Partito dalla Spagna ragazzo per inseguire il sogno dell'Eldorado, Bernabé Cobo invece dell'oro scopre in una volta sola due vocazioni: quella di missionario e quella di naturalista. Dei quasi sessant'anni trascorsi in America, ne dedica almeno quaranta alla ricerca e alla stesura della sua grande opera sul Nuovo mondo rimasta inedita per oltre duecento anni. Cavanilles, che la riscoprì, gli dedicò l'opulento genere Cobaea. Da avventuriero a missionario e ricercatore Tra le duemila persone che nel febbraio 1596 si accalcano nel porto di Sanlúcar, pronti a imbarcarsi per le Indie, c'è un ragazzo di poco più di 15 anni, Bernabé Cobo. Penultimo dei sei figli di una famiglia della piccola nobiltà andalusa, privo di istruzione (sa appena leggere e scrivere) e di un qualsiasi mestiere (lavorare sarebbe indegno della sua condizione di hidalgo), come i suoi compagni di viaggio lascia la Spagna alla volta del mitico Eldorado; Antonio de Berrio, governatore di Trinidad, assicura che il successo e la ricchezza non mancheranno, la terra lastricata d'oro li aspetta a braccia aperte. Gli esiti saranno ben altri: sbarcati in parte a Trinidad, in parte a San Tomé, sull'Orinoco, gli avventurieri - tra loro anche numerose donne - vengono decimati della fame, delle malattie, degli indigeni cannibali e dei corsari inglesi. Più fortunato, Bernabé Cobo, forse per la giovane età, viene inviato a Hispaniola, dove rimane un anno. Di qui si trasferisce a Panama e durante il viaggio conosce un gesuita, Esteban Paez che, intuendo le sue buone qualità, gli propone di accompagnarlo a Lima per frequentare il Collegio dei Gesuiti. E' la svolta che deciderà per sempre la sua vita: da avventuriero si trasforma prima in studente, poi in erudito, missionario gesuita, scienziato. Non tornerà mai più in Spagna. Il suo Eldorado sarà la storia, l'etnografia, la natura del Nuovo mondo. Dopo aver completato gli studi presso i gesuiti di Lima, infatti, Cobo prese i voti e servì l'ordine in diverse località del Perù; apprese le lingue locali e si legò di amicizia con Alonso Topa Atau, discendente dei sovrani inca, grazie al quale poté accedere a quanto rimaneva delle tradizioni incaiche. Intorno al 1613, nacque così l'ambizioso progetto di una Storia del Nuovo Mondo, che avrebbe dovuto riunire la geografia, la storia naturale (in particolare la flora e la fauna), l'etnografia, le vicende della colonizzazione. Padre Cobo lesse i documenti conservati negli archivi, visitò buona parte del viceregno del Perù, ovunque raccogliendo con scrupolo e eccezionale spirito di osservazione informazioni etnografiche, storiche, naturalistiche. Nel 1629, ottenuto il permesso dei superiori, passò in Messico, poi in Nicaragua e in Guatemala, in modo da estendere le sue ricerche alla Mesoamerica. Rientrato a Lima nel 1643, dedicò gli ultimi anni al completamento della sua monumentale Historia del Nuevo Mundo. Qualche approfondimento nella biografia. Ma anche quest'opera, preziosissima per la massa di informazioni di prima mano e chiara nel linguaggio, come tante che incontriamo in questo blog, non ebbe fortuna. Degli iniziali tre volumi si è conservato solo il primo e parzialmente il secondo, mentre il terzo è andato totalmente perduto. Per fortuna dei cultori di scienze naturali, è proprio il primo ad essere dedicato alla geografia, alla fauna e alla flora del Nuovo Mondo. Segnalato e parzialmente pubblicato da Cavanilles nel 1804, quanto rimane del grande lavoro di Cobo venne stampato solo a fine Ottocento, a cura di M. Jiménez de la Espada (1890-1895). Alla scoperta dei "piani della vegetazione" del Perù Per quanto siano notevoli anche i capitoli sui minerali e gli animali, a occupare il centro degli interessi di padre Cobo è soprattutto la botanica: tre capitoli sono dedicati alle piante esclusive dell'America (di fatto, la sua sarà la prima flora regionale del Perù), uno all'introduzione delle piante spagnole nel Nuovo Mondo. Quasi due secoli prima di Humboldt, Cobo fu il primo studioso a introdurre il concetto di "piano altitudinale della vegetazione": osservando la natura peruviana, capì infatti che l'altitudine, l'esposizione e il regime delle piogge condizionano il tipo di vegetazione. Partendo dall'alto, distinse sei piani di vegetazione, a partire dalla puna brava (4500-5300 m), la regione degli altopiani freddi, con vegetazione intermittente, dove le specie del piano inferiore mancano o non riescono a fruttificare; quindi il secondo piano, dove si coltivano le patate e l'Oxalis tuberosa; il terzo, dove si coltivano mais e lino; il quarto, dove attecchiscono le piante da frutto portate dalla Spagna; il quinto, con le piante che richiedono più calore; il sesto, dove maturano i datteri, le banane e i meloni. Secondo le consuetudini del tempo anche Cobo ebbe un particolare interesse per le piante medicinali. Fu tra i primi a segnalare le virtù febbrifughe della china (Cinchona sp.), anche se è del tutto infondata la notizia che sia stato lui a introdurne l'uso o addirittura a portarne la scorza in Europa (come si è visto, infatti, non fece più ritorno in patria). Ricordiamo inoltre Datura stramonium e D. inoxia, di cui segnala le proprietà narcotiche e allucinogene; Baccharis lanceolata, usata dagli indigeni come cicatrizzante e contro le malattie da raffreddamento; Nicotiana paniculata, chiamata "coro" e usata per diverse malattie; Argemone mexicana, chiamata "cardo santo" e usato come purgante. Cobo riferisce anche di aver contribuito all'acclimatazione di piante spagnole nel Nuovo Mondo, facendosi inviare semi dalla madre patria; nel 1629, a quanto racconta, mentre si trovava in Guatemala gustò il frutto di Annona cherimola e gli piacque tanto che ne inviò i semi in Perù, dove non era coltivato; tredici anni dopo, al ritorno a Lima, scoprì che era diventata abbastanza comune da essere venduta al mercato. La notizia è curiosa, visto che questa pianta è ritenuta originaria degli altipiani andini, non del centro America, e forse attesta una antica coltivazione. Cobaea, una splendida arrampicatrice Come si è visto, fu Cavanilles a inizio Ottocento a riscoprire e a pubblicare parzialmente l'opera di Cobo; qualche anno prima, nel 1791, aveva provveduto a rendergli omaggio dedicandogli il genere Cobaea: scelta opportuna, visto che, sebbene sia essenzialmente messicano, alcune specie vivono anche in Perù e Guatemala. Cobaea comprende 18 specie di rampicanti erbacee o legnose della famiglia Polemoniaceae; ha caratteristiche così peculiari che alcuni studiosi in passato le hanno addirittura assegnato una famiglia specifica, Cobaeaceae. La più nota e coltivata è senza dubbio la bella C. scadens, introdotta in Europa alla fine del Settecento; nativa del Messico, fu una delle piante scoperte dalla Real Expedición Botánica a Nueva España (1787-1803), classificate appunto da Cavanilles. E' una rampicante di rapida crescita, coltivata come annuale nelle aree soggette a gelate, altrove come perenne, molto apprezzata per la copiosa fioritura di grandi fiori campanulati viola o blu profondo, larghi anche 5 cm. Di sera e di notte è profumata (in Messico è impollinata da farfalle notturne e da pipistrelli). La sua capacità di arrampicarsi aggrappandosi ai sostegni con le foglie terminali trasformate in viticci ha destato la curiosità di Charles Darwin, che ne ha parlato in The Movements and Habits of Climbing Plants (1875). Meno nota e di fascino più discreto, un'altra specie messicana, C. pringelei, ha fiori candidi a tromba. Altre notizie nella scheda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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