Con le sue grandi foglie a cuore e i fiori azzurri simili a quelli del cugino nontiscordardimé, Brunnera macrophylla è una delle più simpatiche abitatrici dei giardini d'ombra. In natura, vive a cavallo del Caucaso, in un'area che va dall'Anatolia nord-orientale alla Transcaucasia; e infatti il suo primo raccoglitore, Johannes Michael Friedrich Adams (quello che scoprì il celebre mammut) la trovò - si era nei primissimi anni dell'Ottocento - "nei boschi ombrosi dell'Iberia", cioè della Georgia. La credette un Myositis, e la battezzò senz'altro M. macrophylla. A capire che si trattava di un genere a sé fu circa mezzo secolo dopo un altro botanico al servizio della Russia, Christian von Steven; lo battezzò Brunnera, in onore dell' "egregio botanico Samuel Brunner bernese che visitò due volte la Tauride". Ma non furono quelli in Crimea i viaggi più avventurosi dello svizzero, che amava definire se stesso reisender Wissenschafter, "scienziato in viaggio". Un botanico in viaggio dall'Italia alla Crimea Il medico, viaggiatore e naturalista (anzi, scienziato in viaggio, come gli piaceva definirsi) bernese Samuel Brunner (1790-1844) sta un po' a metà tra il cultore di scienza dilettante e lo studioso di professione. Era sì laureato in medicina e abilitato all'insegnamento della botanica, ma non esercitò mai la professione e mai insegnò. Era membro di diverse società scientifiche e pubblicò anche alcuni articoli di botanica su Flora, la rivista della Società reale di botanica di Ratisbona, ma la sua fama è legata soprattutto a tre libri di viaggio che, in un linguaggio accattivante, presentano una massa di informazioni geografiche, etnografiche e naturalistiche (con un occhio di riguardo alla botanica) a un ampio pubblico. Ancora ispirati al modello di Humboldt, sono già più simili a reportage che a saggi scientifici. Brunner prepara i suoi viaggi scrupolosamente, mette nei bagagli i testi più aggiornati, quindi viaggia, visita giardini e istituzioni scientifiche, incontra molte persone (la sua rete di corrispondenti è vasta e conosce l'arte di farsi molti amici), si incuriosisce di tutto, si informa sulle produzioni del territorio, osserva scrupolosamente ed elenca le piante spontanee e coltivate; a casa, nel trasformare i diari di viaggio in libri, non manca di aggiungere informazioni di varia natura attinte da molti testi di riferimento. E' certamente un buon botanico, ma le sue identificazioni sono a volte approssimative e le descrizioni si riducono spesso a poche righe. Due elementi colpiscono: benché abbia esplorato a fondo una flora all'epoca poco nota, quella dell'arcipelago di Capo Verde, gli si deve l'identificazione di una sola nuova specie (oggi non più valida); e soprattutto, anche se era in corrispondenza con de Candolle (la cui opera è perfettamente contemporanea alla sua) non figura tra i collaboratori del suo Prodromus, che vide la partecipazione di ben 35 studiosi di otto nazioni diverse, un terzo dei quali elvetici. In una fase in cui i naturalisti iniziavano a professionalizzarsi e a lavorare per università, istituti di ricerca e orti botanici, Brunner era ancora un agiato gentiluomo che poteva permettersi di non lavorare e di viaggiare a proprie spese grazie alla notevole fortuna lasciatagli dal padre omonimo, membro di una ricca famiglia a metà tra borghesia e patriziato della città di Berna. Samuel Brunner padre era membro del Gran consiglio cittadino, castellano di Wimmis, presidente della Società dei Calzolai e aveva fatto fortuna sia nel settore immobiliare sia con abili investimenti obbligazionari. Nel 1798, quando l'esercito francese occupò Berna, venne arrestato e trattenuto nella fortezza di Hüningen; poco dopo fu rilasciato, ma decise di lasciare la città in attesa di tempi migliori, rifugiandosi con la famiglia a Sciaffusa. All'epoca, il nostro Samuel aveva otto anni. Più tardi, lo troviamo a Würzburg dove nel 1813 si laureò in medicina; come medico militare, partecipò all'ultima fase delle guerre napoleoniche dalla parte degli alleati. Nel 1814 la famiglia Brunner poté rientrare a Berna e Samuel figlio ottenne il brevetto di medico, cui nel 1818 aggiunse l'abilitazione all'insegnamento come libero docente di pediatria e botanica. Il patrimonio ereditato dal padre (morto nel 1821) gli permise però di vivere di rendita e di dedicarsi interamente alla politica, agli interessi intellettuali e ai viaggi. Negli anni della Restaurazione, tra il 1821 e il 1830, come suo nonno e suo padre prima di lui, fu membro del Gran Consiglio e nel 1830 presentò una petizione decisamente conservatrice contro l'allargamento della base sociale del Consiglio stesso; tuttavia vi si sosteneva la necessità di migliorare il sistema scolastico e di pagare di più gli insegnanti. Subito dopo i liberali andarono al potere, e Brunner si trovò all'opposizione; probabilmente non fece più politica, ma nel 1832 si sfogò scrivendo Gemütliche Unterhaltung im politischen Klubb zum klugen Elefanten in Utopia, "Accogliente conversazione sul club politico L'elefante intelligente in Utopia", in cui prendeva in giro il governo liberale del cantone. All'epoca era già un viaggiatore di lungo corso, membro di diverse società scientifiche elvetiche e tedesche: la Società medico-chirurgica del Cantone di Berna, la Società dei naturalisti bernesi e svizzeri, la Società Botanica Reale di Ratisbona, la Società naturalistica Senkenberg di Francoforte sul Meno, l'Associazione di storia naturale di Mannheim. Aveva molti corrispondenti in diversi paesi europei, inclusi noti scienziati. Iniziò a viaggiare intorno al 1819; i suoi obiettivi, come egli stesso scriverà nella prefazione al resoconto del suo ultimo viaggio, erano soddisfare la curiosità personale, arricchire le proprie collezioni (mise insieme un erbario di circa 10.000 esemplari), ma anche ampliare il patrimonio di conoscenze di storia naturale e contribuire al progresso economico; ecco perché si definiva Reisender Wissenschafter, "scienziato in viaggio". Svizzero germanofono formatosi in Germania, conosceva bene quel paese e i territori dell'Impero asburgico, dove aveva molti amici che spesso risalivano agli anni universitari o alla comune militanza nell'esercito alleato. Conosceva anche la Gran Bretagna e nel 1821 visitò la Provenza (ne parlerà anni dopo, in un articolo su Flora), ma presto la sua meta preferita divenne l'Italia alla cui flora dedicò i suoi primi articoli per la rivista di Regensburg: nel 1825 Die botanische Gärten Italiens, in due puntate, che - nonostante il titolo - si occupa solo dei giardini napoletani; nel 1826 Uber de Vegetation des Festalandes des Italien, "Sulla vegetazione della terraferma italiana", anch'esso in due parti: la prima è uno schizzo sulle peculiarità della flora della penisola, la seconda una bibliografia relativamente ampia. Sempre all'Italia è dedicato il primo libro di viaggio di Brunner, Streifzug durch das östliche Ligurien, Elba, die Ostküste Siciliens, und Malta, zunächst in Bezug auf Pflanzenkunde im Sommer 1826 unternommen, uscito presumibilmente a spese dell'autore nel 1828, in cui racconta un viaggio dell'estate del 1826. Dopo aver visitato molte località della riviera ligure di Levante, soffermandosi soprattutto sui giardini, gli oliveti, gli agrumeti, Brunner andò via terra a Livorno, da dove si spostò all'Elba, ancora pervasa di memorie napoleoniche; quindi, tornato a Livorno, si imbarcò per Milazzo. In Sicilia - la meta più importante del viaggio - visitò Messina, Catania, le pendici dell'Etna, Siracusa, Capo Passero dove si imbarcò per Malta; qui visitò la Valletta, Mdina (che Brunner chiama Civita Vecchia), Gozo e Comino, per poi imbarcarsi alla volta di Livorno. In un linguaggio con qualche pretesa letteraria, il gentiluomo-viaggiatore racconta visite, incontri, impressioni, senza mancare di infarcire il testo con informazioni di ogni genere, spaziando dalla geografia alla geologia, dal folclore alla musica, dall'estrazione del marmo di Carrara alle tonnare sicule, dalla politica degli occupanti britannici allo stato delle farmacie maltesi; l'attenzione privilegiata va però sempre alle piante, tanto quelle native, quanto quelle introdotte o coltivate, e ogni capitolo si conclude con un elenco delle specie osservate. Probabilmente alla fine degli anni '20 la curiosità di Brunner sull'Italia e la sua flora era ormai soddisfatta. Orami sognava mete più lontane e ambiziose: così nell'estate del 1831, dopo aver fatto visita ad alcuni amici viennesi, eccolo a Trieste ad imbarcarsi per Costantinopoli; visitò puntigliosamente la città, compresi i giardini delle sponde europea e asiatica, ma si trattava solo di una tappa di avvicinamento alla vera destinazione: la Crimea. Da Costantinopoli si imbarcò dunque per Odessa, dove dovette sottostare a una quarantena di due settimane; si spostò quindi a Sinferopoli, il capoluogo del Governatorato di Tauride, dove stabilì il suo quartier generale per esplorare la penisola e la sua natura, caratterizzata da paesaggi spettacolari e di grande varietà: dalle piante della steppa alla macchia mediterranea, dalla vegetazione litoranea alle foreste delle montagne. Anche se la Russia l'aveva definitivamente annessa solo nel 1792 e in un certo senso la Crimea rimaneva un territorio di frontiera, sia nei confronti dell'Impero ottomano sia in vista dell'espansione verso il Caucaso, era già una delle mete preferite dell'aristocrazia russa, che vi creò a gara le proprie case di vacanza (di alcune Brunner, con il suo talento per le amicizia, sarà ospite coccolato). Ad aprire la strada era stato proprio un naturalista, Peter Pallas, che nel 1793, subito dopo l'occupazione, aveva iniziato ad esplorarne la flora e poi si era stabilito a Sinferopoli in una grande tenuta donatagli dall'imperatrice Caterina II. Un altro grande protagonista dello studio della flora della Crimea era il finno-svedese Christian von Steven, che aveva partecipato alla spedizione von Biberstein e poi era rimasto in Crimea per creare l'orto botanico di Nikita nei pressi di Yalta, che aveva diretto fino al 1826, quando fu nominato ispettore capo per la sericoltura, di fatto responsabile di gran parte dell'agricoltura della Russia meridionale. Nonostante fosse impegnatissimo e sempre in giro per il vasto territorio che doveva ispezionare, Brunner, che era uno dei suoi corrispondenti, poté incontrarlo; ma moltissimi furono i funzionari e i proprietari terrieri ad aiutarlo, accompagnarlo e ospitarlo. Dunque neppure la Crimea era terra incognita, e Brunner la percorse tenendo sotto mano i volumi di Pallas, Biberstein, Steven e soci. Vi si trattenne fino ad ottobre e visitò tutto il visitabile, innamorandosi della regione al punto da dedicarle un poema in ottave, Sehnsucht nach Taurien, "Nostalgia della Tauride", incluso nel libro di viaggio che ricavò dall'esperienza, Ausflug über Constantinopel nach Taurien im Sommer 1831, pubblicato nel 1833. Capo Verde: dalla delusione all'entusiasmo Brunner tornò in Crimea ancora una volta, ma evidentemente neppure la mitica Tauride era sufficiente a soddisfare il suo desiderio di esotismo. Erano gli anni in cui le potenze europee incominciavano la loro penetrazione coloniale in Africa; i francesi avevano da tempo un avamposto a Gorée e Saint Louis nel Senegal, a lungo centri del commercio degli schiavi ma ora, dopo l'abolizione ufficiale della schiavitù, alla ricerca di nuove fonti di reddito. Per Brunner, da sempre interessato alle piante agricole e utilitarie, poteva essere un'occasione per approfondire sul campo la conoscenza di piante come la canna da zucchero, il caffè, la cannella, la melegueta (Aframomum melegueta); ma sperava anche di dare un contributo originale alla scienza botanica esplorando finalmente un'area inesplorata, o per lo meno poco battuta. Come al solito, si preparò con scrupolo leggendo ciò che avevano scritto i naturalisti che lo avevano preceduto, e come meta finale scelse le isole del golfo di Guinea, in particolare São Tomé che, tra l'altro, stava convertendo la sua economia dal traffico degli schiavi alla coltivazione del cacao e del caffè. Prima di partire, discusse il suo progetto con Augustin Pyramus de Candolle, che lo scongiurò di lasciar perdere São Tomé: "Non è il caso di andare a morire, vedete, non lo voglio, perché morto non fareste nulla. Mi oppongo!". Gli consigliò invece di optare per le isole di Capo Verde: facili da raggiungere come scalo di molte navi dirette in India o in Sud America, con un clima salubre e una flora ancora in larga parte sconosciuta. Ancora convinto a metà, nel novembre 1837 Brunner si imbarcò a Marsiglia alla volta di Saint Louis, da dove raggiunse Gorée. In porto c'era una piccola imbarcazione diretta a São Tomé; pensò di approfittarne, ma non c'era posto per lui, così dovette rassegnarsi a dare ascolto alla ragione e agli ammonimenti di de Candolle. Nel maggio 1838, eccolo dunque all'esplorazione delle isole di Cabo Verde. La prima che tocca è la desolata Ilha do Sal, dove visita le saline che le danno il nome e fa alcune escursioni all'interno, caratterizzato da una vegetazione desertica ma con molti endemismi. Dopo qualche giorno, a bordo di una goletta portoghese, raggiunge Boavista; la baia è splendida, e ricorda un po' quella di Napoli, ma anche quest'isola è quasi priva di vegetazione: ovunque nient'altro che rocce e sabbia. Va comunque a visitare le tenute di due portoghesi che ha conosciuto sulla gletta che lo ha portato a Boavista. Dopo pochi giorni lascia anche quest'isola per Santiago, la maggiore dell'arcipelago. La delusione continua. La capitale, Praia, un villaggio di non più di 2000 abitanti, gli lascia un'impressione di squallore: a parte poche case più grandi in stile europeo raggruppate nella via principale o attorno alla piazza del mercato, l'abitato è costituito da casupole con il tetto di foglie di palma, "più simili a porcili che a abitazioni umane. Dappertutto si vedono povertà e pigrizia". Ma quando finalmente penetra nell'interno per fare visita a un residente francese, la delusione si muta in entusiasmo: all'ingresso della valle d'Orgão lo accolgono le palme da cocco più belle che abbia mai visto, le piantagioni di canna da zucchero e di banani sono ben irrigate e lussureggianti, le cascine accoglienti e ben tenute. Ma i soldi stanno per finire, senza contare l'avvicinarsi dell'estate; Brunner decide di imbarcarsi su una ex nave negriera diretta in Europa; poco dopo la partenza, tuttavia, lo scafo imbarca acqua e si rende necessario uno scalo a Brava per le riparazioni. Anche questo porto è squallido e la sistemazione di fortuna disagevole, ma una gita verso le parti alte dell'isola lo rincuora con la bellezza delle fioriture e l'abbondanza di vigneti, piantagioni di manioca, caffè e banani. E' dunque con un pizzico di rimpianto che dopo dieci giorni può partire definitivamente per Lisbona, da dove raggiungerà Berna dopo un'assenza di circa otto mesi. Come i viaggi in Italia e in Crimea, anche quello in Senegal e Capo Verde si trasforma in un libro, Reise nach Senegambien und den Inseln des grünen Vorgebirges im Jahre 1838, che esce nel 1840. Ma Brunner questa volta decise di pubblicare separatamente la parte botanica, presentando le piante raccolte o osservate in un articolo in due parti comparso ancora su Flora, sotto il titolo Botanische Ergebnisse einer Reise nach Senegambien und den Inseln des grünen Vorgebürges ("Risultati botanici di un viaggio in Senegambia e nelle isole di Capo Verde). Con la trattazione in ordine alfabetico di circa 220 specie, è sicuramente il lavoro botanico più ampio di Brunner, ma, al contrario dei tre libri di viaggio, che ebbero un'accoglienza prevalentemente favorevole, passò praticamente inosservato. In effetti, con l'eccezione delle piante da reddito, le descrizioni sono molto brevi e le identificazioni non sempre accurate. L'unica segnalazione di una specie nuova è quella di Tylophora incana (oggi sinonimo di Leptadenia lanceolata). Era l'ultima fatica di Brunner che morì nella città natale appena quattro anni dopo, nel 1844. Brunnera, un tesoro per i giardini d'ombra Nel 1851 Steven volle commemorarlo dedicandogli il genere Brunnera, da lui separato da Myosotis; la motivazione è semplice e laconica: "per l'egregio botanico Samuel Brunner bernese che visitò due volte la Tauride". E' dunque come visitatore innamorato della Crimea, e non come esploratore della flora di Capo Verde, che lo svizzero è entrato a far parte della schiera dei dedicatari di generi botanici. Brunnera (Boraginaceae) è genere di piante erbacee piccolo, ma ben noto agli appassionati perché almeno una delle sue tre specie, B. macrophylla, è molto coltivata. Tutte sono originarie dei boschi di tre aree disgiunte tra il Mediterraneo e la Siberia, passando per l'Anatolia e il Caucaso, la terra di origine di B. macrophylla. Le altre due specie sono appunto la siberiana B. sibirica, originaria della Siberia centrale e meridionale (specie scoperta dallo stesso Steven) e la mediterranea B. orientalis, originaria dell'Anatolia e del Vicino oriente. La più nota è però B. macrophylla, il cui habitat naturale sono i boschi umidi dell'Anatolia orientale e di entrambi i versanti del Caucaso. Fu scoperta originariamente intorno al 1800 da Adams, che la battezzò Myosotis macrophylla. E' una delle specie più belle e utili nei giardini boschivi e d'ombra, con grandi foglie a cuore e piccoli fiori azzurri simili a quelli del nontiscordardimé, vigorosa ma non invadente, adatta anche come tappezzante. Non è affatto esigente, e sopporta anche il sole del mattino, purché possa godere di umidità e magari di un terreno umifero. Accanto alla specie tipica con foglie verde scuro, ne sono state selezionate diverse varietà a foglia variegata. Probabilmente la più nota è 'Jack Frost', con foglie argentate e venature verde scuro; altre cultivar interessanti sono 'Diane's Gold' con foglie giallo oro e fiori blu; 'Hadspen Cream' con foglie molto grandi e margini irregolarmente variegati di crema; 'Langtrees' (o 'Silver Spot') con foglie puntinate d'argento; 'Looking Glass' con foglie argentee dai riflessi metallici. 'Betty Bowring' è simile alla specie tipica, ma con fiori bianchi. Altre informazioni nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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