All'inizio la botanica fu al servizio della medicina e si studiarono le piante officinali; poi se ne scopersero le valenze economiche, e si studiarono le piante utili; ma dalla fine del Settecento, alcuni scienziati iniziano a studiare la natura di per se stessa. E il microscopio apre orizzonti sconosciuti. Una pagina non insignificante di questa storia l'ha scritta Otto Friedrich Müller, secondo curatore di Flora Danica, e dedicatario - grazie al figlio di Linneo - dell'elusiva Muellera. Uno zoologo armato di microscopio Nel 1772, a continuare la grande impresa di Flora Danica, interrotta dl licenziamento di Oeder, fu chiamato Otto Friedrich Müller. Una scelta forse discutibile, dettata da motivazioni politiche: Müller, essenzialmente uno zoologo, era lo scienziato danese più noto all'estero e soprattutto non era tedesco, o, per lo meno, era nato in Danimarca. Infatti, anche se suo padre era un musicista di corte di origine tedesca, era nato a Copenhagen nel 1730; aveva studiato teologia e legge all'Università, poi, prima di laurearsi era passato al servizio della potente famiglia nobile Schulin, come precettore del piccolo Frederik Ludwig detto Fritz. Inspirato dalla splendida natura che circondava la tenuta degli Schulin, Fridrichsdalin, Müller incominciò a studiare scienze naturali da autodidatta, per insegnare a se stesso e al proprio allievo. Si servì in particolare dei libri di Linneo, che a partire dagli anni '60 divenne anche uno dei suoi corrispondenti. All'inizio, a interessarlo fu soprattutto la botanica, ma ad affascinarlo erano anche gli insetti. Nel 1761 si procurò il primo microscopio e incominciò a specializzarsi nello studio degli animali piccolissimi. Tra il 1765 e il 1767, accompagnò il suo pupillo in un grand tour che portò i due in Germania, Svizzera, Italia, Francia, Olanda. Visitarono musei, palazzi e teatri; ovunque, Müller ebbe cura di prendere contatto con gli ambienti scientifici e, in un certo senso, promuovere se stesso; grazie alle nuove conoscenze e alla stesura di brevi opuscoli, divenne così membro di molte accademie europee. Con molti importanti scienziati strinse duraturi rapporti scientifici e corrispose per tutta la vita; citiamo tra gli altri von Haller, Scopoli e Allioni. Fu quest'ultimo, nel 1766, a pubblicare un'opuscolo di Müller, Manipulus insectorum taurinensium, in cui il danese descrisse 185 insetti raccolti a Torino, tra la collina e l'area della Dora. Nel 1767, durante una sosta di cinque mesi a Strasburgo, Müller pubblicò la sua unica opera di botanica, Flora Fridrichsdalina, un catalogo delle piante che vivevano nei pressi della tenuta degli Schulin. Per un breve periodo, tra il 1771 e il 1772, egli lavorò poi come archivista del dipartimento norvegese dello Schacchiere, incarico che fu soppresso dopo la caduta di Struensee. Ma proprio allora per lo scienziato, sposatosi nel 1773 con una ricchissima vedova norvegese, grazie alla sicurezza economica, iniziò il periodo più proficuo. Gli anni 1774-1784 furono segnati da uno stupefacente numero di pubblicazioni, in particolare nei campi della zoologia trascurati da Linneo e dalla sua scuola; oltre a insetti, vermi, molluschi, si dedicò in particolare allo studio degli animali unicellulari con un importante libro sugli infusori. Quando uscirono i primi volumi di Flora Danica, concepì il progetto di realizzarne il contraltare nel campo della fauna, raccogliendo in Fauna Danica le tavole illustrative e le descrizioni di tutti gli animali del regno di Danimarca-Norvegia. Mentre già lavorava a questo progetto, gli venne assegnato l'incarico di continuare la pubblicazione di Flora Danica: due opere mastodontiche di cui ovviamente non era destinato a vedere la fine. Benché il suo interesse prioritario andasse all'opera zoologica (riuscì a scriverne l'introduzione, il Prodromus, importantissimo per la sua classificazione innovativa degli invertebrati, e due dei quattro volumi), il suo intervento su Flora Danica non fu di semplice routine. Anche se a sfogliare le tavole non avvertiamo alcuna discontinuità (la mano di pittore e incisore è ancora quella dei Rössler), in realtà sta cambiando sottilmente il focus dell'opera: dalle piante di interesse economico, secondo il progetto originale del botanico-economista Oeder, al mondo vegetale in tutte le sue manifestazioni, anche le più umili (i funghi, all'epoca, erano ancora considerati vegetali). Ecco allora farsi via via più numerosi, nei cinque fascicoli curati da Müller, le alghe, i funghi, i licheni. Alcune tavole destarono persino l'indignazione di un anonimo recensore: sono quelle che rappresentano le muffe che crescono sulla frutta marcia e su una mosca morta; chi avesse acquistato il libro per conoscere le piante utili e nocive nella produzione dei foraggi, fa notare l'anonimo, a vedersi davanti frutta marcia e mosche schifose, l'avrebbe gettato via per sempre! Ai nostri occhi meravigliati, invece, il fungo saprofita che avvolge la mosca, ingrandito molte volte, appare quasi una flora fantastica, degno di un artista visionario come Leo Lionni. In un'altra tavola, viene ritratta una diatomea: la scoperta e la descrizione della prima diatomea (Bacillaria paradoxa) si deve infatti a Müller, che la scoprì in una delle esplorazioni delle acque del golfo di Oslo a cui si dedicava ogni estate. Esausto dal superlavoro, Müller morì poco più che cinquantenne, nel 1784. Come sempre, qualche notizia in più nella biografia. Muellera: frutti come collane Al grande scienziato danese il figlio di Linneo aveva voluto dedicare nel 1782 un nuovo genere di leguminose sudamericane, Muellera. Nei secoli successivi, esso darà del filo da torcere ai tassonomisti; appartenente alla tribù Millettieae delle Fabaceae (il genere più noto di questo gruppo è Wisteria, quello del glicine), fino a qualche anno fa le si assegnavano per lo più due specie, una più meridionale, un albero delle foreste umide dalla Colombia al Brasile, M. denudata; una più settentrionale, un albero o arbusto delle foreste aride dal Messico al sud America settentrionale, M. frutescens (oggi sinonimo di M. monilis). Elemento più caratteristico gli strani baccelli, detti "moniliformi": i restringimenti e le dilatazioni ricordano le perle di una collana. La maggior parte degli studiosi propendeva anzi per considerare Muellera un sinonimo di Lonchocarpus. A rivoluzionare questa situazione, nel 2012 uno studio basato sul DNA, condotto da un gruppo di botanici brasiliani, ha confermato l'indipendenza del genere Muellera, al quale dovrebbero anzi essere assegnate ben 26 specie, in parte prima attribuite a Lonchocarpus, in parte ad altri generi affini. La proposta ha faticato un po' ad imporsi; nell'estate del 2016, quando ho redatto questo post, Plant list gli attribuiva ancora solo tre specie (due delle quali diverse da quelle citate). Oggi (estate 2019) la situazione si è capovolta: Plants of the world on-line accetta pienamente il genere, cui attribuisce 32 specie distribuite nelle regioni tropicali dell'America centrale e meridionale. Una delle più interessanti tra queste "nuove" specie è M. sericea (sin. Bergerona sericea), un albero nativo della foresta pluviale di Argentina, Bolivia e Paraguay, a volte usato anche come ornamentale per i bei fiori rosa porpora. Rinvio alla scheda per qualche approfondimento.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
September 2024
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