Seguendo le vicende editoriali di Flora Danica, arriviamo al terzo curatore, il grande Martin Vahl, uno dei più importanti tassonomisti della storia della botanica, cui si deve una prima intuizione del concetto di "tipo". Tuttavia, il suo sogno di diventare un secondo Linneo gli fa trascurare Flora Danica, lasciando addirittura in eredità alla vedova un contenzioso con l'erario danese. ![]() La gavetta di un grande botanico Con il terzo curatore, Flora danica approda nelle mani di un botanico di razza, il norvegese Martin Vahl. Quando gli viene assegnato l'incarico, ha alle spalle solidi studi con Linneo (dal 1769 al 1774) e una lunga attività sul campo. Dal 1779, in qualità di assistente e dimostratore, è stato coinvolto nei grandi lavori di trasferimento dell'orto botanico di Copenhagen che, dal 1778, in seguito al dono di un nuovo terreno da parte del re, viene spostato a Charlottenborg. La sua è però una posizione di subordinato: il giardino botanico aveva due direttori, uno scelto dall'Università (il primo fu C. F. Rottböll), l'altro dal re (il primo fu Thomas Holmskjold); è Vahl, però, di fatto a dirigere il trasferimento delle piante dal giardino di Oeder a Amaliegade e ad arricchirne le collezioni, anche grazie ai numerosi contatti europei. Non mancano però i dissapori con il giardiniere dell'istituzione, Niels Bache; anzi sono così gravi che il governo decide di inviare Vahl, a spese della corona, in un lungo viaggio nelle capitali europee, in Italia, penisola iberica e Nord Africa. Da un lato si tratta di una spedizione scientifica (Vahl erborizza in Portogallo, nelle isole mediterranee, tra cui la Sardegna, in Nord Africa), dall'altro è un modo per rafforzare i contatti della nascente scienza naturale danese con le principali istituzioni scientifiche europee; tappa essenziale è Londra, dove Vahl ha modo di conquistare la stima di Banks e del suo segretario, lo svedese Dryander. E' durante questo viaggio che Vahl, visitando diversi erbari, constatata un grave problema che influenzerà le sue ricerche future: ormai il verbo linneano si è affermato, tutte le istituzioni stanno adottando la nomenclatura binomiale e battezzano le piante sulla base dei libri di Linneo (Systema Naturae e Species Plantarum), ma poiché le descrizioni linneane sono spesso succinte, nell'attribuzione dei nomi di specie affini pullulano gli errori di identificazione. Nel 1785, al suo rientro a Copenhagen, Vahl riceve, come si è detto, l'incarico di curatore di Flora Danica e il sospirato titolo di professore. E' l'inizio di un'attività frenetica che, proprio come il suo predecessore O. F. Müller, lo porterà a una morte precoce e a non concludere le sue opere sempre più ambiziose. Il lavoro per Flora Danica esordisce con una spedizione botanica nel nord della Norvegia che tra il 1787 e 1788 lo porterà dalla natia Bergen fino a Capo Nord; alla fine, nei suoi andirivieni, avrà percorso 1500 km. A Copenhagen, tuttavia, anche se all'orto botanico vengono impartite lezioni ("dimostrazioni") di botanica, manca ancora una cattedra universitaria di scienze naturali. La tradizionalista università, che già aveva respinto la nomina di Oeder, continua a rifiutarne l'insegnamento. Per superare l'impasse, nel 1789 viene creata - con l'appoggio regio - Naturhistorie-Selskabet, la Società delle scienze naturali, sul modello della Royal Society londinese; oltre a curare una propria collezione e un'importante pubblicazione, di fatto funziona come un'università privata; la cattedra di botanica e zoologia è affidata proprio a Vahl, che la manterrà per un decennio. Soltanto nel 1797, l'Università di Copenhagen si deciderà a creare una propria cattedra di botanica, che tuttavia non sarà affidata a Vahl, ma E. N. Viborg. Al momento Vahl, sebbene sia noto e apprezzato in tutta Europa, ha ancora pubblicato poco. Il suo primo lavoro importante è Symbolae Botanicae (1790-1794), un'opera che tra le altre cose contiene la descrizione e la discussone delle piante scoperte da Peter Forsskål nel corso della sventurata spedizione danese in Yemen. Segue (1797-1807) Eclogae Americanae, dedicato alle piante che gli sono state inviate dalle piccole colonie danesi delle Antille. ![]() Riscrivere Linneo? Nel 1799-1800 un secondo viaggio a spese della corona porta Vahl in giro per l'Europa, con tappe principali a Parigi e Ginevra; lo scopo fondamentale è raccogliere materiali per l'enorme opera che egli ha concepito: Enumeratio Plantarum, una revisione delle opere di Linneo, volta a superare gli errori di identificazione. Secondo Vahl, questo problema potrà essere superato soltanto se la stessa persona studierà le diverse specie affini, basandosi sugli esemplari originali su cui è stata condotta l'identificazione. E' grazie a lui che si affaccia il concetto di "tipo": l'esemplare di un dato taxon (specie, sottospecie, varietà, ecc.) sul quale si è basata la descrizione originale ed è stata assegnata la denominazione. Il prestigio di Vahl è ormai tale che i botanici gli aprono le porte delle loro collezioni, comprese quelle inedite. Tra viaggi (compiuti, sarà bene sottolinearlo, in un'Europa devastata dalle guerre seguite alla rivoluzione francese), studio e scrittura, il norvegese intraprende un'opera titanica, che prevedeva 20 volumi, uno per ciascuna delle classi linneane; egli fece in tempo a pubblicarne solo uno (nel 1804, anno della sua morte) e un secondo seguì postumo, a cura di alcuni amici e collaboratori; quindi il progetto fu abbandonato. Le 20.000 schede preparatorie manoscritte che ne costituiscono l'indice dell'opera bastano per coglierne l'immensità. Al rientro a Copenhagen, nel 1801, quando Viburg passa alla direzione della scuola di veterinaria, per Vahl arriva finalmente anche la cattedra di botanica all'Università. E' ovvio che con questo accumulo di impegni (per lui, è evidente, al primo posto c'è Enumeratio Plantarum), la pubblicazione di Flora Danica - per la quale ha pure ricevuto uno stipendio - langue. Se ai tempi di Oeder usciva un fascicolo all'anno e con Müller un fascicolo ogni due anni, con Vahl i tempi si allungano ancora: ora esce mediamente un fascicolo ogni tre anni (in tutto sei tra il 1787 e il 1799); tra il 1799 e il 1804, anno della sua morte precoce e improvvisa, non ne esce neppure uno. Sebbene Vahl sia stato uno dei più grandi tassonomisti di tutti i tempi e nelle altre sue opere abbia pubblicato centinaia di nuove specie, ce ne sono pochissime in Flora Danica (alcune graminacee e qualche fungo). Quando il botanico morì, si aprì un contenzioso tra la corona, finanziatrice dell'opera, e la vedova: Anneken Vahl sosteneva che il marito avesse lasciato cinque fascicoli pronti per la pubblicazione e ne chiese il pagamento, la tesoreria di stato fece notare che Vahl era stato già pagato per produrre un fascicolo all'anno; alla fine, vista anche la fama europea dello studioso, si arrivò a un compromesso: il sovrano acquistò la biblioteca, i manoscritti, lo splendido erbario di Vahl (ancora oggi la perla del Museo di scienze naturali danese) e concesse alla vedova una pensione. Nel 1805 uscì un fascicolo di Flora Danica che almeno in parte si deve alla mano di Vahl; gli altri quattro erano presumibilmente frutto della fantasia (o del bisogno) di Anneken. Grandissimo botanico, Vahl fu anche un notevole zoologo; come se non gli bastassero gli impegni, fu anche tra i curatori di Fauna Danica, l'opera gemella di Flora Danica concepita da O.F. Müller. Per una sintesi di questa intensa vita di studioso si rimanda alla biografia. ![]() La sfuggente variabile Vahlia La dedica di un genere botanico giunse a Vahl quando era ancora un naturalista di belle speranze, impegnato nel trasloco dell'orto botanico di Copenhagen. Fu il condiscepolo Thunberg a dedicargli nel 1782 uno dei tanti nuovi generi che andava scoprendo nella provincia del Capo. Vahlia comprende 5-8 specie di erbacee e piccoli arbusti originari dell'Africa e del subcontinente indiano; un tempo assegnato alla famiglia Saxifragaceae, per le sue peculiarità oggi viene inserito in una famiglia propria (Vahliaceae) e in un ordine proprio (Vahliales). Sicuramente queste piante avrebbero fatto la gioia di Vahl: si tratta di specie molto variabili per statura, dimensione dei fiori, numero dei petali, presenza o assenza di peluria, ecc., così che la loro classificazione, tra specie, sottospecie, varietà, ha dato vita a una foresta di sinonimi e a intricati problemi tassonomici. Lo stesso nome Vahlia - oggi ufficialmente considerato il "nome da conservare" - è stato in passato contestato in quanto la denominazione di Thunberg è successiva a quella di Adanson (che aveva denominato il genere Bistella). La specie più nota, Vahlia capensis, è un grazioso arbustino molto ramificato, originario dell'Africa meridionale, con piccoli fiori gialli e foglioline lineari, apprezzabile per la lunga fioritura e l'adattabilità a condizioni aride; non c'è bisogno di dire che si manifesta in tante varietà (in un sito ne ho trovate elencate non meno di otto), anche se Plant list ne presenta solo due: Vahlia capensis subsp. vulgaris var. vulgaris, Vahlia capensis subsp. vulgaris var. linearis (come si vede nella fotografia, ha un numero di petali più che doppio della specie tipo, che ne presenta solo cinque). In effetti, esemplari raccolti in località anche abbastanza vicine - e talvolta persino nella stessa località - possono differire grandemente tra loro, ed è difficile stabilire i confini tra una varietà e l'altra. Un rebus su misura per il buon Martin Vahl. Qualche notizia in più nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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