La Paulownia non è solo un albero di straordinaria bellezza, ma è carico di simboli. In Cina, la sua patria, propizia lunga vita e felicità, associato com'è alla fenice - che solo sui suoi rami potrà posarsi, e solo quando sarà al potere un governante giusto. Ancora più ricchi i valori culturali in Giappone dove non solo è l'albero della vita, piantato tradizionalmente alla nascita di ogni bambina, ma è anche stato scelto come distintivo dell'ufficio del Primo ministro, in ricordo di un antico eroe nipponico. Così Philipp van Siebold, che aveva conosciuto la spendida pianta in Giappone, l'aveva coltivata nel suo giardino a Deshima e aveva osservato stupefatto la sua rapida crescita, pensò che, per sdebitarsi con la principessa reale dei Paesi Bassi, non c'era omaggio migliore che dedicarle questa pianta tanto bella e tanto densa di simboli. Un botanico a caccia di finanziamenti Il grande botanico Philipp von Siebold ritornò dal suo primo soggiorno in Giappone nel momento peggiore possibile. D'altra parte, non aveva avuto scelta: quando i giapponesi avevano scoperto che si era procurato alcune carte del paese - cosa proibitissima agli stranieri - prima lo avevano posto agli arresti domiciliari, poi lo avevano espulso. Inoltre, quando nel luglio del 1830 arrivò nei Paesi Bassi non poteva sapere che nell'arco di poco più di un mese avrebbe corso il rischio di perdere le sue collezioni o di non potervi accedere per anni. Le aveva infatti portate a Bruxelles, che all'epoca era la capitale del regno nonché la residenza dell'erede al trono. Le piante vive le aveva invece affidate all'orto botanico di Gand. Il 25 agosto scoppiò la rivoluzione che avrebbe portato all'indipendenza del Belgio. Nei giorni successivi, Siebold riuscì fortunosamente a portare in salvo a Leida sia le proprie collezioni, sia quelle raccolte da Blume a Giava. Rimasero invece in Belgio le piante vive. Si poneva a questo punto il problema di studiare e pubblicare l'immenso materiale raccolto in Giappone (i soli esemplari botanici erano più di 12.000). Siebold progettò tre opere di grande impegno: Nippon, un colossale studio geografico e etnografico sul paese del Sol levante; Flora japonica (con la collaborazione di un altro botanico tedesco, J.G. Zuccarini); Fauna japonica (per quest'ultima, egli si sarebbe avvalso della collaborazione degli zoologi del Museo di storia naturale da Leida, coordinati dal prof. Temminck). Tutte magnificamente illustrate, richiedevano grandi capitali, che nei Paesi Bassi, impegnati in Europa contro la rivolta belga e in Indonesia nelle guerre coloniali, non c'erano. Siebold ottenne dal re soltanto una pensione annua, e la promessa dell'acquisto delle sue collezioni etnografiche, che tuttavia venne procrastinato proprio per il prosciugamento dei fondi statali. A chi battere cassa? Siebold decise di rivolgersi alla sposa dell'erede al trono, la granduchessa russa Anna Pavlovna. Era arrivata in Olanda con una dote favolosa (un milione di fiorini) e si diceva che i suoi gioielli, per valore, fossero secondi solo a quelli della cognata, l'imperatrice di Russia. Non potendo soccorrerlo personalmente (suo marito, il futuro Guglielmo II, aveva notoriamente le mani bucate) gli consigliò di rivolgersi a suo fratello, lo zar Nicola I, che in quel momento era sicuramente il monarca più ricco d'Europa. Fu così che nel 1834 Siebold partì per la Russia e, grazie all'intercessione di Anna, fu ricevuto dallo zar, che aprì i cordoni della borsa in cambio di un invio di dieci copie annue dei fascicoli successivi delle tre pubblicazioni (sarebbero state inviate in Russia per più di un ventennio). Più granduchessa russa che regina olandese L'anno successivo, quando uscì il primo volume di Flora japonica, Siebold poté sdebitarsi con la principessa sia dedicandole l'intera opera (nel frontespizio leggiamo: Omaggio a sua altezza imperiale e reale la signora principessa di Orange Anne Paulowna, granduchessa di Russia) sia battezzando con il suo nome una delle più belle piante descritte nell'opera, Paulownia imperialis. Dato che questa specie era gia stata descritta da Thunberg come Bignonia tomentosa, oggi il suo nome è P. tomentosa Steud. Tuttavia il nome specifico coniato da Siebold - sicuramente carissimo a Anna, tanto orgogliosa delle sue origini imperiali - ha fatto in tempo a incollarsi al bellissimo albero, che nei paesi anglofoni è noto come Royal Empress Tree ("albero della principessa imperiale"). Al di là del suo ruolo di mediazione in questa delicata occasione, non sembra che la nobildonna abbia altri meriti botanici. Divenuta regina d'Olanda nel 1840 quando Guglielmo II succedette al padre, è una figura verso la quale gli olandesi hanno un atteggiamento ambivalente. L'ha dimostrato, fin dal titolo, la grande mostra organizzata nel palazzo di Het Loo nel 2016, in occasione del duecentesimo anniversario del suo matrimonio con il principe Guglielmo, intitolata "Anna Pavlovna, la regina pittoresca". Dai ritratti, dai vestiti elegantissimi e raffinati (che si faceva confezionare esclusivamente a Pietroburgo), dagli oggetti di cui amava circondarsi emerge una figura piena di maestà e dignità, indubbiamente affascinante, ma anche aliena, esagerata, appunto pittoresca. Allevata nel palazzo imperiale di Carskoe Selo con una profonda coscienza della sua appartenenza a una stirpe imperiale, per tutta la vita fu più una granduchessa russa che una regina olandese. Pur avendo accettato di sposarlo, provava una certa condiscendenza verso il marito, che riteneva di rango molto inferiore al suo. Quando arrivò in Olanda, poi, provò un vero shock culturale: rispetto alla corte russa, basata su una rigida etichetta e su una distanza siderale tra famiglia imperiale e sudditi, la borghese corte olandese, con la sua mescolanza di classi sociali e lo scarso peso dell'etichetta, era agli antipodi. Gli olandesi le riconoscono, equanimi, molte virtù: era una donna colta e intelligente (imparò benissimo l'olandese, cosa che il marito, allevato all'esterno e di lingua madre francese, non fece mai); era la discrezione in persona e non cercò mai di influenzare le scelte politiche del marito, anzi seppe mediare tra lui e il suocero, quando sorsero profonde divergenze proprio sulla linea da tenere nei confronti dei Belgi; fu sempre leale allo sposo, nonostante i molteplici tradimenti di lui e le sue spese dissennate; fu una filantropa che fondò decine di scuole, ospedali, orfanatrofi. Tuttavia i suoi sudditi non la amarono mai: era troppo altera, troppo compresa della sua importanza, troppo attaccata all'etichetta, troppo fredda (ma anche troppo impulsiva: quando prendeva la calma, si abbandonava a scenate fin troppo russe), insomma troppo granduchessa russa e troppo poco regina olandese. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Tra Anna Pavlovna e i fiori c'è però un secondo legame, diciamo così, postumo. Nel 1846 fu completata la realizzazione di un polder nel nord del paese, battezzato Anna Paulownapolder in onore della regina. Inizialmente sotto la municipalità di Zijpe, nel 1870 divenne comune autonomo con il nome di Anna Paulowna. Il caso ha voluto che questa località si trovi in una delle zone dove si concentra la produzione di tulipani; proprio qui, ogni anno, tra la fine di aprile e l'inizio di maggio (qui i bulbi fioriscono circa due settimane dopo rispetto alle aree floricole dei dintorni di Lisse) vengono organizzati i "giorni dei fiori", con mosaici fioriti, opere d'arte, strade e ponti addobbati. C'è anche un giardino di bulbi che pretende di rivaleggiare (molto più in piccolo) con Keukenhof. Paulownia, albero della vita Il genere Paulownia, un tempo assegnato alla famiglia Scrofulariaceae ma oggi riclassificato in una famiglia propria, le Paulowniaceae, di cui è l'unico rappresentate, comprende sette specie di alberi dai magnifici fiori orginari per lo più della Cina, anche se alcune specie sono state introdotte da secoli in altri paesi dell'Asia orientale, in particolare in Corea e in Giappone, dove P. tomentosa arrivò a quanto pare intorno al 200 d.C. Fu proprio in Giappone che gli studiosi occidentali la incontrarono, a partire da Engelbert Kaempfer che nei suoi Amoenitatum Exoticarum fasciculi (1712) ne diede la prima descrizione, paragonandone i fiori a quelli della digitale e le foglie a quelle della bardana. A sua volta Thunberg la descrisse e la pubblicò in Flora japonica (1784) come Bignonia tomentosa. Philipp von Siebold la vide durante il suo primo soggiorno giapponese e la coltivò nel suo giardino di Deshima, rimanendo stupefatto dalla sua bellezza, del suo vigore e della rapidissima crescita. Al suo ritorno in Europa, portò con sé molti semi, di cui fece generosamente dono a molti amici; possiamo quindi considerarlo l'introduttore della specie in Europa, anche se la prima a fiorire, nel Jardin des Plantes di Parigi, dove era stata seminata nel 1834, sembra sia nata da semi donati a un certo visconte di Cussy, che li avrebbe avuti da un ignoto capitano inglese. Come ho già accennato, fu Siebold nel 1835 a comprendere che non si trattava di una Bignonia ma di un genere nuovo, battezzato Paulownia in onore di Anna Pavlovna Romanova. E' interessante leggere la motivazione della dedica: "Abbiamo preso la libertà di battezzare Paulownia il nuovo genere, che accoglie il Kiri, precedentemente ritenuto erroneamente una bignonia, per rendere omaggio al nome di sua Altezza Imperiale e Reale, la principessa ereditaria dei Paesi Bassi. A spingerci a questo non è stata solo la bellezza della pianta, ma ancora di più il fatto che la foglia del Kiri ornata di tre boccioli di fiori è stata utilizzata come insegna dal celebre eroe Taikosama e per questa ragione è ancora molto onorata in Giappone". La scelta di una pianta così significativa dal punto di vista culturale si inquadra nell'innovativo approccio di Siebold ai rapporti tra Occidente e Giappone, che egli auspicava si basassero non più sui meri interessi commerciali ma sulla comprensione e l'apprezzamento delle reciproche culture, come dimostrano anche le illustrazioni di Flora japonica, da lui fatte eseguire a artisti giapponesi e poi ridisegnate e adattate per la stampa da artisti occidentali. In Oriente, in effetti, P. tomentosa è molto di più di un albero apprezzato per la sua bellezza o per l'eccezionale valore economico dovuto alla rapida crescita e all'ottima qualità del suo legname, leggero, facile, da lavorare, ma allo stesso tempo durevole. E' l'albero della vita, legato al ciclo della vita e della morte. In Cina è coltivata da tempi immemorabile; si dice che il sarcofago di un re vissuto 2600 anni fa sia stato ricavato dal suo legname e le cronache del regno Qin (II sec. a.C.) documentano sue estese coltivazioni attorno alla città di Afang. Simbolo di longevità, nella tradizione cinese è ritenuto l'unico albero su cui si posa la fenice, per cui veniva piantata nei pressi delle case per attirarla, assicurandosi prosperità. In Giappone tradizionalmente veniva piantata alla nascita di una bambina e tagliata al momento del suo matrimonio, per ricavarne il cassone nuziale; era usata anche per amuleti destinati ai bambini e per le bare. Il suo legno, dotato di grandi capacità di risonanza, sia in Cina sia in Giappone è usato per costruire strumenti musicali tradizionali. Inoltre, come ricorda Siebold, è legato a un personaggio molto onorato della storia giapponese, Toyotomi Hideyoshi (Taiko Sama "l'onorevole ritirato" è il titolo onorifico con il quale è per lo più conosciuto nelle fonti cristiane). Egli fu il secondo dei tre unificatori del Giappone e alla fine del Cinquecento gettò le basi del sistema dello shogunato; la sua insegna formata da una foglia di kiri (questo il nome giapponese dell'albero) sormontato da tre boccioli è tuttora utilizzato come emblema dell'ufficio del Primo ministro. Giunta in Europa all'inizio degli anni '30 dell'Ottocento, P. tomentosa si diffuse rapidamente nei giardini del vecchio continente; dopo un decennio arrivò anche negli Stati Uniti (dove, per ragioni che vedremo meglio nella scheda, è anche diventata una temuta infestante). Solo alla fine del secolo, quando la Cina si aprì agli esploratori occidentali, incominciarono a essere note anche le altre specie, che tuttavia non sono mai diventate altrettanto popolari, anche perché meno rustiche e più esigenti; tuttavia da qualche decennio si assiste, soprattutto in Europa a un vero e proprio boom delle coltivazioni di Paulownia, per ricavarne legname e biomassa; e, più che P. tomentosa, a essere privilegiate sono altre specie e alcuni ibridi, di crescita più veloce e maggiore produttività. Qualche informazione su di esse nella scheda.
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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