con gli spagnoli. Ma dovette constatare con disappunto che i suoi colleghi iberici - che si trovavano nell'isola al seguito di una delle diverse spedizioni scientifiche finanziate dalla corona spagnola - avevano opportunità di ricerca ben maggiori delle sue: ammirò con una punta d'invidia gli erbari di José Mariano Mociño e soprattutto i disegni di Atanasio Echevarria. Lui, un disegnatore non ce l'aveva; doveva fare tutto da sé. Poi, mano a mano che ci si spingeva a nord e gli uomini si logoravano nell'esplorazione sistematica di quel labirinto d'acqua, le opportunità di scendere a terra o di aggregarsi a qualche gruppo di esploratori, per il chirurgo si facevano più scarse. C'erano infreddature, contusioni, congelamenti da curare, l'eterno incubo dello scorbuto da scongiurare. Non poteva allontanarsi dalla Discovery oltre un tiro di schioppo. Alle Hawaii, i motivi di scontento erano altri: era un paradiso in terra, ricchissimo di specie nuove, ma a Menzies era negato di vederle in fioritura, o in frutto, visto che vi trascorrevano solo i mesi invernali. E, naturalmente, c'era il maledetto cassone: nel trasferimento da sud a nord, le delicate tropicali morivano di freddo, in quello da nord a sud erano spazzate via dalle onde, bruciate dal sole, saccheggiate dagli animali di bordo. Ma il tenace scozzese si dava da fare: raccoglieva piante e semi, muschi e licheni (le sue piante preferite), disegnava e descriveva, seccava le piante per l'erbario, riempiva i vuoti creati dal disastro di turno con nuove piante vive. Nel 1794, l'ultimo inverno trascorso alle Hawaii, si tolse la soddisfazione, insieme ad un ufficiale, un guardiamarina e un marinaio, di scalare il maggiore vulcano dell'arcipelago. Dimostrò anche di essere un medico efficientissimo: in quel lungo viaggio, in condizioni tanto difficili, su 153 uomini uno solo morì di malattia. E nessuno di scorbuto. Un tempestoso viaggio di ritorno L'esplorazione delle coste del Pacifico settentrionale fu completata nell'agosto 1794, quando venne raggiunto quella che il capitalo battezzò significativamente Port Conclusion, sulla punta meridionale dell'Isola Baranof in Alaska. Nel viaggio di ritorno si toccarono la California (dove Vancouver fu informato che le trattative che tanto lo avevano angustiato probabilmente erano state concluse in Europa), diverse isole tra cui le Galapagos e Juan Fernandez, il Cile, dove furono ospiti del governatore; durante un pranzo, furono offerte curiosi frutti: Menzies se ne ficcò qualcuno in tasca. Ne sarebbero germogliate le prime plantule mai viste in Europa di Araucaria araucana. Le difficoltà delle ultime tappe del viaggio, che affrontò il Pacifico meridionale e il terribile Capo Horn nelle proibitive condizioni dell'inizio dell'inverno australe, resero sempre più tese le relazioni tra Menzies e il capitano. Alle sue richieste di aiuto per proteggere le sue preziose piante, Vancouver rispondeva in termini talmente irritati che il botanico decise di comunicare con lui solo per lettera. Nei pressi di SantElena, venne catturata una nave olandese; così il capitano, a corto di braccia dovendo dividere gli uomini su tre vascelli, utilizzò per altri compiti il servitore di Menzies. Quando l'ennesima tempesta allagò completamente il cassone, il botanico irruppe nella cabina del capitano per protestare; volarono parole grosse e Menzies fu messo agli arresti nella sua cabina. Il risultato fu che le piante rimasero abbandonate a se stesse e ben poche si salvarono. Quando furono di ritorno in Inghilterra nell'ottobre del 1795, Vancouver era deciso a deferire Menzies alla corte marziale, tanto più che il botanico si era rifiutato di consegnargli il suo diario. Il capitano dovette tuttavia constatare che mettersi contro uno dei protetti di Banks non era stata un'idea brillante per la sua carriera; in cambio di scuse da parte di Menzies, si risolse a ritirare le accuse, e il botanico poté sbarcare, con i suoi preziosi diari. Meno brillante ancora era stato far vergare ripetutamente e reimbarcare a forza il giovane Pitt; lo spocchioso aristocratico lo sfidò a duello, lo assalì per la strada, lo perseguitò con una campagna di stampa che, con i suoi mezzi, poteva permettersi, al contrario del capitano, che, con la salute logorata, morì pochi anni dopo, nel 1798. Qualche dettaglio nella sezione biografie. Lunga fu invece ancora la vita di Menzies, che morì a 88 anni nel 1842. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Tante specie per Menzies, ma solo un ex-genere Il contributo di Menzies alle scienze naturali in generale, e alla botanica in particolare, è notevole. Lungo le tappe del viaggio, raccolse animali e piante in tre continenti (Africa, Oceania e America) e esplorò aree ancora ignote o scarsamente conosciute, come le Hawaii, la California, la Columbia Britannica (soprattutto l'Isola Vancouver). Si calcola che le specie nuove per la scienza da lui raccolte siano circa 400. Benché abbia avuto una vita molto lunga, non pubblicò molto (solo un libro sui muschi), ma i suoi diari e il suo erbario furono una delle fonti principali di Flora-Boreali Americana di William Jackson Hooker, in cui vennero pubblicati anche diversi disegni di Menzies, eccellente disegnatore naturalistico. Molte tra le specie da lui descritte per la prima volta lo ricordano nel nome specifico: il bellissimo Arbutus menziesii, l'abete di Douglas Pseudotsuga menziesii, Banksia menziesii, Erysimum menziesii, Nemophila menziesii, Ribes menziesii, Delphinium menziesii, Silene menziesii, Tolmieia menzesii e altre ancora. Tra le più note piante da lui fatte conoscere in Europa Araucaria araucana, Mahonia aquifolium, Eschscholzia californica, Pinus strobus, Ribes sanguineum, Tuja plicata, Sequoia sempervirens, Chamaecyparis lawsoniana, Cornus nuttali, Rhododendron occidentalis, Tropaeolum speciosum. Per duecento anni, anche un genere ne ha celebrato il ricordo: Menziesia, creato in suo onore dall'amico James Edward Smith nel 1791, che comprendeva una decina di specie di belle Ericaceae, diffuse tra Nord America, Giappone e Siberia. Nel 2011, sulla base di analisi del DNA, il genere è stato incluso in Rhododendron. La specie tipo, una delle piante raccolte da Menzies in America settentrionale, Menziesia ferruginea, è stata ribattezzata in suo onore Rhododendron menziesii. Il cambio di nome non è ancora registrato da Plant list, ma lo è da Taxonomicon. In rete la maggior parte dei siti usa ancora le vecchie denominazioni. Per questo, e per non darla vinta del tutto allo spettro di Vancouver, ho deciso di fare un'eccezione alle regole del blog, dedicando a Menzies un post, sebbene anche lui, come Ghini o Siebold, sia ormai uno dei grandi botanici non ricordati da alcun genere (analogamente ai grandi scrittori che non hanno mai vinto il premio Nobel). Le specie più note dell'ex genere Menziesia sono Menziesia ferruginea (= Rhododendron menziesii), nativa del Nord America nordoccidentale, dall'Alaska al Wyoming, dove vive nel sottobosco di diversi tipi di conifere delle aree montane; M. ciilicalyx (= Rhododendron benhoullii), un grazioso arbusto di piccole dimensioni nativo del Giappone; M. pilosa (= Rhododendron pilosum), un endemismo degli Appalachi centrali e meridionali. Vancouveria, una dedica meritata? Ben saldo è invece il genere che onora l'irascibile capitano Vancouver. Ovviamente nessun botanico inglese - tutti in un modo o nell'altro formatisi all'ombra di Banks - avrebbe mai dedicato un genere a quel fitocida. L'omaggio venne da due botanici francesi, Morren e Decaisne, che nel 1834 crearono il genere Vancouveria nell'ambito di una revisione di Epimedium. Appartenente alla famiglia Berberidaceae, comprende tre specie di erbacee perenni endemiche della costa occidentale degli Stati Uniti. La specie più nota è Vancouveria hexandra, una graziosa pianta del sottobosco delle foreste di conifere (per colmo di ironia, lo stesso ambiente del Rhododendron menziesii) con piccoli fiori bianchi con una forma che ricorda un ombrellino rovesciato e foglie composte con tre foglioline trilobate. E' un eccellente tappezzate per posizioni ombrose e suoli umidi, con caratteristiche simili ai suoi cugini Epimedium. Qualche informazione in più nella scheda. Non c'è neppure bisogno di ricordare che il capitano ha poi lasciato il suo nome, oltre all'isola Vancouver (lui l'aveva battezzata Isola Vancouver e Bodega, per ricordare i suoi eccellenti rapporti con Juan Francisco de la Bodega y Quadra), alla città di Vancouver e a una manciata di altri luoghi, in Canada, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda. E questi, da grandissimo esploratore, se li è guadagnati tutti. Anche Menzies (e fu un omaggio proprio di Vancouver) è ricordato da alcune località della Columbia Britannica, in particolare Mount Menzies e Menzies Bay. Una lettera d'amore nel carteggio di Linneo ha destato qualche pettegolezzo tra i posteri. Un amore indubbiamente fu, ma totalmente botanico e metaforico: grazie ad esso fu generata una figlia che ha perpetuato il nome di una delle prime donne a studiare seriamente le scienze naturali, legandola per sempre a un genere dalle bellissime fioriture, campione di adattamento all'aridità. Una lady al Capo di Buona Speranza Come lamentava l'allievo di Linneo Anders Sparman, la provincia del Capo negli anni '70 del Settecento era ormai diventata "un campo giochi per botanici". Tra i tanti che capitarono in Sud Africa in quegli anni, anche una lady inglese molto nota nella società scientifica britannica, Anne Monson. In viaggio per Calcutta per raggiungere il marito, un militare di stanza in India, si fermò a Cape Town nell'inverno (australe, corrispondente ai nostri mesi estivi) del 1774. Amica di Joseph Banks, non stupisce che a fare gli onori di casa fossero Francis Masson e Carl Peter Thunberg. Quest'ultimo, nel suo resoconto dei viaggi sudafricani, ricorda con ammirazione la colta lady, che se la cavava anche con il latino, che egli accompagnò a visitare diverse fattorie dei dintorni e che aiutò ad arricchire le sue collezione di piante ed insetti. La facoltosa dama aveva anche assunto un disegnatore che la aiutava a disegnare gli esemplari rari. Prima di partire, ricompensò lo svedese donandogli un prezioso anello. A loro volta, i due amici le dedicarono una specie di erica particolarmente bella, Erica monsoniana. Tra gli obiettivi del viaggio dell'intraprendente dama c'era anche vedere dal vivo la pianta che gli era stata dedicata dal grande Linneo in persona, Monsonia speciosa; sicuramente l'avrà vista, dato che Masson proprio quell'anno ne inviò esemplari a Kew, ma è improbabile che ne abbia goduto la fioritura: questa specie, effettivamente endemica del Capo, fiorisce all'inizio della primavera, quando lady Monson era già ripartita per l'India. La storia della dedica della Monsonia è molto curiosa e, si potrebbe dire, romantica. Lady Monson apparteneva alla migliore società britannica (sua madre era addirittura discendente del re Carlo II), ma da giovane era stata protagonista di uno scandalo - un figlio illegittimo seguito da un divorzio - che l'aveva relegata ai margini del bel mondo. Forse come reazione, si era dedicata con passione allo studio della botanica e più in generale delle scienze naturali, entrando in contatto con un importante vivaista, James Lee della Vineyard Nursery. Grande ammiratrice del sistema linneano, secondo la testimonianza di Edward Smith, futuro presidente della Linnean Society, non solo avrebbe incoraggiato Lee a tradurre in inglese la Philosophia botanica di Linneo, ma l'avrebbe aiutato nella traduzione (all'epoca era considerato sconveniente che il nome di una nobildonna comparisse sul frontespizio di un libro a stampa). Il libro, rivolto a un pubblico ampio e uscito nel 1760 con il titolo Introduction of Botany, a firma di Lee, fu determinante per la diffusione delle idee di Linneo in Gran Bretagna. Lady Anne divenne un personaggio influente nell'ambiente dei naturalisti britannici. Non era soltanto una mecenate che sosteneva finanziariamente giardinieri e botanici (ebbe sicuramente questo ruolo nei confronti di Lee, che chiamò sua figlia Anne in onore di lei; la ragazza divenne una celebrata illustratrice botanica e lady Monson le lasciò in eredità la collezione di insetti); fu anche una studiosa, con una preparazione profonda soprattutto in botanica, e una notevole collezionista. Il suo salotto era frequentato da molti bei nomi della Royal Society; fu proprio a un pranzo a casa sua che Solander sentì Banks raccontare dei preparativi del primo viaggio di Cook e si gettò ai suoi piedi, chiedendogli di portarlo con lui. Una lettera d'amore? Grazie a diversi corrispondenti, la fama della gentildonna botanica raggiunse ben presto Linneo. Lo sponsor più convinto fu Clas Alströmer, suo allievo che in quegli anni si trovava a Londra. La sua lettera del 10 luglio 1764 è un vero panegirico: "Lady Monson si è spinta nella conoscenza della botanica molto al di là di ogni altra donna, non in modo superficiale, come è comune nel suo sesso, ma in profondità. Ha belle collezioni dei tre regni della natura. Studia le vostre opere e le conosce bene. La stessa duchessa di Portland non ha un centesimo della sua sapienza. Sarebbe felice se un'erba venisse battezzata Monsonia. Il primo brindisi della sua tavola è sempre in onore di Linneo!". Circostanza confermata da un altro allievo e ospite della dama, Adam Kuhn, che a settembre dello stesso anno scrive: "Mentre gli altri sudditi britannici concludono ogni pranzo con un brindisi al re, lady Monson brinda a Linneo, Re del Regno di Flora". Sensibile all'adulazione, lo scienziato svedese fu lusingato dall'ammirazione di una donna così sapiente, oltre tutto bella e aristocratica; inoltre vedeva di buon occhio lo studio della botanica da parte delle donne, e aveva incoraggiato in tal senso le sue figlie (sia chiaro, al di fuori di ogni studio ufficiale e tanto più accademico). Non solo accolse dunque l'invito di dedicare un genere alla dotta signora, ma lo fece con una lettera sorprendente, una dichiarazione amorosa in piena regola (30 giugno 1765); dopo aver detto che pur non avendola mai incontrata, la vede nei suoi sogni, scrive: "Non è la prima volta che sono infiammato d'amore per un'esponente del bel sesso, ma vostro marito potrà dimenticarsi di me finché non attento al suo onore. Ma chi può ammirare un così bel fiore senza innamorarsene, benché in perfetta innocenza? Infelice il marito la cui moglie piace solo a lui. Vorrei essere felice di vedere il mio amore ricambiato, perciò vi chiederò un solo favore: che mi sia permesso di unirmi a voi nel procreare una piccola figlia che testimoni il nostro amore, una piccola Monsonia attraverso la quale la vostra fama si perpetui per sempre nel Reame di Flora". Per quanto qualcuno abbia favoleggiato di un vero innamoramento di Linneo, non si tratta che di una metafora, conforme a un certo stile galante dell'epoca (e forse la lettera, di cui ci è rimasta solo la bozza, non fu mai spedita). In ogni caso la "piccola Monsonia" nacque. Lady Monson, anche se non corrispose mai direttamente con Linneo, ebbe cura di inviargli esemplari naturalistici, tramite James Lee; anche in Bengala continuò le sue collezioni e fece ritrarre alcune piante da artisti locali, anche se morì pochi anni dopo il suo passaggio in Sudafrica (nel 1776). A ricordarla anche una pianta indiana, l'amaranthacea Trichuriella monsoniae. Nella sezione biografie qualche approfondimento della vita di questa gentildonna, sicuramente eccezionale per i suoi tempi, in cui anche le donne più colte erano relegate al ruolo di dilettanti, non potevano né pubblicare né accedere alle Università o alle società scientifiche. Monsonia, un genere... infiammabile Il genere Monsonia fu creato da Linneo nel 1767 nella dodicesima edizione di Sistema naturae. Inizialmente includeva la sola Monsonia speciosa, un endemismo del Capo di Buona Speranza, ma ben presto, grazie alla solerzia di Masson, si aggiunsero altre specie. Una fu addirittura battezzata M. filia dal figlio di Linneo, Carl jr.: infatti "nasceva" da M. speciosa. Una ben curiosa denominazione, sicuramente dovuta alla suggestione dell'infatuamento paterno, che non mancò di suscitare gli strali di Cavanilles, che gli rimproverò "la leggerezza di confondere somiglianza con filiazione" (per la cronaca, si tratta di un semplice sinonimo di S. speciosa, una specie dalle foglie molto variabili cui in passato furono attribuiti nomi diversi). Monsonia appartiene alla famiglia Geraniaceae, all'interno della quale si distingue per i fiori attinomorfi (ovvero a simmetria radiale), anziché zigomorfi (a simmetria bilaterale) e per il numero di stami (15 anziché 10). Comprende una trentina di specie, buona parte delle quali sono endemismi sudafricani, mentre poche specie sono presenti nell'Africa orientale, nel Sahara, nella penisola arabica e nell'Asia sudoccidentale, fino al Pakistan e all'India. Da quando nel 1826 de Candolle creò la sezione Sarcocaulon, presto elevata a genere, i botanici si sono divertiti ad allargarne e a restringerne i confini. Oggi, gli studi filogenetici hanno definitivamente confermato che Monsonia include Sarcocaulon, dividendo il genere in due gruppi: da una parte il gruppo Monsonia in senso stretto con erbacee annuali e perenni, dall'altra il gruppo Sarcocaulon con arbustive legnose. Proprio a quest'ultimo appartengono le specie più note e ambite dai collezionisti; tutte provenienti da zone semidesertiche (Sud Africa, Namibia, Angola), esse si sono mirabilmente adattate alle condizioni proibitive in cui vivono. Il fusto legnoso, talvolta semisucculento, spesso con forme contorte e affascinanti, funge da riserva; per quasi tutto l'anno, è privo di foglie, che spuntano dopo la prima pioggia o in caso di dense nebbie, seguite da splendide fioriture con fiori a cinque petali dai colori delicati che contrastano con il fusto tozzo, irregolare e spesso spinoso. Se la siccità si protrae, possono benissimo vegetare alcuni anni senza fiorire e senza emettere foglie. In alcune specie, i rami sono ricoperti di una sostanza cerosa, altamente infiammabile, che li protegge dall'eccessiva evaporazione. Un tempo erano usate come esca per accendere il fuoco (da cui i nomi afrikaans boesmankers e inglese bushman's candle). Altri approfondimenti nella scheda. Nel 1772 Banks invia in Sud Africa il primo raccoglitore ufficiale dei Royal Botanic Gardens di Kew. Il successo straordinario della sua missione (con centinaia e centinaia di nuove specie, molte delle quali faranno presto a uscire dalle serre reali per fiorire nei giardini e sui balconi dei comuni mortali) segna una rivoluzione nella storia del giardinaggio e apre la via ai cacciatori di piante che verranno dopo di lui. Affascinato dalle straordinarie capacità di adattamento delle succulente, egli gradì sicuramente l'omaggio della bella e curiosa Massonia. Una rivoluzione in giardino In giardino, la rivoluzione inizia il 30 ottobre 1772. Chiudete gli occhi e immaginate: niente gerani a finestre e balconi, nessuna erica nana a portare colore nelle fioriere invernali; non c'è l'azzurro di Lobelia erinus e dell'agapanto né il viola del Mesembryantemum in quelle estive; nessuno coltiva gardenie, né calle (o meglio Zantedeschia ethiopica), né Amaryllis né Strelitzia né Crassula né Stapelia, e tanto meno Kniphofia, Ixia o Protea. Quel giorno inizia la rivoluzione sudafricana in giardino. A metterla in moto è Francis Masson. Appena sbarcato al Capo di Buona Speranza dalla Resolution, la nave del secondo viaggio di Cook, Masson è qui per raccogliere piante "per il re e la nazione" e fare dei nuovi giardini reali, i Royal Botanic Gardens di Kew, i più belli e ricchi del mondo. A spedirlo in Sud Africa è stato Joseph Banks, che, di passaggio sulla rotta di ritorno dell'Endeauvour, ha potuto gettare solo uno sguardo a quello scrigno di tesori vegetali, quanto basta per coglierne tutte le potenzialità. Il viaggio di Masson è nuovo nel suo genere: non è una spedizione scientifica, il suo scopo non è raccogliere esemplari da erbario, da essiccare e studiare, ma semi, bulbi, se possibile piante vive da mandare in Inghilterra per essere moltiplicate e coltivate. Masson è un cacciatore di piante, il primo raccoglitore ufficiale dei Kew Gardens. Infatti non è un botanico, ma un giardiniere. In Sud Africa si tratterà tre anni, dal 1772 al 1775, e, grazie al suo fiuto, alla dedizione al lavoro, e a due incontri fortunati, metterà insieme una collezione di centinaia e centinaia di nuove specie. Si calcola che nella sua vita abbia ne abbia scoperte un migliaio e ne abbia introdotte in coltivazione non meno di 500; e la stragrande maggioranza è di origine sudafricana. Il primo viaggio nella natura sudafricana, e il primo incontro, risalgono al dicembre del 1772, quando, in compagnia di Franz Pehr Oldenburg, un soldato svedese al servizio della Compagnia olandese delle Indie Orientali, con un carro tirato da buoi, attraversa la pianura a est di Cape Town fino a Stellenbosch, allora un nuovo piccolo insediamento di 30 case. Scalano quindi le montagne del massiccio del Kogelberg, la cui ricchezza vegetale lo lascia stupefatto (oggi quest'area ospita un parco nazionale e conta non meno di 2000 specie). Al ritorno da questa spedizione, che è durata circa sei settimane (e sarà una piccola escursione rispetto a quelle che la seguiranno), avviene il secondo incontro, con un altro svedese: l'allievo (e apostolo) di Linneo Carl Peter Thunberg; della loro amicizia e delle due grandi spedizioni che intraprendono insieme si è già parlato in questo post. La strana coppia a partire dal settembre 1773 esplora tra l'altro il Namaqualand, che estasia Masson per il contrasto tra l'ambiente apparentemente inospitale e le fioriture esplosive: "Tutto il paese offre uno splendido campo d'azione per i botanici, è smaltato dal più gran numero di fiori che io abbia mai visto, di squisito profumo e bellezza". E' durante questo viaggio (che durerà 4 mesi e mezzo, per un totale di 2300 km), mentre esplorano il Piccolo Karoo, che Masson si imbatte in una curiosa Cycadacea (oggi la conosciamo come Encephalartos altensteinnii); raccoglie un po' di semi e alcune plantule; una riuscirà a sopravvivere e, inviata a Kew, è ancora oggi una delle glorie di quei giardini, pubblicizzata come "la pianta in vaso più vecchia del mondo". L'ultimo viaggio, a partire dal settembre 1774, li porterà invece a nord verso il Floral Kingdom e il Grande Karoo, un deserto inospitale dove non di meno raccolgono più di 100 piante ignote alla scienza. Nella primavera del 1775, poche settimane dopo la partenza di Thunberg per il Giappone, Masson fece ritorno in Inghilterra. Aveva compiuto egregiamente la missione affidatagli da Banks tre anni prima: i giardini reali si erano arricchiti di colpo di quasi 400 piante, e Kew poteva ormai vantare il primato tra gli orti botanici europei; in pochi anni, molte di quelle specie si sarebbero diffuse nei giardini e sulle finestre dei comuni mortali; in particolare i gerani (ovvero i Pelargonium), di cui egli aveva introdotto più di 50 specie, diverranno immediatamente popolari. Ma, dopo aver assaporato il gusto dell'esplorazione botanica, Masson si adattava ormai male al ruolo di giardiniere; chiese a Banks di essere inviato di nuovo a caccia di piante. Così seguirono altri viaggi. Nel 1776, fu inviato in Macaronesia (Madera, Canarie, Azzorre) e nelle Antille, dove, a Grenada, fu catturato e imprigionato dai francesi, e a Santa Lucia, dopo la liberazione, fu vittima di un uragano che lo privò di quanto rimaneva delle sue raccolte. Non di meno, aveva fatto in tempo a dare un contributo non indifferente alla conoscenza della flora macaronesica e a introdurre in coltivazione un'altra beniamina, la cineraria (un endemismo delle Canarie; oggi il nome botanico corretto è Pericallis cruenta). Dopo una breve spedizione nella penisola iberica (1783), nel 1785 Masson ritornò in Sud Africa. Il clima era cambiato rispetto a dieci anni prima; nel 1781 gli inglesi avevano tentato uno sbarco e gli olandesi vedevano in ogni cittadino britannico una possibile spia. Gli fu così proibito di avvicinarsi alla costa e di scalare le montagne (dalle quali avrebbe potuto osservare la costa e individuare luoghi adatti a uno sbarco militare); a parte due viaggi relativamente più lunghi nel Karoo e nel Namqualand, dovette accontentarsi di piccole escursioni nei dintorni di Cape Town, dove aveva creato un giardino di acclimatazione; continuò - pur con tutte le difficoltà causate dal crescente stato di guerra - a spedire in patria semi, bulbi, piante, approfittando di ogni nave di passaggio. Poté anche dar libero corso alla sua passione per le piante più care al suo cuore: le Stapeliae, figlie del deserto che lo affascinavano per la loro imprevedibile bellezza e la varietà di forme. Così nel 1795, rientrato in Inghilterra, si dedicò all'illustrazione e alla stesura della sua unica opera scientifica: Stapeliae novae (1796-97), una magnifica monografia in cui descrisse oltre 40 specie di Stapeliinae (prima di lui, se ne conoscevano solo due) con notevoli illustrazioni tratte da disegni di suo pugno. Ma, definitivamente non fatto per rimanere con i piedi al caldo davanti al camino, nel 1797 partì ancora una volta; la destinazione era l'America. Non sarebbe mai più ritornato in Inghilterra: dopo essere stato catturato dai pirati e aver raggiunto gli Stati Uniti con un viaggio fortunoso, aver raccolto piante per qualche anno negli Stati Uniti settentrionali e in Canada, fu infine vinto da un ultimo nemico: il freddo di un inverno canadese. Morì l'antivigilia di Natale del 1805, a Montreal. Qualche particolare in più su questa vita avventurosa e straordinaria nella sezione biografie. Massonia: foglie appiattite a suolo e fiori come puntaspilli Un unico premio stava a cuore a Masson, lavoratore infaticabile che per tutta la vita si accontentò di un stipendio annuo di 100 sterline: vedere il suo nome ricordato da un genere di piante, se possibile per mano del grande dottor Linneo, che ammirava più di ogni uomo al mondo. Grazie a Thunberg era diventato suo corrispondente e a lui a suo figlio Carl Jr. aveva inviato molti esemplari dalla Macaronesia. Ma purtroppo Linneo, ormai vecchio e malato, morì prima di accontentarlo. La dedica arrivò nel 1780 dal botanico olandese Maarten Houttuyn, che, su suggerimento di Thunberg, creò il nuovo genere Massonia sulla base di un esemplare inviato dallo svedese all'Orto botanico di Amsterdam. Era una delle tante nuove piante raccolte in Sud Africa con l'amico, allo stesso tempo una bulbosa e una di quelle succulente che tanto affascinavano Masson. Il genere Massonia (della famiglia Hycinthaceae o, secondo un'altra classificazione, Asparagaceae), che comprende 13 specie, è endemico del Sud Africa, dove vive nelle Provincie del Capo Settentrionale e Occidentale dal Namaqualand a Lamgkloof, nello Stato libero e nel Karoo. E' una geofita con foglie prostrate al suolo, che si è adattata alle condizioni aride o semiaride; presenta infatti una sola coppia di foglie, più o meno cordiformi, succulente, appiattite al suolo, che compaiono in autunno, in mezzo alle quale in inverno o all'inizio della primavera sboccia una curiosa infiorescenza che ricorda un puntaspilli o un pennello da barba, con numerosi stami rigidi e appuntiti. D'estate, nella stagione arida, la pianta scompare e va in dormienza. E' una vita ridotta al minimo, ma straordinariamente efficace; le larghe foglie succulente "raso terra" offrono infatti diversi vantaggi: in primo luogo, riducono il rischio di essere brucate dagli animali; mantengono l'umidità attorno alle radici, riducendone l'evaporazione; regolano la temperatura proteggendo anche i fiori. Tanto che questa conformazione ritorna in diverse specie del Capo e del Karoo, appartenenti a famiglie diverse. Un'altra curiosità: la maggior parte delle specie di Massonia ha fiori profumati, impollinati dalle api o da altri insetti; Massonia depressa (la specie raccolta da Thunberg e Masson, e la prima ad essere stata descritta) emana odore di lievito, ed è impollinata da piccoli roditori; lo stesso fa M. bifolia. Altri approfondimenti nella scheda. In un divertente romanzo inglese, un personaggio si chiede perché Adam Buddle dovrebbe essere ricordato da una targa blu: in fondo anche suo zio ha la passione del giardinaggio e ha scritto un libro mai pubblicato; e la pianta che porta il suo nome, la Buddleja, non l'ha scoperta lui, anzi manco l'ha mai vista. Ma se la merita, Buddle, questa targa blu? Giudicate un po' voi. Muschi, ma non solo Nel 1688, con la Gloriosa Rivoluzione (gloriosa non perché segnata da particolari atti eroici, ma perché avvenuta senza spargimento di sangue), Giacomo II Stuart deve cedere il trono d'Inghilterra e Scozia a Guglielmo III e Maria II; è l'inizio della monarchia costituzionale. L'anno successo l'Atto di Tolleranza concede la libertà di culto ai protestanti non conformisti. Il Parlamento stabilisce tuttavia che i membri del parlamento stesso, tutti i pubblici ufficiali e i membri del clero dovranno giurare fedeltà ai nuovi monarchi, pena la decadenza dai loro uffici. L'arcivescovo di Canterbury, un certo numero di vescovi e circa 400 ecclesiastici rifiutano di giurare, considerando ancora valido il loro giuramento al re precedente. E' l'apertura di un piccolo scisma nella chiesa anglicana, che si trascinerà per qualche decennio. Tra coloro che perdono il posto per essersi rifiutato di giurare c'è anche Adam Buddle, da qualche anno fellow del St Catharine's College di Cambridge; solo qualche anno più tardi, nel 1702, dopo aver cambiato idea e prestato giuramento, prenderà i voti e percorrerà una modesta carriera ecclesiastica, che si concluderà con il ben remunerato (e poco impegnativo) incarico di lettore della Cappella del Gray Inn di Londra. D'altra parte, al centro degli interessi di questo ecclesiastico riluttante non c'era né la politica, né la religione, ma piuttosto la botanica. Fin da studente, aveva incominciato a creare un erbario, con un occhio di riguardo per due gruppi di piante ancora scarsamente conosciute e poco studiate: le graminacee (oggi diremmo Poaceae) e i muschi. Benché poco informati sulla sua vita prima che prendesse i voti, sappiamo che entrò in contatto con molti botanici influenti, non solo inglesi: in gioventù fu in corrispondenza con Ray e più tardi con Tournefort; a partire dal 1699 ebbe stretti contatti con Sloane, futuro presidente della Royal Society e, soprattutto dopo essersi trasferito a Londra, fece parte di un gruppo di botanici - legati all'ambiente dei farmacisti e del Chelsea Physic Garden - che erborizzavano insieme nei dintorni della capitale e si incontravano in diverse taverne, per scambiarsi comunicazioni scientifiche tra un boccone di pernice e un sorso di birra. Tra di loro c'erano Samuel Doody, curatore del giardino, e il farmacista e collezionista James Petiver. L'erbario di Buddle era così ricco e ben organizzato, la sua reputazione come esperto di briofite così grande, che spesso i colleghi ne chiedevano parti in prestito (con grande ansia del proprietario, qualche foglio se ne andò fino a Parigi, da Pitton de Tournefort). L'opera della vita di Buddle fu la compilazione di una Flora inglese, che terminò nel 1708; le piante erano classificate secondo un metodo creato da Buddle stesso fondendo i due principali sistemi dell'epoca: quello dell'inglese Ray e quello del francese Tournefort; in una lettera a Sloane si dice consapevole che in tal modo avrebbe probabilmente scontentato i seguaci dell'uno e dell'altro: previsione che si avverò, visto che alla sua morte, avvenuta nel 1715, il testo non era ancora stato pubblicato. E così rimase, nonostante le raccomandazioni della vedova a Petiver e Sloane (ques'ultimo entrò in possesso dei suoi scritti e dell'erbario, tuttora conservato nel Natural History Museum, in ottimo stato di conservazione e ragguardevole per il montaggio e la precisione di descrizioni e note di raccolta). Qualche notizia in più nella biografia. Buddleie, farfalle e... qualche danno Insomma, nel vivace ambiente della nascente botanica inglese a cavallo tra Seicento e Settecento, Buddle fu senz'altro un nome di rilievo; e di lui si ricordò un quindicennio dopo la sua morte lo scozzese William Houstoun, dedicandogli uno dei suoi nuovi generi americani, Buddleja. Il genere era nuovo (e sarà validato in Species Plantarum, 1753, da Linneo, cui si deve anche l'errore ortografico: a rigori la pianta dovrebbe chiamarsi Buddlea o Buddleia); ma non era nuova la pianta; la specie descritta da Houstoun, oggi B. americana, era stata già stata descritta proprio da Sloane, che l'aveva raccolta durante il suo soggiorno in Giamaica (1687-1689) e l'aveva pubblicata nel 1697 con il nome-descrizione Verbasci folio minore arbor, floribus spicatis luteis, seminibus singulis oblongis in singulis vasculis siccis (ovvero "Albero con piccole foglie simili al verbasco, con spighe di fiori gialli, semi singoli oblunghi in singole capsule secche"). Amico di Sloane, è molto probabile che Buddle ne conoscesse l'opera e magari avrà letto la descrizione e osservato l'illustrazione di questa pianta, senza sapere che proprio ad essa sarebbe stata affidata la sua unica chance di immortalità. Non poteva conoscere invece la più famosa di tutte le Buddlejae, B. davidii, scoperta in Cina da Henry nel 1887 e battezzata in onore del celebre missionario naturalista Armand David. Il genere, appartenente a una famiglia propria (Buddlejaceae, ma Scrophulariaceae secondo altre classificazioni), comprende oltre 100 specie, tra erbacee, arbusti e alberi, originarie sia dell'Asia orientale, sia dell'America centrale e meridionale, con qualche rappresentante in Africa. Pianta amatissima, è oggetto di collezione da parte di appassionati che non si accontentano di B. davidii e delle sue numerose (e magnifiche) varietà orticole, ma vanno alla ricerca anche di specie più inconsuete. Quanto a B. davidii, è amatissima tanto dai giardinieri per le sue incomparabili fioriture e per la facilità di coltivazione quanto dalle farfalle, che attira come una calamita, guadagnandosi il nome di "pianta delle farfalle"; ma anche odiatissima per la sua capacità di crescere ovunque, anche dove non è desiderata. Si calcola che nella sola Gran Bretagna la cifra sborsata ogni anno dall'erario per la manutenzione degli edifici storici e dei monumenti nazionali soggetti a danni da Buddleja superi il milione di sterline. Altri approfondimenti nella scheda. Funzionario convertito alla botanica, John Clayton raccoglie piante in Virginia per Catesby e Gronovius (che usa i suoi esemplari e le sue note per pubblicare, senza autorizzazione, Flora virginica). Rimarrà invece senza editori il suo catalogo, benché l'abbia riscritto studiando da autodidatta il sistema linneano. Il suo contributo alla conoscenza della flora nordamericana è essenziale, e ben riconosciuto dalla scienza del tempo. Linneo lo stima e gli dedica un genere soprattutto nordamericano, Claytonia. Pubblicazione mancata, stima internazionale Anche se la mancanza di scrupoli di Gronovius (lo abbiamo visto in questo post), ma forse soprattutto la lontananza dagli ambienti editoriali europei impedirono la pubblicazione della sua opera maggiore, John Clayton rimane una figura importante nella nascita della botanica americana, in particolare per il suo contributo alla conoscenza della flora dell'America nord-orientale e per la partecipazione ai circoli scientifici su entrambe le sponde dell'Atlantico. Formatosi in Inghilterra, era giunto in Virginia a circa 25 anni, come funzionario della contea di Gloucester; a questa attività, unì la conduzione di una piccola piantagione e le esplorazioni naturalistiche. Il suo interesse per la natura fu probabilmente stimolato da Mark Catesby, un naturalista inglese che visitò la Virginia tra il 1712 e il 1719 e in seguito avrebbe pubblicato Natural History of Carolina, Florida and the Bahama Islands, il primo resoconto sulla flora e la fauna delle colonie americane; per lui Clayton raccolse esemplari di piante e uccelli. Quando Catesby rientrò in Inghilterra, Clayton continuò a spedirgli materiali e, nel corso degli anni '30 del Settecento, incominciò da esplorare sistematicamente il territorio della Virginia allo scopo di raccogliere il materiale per una propria flora di quella colonia. Clayton era un ottimo osservatore, capace di scrivere descrizioni accurate; ma era un naturalista autodidatta, formatosi sul campo, scriveva in inglese (non in latino, lingua che padroneggiava male, come ammise in una lettera a Linneo) e aveva una scarsa conoscenza della letteratura scientifica europea. Proprio per questo, all'epoca non era in grado né di capire se le piante da lui raccolte erano nuove per la scienza o erano già state descritte, né di identificarle e denominarle correttamente. Fu così che si rivolse a Catesby per l'identificazione e che, attraverso Catesby, i fogli d'erbario di Clayton, arrivarono a Leida, dove furono studiati da Gronovius e Linneo. Nel 1737, in Hortus Cliffortianus, Linneo volle onorarlo dedicandogli uno dei generi di piante da lui scoperte in Virginia, Claytonia. Mano a mano che esplorava il territorio e acquisiva una conoscenza più approfondita della flora, Clayton prese a identificare le piante con più sicurezza e a creare proprie denominazioni (un esempio è Agastache); incominciò a stendere Catalogue of Herbs, Fruits, and Trees Native to Virginia, basato sul sistema di Ray che spedì a Catesby perché fosse tradotto in latino e pubblicato. Come si è visto parlando di Gronovius, questi lo rielaborò secondo il sistema linneano e lo pubblicò senza il permesso di Clayton. Inizialmente quest'ultimo (fosse per amore della scienza o per reverenza per un luminare europeo) la prese abbastanza bene, visto che negli anni successivi continuò a spedire a Gronovius altri esemplari che permisero all'olandese di pubblicare un secondo volume della sua Flora virginica con 300 specie aggiuntive. Successivamente, oltre alla Virginia, estese le sue esplorazioni al Canada (1746) e al bacino del Mississipi (1747 o 1748). Ma nel frattempo egli non aveva rinunciato al progetto di scrivere e veder pubblicata una propria flora, ma voleva farlo, a questo punto, secondo i criteri ormai imperanti nella scienza europea. A questo scopo si fece inviare dai suoi corrispondenti i libri più aggiornati, primi fra tutti quelli di Linneo. Intorno alla metà degli anni '50, stese così un secondo manoscritto che nel 1758 fu inviato a Collinson perché cercasse un editore; benché l'opera si avvalesse della collaborazione del famoso illustratore botanico Georg Dionysius Ehret, non trovò nessuno disposto a pubblicarla, perché il mercato era già saturato dalla seconda edizione della Flora virginica di Gronovius (uscita nel 1762). Collison gli consigliò allora di cercare di pubblicarlo in America, ma anche questa possibilità non si concretizzò. Quest'opera nata sotto cattiva stella non solo non vide mai la luce, ma persino il manoscritto andò perduto in un incendio nel 1787. Al di là di queste sfortunate vicende editoriali, Clayton fu una figura riconosciuta sia nelle colonie sia in Europa. Negli anni '40 iniziò una corrispondenza con il famoso botanico e raccoglitore John Bartram, con il quale scambiò per anni semi e consigli; grazie anche al materiale procuratogli dall'amico, poté così impiantare un notevole giardino botanico. Nel 1743, ancora grazie a Bartram, entrò a fare parte dell'American Philosophical Society, sorta proprio quell'anno, e presumibilmente entrò in contatto con Peter Collinson. Anche con il mercante inglese ci fu un proficuo scambio di semi (nel 1750 Clayton sperimentò sementi di grano procurate da Collinson). Collinson lo incoraggiò a estendere i suoi interessi ai muschi e ad altre crittogame; lesse alcuni suoi contributi alla Royal Society e ne pubblicò due sul Genteman's Magazine. Clayton fu in corrispondenza anche con Linneo (ci è rimasta una sola lettera, datata 1748), Kalm, Franklin e Thomas Jefferson. Nel 1747, su raccomandazione di Linneo, divenne membro della Reale Accademia Svedese delle Scienze. Nel 1773 fu eletto primo presidente della Virginian Society for the Promotion of Usefull Knowledge, ovvero la sezione locale dell'American Philosophical Society. Morì quello stesso anno. Una sintesi della vita nella sezione biografie. Gradisci un insalata di Claytonia? Gli esemplari dell'erbario di Clayton, giunti in Olanda tra gli anni '30 e '40, sono importanti per la storia della botanica, perché su di essi si basò Linneo per la descrizione di gran parte delle specie americane di Species Plantarum (1753); i duplicati ceduti da Gronovius entrarono a far parte dell'erbario di Linneo (ora conservato dalla Linnean Society di Londra); anche quelli appartenuti a Gronovius si trovano a Londra (furono acquistati da Banks e ora appartengono al Natural History Museum), dove sono andati recentemente a costituire il John Clayton Herbarium. La pianta che Linneo volle dedicare a Clayton (la dedica sarà ufficializzata appunto nella prima edizione di Species Plantarum) potrebbe essere uno di quei ritratti vegetali che tanto piacevano allo scienziato svedese. Claytonia virginica, la specie tipo, è ovviamente una pianta nativa (Clayton l'aveva raccolta nel 1735), piuttosto diffusa, un'erbacea di modesto aspetto, ma così splendida quando è in fioritura da essersi guadagnata il nome volgare springbeauty, "bellezza di primavera"; la fioritura estremamente precoce potrebbe alludere al ruolo dello stesso Clayton, pioniere della botanica americana. Il genere Claytonia, un tempo appartenente alle Portulacaceae, è stata recentemente assegnato alla piccola famiglia Montiaceae, ed è stato allargato a comprendere alcune specie staccate dal vicino genere Montia; comprende circa 25 specie erbacee, per lo più native del Nord America, con qualche propaggine a sud, in Centro America fino al Guatemala, e a est in Asia orientale. Sono piante erbacee perenni, talvolta annuali o perenni di breve vita; alcune specie, con foglie succulente, sono caratteristiche dei terreni montani ghiaiosi. Una di esse è la graziosissima C. megarhiza, una piccola alpina che produce densi racemi di fiorellini a 5 petali bianchi o fucsia che si dipartono da una rosetta di foglie succulente. Tra le più note C. sibirica (= Montia sibirica), diffusa dall'America settentrionale alla Siberia e ampiamente naturalizzata nelle isole britanniche; ha foglie succulente eduli, come C. perfoliata, nota negli Stati Uniti come "lattuga dei minatori" perché le sue foglie venivano consumate in insalata durante la corsa dell'oro in California. Di C. virginica si consumano invece i tuberi. Qualche notizia in più nella scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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