Nel 1856, una giovane lady, Marianne North, va a visitare i Kew Gardens insieme all'amato padre; il direttore William Jackson Hooker, che è anche un amico di famiglia, le dona un fascio di fiori di Amherstia nobilis, che per la prima volta è giunta a fioritura nelle serre del giardino. Sono i fiori più grandi e belli che Marianne abbia mai visto, e portano il nome di una signora che si è resa benemerita della botanica con le sue raccolte di piante. In lei si rafforza un proposito: visitare i tropici per dipingere nel loro ambiente naturale quella e altre meraviglie in natura. Potrà realizzare questo sogno quando la morte del padre la renderà indipendente e le permetterà di viaggiare come desidera. Nell'arco di vent'anni, visiterà uno dopo l'altro tutti i continenti e dipingerà più di ottocento quadri, per sua volontà esposti in un apposito padiglione a Kew. Con la loro originale ed accurata raffigurazione in situ di piante di tutto il mondo, oltre ad essere un'opera d'arte ineguagliabile, sono anche un importante documento scientifico. L'amico Hooker le dedicò Northia seychelliana, una delle tante specie esotiche che la pittrice dipinse e contribuì a fare conoscere. ![]() Storia di una pittrice sempre in viaggio Nei Kew Gardens, dirimpetto al fianco ovest della serra temperata, sorge uno strano padiglione in mattoni dallo stile indefinibile: molte alte finestre, un frontone vagamente palladiano, una veranda vagamente indiana. Eccoci entrati: siamo in una vasta sala, con le pareti letteralmente tappezzate di quadri: sono paesaggi, mazzi di fiori, ma soprattutto piante nel loro ambiente naturale, con forme plastiche e colori luminosi. E' la Marianne North Gallery e quei quadri, più di ottocento, li ha dipinti una donna e un'artista fuori del comune. Marianne North (1830-1890), per nascita ed educazione, avrebbe potuto essere una lady vittoriana come tante. Il padre Frederick North era un ricco proprietario terriero e un uomo politico del partito liberale, più volte deputato per il distretto di Hastings nell'East Sussex; anche la madre Janet Majorbanks apparteneva a una famiglia dell'élite economica e politica. Destinata ad essere moglie, madre, padrona di casa, la bimba ricevette una scarsa educazione formale; ma l'ambiente della sua famiglia, frequentato da artisti e scienziati, era stimolante e fu incoraggiata a coltivare il canto e il disegno, due hobbies ritenuti convenienti a una ragazza del suo ceto. La famiglia amava viaggiare; oltre ai frequenti spostamenti tra una e l'altra delle diverse residenze o verso Londra, tra il 1847 e il 1850 ci fu un gran tour di tre anni attraverso l'Europa, cui parteciparono anche i tre ragazzi North (oltre a Marianne, i più giovani Catherine e Charles). Nel 1855 la madre, sul letto di morte, fece promettere a Marianne che non avrebbe mai abbandonato il padre; così a venticinque anni la giovane donna diventò la padrona di casa e rinunciò a sposarsi. Non era un sacrificio: più tardi definirà il matrimonio "un esperimento rischioso" in cui la moglie è "una specie di serva di livello più alto". Al padre per altro era legatissima. Ogni estate, quando le sedute del parlamento erano sospese, partiva con lui e la sorella per una nuova destinazione; insieme visitarono Svizzera, Austria, Spagna, Italia e Grecia, spingendosi fino al Bosforo. Come tutti i viaggiatori del suo tempo, Marianne teneva un diario e un quaderno di schizzi e cominciò a sperimentare le prime vedute ad acquarello. Tra gli amici del padre c'era anche William Jackson Hooker. Marianne amava visitare le serre di Kew, colme di piante esotiche. Nelle sue memorie, racconta in particolare una memorabile visita del 1856, durante la quale Hooker le fece omaggio di uno splendido ramo fiorito di Amherstia nobilis, la spettacolare pianta birmana dedicata a lady Amherst; quei fiori, scriverà nelle sue memorie "mi fecero desiderare anche di più di visitare i tropici". Nel 1864 Charlotte si sposò e l'anno dopo Frederick perse il seggio il parlamento. Poco male: c'era più tempo per viaggiare! Spingendosi oltre l'ormai familiare Europa, padre e figlia poterono così visitare le isole greche, Cipro, l'Egitto e la Siria. Nel 1867 Marianne incominciò a prendere lezioni di pittura ad olio; da quel momento sarebbe divenuta la sua tecnica esclusiva, anzi il suo vizio, come lei lo definì: "da allora non ho fatto altro. Dipingere ad olio è un vizio come bere alcoolici, una volta che si impossessa di te non puoi più smettere". Nel 1869, mentre si trovavano nelle Alpi bavaresi, Frederick North si ammalò; Marianne riuscì a riportarlo a casa, ma poco dopo egli morì. La donna ne fu devastata: aveva perso non solo un padre, ma il suo unico amico e compagno. "Ora devo imparare a vivere senza di lui - scrisse - e a riempire la mia vita come meglio posso con altri interessi". Quegli interessi saranno i viaggi e la pittura. Dopo due anni di lutto, in cui cercò di trovare pace anche con un viaggio in Sicilia, la vera svolta arrivò nel 1871: approfittando dell'invito di un'amica, Marianne, a cui il padre aveva lasciato una sostanziosa eredità, vendette la casa di Hastings Lodge e partì per il primo dei suoi viaggi. E lo fece da sola: in Sicilia aveva avuto la compagnia di una domestica, ma era un'esperienza da non ripetere. In due anni, visitò il Canada, gli Stati Uniti, poi i Caraibi, la Giamaica e infine il Brasile, dove per molti mesi visse in una capanna nella foresta. Era un sogno divenuto realtà: "A lungo ho sognato di andare in qualche paese tropicale per dipingerne la peculiare vegetazione sul posto in tutta la sua naturale lussureggiante abbondanza". Nel settembre 1873 ritornò in Inghilterra con un centinaio di quadri. Dopo due anni era pronta per un'avventura ancora più ambiziosa: il suo primo giro del mondo. La prima tappa fu Tenerife dove si fermò per circa tre mesi; poi proseguì alla volta della costa occidentale degli Stati Uniti. In California visitò Yoshemite e diversi altri siti, sconvolta e indignata dall'opera devastatrice dei boscaioli che andavano abbattendo esemplari millenari di sequoia gigante. Passò poi in Giappone dove contrasse una febbre reumatica che le avrebbe per sempre condizionato la vita. Per tornare in Inghilterra, scelse un itinerario inconsueto, che le permise di ritrovare i paesaggi (e le piante) tropicali che prediligeva: Sarawak, in Borneo, all'epoca governata dai britannici, dove scoprì la più grande specie di Nepenthes (Hooker in suo onore la denominò N. northiana), Giava e Sri Lanka. Di ritorno a casa nel marzo 1877, ne approfittò per la sua prima esposizione alla Kensington Gallery. Ma già nel settembre 1878 ripartì, questa volta per l'India, dove visse, viaggiò e dipinse per sei mesi. Viaggiava sola, affrontando con coraggio disagi e pericoli; per trovare aiuto e ospitalità, poteva però giovarsi della rete di contatti garantiti dal suo status sociale e dalle amicizie della sua famiglia. Tornò da quel viaggio con altri duecento dipinti. Incominciava a porsi il problema di dove esporli, anche per sottrarsi alle visite sempre più importune dei tanti che bussavano alla sua porta per ammirarli. Decise così di rivolgersi al vecchio amico William Jackson Hooker: avrebbe donato ai Kew Gardens i suoi dipinti e avrebbe finanziato la costruzione dell'edificio atto ad ospitarli, a patto che vi venissero esposti in esposizione permanente senza alterare la disposizione da lei stessa scelta. La proposta fu accettata, così come il progetto affidato all'architetto James Ferguson con la supervisione di Marianne; i lavori iniziarono già nel 1880. Intanto Hooker aveva presentato a Marianne un altro amico: il grande scienziato Charles Darwin. Fu lui a suggerire all'intrepida pittrice una nuova meta: l'Australia e la Nuova Zelanda. Ed eccola in partenza per il secondo giro del mondo, le cui tappe furono il Borneo, l'Australia, la Nuova Zelanda, le Hawaii e nuovamente la California. La flora australiana e neozelandese, così diversa e inconsueta, le ispirò ben 300 nuovi dipinti. Al suo ritorno in Inghilterra nel 1881, North andò a fare visita a Darwin per portargli in dono un curiosissimo arbusto neozelandese, Raoulia eximia: con le sue forme arrotondate e le foglie lanose, visto da una certa distanza può essere scambiato per una pecora, tanto da farlo soprannominare "Australian Sheep". Gli mostrò anche alcuni dei suoi quadri, che deliziarono Darwin con la loro vivezza. L'edificio che avrebbe ospitato i suoi dipinti era ormai pronto e Marianne fu assai impegnata nella sistemazione dei quadri; con il nome di Marianne North Gallery, venne aperto al pubblico il 9 luglio 1882. Fu un successo straordinario: a un mese dall'inaugurazione il catalogo aveva già venduto oltre 2000 copie. La regina Vittoria scrisse personalmente alla pittrice per ringraziarla e per esprimere il suo rammarico che per le donne non fosse previsto un titolo equivalente al cavalierato. Ma Marianne non aveva tempo per rammaricarsi insieme a lei. Dopo appena due mesi dall'inaugurazione della galleria, era di nuovo in viaggio alla volta di Cape Town, dove arrivò nell'agosto 1882. Rimase in Sudafrica circa un anno, visitando diverse località (ma qui muoversi era più facile, con treni e battelli di linea); tra l'altro, fu ospite per alcuni giorni di un'altra pittrice botanica, Katherine Saunders. Ne apprezzò tanto il lavoro da far aggiungere un locale alla sua galleria per ospitarne le opere. Trascorse l'inverno successivo alle Seychelles, dove fu la prima a dipingere una pianta poco nota. Grazie agli esemplari che ne riportò, Hooker capì che si trattava di un nuovo genere e la battezzò in suo onore Northia seychellana. Nel 1884-1885 l'ultimo viaggio la portò in Cile a dipingere dal vivo le araucarie (un altro suggerimento di Darwin). Ormai la salute si stava facendo precaria e viaggiare non era più possibile; nel 1886 andò a vivere a Mount House Alderley nel Gloucestershire, dedicandosi alla stesura delle sue memorie, per le quali scelse un titolo bellissimo: Recollections of a Happy Life, ovvero "Ricordi di una vita felice". Morì nel 1890, prima di poterle pubblicare. A curarne la pubblicazione fu perciò sua sorella Catherine. ![]() Northia, da un Eden minacciato Originale nelle sue scelte di vita, Marianne North lo è stata anche come artista botanica. In primo luogo, non era un'illustratrice, ma una pittrice: lei dipingeva quadri da esporre come oggetto artistico in sé, non tavole botaniche a corredo di un testo a stampa. Non a caso abbandonò l'acquarello, trasparente e veloce, per l'olio, materico e lento. Le sue opere non rispettano nessuna delle convenzioni dell'illustrazione botanica: niente soggetto isolato e "vivisezionato" sulla pagina bianca, ma piante ritratte nel loro contesto naturale, come in una fotografia. In un certo senso, la sua pittura è più vicina alla natura morta (un soggetto ampiamente praticato dalle pittrici, basti pensare al Seicento olandese) e non pochi dei suoi quadri rientrano perfettamente in questo genere, con diversi soggetti estratti dal loro ambiente e ricomposti a formare un insieme artificiale. Dipinse anche molti paesaggi, abbastanza canonici non fosse per i colori spesso sorprendenti. Ma le sue inquadrature preferite erano molto più originali, così caratteristiche da essere quasi una firma: in molti quadri, il soggetto vegetale (non di rado un ramo di fiori dai colori rutilanti) è posto in primo piano a fare da quinta al paesaggio che sfuma sullo sfondo; in altri, ad occupare tutto lo spazio è invece il soggetto vegetale (o animale, perché anche molti animali popolano il mondo di Marianne North) dilatato come in una fotografia con il teleobiettivo. Non meno speciali i colori, sempre luminosi e vividi. Quasi sempre, almeno a me, i quadri di Marianne North (persino quelli con un soggetto in sé doloroso, come la sequoia caduta di Calaveras Grow) trasmettono felicità, riflesso di quella che provò la pittrice a dipingerli. Alla fine del post, trovate una gallery con le immagini di una piccola selezione dei suoi quadri. Ma per conoscerla davvero, tocca andare a Londra a fare visita non una, ma molte volte alla Marianne North Gallery dove troverete ben 832 delle sue tele. I quadri di Marianne North sono allo stesso tempo visionari e realistici, con i soggetti dipinti con un'accuratezza tale da soddisfare qualsiasi botanico. In un'epoca in cui la fotografia era ancora agli esordi, hanno anche un valore documentario. Grazie ad essi, ma anche alle piante che riportò dai suoi viaggi, lei che non possedeva una formazione scientifica formale riuscì a ricavarsi uno spazio proprio nell'ambiente dei naturalisti, con amicizie del calibro di Hooker e Darwin. La stima che la circondava è anche attestata dalle piante che le furono dedicate. Abbiamo già visto il caso di Nepenthes northiana e di Northia seychellana, entrambi omaggi dell'amico Hooker; due denominazioni giunsero anche da John Gilbert Baker, il curatore dell'erbario di Kew: l'asiatico Crinum northianum (oggi sinonimo di Crinum asiaticum var. asiaticum) e la sudafricana Kniphofia northiae. Ma è ora di parlare del genere Northia (famiglia Sapotaceae); oggi è monotipico, perché l'unica specie accettata è N. seychellana, un albero endemico delle Seychelles, mentre altre tre specie (N. fasciculata, N. hoshinoi e N. vitiensis) sono state trasferite al genere Manilkara. Presente in diverse isole dell'arcipelago, dove spesso costituisce la specie dominante della foresta sempreverde dei versanti superiori a 600 metri, con umidità costante e frequenti banchi di nebbia, è un albero che può superare i venti metri, anche se solitamente è assai più piccolo. Molto caratteristiche le lunghe foglie con margini quasi paralleli, arrotondate solo all'apice e alla base, coriacee, con pagina superiore verde scuro e pagina inferiore tomentosa da dorata a rossastra; i fiori, insignificanti, brunastri, con corolla a campana e sei lobi, sono seguiti da frutti verdastri della forma e delle dimensioni di un uovo di gallina. Purtroppo anche questa specie è minacciata per la restrizione del suo ambiente naturale.
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February 2025
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