Il cordigliere André Thevet soggiorna dieci settimane in Brasile, incontra i cannibali tupinambo, raccoglie informazioni etnologiche e naturalistiche e di ritorno a Parigi diventa famoso con un instant book sulla "Francia degli antipodi". Con le sue realistiche e spesso precise descrizioni di una trentina di specie esotiche, per 150 anni il suo libro diventa il testo di riferimento per la flora brasiliana; e Linneo dà il suo nome all'ahouai, la pianta usata dagli indigeni della baia di Rio per uno spicciativo divorzio alla tupinambo. Dieci settimane in Brasile Nel 1494, con il trattato di Tordesillas Spagna e Portogallo, con la benedizione di Papa Borgia, si spartiscono il nuovo mondo. Ovviamente le altre potenze non sono felici di essere tagliate fuori: è nota la battuta di Francesco I di Francia che chiese di vedere "la clausola del testamento di Adamo che lo esclude da questa spartizione". Ecco allora che nel 1555 suo figlio Enrico II dà il suo consenso a una spedizione segretissima che dovrebbe portare alla creazione di una colonia, chiamata pomposamente "Francia antartica" (cioè Francia degli antipodi) nella baia di Guanabara, in Brasile (dove qualche anno più tardi nascerà Rio de Janeiro). Tra i seicento uomini che, guidati dall'ammiraglio di Villegaignon, partono alla volta del Brasile c'è anche André Thevet, un frate francescano con la passione dei viaggi - è appena rientrato da un viaggio di quattro anni nel Levante. In Brasile invece rimarrà solo dieci settimane, poi, fatto il pieno di curiosità con cui nutrire la fame di esotismo dei futuri lettori, si dà malato e rientra in patria. Abbandoniamo anche noi al loro destino i pionieri della Francia antartica, che naufragherà ben presto forse ancora più per le lotte intestine tra cattolici e ugonotti che per il contrattacco portoghese, e seguiamo Thevet in Francia. Appena tornato a casa, il frate - oltre a coltivare nel suo orto i semi di tabacco che ha portato con sé, (come ho raccontato in questo post) si dedica alla confezione di un instant book sul viaggio e sulle curiosità brasiliane, che uscirà nel 1557 con il titolo Les singularitéz de la France Antartique ("Le cose singolari della Francia antartica"). Benché criticato pesantemente dai dotti, che lo accusano di ignoranza, plagio, impudenza, il libro è un successo a corte e tra i lettori curiosi, anche grazie alle 41 incisioni che ritraggono con efficacia drammatica animali, piante e riti indigeni. Tra i posteri lo apprezzeranno soprattutto gli etnologi, per la qualità delle informazioni sui tupinambo, la tribù indigena che viveva nella baia di Guanabara; e i botanici, per le ricche e precise notazioni sulla flora della zona. In effetti, Thevet, per niente affidabile quando parla per sentito dire (o meglio per plagio manifesto), si rivela ben informato sul mondo tupinambo: nei due mesi e mezzo trascorsi in Brasile qualcosa avrà visto di persona, molto gli sarà stato riferito dai truchements, i marinai che vivevano con i locali e facevano da interprete. In ogni caso, è il primo europeo a descrivere spesso con accuratezza diverse piante del nuovo mondo, con precise informazioni etnobotaniche sui loro usi, soprattutto alimentari e medicinali. E non c'è da stupirsene, se pensiamo che il frate proveniva da una famiglia di barbieri-chirurghi. Le piante citate sono almeno una trentina. Tra quelle alimentari sfilano la manioca, la patata dolce, il mais a chicchi bianchi e a chicchi neri (i tupinambo ne ricavano una bevanda per le feste), il platano (Musa paradisiaca subsp. normalis), l'hoyriti (Allagoptera arenaria, una palma endemica del Brasile), l'amahut (Cecropia sp.), l'ananas "meravigliosamente eccellente per la dolcezza e per il sapore più carezzevole dello zucchero fine", due varietà di fagioli, il peperoncino che i tupinambo commerciano con gli europei. Una tavola ritrae la raccolta degli anacardi. Nel capitolo sulla guerra ecco il genipat (Genipa americana), usato per tingersi il corpo prima delle battaglie, come pure l'usub (Bixa orellana, la pianta da cui si ricava l'annatto); l'hairi (Astrocaryum aculeatissimus) e una canna marina (Gynerium sagittatum) con cui si fabbricano arco e frecce. Tra le piante medicinali l'hyvourahé (Chrysophyllum glyciphloeum), usato contro le malattie veneree; Cnidoscolus urens, contro il male agli occhi; l'hiboucouhu (presumibilmente Bicuiba oleifera), antisettico contro le piaghe dovute alla pulce Tunga penetrans; Carapa guaianensis, da cui si ricava un olio così eccellente contro le ferite che ne Thevet ne ha portato "una certa quantità tornando qui, che ho distribuito tra i miei amici". E poi naturalmente c'è il petun, il tabacco che gli indigeni - ma rigorosamente solo i maschi - fumano sotto forma di rudimentali sigari; il pernambuco o pau de brasil (Paubrasilia echinata), il ricercatissimo albero che ha dato il nome al Brasile stesso; e ancora l'albero delle zucche (Crescentia cujte) dai cui frutti gli indigeni ricavano le maracas. Fonti A. Thevet, Les singularitez de la France antartique, Heritiers de Maurice de la Porte, Paris 1558 F. C. Hoehne, Botanica e agricultura no Brasil no século XVI, 1937, ora in http://www.brasiliana.com.br/obras/botanica-e-agricultura-no-brasil-no-seculo-xvi Frutti pericolosi Secondo Thevet, i Tupinambo non avevano un carattere molto accomodante (celebri le sue pagine sui loro riti cannibalici). Se litigavano con qualcuno, non esitavano a rivolgersi a uno stregone che lo facesse morire. Qui veniva molto utile un albero chiamato ahouaï "che porta un frutto velenoso e mortale, della grandezza di una castagna media, che è un vero veleno, soprattutto la mandorla. I mariti che anche per una leggerezza sono arrabbiati contro le mogli, gliene danno, e le mogli ai mariti". Ma non l'avrebbero mai somministrato a un estraneo, anzi facevano molto attenzione che i bambini non si avvicinassero. Una volta levato il nocciolo velenoso, con i frutti a forma di delta facevano dei sonagli da usare come cavigliere. I botanici del Cinquecento e del Seicento, come Clusius, Jean Bauhin e Tournefort attingeranno ampiamente dal testo di Thevet per la descrizione delle piante americane. Linneo non poteva mancare di onorarlo con un nome di genere, e scelse proprio la pianta degli uxoricidi, battezzata Thevetia ahouai (in Genera Plantarum, 1757). Come molte Apocynaceae, a cominciare dal nostro oleandro, tutte le specie del genere Thevetia sono tossiche, ma estremamente ornamentali; anche se oggi è stata assegnata a un altro genere, vale la pena di citare la bellissima Cascabela thevetia, che probabilmente molti conoscono con il vecchio nome T. peruviana. Indirettamente, Thevet ha anche dato nome alla tevetina, un glicoside estratto da alcune specie di Thevetia, usato come cardiotonico. Altre informazioni sulla romanzesca vita del frate etnobotanico nella sezione biografie; approfondimenti su Thevetia (e sulla sorella gemella Cascabela) nella scheda.
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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