La spedizione La Pérouse è una delle più celebri della storia della marina: non per i risultati scientifici, che pure furono importanti, ma per il mistero che ha a lungo avvolto la sua fine. In questo primo post, seguiremo le vicende della prima parte della spedizione e faremo conoscenza con i numerosi membri della variegata squadra di scienziati che avevano aderito con entusiasmo a un'impresa da cui si aspettavano grandiosi risultati e una larga fama. Le loro aspettative si scontrarono con le scelte del comandante, che considerava prioritaria la sua missione oceanografica e mal sopportava le pretese di quegli spocchiosi studiosi terricoli (in tre anni di navigazione, i periodi passati a terra furono ridotti agli scali indispensabili per i rifornimenti e il raddobbo). Con due eccezioni, anch'essi condivisero la sorte tragica e oscura dei loro compagni. A tre di loro sono dedicati altrettanto generi botanici: i sudamericani Lamanionia e Colignonia, e l'australiano Bossiaea. La partenza: dramatis personae All'alba del primo agosto 1785, al comando di Jean-François de Galaup, conte di La Pérouse, salpano dal porto di Brest le fregate La Boussole e L'Astrolabe. A bordo circa duecentoventi uomini, tra ufficiali, marinai, scienziati. Solo tre di loro torneranno a casa. La spedizione che avrebbe dovuto essere la risposta francese alle imprese del capitano Cook si risolverà infatti nel più celebre disastro della storia della marina d'oltralpe. Eppure è stata preparata con estrema cura e nulla, apparentemente, è stato lasciato al caso; le navi sono state raddobbate per affrontare un viaggio della durata prevista di tre anni, attraverso tre oceani, mari tropicali e mari artici; la strumentazione di bordo è all'avanguardia (l'ingegnere capo è andato personalmente a Londra a procurarsi persino alcuni degli strumenti utilizzati da Cook); gli uomini sono stati scelti con cura, tra fin troppi candidati: molti avrebbero voluto partecipare a un'impresa tanto gloriosa. Tra quelli che sono stati scartati pare ci sia anche un ambizioso allievo ufficiale sedicenne, un genio in matematica, ma davvero troppo giovane: un certo Napoleone Bonaparte. La missione è stata concepita inizialmente dal ministro della marina de Castries come esclusivamente diplomatico-economica, con lo scopo principale di inserire la Francia nei traffici dell'Oceano Pacifico, soprattutto nel promettente commercio delle pellicce . Tuttavia, con il coinvolgimento di istituzioni come l'Accademia delle scienze e il Jardin des Plantes, si è allargata fino ad divenire la più ambiziosa della sua epoca, con l'obiettivo che è insieme scientifico e politico di completare l'esplorazione del Pacifico, delle sue terre, delle sue popolazioni e delle sue rotte per "costituire un catalogo ragionato delle conoscenze in tutti i campi del sapere". Ecco perché a bordo c'è un nutrito drappello di studiosi, specialisti in tutti i campi delle scienze naturali e esponenti delle più prestigiose istituzioni scientifiche del regno. Gli ufficiali, a cominciare dal comandante La Pérouse, sulla Boussole, e dal suo secondo Paul Fleuriot de Langle, sulla Astrolabe, hanno una lunga esperienza di navigazione oceanica; molti sono stati scelti personalmente da La Pérouse tra gli uomini che hanno combattuto al suo fianco nella guerra d'indipendenza americana. I marinai sono in buona parte sperimentati bretoni dal piede marino. Quanto agli scienziati, che si sono imbarcati con una interminabile lista di compiti scientifici e un voluminoso bagaglio di strumenti all'avanguardia (c'è persino una mongolfiera), hanno un'età media di trent'anni e sono membri già affermati delle più prestigiose istituzioni scientifiche del paese; hanno grandi aspettative sui loro compiti, e un'altrettanto grande considerazione di sé. I rilievi cartografici sono ovviamente affidati a ufficiali della marina, a cominciare dall'ingegnere capo Paul Monneron, coadiuvato da Sébastien Bernizet. Gli astronomi sono Joseph Lepaute Dagelet, che ha già partecipato alla spedizione nelle "terre australi" di Kerguelen, e Louis Monge (fratello del più celebre matematico Gaspard). Lo scienziato più prestigioso (e più spocchioso, a detta del comandante) è Jean Honoré Robert de Paul de Lamanon, fisico, geologo, mineralogista, paleontologo, membro dell'Accademia delle scienze di Torino e di Parigi. Il botanico ufficiale è Joseph Hugues Boissieu La Martinière del Jardin des Plantes. Anche i due elemosinieri hanno una formazione scientifica: Jean-André Mongez è un mineralogista rinomato, ma è anche ornitologo, entomologo e chimico, "uomo curioso di tutte le cose"; Louis Receveur è botanico, geologo, chimico, astronomo. Una mano la danno anche i medici di bordo Claude Rollin, Jacques Joseph Le Cor, Simon Lavaux e Jean Guillou. Con un ruolo incerto c'è il naturalista Jean-Nicolas Dufresne, che si è aggiunto come soprannumerario e, al contrario degli altri scienziati, non divide i pasti con gli ufficiali ma con i marinai. Ci sono tre pittori: il paesaggista e ritrattista Gaspard Duché de Vancy, raccomandato personalmente dalla regina; e due illustratori naturalisti, zio e nipote: Guillaume e Jean-Louis Prévost. C'è un interprete, il diciannovenne Bathélemy de Lesseps, figlio del console a San Pietroburgo. Ho volutamente lasciato per ultimo il secondo botanico, o meglio il giardiniere Jean-Nicolas Collignon; ventitrenne, è uno degli assistenti André Thouin al Jardin des Plantes. Parte con un sacco di sementi e pianticelle di alberi da frutto ben protette in speciali serre portatili in legno e vetro, da seminare e trapiantare nel corso del viaggio a beneficio degli indigeni; è il suo compito principale, ma anche lui parteciperà alla raccolta di semi, esemplari vivi o essiccati. Tuttavia Thouin raccomanda che sia indipendente e non subordinato a La Martinière. E infatti La Pérouse lo farà imbarcare sulla nave ammiraglia, mentre l'altro botanico viaggia sull'Astrolabe. La spedizione: prima parte, da Brest a Manila (1735-1737) Seguendo la rotta puntigliosamente tracciata dall'ammiragliato (e rivista di persona dal re), le navi puntano direttamente sull'America meridionale, con solo due brevi scali a Madera e a Tenerife (29 agosto), dove c'è la prima defezione: l'astronomo Monge ha sofferto talmente il mal di mare che chiede di essere lasciato a terra. Sarà così il primo sopravvissuto. Si registra anche la prima frizione tra il comandante e gli scienziati. Lamanon e i suoi compagni decidono di scalare il Pico de Teide, per misurarne esattamente l'altezza. Sono convinti che rientri pienamente nei loro compiti scientifici e che il costo delle mule e delle guide sarà coperto dai fondi della spedizione; non così la pensa La Pérouse che informa il geologo che la notevole spesa dovrà pagarla lui. Alla gita partecipa anche Collignon, che in una lettera a Thouin racconta di un piccolo incidente: mentre scendeva dalla montagna, il suo mulo si è spaventato e si è messo a correre, di conseguenza il suo vacuolo si è aperto e tutte le piante che aveva raccolto sono andate perdute. Ripartite da Tenerife già il giorno dopo, il 9 novembre le navi gettano l'ancora nell'isola di Santa Catarina, di fronte alle coste brasiliane. Dopo i rifornimenti (gli astronomi approfittano della sosta per montare un telescopio e provare la precisione degli orologi, indispensabili per determinare la longitudine), si riparte per doppiare Capo Horn, con una navigazione insolitamente tranquilla. Il 24 febbraio 1786 la spedizione attracca al porto di cileno di Concepcion; è una vera città, sede del governatore e del vescovo. L'accoglienza è molto cortese e i francesi ricambiano offrendo un ricevimento in una tenda appositamente eretta sulla spiaggia, seguito da un ballo, da fuochi artificiali e dal lancio di una mongolfiera; La Pérouse è euforico e paga da bere a tutti i suoi uomini. Sicuramente i naturalisti avranno approfittato della sosta per le loro raccolte, ma, al contrario del diario di bordo del capitalo, i loro diari di campo sono andati perduti. Terminati i rifornimenti, a metà aprile, si riparte. L'itinerario stabilito dall'ammiragliato prevede che si dirigano a sud, per esplorare le isole del Pacifico meridionale non toccate da Cook. La Pérouse decide di invertire la rotta e di puntare direttamente verso l'America settentrionale, con due sole tappe intermedie: l'isola di Pasqua e le Hawaii. Nella prima si fermano solo un giorno e Collignon, accompagnato da Lange, ne approfitta per seminare verdure e alberi da frutto; gli indigeni vivono in condizioni miserevoli, e rubano tutto quello che possono, specialmente i cappelli e i fazzoletti dei marinai. Anche la sosta alle Hawaii è brevissima; il comandante evita l'isola di Hawaii, tristemente legata alla morte di Cook, e va a fare rifornimento a Maui, dove arriva il 18 maggio; rinnovate le scorte di acqua, maiali, banane, taro, il 1 giugno si riparte in direzione nord. Dopo tre settimane di navigazione sotto costa, spesso resa difficile dalle nebbie, si vede emergere dalle nubi la cima del Monte Sant'Elia. E' ancora estate, e, secondo gli ordini del re, devono esplorare con la massima accuratezza quest'area dove secondo i racconti dei marinai spagnoli potrebbe trovarsi l'imbocco del mitico passaggio a Nord-ovest. La Pérouse è scettico e scrive nel diario di bordo: "Bisogna ammettere una volta per tutte che si tratta di favole geografiche che sono state accettate troppo facilmente dai moderni geografi". Tuttavia, non si sottrae al compito. Il 2 luglio a 58° 52' nord scopre un'insenatura non indicata sulle carte che battezza Porto dei francesi (oggi si chiama Lituya Bay). Gli indigeni li accolgono amichevolmente e, in cambio di oggetti di ferro, offrono salmoni e pelli di lontre di mare. I francesi si fermano qui per un mese e i naturalisti sono finalmente felici di esplorare una natura che, tuttavia, li delude un po' perché fin troppo familiare. La Martinière lamenta di aver trovato al massimo tre specie sconosciute; tutte le altre avrebbe potuto raccoglierle agevolmente nei dintorni di Parigi. Il più contento è Lamanon, che si arrampica sulle scogliere e trova conchiglie a 400 metri dal livello del mare; insieme a Mongez, Receveur e Collignon va anche in cerca di minerali. Questa baia ben riparata, ricca di cacciagione e abitata da indigeni accoglienti, sembra la sede ideale di una futura base commerciale, ma il soggiorno dei francesi è funestato da una prima tragedia. L'imboccatura della baia, molto stretta, è percorsa da correnti pericolose che inghiottono due lance e le vite di 21 uomini. E' dunque con l'animo gravato dal dolore per i compagni morti che La Pérouse decide di ripartire verso sud: il passaggio a nord-ovest, decisamente, è una "pia frottola" di epoche più credulone, e ci vorrebbero anni per esplorare a dovere quelle coste intricate, immerse nelle nebbie e rese pericolose da correnti imprevedibili e dal gioco delle maree. Partite dall'Alaska il 30 luglio, la Boussole e l'Astrolabe a metà settembre attraccano a Monterey, in California, che è stata fondata appena quindici anni prima. Si fermano dieci giorni, visitano la missione francescana (non senza criticare, da veri uomini dei lumi, lo sfruttamento degli indigeni da parte dei frati). E' un'area incredibilmente fertile, e i botanici si danno da fare, anche se la stagione è poco favorevole, con le piante inaridite dalla calura estiva e i semi già caduti. Ammirano invece la ricchezza di fauna, comprese le balene che riempiono letteralmente la baia. E' ora di ripartire alla volta della Cina. Fallito il tentativo di attraccare alle Marianne, occorreranno tre mesi senza neppure uno scalo per raggiungere Macao (3 gennaio 1787). Una lunga traversata che finisce di esasperare i naturalisti, già irritati dal cambio di itinerario e dalla brevità degli scali; senza informare il capitano, guidati da Lamanon, decidono di lasciare la nave e di acquartierarsi a terra. La Pérouse risponde escludendoli dai ricevimenti offerti dai portoghesi e, alle loro proteste, li mette agli arresti per ventiquattro ore. Entrambe le parti inviano lettere di fuoco in Francia; in un dispaccio il comandante si lamenta di quei "diavolacci che mettono alla prova la mia pazienza oltre ogni limite". Ad averne abbastanza è anche Dufresne, che probabilmente non è mai riuscito ad integrarsi con gli altri scienziati più titolati. Chiede il permesso di lasciare la spedizione e di tornare in Francia, imbarcandosi su una delle tante navi che fanno la spola con l'Europa; porterà con sé la corrispondenza e il giornale di bordo della prima parte della spedizione. Prima però si incarica di vendere, con grande profitto, le pellicce acquistate in Alaska. Sarà così il secondo sopravvissuto, e uno dei cronisti della spedizione. Per uno che parte, altri che arrivano. A sostituire uno degli ufficiali morti in Alaska si imbarca sull'Astrolabe un ragazzo di appena vent'anni, Gabriel Jean du Pac de Bellegarde, che scrive a Parigi per sollecitare il suo brevetto d'ufficiale. Altri ufficiali e altri marinai si imbarcheranno a Manila, dove la Boussole e l'Astrolabe arrivano alla fine di febbraio e sostano fino a metà aprile per riparare le vele, calafatare gli scafi, completare le provviste. Quindi ripartono verso nord, per completare l'esplorazione del Pacifico settentrionale con la costa occidentale. Per ora non li seguiremo, rimandando il racconto della seconda parte dell'avventura a un altro post. Tre generi per tre scienziati: l'energico Lamanon e Lamanonia Dobbiamo infatti occuparci di piante, ovvero dei numerosi generi che sono stati dedicati agli scienziati che hanno preso parte alla spedizione. Cominciamo dagli ottimi abati Receveur e Mongez, entrambi dedicatari di generi botanici non più accettati. A ricordarsi dei due "colleghi", morti al servizio della scienza, fu un altro sacerdote naturalista, il brasiliano José Mariano Vellozo che in Flora flumienensis dedicò loro Receveura e Mongezia, oggi rispettivamente sinonimi di Hypericum e Symplocos. Sempre a Vellozo si deve anche la dedica di Lamanonia al combattivo Robert de Lamanon, il più prestigioso scienziato della spedizione. Geologo e paleontologo in anticipo sulla sua epoca, era così appassionato delle sue ricerche da apparire "folle" a chi lo conosceva poco e mancava di diplomazia, tanto che osò polemizzare con il potentissimo Buffon; amava lo studio sul campo (aveva percorso a piedi molti paesi europei ed era un appassionato alpinista che forse scalò il Monte Bianco qualche anno prima di Saussure) e sicuramente avrà sofferto più di ogni altro la reclusione per mesi e mesi nell'angusto spazio di una nave. Era sicuramente lui il "diavolaccio" che più faceva uscire dai gangheri La Pérouse. Ma seppe mettere a frutto il suo tempo, anticipando due importanti scoperte: la marea barometrica all'equatore e la variazione dell'intensità magnetica con la latitudine. Purtroppo, anche se riuscì a inviarle a Parigi, le sue comunicazioni all'Accademia delle scienze rimasero inedite e le sue scoperte passarono quasi inosservate, non fosse per l'apprezzamento di Humboldt. Una sintesi della sua vita nella sezione biografie. Lamanonia è un piccolo genere della famiglia Cunoniaceae che comprende sei specie di piccoli alberi o occasionalmente arbusti diffusi in Argentina settentrionale, Paraguay e Brasile, in ambienti diversi, dalla formazione vegetale del cerrado, alle foreste di araucaria e alle foreste nebulose. Hanno foglie composte palmate con margini dentati e infiorescenze a spiga di fiori privi di petali con calice a stella e numerosissimi stami, da bianco a crema. La specie più notevole è L. ternata, un albero che può superare i venti metri, con chioma arrotondata, di notevole impatto estetico soprattutto al momento della fioritura, tanto che in Brasile viene anche utilizzato nell'arredo urbano. Qualche notizia in più nella scheda. Dalle sabbie della California alle foreste andine: Collignon e Colignonia Tutt'altra personalità deve essere stata quella di Jean-Nicolas Collignon, sempre attivo e pronto a eseguire modestamente i suoi compiti di botanico-giardiniere. Era anche uno dei più giovani della spedizione (al momento della scomparsa, aveva solo ventisei anni). Una sintesi della sua breve vita nelle biografie. Di lui ci rimangono poche lettere al suo mentore Thouin e l'onore di aver inviato in Francia la prima pianta californiana ad essere descritta dalla scienza. Nei pressi di Monterey raccolse infatti diversi semi che poi spedì a Parigi da Macao; al Jardin des Plantes tra gli altri germinarono quelli di Abronia umbellata, una piccola annuale tappezzante che si accontenta delle zone più aride e sabbiose. I discendenti di quei semi furono studiati da Lamarck che li descrisse nel 1791 (la pubblicazione però è del 1793). Ricordandosi di questo merito piccolo ma significativo, il tedesco Endlicher nel 1837 volle rendere omaggio al nostro solerte giardiniere rinominando Colignonia una specie precedentemente assegnata proprio al genere Abronia. Anche questo genere, appartenente come Abronia alla famiglia Nyctaginaceae, è sudamericano, ma è esclusivamente andino. Le sue sei specie sono erbacee perenni, suffrutici e liane, originarie delle foreste pluviali d'altura e delle foreste nebulose, talvolta anche in aree disturbate. Hanno foglie intere, opposte o verticillate, con lunghi piccioli e fiori raccolti in cime a ombrella; presentano due tipologie di fiori, con perianzio campanulato o a imbuto con tre o cinque lobi. Più che per i fiori, si fanno notare per le grandi brattee bianche. Un profilo di questo genere non molto noto nella scheda. Una puntata in Australia: Boisseu de La Martinière e Bossiaea Veniamo infine al botanico ufficiale della spedizione, ovvero Boisseau de La Martinière. Anche lui era un protetto di André Thouin e abbastanza competente da essere nominato botanico del re a poco più di vent'anni; inoltre era un medico laureato a Montpellier. Apparteneva a una famiglia abbastanza influente e uno dei suoi fratelli fu deputato all'Assemblea legislativa e alla Convenzione (cosa che avrà qualche importanza per il seguito della nostra storia). La partecipazione di La Martinière alla spedizione fu in un certo senso una seconda scelta; il Jardin des Plantes aveva infatti indicato Louis-Augustin Bosc d'Antiq che tuttavia (per sua fortuna) rifiutò. Abbiamo anche l'impressione che Thouin nutrisse qualche riserva nei suoi confronti, visto che raccomandò che Collignon non gli fosse subordinato. Perdute le sue raccolte botaniche, il suo contributo più importante è affidato ad alcune memorie sulla biologia marina. Anche sulla sua vita una sintesi nella sezione biografie. Diversi botanici hanno voluto ricordarlo, facendo anche un po' di confusione con i suoi due nomi, scritti in vari modi. Ancora a Vellozo si deve Martinieria, oggi sinonimo di Kielmeyera; si deve invece a Guillemin Martiniera, sinonimo di Balbisia. Grazie a Ventenat, lo sfortunato botanico si è comunque aggiudicato il notevole genere australiano Bossiaea, con la seguente motivazione: "Genere consacrato alla memoria di Boisseu-Lamartinière, che accompagnò La Pérouse nel suo viaggio intorno al mondo. La relazione di questo viaggio, pubblicato l'anno V della Repubblica francese, contiene un gran numero di scoperte che testimoniano lo zelo e le conoscenze di questo sapiente naturalista". Bossiaea della famiglia Fabaceae comprende oltre settanta specie, distribuite un po' ovunque in Australia, tranne nelle zone centrali. E' un genere molto variabile, e altrettanto variabili sono anche le singole specie, in base all'habitat e soprattutto al regime delle piogge. Alcune specie hanno un areale ampio, ma molte sono endemiche di aree limitate e si distinguono tra loro soprattutto per le dimensioni, il portamento e le foglie, mentre i fiori sono relativamente omogenei. Dal punto di vista ecologico, sono l'equivalente australiano delle nostre ginestre. Sono arbusti da piccoli a medi, alcuni dei quali per adattarsi al clima arido hanno fusti e rami modificati in cladodi cilindrici o appiattiti; le foglie sono alternate od opposte, in genere piuttosto piccole, talvolta ridotte a scaglia oppure assenti; i fiori solitari o raccolti in infiorescenze poco numerose hanno corolla papilionacea gialla, aranciata o bicolore e sono sottesi da una serie brattee e da una coppia di bratteole. Il frutto è un baccello più o meno compresso. In alcune specie si apre in modo esplosivo, disperdendo i semi lontani dalla pianta madre. Nonostante la loro bellezza, sono raramente coltivate; tra tante specie, tutte interessanti, è difficile scegliere quali citare. Per esemplificare la variabilità del genere, la mia scelta è caduta su B. aquifolium, un grande arbusto o addirittura un alberello con foglie con nove o più punte che ricordano quelle dell'agrifoglio e piccoli fiori che fioriscono in massa, da arancio a giallo e da rosso a bruno; B. procumbens, di portamento prostrato e tappezzante, con minuscole foglie da ellittiche a ovate e fiori giallo oro con una macchia rossa alla gola; B. rhombifolia, un arbusto alto anche due metri, con foglie romboidali glauche e fiori bicolori gialli e aranciati; la sorprendente B. walkeri, priva di foglie e con fusti modificati in cladodi, con fiori rosso vivo. Qualche approfondimento su queste e altre specie nella scheda.
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https://app.myadvent.net/calendar?id=zb2znvc47zonxfrxy05oao48mf7pymqv CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2024
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