Nella Ferrara del Cinquecento, grazie al favore del suo duca, Antonio Brasavola impianta un orto botanico e mette alla prova le conoscenze farmaceutiche di antichi e moderni usando il metodo sperimentale. Diventa un medico così dotto da guadagnarsi un soprannome onorifico dal re di Francia e la fiducia delle maggiori teste coronate del tempo. A onorare i suoi meriti botanici, la splendida e fragrante Brassavola. Brasavola, il nuovo Antonio Musa Sebbene più recente e meno famoso degli atenei di Padova o della vicina Bologna, nel Rinascimento anche lo Studio ferrarese, ovvero l'Università di Ferrara, fu un centro di prim'ordine, caratterizzato da grande libertà e apertura culturale, capace di attirare molti studenti stranieri (basti ricordare Niccolò Copernico, che qui si laureò nel 1503). A conferirgli risonanza europea nel campo della medicina e della botanica, fu un personaggio poliedrico che a Ferrara nacque, si formò e insegnò per molti anni: Antonio Brasavola (o Brassavola). Filosofo, precoce commentatore dell'Isagoge di Porfirio (un importante testo del III secolo a.C., su cui si basava l'insegnamento della logica medievale), a soli 19 anni si laureò in filosofia e medicina. Entrato al servizio del duca Ercole II, lo accompagnò in Francia dove il giovane medico ferrarese (al momento aveva 28 anni) ebbe modo di dimostrare le sue conoscenze enciclopediche e la sua abilità dialettica in tre giorni di discussione de quodlibet scibile (ovvero su qualsiasi argomento, a scelta del pubblico) di fronte ai dottori della Sorbona; ammirato, il re Francesco I gli conferì la croce di San Michele e lo ribattezzò Antonio Musa, vedendo in lui la reincarnazione del celebre medico dell'imperatore Augusto (se ne parla in questo post). Il soprannome rimase e dal quel momento il nostro fu per sempre Antonio Musa Brasavola. Contro una scienza medica e botanica tutta libresca (come ancora troviamo anche nella grande opera di Mattioli) egli sente l'esigenza di sottoporre a verifica le reali proprietà dei semplici citati nelle opere degli antichi. Nel 1536 crea l'Orto botanico ("ingens viridarium") del Belvedere, su un isolotto messogli a disposizione dal duca, che viene sistematicamente arricchito con piante esotiche provenienti dalla Grecia e dall'Asia minore - l'area nativa dei semplici descritti da Dioscoride. Fu una delle prime istituzioni del genere, che precede di nove anni Padova: ma mentre l'orto padovano può vantarsi di essere l'orto botanico universitario più antico del mondo, essendo sopravvissuto nei secoli, quello ferrarese andò perduto con le vicissitudini del ducato estense del secondo Cinquecento; l'attuale orto botanico di Ferrara sorge in tutt'altro luogo e risale al XVIII secolo. Grazie ai numerosi viaggi che compie con il duca, Brasavola mette anche insieme uno dei più notevoli erbari del tempo; anche la pratica dell'ortus siccus, ovvero l'idea di sostituire gli erbari figurati con raccolte di piante essiccate, era ai suoi esordi, grazie a Luca Ghini e ai suoi allievi. Il medico farrese sperimenta sistematicamente l'efficacia dei semplici sia sui cani sia su detenuti messi a sua disposizione del duca; i risultati del suo lavoro pionieristico sono esposti nella sua opera maggiore, Examen omnium simplicium medicamentorum, "Esame di tutti i semplici d'uso medico"; si tratta sia di un catalogo di tutte le piante, i semi, i frutti (nonché, secondo il dettato di Dioscoride, delle pietre, terre e metalli con proprietà medicamentose) in uso nelle farmacie di Ferrara, sia una discussione delle loro reali proprietà medicinali, basate sull'osservazione diretta. Come molti suoi contemporanei, Brasavola si preoccupa della corretta identificazione delle piante citate dagli antichi; ad esempio osserva che il cedro descritto da Teofrasto e Plinio è tutt'altra cosa di quello che cresce in Liguria e in Campania, quindi non ha senso attribuire al secondo le proprietà del primo. Ma va molto più in là: è perfettamente consapevole dell'inadeguatezza delle conoscenza degli antichi: “E’ certo che neppure la centesima parte delle erbe è stata descritta dagli antichi ma ogni giorno impariamo a conoscerne di nuove”. Le conoscenze mediche dei classici, oltre ad essere spesso inficiate da fraintendimenti e cattive traduzioni, erano limitate e infarcite di errori; né si può respingere ciò che gli antichi non conoscevano e l'esperienza dimostra efficace: "Noi non vogliamo imitare coloro che rifiutano l'uso del decotto di guaiaco perché gli antichi non ne hanno parlato". Con parole quasi identiche a quelle celebri di Leonardo ("l'esperienza è madre di ogni certezza") Brasavola sottolinea la funzione insostituibile dell'esperienza, "signora di tutte le cose", sia nella ricerca di nuove specie vegetali sia nella verifica delle loro proprietà medicinali. Dottissimo in molti campi, medico appassionato e celeberrimo, conteso da sovrani e pontefici (fra i suoi pazienti illustri si annoverano, oltre ai duchi d'Este Alfonso I e Ercole II, Francesco I di Francia, l'imperatore Carlo V, Enrico VIII d'Inghilterra, il papa Paolo III), era così dedito anche al più umile dei malati da fare sempre tenere pronta la mula - quasi uno status symbol del medico del tempo - per accorrere in caso di necessità a loro capezzale anche più volte al giorno. Dimostrò la sua indipendenza di pensiero confutando le teorie che vedevano nella sifilide (il terribile "mal francese" che aveva cominciato a imperversare in Italia dopo la calata di Carlo VIII del 1495) una punizione divina, identificandone correttamente l'origine e introducendo cure innovative, tra cui, appunto, l'uso del legno di guaiaco. Qualche approfondimento nella sezione biografie. Brassavola, signora della notte Questo nobile ferrarese, di casa alla corte di principi e pontefici, non avrebbe disdegnato la pianta che ne ha eternato il nome: nobile e sontuosa è infatti la Brassavola (con due esse, mentre nella grafia del cognome del celebre medico si alternano le due forme Brasavola / Brassavola), un'orchidea che Robert Brown ribattezzò in suo onore nel 1813, quando stabilì il genere staccandolo da Epidendrum. Proprio come il suo dedicatario, pioniere della ricerca sperimentale, degli orti botanici e degli erbari, nonché di audaci operazioni chirurgiche (si dice che sia stato il primo a praticare una tracheotomia), anche la Brassavola ha giocato un ruolo pionieristico nella storia della coltivazione delle orchidee. Nel 1698 B. nodosa fu la prima orchidea ad essere importata e coltivata in Europa: dalla nativa Curaçao, grazie alle navi della Compagnia delle Indie occidentali, approdò a De Hortus, l'appena inaugurato orto botanico di Amsterdam, come attesta il catalogo redatto da Caspar Commelin, e vi fiorì la prima volta nel 1715. Con i suoi delicati fiori bianchi e il soave profumo citrato che inizia a diffondersi verso sera, si guadagnò il soprannome di "Signora della notte" e inaugurò l'inarrestabile passione per le orchidee. Linneo la descrisse in Systema naturae, assegnandola al genere Epidendrum, da cui sarà separata, appunto, per opera di Brown. Il genere Brassavola comprende una ventina di specie, tutte americane (dal Messico fino al Brasile, passando per le Antille), epifite o litofite, con uno pseudobulbo allungato da cui nasce un'unica foglia carnosa. I fiori, solitari o raccolti in racemi, bianchi o bianco-verdastri, colpiscono per le forme singolari: il labello cuoriforme di B. nodosa oppure i lunghissimi sepali e petali di B. cucullata che la fanno assomigliare a un insetto stravagante. Sono proprio queste forme estrose ad aver suscitato l'interesse degli ibridatori. Com'è noto, nella famiglia delle Orchidaceae è possibile ottenere ibridi fertili anche incrociando generi diversi, purché non troppo lontani geneticamente; è quello che, avviene per esempio, incrociando Brassavola con Laelia e Cattleya (i tre generi appartengono alla medesima sottotribù); ecco allora x Brassocattleya, i meravigliosi ibridi tra Brassavola e Cattleya; x Brassolaelia, ibridi tra Brassavola e Laelia; x Brassolaeliocattleya, che discendono da tutti e tre i generi. x Ryncovola è invece un ibrido tra Brassavola e Ryncholelya. Altre notizie nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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