L'abbé Nolin (così viene per lo più chiamato) è la primula rossa della botanica francese del Settecento. Direttore dei vivai reali dal 1765 al 1794, consigliere botanico di Luigi XV e Luigi XVI, con un ruolo di primo piano in grandi progetti come il reimpianto del parco di Versailles e la creazione della stazione sperimentale di Rambouillet, corrispondente di Franklin e di molti altri, il suo nome salta sempre fuori nelle vicende botaniche dell'epoca; eppure fu ben presto dimenticato e di lui sappiamo pochissimo. Doveroso omaggio di un botanico al quale cambiò la vita, rimane a ricordarlo il genere Nolina. Un direttore innovativo per i vivai reali Un piccolo aneddoto, riferito dal grande botanico Petit-Thouars, che a sua volta avrebbe diretto quell'istituzione, ci racconta come l'abate Pierre-Charles Nolin fu nominato sovrintendente dei vivai del re. Nolin era un modesto canonico del convento parigino di Saint-Marcel, ma si era fatto una discreta fama di naturalista e di agronomo; nel piccolo giardino annesso al convento coltivava piante rare e nel 1755 ne aveva pubblicato il catalogo nell'opuscolo Essai sur l'agricolture moderne, scritto a quattro mani con un confratello, l'abate Blavet. Nel 1764, Mme de Pompadour volle visitare quel giardino; l'abate gliene offrì i più curiosi prodotti; la favorita, colpita, lo introdusse presso il re che poco dopo lo nominò controllore dei vivai reali. Le Pépinières du Roi erano preposte alla coltivazione di alberi, arbusti, bulbose e perenni da fiore destinati alle residenze reali. Un primo piccolo vivaio era stato creato a Parigi nel 1640, ma l'enorme numero di essenze necessarie per il parco di Versailles (inizialmente prelevate in natura o acquistate da privati), lo rese insufficiente, spingendo a creare una serie di vivai anche a Versailles. Istituiti nel 1693, inizialmente occupavano appena tre arpenti, cioè poco più di un ettaro; una trentina di anni dopo, erano progressivamente cresciuti, fino a estendersi su 142 arpenti (ovvero un sessantina di ettari), divisi in 14 parcelle. Il loro scopo principale era la coltivazione degli alberi destinati ai viali e ai boschetti di Versailles e Marly: olmi, tigli, ippocastani, frassini, castagni, querce, carpini, aceri, e "épines", ovvero arbusti spinosi, in particolare prugnoli e biancospini; importanti erano anche i bossi, che formavano le bordure delle aiuole formali. Al vivaio parigino, spostato più a nord nel 1720 e da quel momento denominato Pépinières du Roule, continuò ad essere affidata la produzione di perenni da fiore, bulbose, arbusti da fiore, arbusti da potare in forme geometriche (in particolare agrifogli), esotiche. A presiedere questo complesso sistema l'ispettore dei vivai reali (controleur des Pépinières du Roi); il primo fu Noël Baudet de Morlet, che mantenne l'incarico fino alla morte, nel 1725, trasmettendolo poi al figlio, Charles-Nicolas Beaudet de Morlet, che aveva collaborato con il padre fin da giovanissimo e diresse i vivai per un quarantennio, fino al 1764, quando gli subentrò appunto l'abate Nolin. Nolin era un agronomo e un botanico innovatore, in corrispondenza con colleghi di molti paesi stranieri; proprio in Essai sur l'agricolture moderne aveva espresso apertamente le sue critiche al giardino formale alla francese e il suo desiderio che anche i giardini della sua patria si aprissero alle specie esotiche e al nuovo gusto naturale. Nelle prime righe della prefazione, leggiamo: "L'abbondanza e la varietà sono il principale merito di un grande giardino; tuttavia, osservando la maggior parte dei giardini di questo paese, sembra che l'immensa e ammirevole fecondità della Natura ci sia estranea, e che non sia fatta per noi. Gli Inglesi, gli olandesi, e anche altri, non la pensano così, e i loro giardini non sono meno ben disegnati dei nostri, e in più hanno il vantaggio di unire molte specie di alberi e arbusti. [...]. Le diverse forme date da un abile architetto non possono evitare la noiosa uniformità del nostro modo di piantare; e infatti, che cosa si trova nelle varie parti di un vasto giardino? Viali di tigli, di olmi e di ippocastani, eternamente fiancheggiati da carpini, salici e boschetti piantati allo stesso modo". Come cambiare, lo spiega qualche pagina dopo: "Piantare un vasto giardino in modo simmetrico con le stesse specie di alberi è un errore, e non lo è meno usare la stessa simmetria nell'organizzazione delle singole parti che lo compongono. Un'aria di disordine, di capriccio, quasi di trascuratezza, vuol dire dare un aspetto di verità, un'aria campestre, più analoga alla Natura e che meglio ne imita l'amabile bizzarria". Queste idee innovative, che probabilmente erano in consonanza con i gusti e i desideri del re Luigi XV, poterono realizzarsi solo in parte: non nei vivai di Versailles, il cui compito era per natura conservativo, ma piuttosto in quello parigino, che riforniva le piante per la residenza preferita del sovrano, il Trianon. La gestione dei vivai reali Infatti, i vivai reali di Versailles e di Parigi avevano compiti differenti, ed erano affidati, sulla base di un appalto, a due diversi imprenditori privati. In base ai contratti che ci sono pervenuti, quelli di Versailles avrebbero dovuto essere in grado di fornire annualmente una quantità enorme di piante: 25.000 alberi di tutte le specie e dimensioni; 9.000 alberi da frutto; 270.000 carpini di tutte le dimensioni; 450.000 olmi, aceri, "épines" e altri; 90.000 querce e castagni; 500 scatole di bossi (cioè quasi un milione di pianticelle). Di fatto, le richieste erano molto inferiori: ad esempio, tra il 1762 e il 1772, vennero forniti 8483 alberi da frutto, cioè in dieci anni meno della produzione fissata per un singolo anno. All'inizio di ogni anno, il controllore degli edifici reali redigeva una lista delle piante necessarie per la manutenzione, da consegnare nell'autunno per l'impianto; Nolin, nella sua veste di controllore dei vivai, ratificava l'ordine e lo trasmetteva all'imprenditore, che avrebbe curato la fornitura. Mediamente, per la manutenzione di Versailles, questa ammontava per ciascun anno a circa 3300 alberi, cui si aggiungevano 630 carpini, una cinquantina di scatole di bossi e altrettanti agrifogli. Ai vivai giungevano anche richieste di privati, in particolare membri della corte, che venivano accettate solo se le piante erano disponibili una volta soddisfatti gli ordini reali. In teoria, dunque, la produzione eccedeva enormemente i bisogni; in pratica, i problemi non erano pochi. Ripetutamente, Nolin lamenta che i vivai vengono devastati dai cervi, dai caprioli e dai daini, penetrati dagli accessi lasciati aperti da cacciatori e viandanti; gli animali fanno strage anche delle pianticelle trapiantate nel parco reale, decimate pure dalla mancanza di cure e dal trapianto in terreni poco adatti e ormai troppo sfruttati; l'ombra è eccessiva e toglie luce a molte piante. Si aggiunga una crescente crisi finanziaria; gli imprenditori non vengono pagati e vogliono stracciare i contratti; a loro volta non possono pagare i lavoratori, che sono ridotti alla fame. Un anno, le piante, pur disponibili nei vivai, non vennero piantate perché a Versailles mancavano i giardinieri che avrebbero dovuto occuparsi del trapianto. Il degrado divenne tale che, come vedremo, nel 1774-75, all'avvento di Luigi XVI, fu necessario un reimpianto totale. Essendo le piante destinate alla manutenzione ordinaria (i cosiddetti regarnis) e non a nuovi impianti, nessuna innovazione era in questione. Dunque oggetto delle richieste erano gli eterni e tanto deprecati olmi, carpini, querce ecc. Diverso il discorso per il vivaio parigino, destinato a coltivazioni più specializzate e aperto alla sperimentazione; su una superficie di circa 5 arpenti (un ettaro e mezzo) comprendeva venticinque quadrati, venti grandi e cinque piccoli, ciascuno con una destinazione specifica: nei cinque piccoli si coltivavano i bulbi, dei grandi uno era destinato alle margotte, quattro agli agrifogli (predisposti per la successiva potatura formale), tre alle conifere, uno ai sempreverdi, due ai lillà, sette agli arbusti da fiore (in particolare ai rosai), due alle erbacee da fiore. A parte gli agrifogli (destinati a Versailles), la produzione era rivolta ad altre residenze reali, in particolare al parco del Trianon. Qui Luigi XV, sordo alle richieste di Nolin per quanto riguarda Versailles (per lui, nulla di più che un terreno di caccia) aveva fatto costruire il Nouveau Jardin du Roi, cui non lesinava denaro e attenzioni; oltre a un piccolo zoo, comprendeva anche un frutteto modello dove si coltivavano esotiche ancora poco note in Francia e si sperimentavano sempre nuove varietà (particolarmente di moda le fragole coltivate da Duchesne). A partire dal 1759, si aggiunse un orto botanico che, sotto la direzione di Claude Richard, divenne uno dei più importanti d'Europa, con oltre 4000 varietà. Dunque, le innovazioni di Nolin qui erano benvenute. Grazie ai suoi contatti internazionali (che spaziavano dai missionari in Cina ai collezionisti britannici ai primi venditori americani) egli poteva procurarsi piante rare, da mettere a disposizione del Jardin des Plantes, dell'orto botanico del Trianon e anche dei viavai provinciali che forse vennero creati per sua iniziativa; in tal modo, secondo Petit-Thouars, la Pépinière du Roule "divenne una specie di metropoli che forniva ai vivai delle province alberi esotici utili e piacevoli". Secondo la testimonianza di Thomas Blakie, volle anche creare un giardino di acclimatazione nei pressi di Tolone o Marsiglia, dove venivano coltivate le piante ritenute inadatte agli inverni parigini; tra di esse, uno dei primi Ginkgo biloba coltivati in Francia. Nel 1774 Luigi XVI succedette al nonno; il suo regno, che si sarebbe concluso tanto tragicamente, venne salutato con speranza come una nuova era anche in campo botanico. Nolin mantenne il suo ruolo di consulente reale e fu coinvolto direttamente nei principali progetti botanici del giovane sovrano, in primo luogo il reimpianto del parco di Versailles. Attuato nell'inverno 1774-75, comportò l'abbattimento di alberi e arbusti risalenti all'epoca di Luigi XIV; le siepi che formavano le pareti delle "sale verdi" furono soppresse e sostituite con boschetti. A Nolin fu affidato il compito di indicare le specie più adatte; con l'aiuto di Leroy e Thouin, l'abate redasse una lista dettagliata, scegliendo le specie anche in base alla natura del terreno e all'esposizione. Niente costose esotiche, comunque. La preferenza andò a tigli, ippocastani e soprattutto querce. A Rambouillet, acquistato dal re nel 1773, venne invece creato un centro sperimentale che comprendeva anche un vivaio per la sperimentazione, la moltiplicazione e l'acclimatazione di essenze esotiche, soprattutto alberi forestali americani che si sperava potessero rinvigorire il patrimonio forestale nazionale. Di nuovo Nolin fu coinvolto e mise a disposizione i suoi contatti americani (tra cui Franklin, con il quale scambiava semi e pianticelle) per assicurare il successo della missione di André Michaux, inviato nel 1785 negli Stati Uniti per cercare piante adatte ad arricchire le foreste e i giardini francesi. Negli ultimi anni della sua vita, Nolin volle essere affiancato da un nipote, Louis de Lezermes. Forse il suo ultimo contributo fu la trasformazione di un giardino donato allo stato nell'isola di Hyères in giardino di acclimatazione. Qui, a partire dal 1782, Nolin creò un aranceto modello, che assicurava l'indipendenza finanziaria dell'istituzione, e un giardino destinato alla coltivazione delle specie esotiche. Scoppiata la rivoluzione, nel 1792 ebbe il dispiacere di vedere questo gioiello messo in vendita come bene nazionale, nonostante il tentativo di Broussonet di salvarlo trasformandolo in una sezione del Jardin des Plantes riservata allo studio delle piante dei paesi caldi. Nolin morì poco dopo, nel 1794 o nel 1795. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Piante che non hanno mai sete Proprio ad André Michaux, che Nolin aveva contributo a inviare negli Stati Uniti, si deve la dedica del genere Nolina (nel primo volume di Flora boreali-americana, 1803). Oggi assegnato alla famiglia Asparagaceae nel sistema APG III, è stato precedentemente assegnato alle Ruscaceae oppure a una famiglia propria, Nolinaceae (con i quattro generi Nolina, Beaucarnea, Calibanus e Dasylirion). Comprende circa 25 specie xerofile del Messico e degli Stati Uniti meridionali (dal Texas alla California), caratterizzate da una rosetta di centinaia di foglie nastriformi, coriacee, con margini seghettati, ruvidi al tatto, che in alcune specie nascono al livello del terreno, in altre coronano un tronco legnoso più o meno alto. L'infiorescenza, eretta, molto decorativa, comprende migliaia di piccoli fiori crema; a differenza di specie affini come le agavi, sono policarpiche e dioiche. Poco noto da noi (mentre è notissima Beaucarnea recurvata, spesso ancora conosciuta con il vecchio nome Nolina recurvata), comprende specie molto decorative, tutte resistentissime alla siccità, alcune delle quali sorprendentemente rustiche. Tra le più interessanti, la messicana N. nelsonii, dall'aspetto di una piccola palma, con una corona di strette foglie grigio-azzurre che si dipartono da un tronco che in un esemplare maturo può raggiungere tre o quattro metri; N. longifolia, originaria del Messico, con fusto ingrossato alla base, portamento arboreo, dimensioni imponenti, foglie molto lunghe che ricadono a cascata e infiorescenze irregolarmente ramificate che superano il metro. N. bigelowii, priva di tronco, si presenta come un grande ciuffo d'erba; originaria degli altipiani degli Stati Uniti sudoccidentali e del Messico, è rustica. Qualche approfondimento nella scheda.
2 Comments
David Hollombe
10/1/2019 03:02:14 am
From pension records:
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cimbalaria
10/1/2019 02:48:19 pm
Merci! Une information précieuse!
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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