Non sempre i botanici spiegano le motivazioni dei loro nomi celebrativi. Non lo ha fatto Heinrich Wilhelm Schott nel dedicare il genere Remusatia al sinologo francese Jean Pierre Abel Rémusat. Certo, il personaggio era celebre in tutta Europa, e la sua recente morte in giovane età doveva aver destato un certo cordoglio. Ma quali potevano essere i suoi legami con la botanica? Titolare della prima cattedra di cinese e manciù in Occidente, curatore del fondo cinese della Biblioteca nazionale, traduttore di testi di varia natura, divulgatore del pensiero di Laozi e del buddismo, fondatore della Societé Asiatique, si interessò ad aspetti molto diversi della cultura cinese e più in generale orientale. Ad eccezione di una lista manoscritta rimasta inedita, non risulta però abbia mai scritto di piante. Eppure, da ragazzo teneva un erbario e come medico e studioso della medicina tradizionale cinese, le piante medicinali gli erano familiari. Anzi fu proprio grazie ad esse che divenne sinologo. Una vocazione nata da un erbario Nel 1832, ad appena 44 anni, moriva il sinologo francese Jean Pierre Abel Rémusat (lui amava firmarsi Abel-Rémusat). Lo stesso anno, senza spiegarne le motivazioni, Heinrich Wilhelm Schott gli dedicò il genere Remusatia. Forse si tratta semplicemente dell'omaggio - non poi così inconsueto - a una personalità illustre, anche se in un campo lontano dalla botanica. Rémusat in effetti era piuttosto noto anche nell'area tedesca, grazie a un carteggio con Humboldt e alle traduzioni di un antico testo buddista e del romanzo breve Yü chiao li che gli assicurarono fama europea. Senza dimenticare che la sua cattedra di cinese e mancese al Collège de France era stata la prima in Europa. Tuttavia, forse Schott pensava a un legame per lo meno indiretto. Remusatia vivipara è infatti una pianta officinale utilizzata tanto nella medicina ayurvedica quanto in quella tradizionale cinese. Prima di diventare il padre fondatore della sinologia francese, Rémusat era stato medico e la botanica non gli era estranea, anzi si può dire che si debba proprio alla piante se egli rimase folgorato sulla via di Pechino. Rémusat era figlio di uno dei chirurghi reali; a causa di una salute fragilissima, era stato educato in casa e, oltre alle lingue classiche, per le quali aveva eccezionale predisposizione, aveva appreso dal padre le scienze naturali, tra cui la botanica; sappiamo che fin da bambino teneva un erbario. Diciassettenne alla morte del padre, si trovò nella necessità di avere una professione per mantenere se stesso e la madre; sebbene con scarso entusiasmo, decise così di iscriversi a medicina. Si impegnò però anche in una società filantropica e prese a frequentare circoli eruditi; grazie a queste frequentazioni, quando era studente del secondo anno, ebbe l'occasione di visitare la collezione dell'abate di Tersan, un celebre archeologo e collezionista. A colpirlo particolarmente fu uno splendido erbario figurato cinese; riconobbe qualche pianta; altre gli erano sconosciute, e si chiedeva se fossero reali o fantastiche, anche se ne dubitava vista l'estrema accuratezza con cui erano dipinti i particolari. I nomi e le didascalie, scritte in cinese, erano indecifrabili. Rémusat decise che, per sciogliere quell'enigma, avrebbe imparato il cinese, anche se era un'impresa quasi disperata. Non solo nessuno poteva insegnarglielo, ma non aveva a disposizione né dizionari né grammatiche; l'unica, quella pubblicata nel 1742 da Etienne Fourmont era conservata, insieme a vari lessici parziali, nel fondo cinese della Biblioteca Reale, a cui il conservatore gli negò l'accesso in quanto studentello adolescente: erano materiali riservati a Chrétien-Louis-Joseph de Guignes, al quale Napoleone aveva affidato ufficialmente la compilazione del primo dizionario ufficiale cinese, francese, latino. Il giovane godeva però dell'amicizia e dell'incoraggiamento dell'orientalista Silvestre de Sacy, dal 1806 titolare della cattedra di persiano al College de France. Da lui e dall'abate di Tersan ottenne qualche libro e incominciò a studiare il cinese da autodidatta, servendosi soprattutto dei manoscritti dei missionari gesuiti che erano vissuti in Cina un secolo prima; fondamentale fu Notitia linguae sinicae scritta del gesuita Joséph de Prémare. Nel 1811 poté pubblicare la sua prima opera, Essai sur la langue et la littérature chinoises, che contiene traduzioni di testi annotati con commenti grammaticali e un glossario alfabetico di parole cinesi. La necessità di rendersi economicamente indipendente non era cessata, e Rémusat fu costretto ad affiancare alla sua vera vocazione lo studio e gli esami di medicina. Trovò una congiunzione tra l'una e gli altri nelle opere del gesuita polacco Michał Boym (1612-1659), autore di un testo medico intitolato Clavis Medica ad Chinarum Doctrinam de Pulsibus e di una Flora Sinensis. Ne trasse ispirazione per la tesi di laurea Dissertatio de glossosemeiotice, sive de signis morborum quae e lingua sumuntur, praesertim apud Sinenses, in cui, basandosi in gran parte sul testo di Boym, espone le tecniche cinesi dell'esame diagnostico della lingua, messe a confronto con le pratiche mediche occidentali. Laureatosi nel 1813, fu quasi immediatamente mobilitato come chirurgo militare; poté però rimanere a Parigi, prima all'ospedale di Montmartre poi in quello di Montaigu. Da tempo, Silvestre de Sacy si batteva per fargli assegnare una cattedra di cinese al College de France; Rémusat la ottenne con la Restaurazione, anche grazie a relazioni personali e a una certa capacità di intrigo. Nel novembre 1814, a ventisei anni, venne nominato professore di cinese e mancese; era l'inizio di una brillante carriera accademica; nel 1815 fu eletto membro dell'Accademia delle iscrizioni e belle lettere; nel 1824 conservatore dei manoscritti orientali delle Biblioteca reale e nel 1832 presidente del Conservatorio della stessa. Nel 1822, insieme a Silvestre de Sacy, fondò la Société asiatique, di cui fu il primo segretario e presidente dal 1829 alla morte. Grazie all'accesso al corpus di testi cinesi custoditi presso la Biblioteca reale, poté dedicarsi a una vasta opera di traduzioni, che include il manuale di morale taoista Le Livre des Récompenses et des peines, testi di Confucio e Laozi, diverse opere buddiste tra cui Foé Koué Ki, ou Relations des royaumes bouddhiques; a un pubblico più ampio è destinata la traduzione del romanzo breve Yü Chiao Li, sotto il titolo Les deux cousines. Furono soprattutto queste ultime due traduzioni ad assicurargli fama internazionale, influenzando persino Goethe. Come linguista, la sua opera maggiore è Élémens de la grammaire chinoise (1822); la sua interpretazione delle strutture frasali del cinese portò anche a un carteggio con Humboldt (Lettres édifiantes et curieuses sur la langue chinoise, 1821-1831). Anche se occasionalmente dedicò ancora qualche articolo alla medicina tradizionale cinese, si trattava ora di un interesse secondario. Quanto all'erboristeria cinese tradizionale, che pure era all'origine della sua vocazione di sinologo, l'unico suo lavoro sull'argomento risulterebbe una lista manoscritta di 7104 schede con i nomi di piante medicinali, presumibilmente ricavata da un lessico cinese-mancese. Una singolare tecnica di propagazione Veniamo ora al genere Remusatia Schott, famiglia Araceae. Le sue quattro specie sono erbacee epifite o litofite che vivono tra le rocce o nel sottobosco delle foreste tropicali o subtropicali, con radici tuberose che emettono foglie cuoriformi o peltate e caratteristici stoloni densamente ricoperti di bulbilli; questi ultimi sono muniti di uncini che si attaccano agli animali di passaggio, favorendo la propagazione. In genere sono dormienti dall'autunno alla primavera. Due specie (R. hookeriana e R. pumila) sono diffuse dall'Himalaya alla Cina, R. yunnaniensis in Cina e a Taiwan, mentre R. vivipara ha un vasto areale che comprende zone tropicali e subtropicali dell'Africa e dell'Asia e si estende attraverso la Malesia all'Australia nord orientale e alle isole del Pacifico. Può crescere come epifita su grandi alberi o come litofita sulle rocce. Si tratta anche della specie più frequentemente coltivata; alta fino a 50 cm, è dotata di un tubero globoso e appiattito da cui emerge una singola foglia, lunga fino a 40 cm e larga 30, retta da un picciolo lungo fino a 40 cm. Fiorisce raramente e si riproduce per lo più per mezzo di bulbilli; muniti di molte punte uncinate, possono essere trasportati dagli uccelli anche a centinaia di km dalla pianta madre. I tuberi sono eduli previa bollitura per eliminare l'eccesso di ossalato di calcio. Nella medicina tradizionale è utilizzata per trattare infiammazioni e artriti.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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