Un oscuro domestico italiano, grazie all'occhio clinico che gli permette di riconoscere al volo le piante, diventa l'aiutante di tre illustri botanici: E. J. Smith, Afzelius e Sibthorp. Morto a soli 25 anni in seguito a un misterioso incidente, conoscerà un'inattesa fortuna postuma, prestando il suo nome a uno dei principali generi della flora australiana. E non solo a quello... Un misterioso incidente e una leggenda metropolitana "Poor Borone is no more!" ("Il povero Borone non c'è più"). Con queste parole inizia l'accorata lettera con la quale il botanico John Sibthorp riferisce all'amico Edward James Smith la morte del suo assistente, il giovane Francesco Borone. Abbiamo già incontrato questo nome nel post dedicato a Afzelius che Borone accompagnò nel primo viaggio in Sierra Leone. Francesco (spesso chiamato familiarmente François) era un ragazzo milanese che Smith aveva incontrato a Milano durante il suo grand tour europeo. L'aveva assunto come domestico e l'aveva portato con sé in Inghilterra. Notandone il particolare acume nel riconoscimento delle piante, lo aveva avviato all'amore della botanica. In seguito, legato da sincero affetto al giovane italiano, che i contemporanei descrivono dotato di intelligenza naturale ("formato alla scuola della natura", dirà di lui la poetessa Elizabeth Cobbold), desideroso di apprendere, coraggioso, fedele e amabile, Smith decise di promuoverne l'ascesa sociale, inviandolo in Africa come assistente di Afzelius (un ruolo a metà tra il domestico e l'aiutante scientifico). Tuttavia in Sierra Leone Francesco si ammalò quasi subito; anche se superò la malattia, rimase soggetto a intermittenti attacchi di malaria. Poco dopo il rientro dall'Africa, nel 1794 Smith lo raccomandò al botanico di Oxford John Sibthorp che si accingeva a una seconda spedizione in Grecia, per completare la sua splendida Flora Graeca. Fu un viaggio complicato dalla guerra con la Francia, dalle precarie condizioni di salute dello stesso Sibthorp, persino da un'incursione di pirati. Ma niente faceva presagire l'improvvisa morte di "poor Borone". Dopo aver visitato l'Asia minore, diverse isole, la Grecia settentrionale e il monte Athos, alla fine di ottobre il gruppo dei botanici inglesi (formato, oltre che da Sibthorp e Borone, dal suo amico Hawkins e dai due servitori di quest'ultimo) si riposava ad Atene, prima di affrontare l'esplorazione del Peloponneso. Fin dalla partenza da Costantinopoli, all'inizio dell'estate, Borone soffriva di febbri intermittenti, ma sembrava si fosse rimesso e quel giorno era particolarmente allegro: durante la serata aveva cantato, accompagnato alla chitarra da uno dei servitori di Hawkins. Poco dopo mezzanotte, il gruppo fu svegliato dalle grida del giovane. Il servitore che dormiva nella stanza con lui fu il primo ad accorrere: Francesco era caduto dalla finestra della stanza e giaceva in strada. I soccorsi furono inutili; dopo pochi minuti morì. Come era potuto accadere? La finestra da cui il giovane era caduto era stretta e si apriva a quasi mezzo metro dal pavimento; per raggiungerla, prima aveva dovuto salire su una scatola che si trovava lì vicino. Secondo Sibthorp, tutto ciò doveva essere avvenuto nel sonno; un'altra possibilità è che, indebolito e confuso dalla febbre, avesse scambiato questa finestra con un'altra che dava sul terrazzo, di cui era solito servirsi. L'ipotesi di una morte volontaria non viene menzionata. In ogni caso, la tragica morte del giovane assistente botanico (aveva appena 25 anni) destò grande commozione, tanto che la poetessa Elizabeth Cobbold gli dedicò una poesia. Attorno al misterioso episodio è anche sorta una piccola leggenda metropolitana; nel 1895 il botanico Joseph Maiden nel suo Flowering Plants and Ferns of New South Wales, scrive che Borone trovò una pianta "di difficile accesso e nonostante gli avvertimenti del dottore [= Sibthorp], perse l'equilibrio e rimase ucciso". Il pur autorevole sito Jstor-Edit History invece scrive: "rimase ucciso in una caduta accidentale da una finestra presumibilmente mentre cercava di raccogliere una pianta". Ma il massimo lo raggiunge la scrittrice australiana Myrtle Rosa White che nel suo No Roads Go By sostiene che si uccise nel tentativo di raccogliere... una boronia, mentre studiava la flora dell'Australia occidentale. Devo queste notizie sulle leggende attorno alla morte di Borone all'eccellente blog del naturalista australiano Ian Fraser. Aggiungo al florilegio un sito italiano in cui leggo "Riceve il nome di Boronia in onore al suo scopritore: Pranis Borone, botanico italiano che morì a 26 anni" (Pranis sarà uno strano refuso per la versione inglese del nome, Francis). E pensare che per una volta abbiano un'autorevole fonte di prima mano, la lettera di Sibthorp a Smith, scritta subito dopo i fatti! Boronia, croce e delizia dei giardinieri Quanto a James Edward Smith, non solo scrisse un epitaffio in versi per il suo protetto, ma volle perpetrarne il nome offrendogli "l'unica gloria possibile per un botanico", come diceva Linneo. Poco dopo aver ricevuto la notizia della morte di Francesco, così scrive Smith a un amico, il botanico svizzero Edmund Duvall: "Voglio dedicargli un genere, come martire della botanica, e cercare di rendere giustizia ai suoi meriti quanto prima nella Botany of New Holland". Smith allude al suo A Specimen of the Botany of New Holland, il primo libro dedicato alla flora australiana che egli andava pubblicato in quegli anni. In realtà pagò il suo debito qualche anno dopo, in Tracts Relating to Natural History (1798). Per ricordare lo sfortunato Borone Smith gli dedicò il nuovo genere Boronia (famiglia Rutaceae), di cui descrisse quattro specie dell'Australia sudorientale, appena scoperte da White. Con 100-150 specie, è uno dei più vasti generi endemici dell'Australia; presente in quasi tutto il territorio australiano, con maggiori centri di biodiversità a sudest e sudovest, comprende arbusti di piccole e medie dimensioni che crescono in foreste aperte e boscaglie luminose, molto attraenti grazie alla miriade di fiorellini a quattro petali in colori pastello; 4-6 specie (alcune delle quali un tempo erano assegnate al genere Boronella) sono originarie della Nuova Caledonia. Una caratteristica peculiare delle Boronia è la presenza di oli aromatici nelle foglie (del resto, appartengono alla stessa famiglia degli agrumi) e, in alcune specie, nei fiori. Oltre a trovare impiego nella produzione di profumi e di aromi per l'industria alimentare, in Australia alcune specie sono coltivate per il mercato dei fiori recisi. La Boronia è considerata la croce e delizia dei giardinieri: tanto desiderabile per la bellezza delle fioriture, la grazia del portamento, il profumo, quanto difficile da coltivare; e proprio come il suo dedicatario, è destinata a vita breve. Tuttavia è sempre più frequentemente disponibile, e sta conoscendo un crescente successo anche sul mercato italiano. Altre notizie nella scheda. Indirettamente, all'oscuro domestico italiano è toccata anche la sorte di dare il nome a una città: Boronia, sobborgo di Melburne, così battezzata nel 1915 grazie alle Boronia coltivate dal Consigliere che propose la denominazione, vivaista e coltivatore di fiori recisi. Una scelta non casuale, perché la cittadina era al centro di un'area floricola e ancora oggi molte delle sue vie portano il nome di piante. Insomma, la fortuna postuma di Borone è inversamente proporzionale a quella avuta in vita.
1 Comment
Stefano
4/2/2023 04:56:45 pm
Appassionato curioso di botanica
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