In fonti anche autorevoli si legge che la bella Haberlea rhodopensis, una delle cinque Gesneriaceae europee, è dedicata al suo scopritore, il naturalista di origine tedesca Karl Konstantin Christian Haberle. In realtà questa specie fu scoperta due anni dopo la sua morte dai membri di una spedizione organizzata da uno dei suoi allievi, che gliela dedicò anche per commemorarne la tragica scomparsa. E' una delle cosiddette "piante della resurrezione" e varie leggende la collegano niente meno che al mitico Orfeo. Un attivissimo scienziato polivalente Tra il 1833 e il 1845, il naturalista ungherese Imre Frivaldszky organizzò quattro spedizioni scientifiche nei Balcani, anche se non vi partecipò di persona. Durante la seconda spedizione (1834-1836), che si mosse da Plovdiv, nella Bulgaria meridionale, nel giugno 1834 fu scoperta una nuova specie "in montibus Rhodope Rumeliae"; si è ipotizzato che la località di raccolta, non indicata, potesse trovarsi nelle vicinanze del monastero di Bačkovo, dove la pianta è frequente. Nel 1835 la spedizione esplorò il massiccio di Stara Planina e raccolse nuovamente la pianta sulla Kaloferska Planina. Sulla base di queste raccolte, fu pubblicata lo stesso anno da Frivaldszky che la denominò Haberlea rhodopensis, in onore del naturalista e meteorologo Carl Constantin Christian Haberle (1764-1832), direttore dell'orto botanico di Pest e professore di botanica dal 1817 al 1832; Frivaldszky era stato tra i suoi allievi, così come molti dei partecipanti alle spedizioni balcaniche, ma, forse, oltre alla riconoscenza per colui che l'aveva introdotto alla botanica, c'era anche il cordoglio e lo sgomento che dovette destare la morte violenta del vecchio professore, strangolato la notte tra il 30 maggio e il 1 giugno 1832 da un gruppo di banditi che si era introdotto nella sua casetta situata nel cortile della biblioteca universitaria. La commozione in città fu grande, sia per la modalità di quell'assassinio, sia perché colpiva una personalità abbastanza nota del mondo scientifico e universitario. Haberle era nato a Erfurt in Germania; prima di scoprire la sua vocazione di naturalista, aveva studiato lingue, filosofia e giurisprudenza presso diverse università tedesche, alternando allo studio l'insegnamento privato. Intorno al 1797, divenne il precettore di un giovane polacco, Aleksandr Mileczky, che accompagnò in diversi viaggi in Polonia, Slesia e Boemia, nonché alle università di Erlangen e Friburgo, dove entrambi seguirono le lezioni dell'accademia mineraria. Qui Haberle conobbe il barone Károly Podmaniczky, consulente minerario e suo futuro protettore. Già da tempo appassionato di meteorologia (già a Erfurt aveva preso l'abitudine di registrare giornalmente i dati), Haberle allargò via via i suoi interessi all'astronomia, alla mineralogia, alla chimica, alla botanica e all' entomologia, incominciando a collezionare minerali ed insetti e a tenere un erbario. Quando Mileczky terminò gli studi, tornò ad Erfurt dove nel 1805 si laureò in filosofia. Avendo dovuto lasciare la città in seguito alle guerre napoleoniche, dal 1806 al 1812 visse a Weimar, dove grazie a un'eredità poté dedicarsi interamente alla scienza e entrò a far parte di diverse società scientifiche; risalgono a questo periodo varie pubblicazioni, tra cui un manuale di mineralogica e un annuario meteorologico; progettò anche un manuale di botanica, Das Gewächsreich oder charakteristische Beschreibung aller zur Zeit bekannten Gewächse, di cui però pubblicò solo la prima parte, dedicata a funghi e licheni (1806). Gli eventi bellici lo costrinsero a lasciare anche il rifugio di Weimar; nel 1813 si trasferì a Pest, dove fu costretto a barcamenarsi tra traduzioni e lavori precari; come studioso indipendente, si inserì tuttavia negli ambienti scientifici, frequentando tra gli altri i botanici Pal Kitaibel e Joseph Sadler, con i quali condivideva le raccolte che faceva in estate, quando era ospite nella tenuta di campagna del barone Podmaniczky. Nel 1816, alla morte di Kitaibel, presentò la propria candidatura a direttore dell'orto botanico e professore ordinario di botanica; assunse i due incarichi a partire dall'aprile 1817, lasciando un segno importante in entrambi i versanti. Come professore, introdusse in Ungheria la classificazione naturale di de Candolle, abbandonando il tradizionale sistema linneano, condusse regolarmente i suoi allievi a visitare l'orto botanico e li coinvolse in spedizioni di raccolta. Come direttore dell'orto botanico, da una parte incentivò la coltivazione di piante native, già introdotta da Kitaibel, e approfittò dei suoi legami internazionali (tra l'altro, nel 1828 divenne corrispondente della Società botanica di Regensburg) per incrementare il numero di specie coltivate, che durante la sua gestione passò da circa 4500, per lo più coltivate all'aperto, a 10.000, grazie anche alla costruzione di nuove serre fredde e riscaldate. Dal 1819 curò la pubblicazione annuale dell'Index seminum. Incrementò l'erbario con i suoi 5000 esemplari e con le raccolte dei suoi allievi e collaboratori. Nel 1821 si laureò in medicina; intanto continuava a scrivere di mineralogia per varie riviste tedesche, e soprattutto a pubblicare una serie annuale di osservazioni metereologiche. Nel 1830, per il cinquantesimo anniversario dell'Università pubblicò Succincta rei herbariae Hungariae et Transylvaniae historia, che contiene anche una storia dell'orto botanico di Pest. Alla sua morte lasciò la biblioteca, l'erbario e gli strumenti scientifici alla biblioteca della facoltà di medicina. Una pianta mitica Insomma, anche se non fu uno scienziato di primo piano, Haberle fu indubbiamente una figura significativa che contribuì allo svecchiamento della scienza ungherese e diede reputazione internazionale all'orto botanico di Pest. Invece non visitò mai i Balcani, e non fu lui a scoprire Haberlea rhodopensis, come si legge anche in pubblicazioni autorevoli. Del resto, la scoperta avvenne due anni dopo la sua morte. Se di "scoperta" si può parlare: la pianta era certamente ben nota alla popolazione locale, probabilmente da molti secoli. E' una delle cinque specie di Gesneriaceae europee, con cui condivide la straordinaria capacità di disidratarsi quasi completamente, per superare il freddo dell'inverno e i periodi di siccità, per poi reidratarsi e riprendere la funzione clorofilliana alla prima pioggia. Come le cugine Ramonda serbica e R. nathaliae ha il soprannome di "pianta della resurrezione", ma in Bulgaria è nota anche come "fiore di Orfeo". Viene infatti identificata con questa mitica pianta, che vediamo incisa sul verso di una moneta di Antonino Pio coniata a Filippopoli (ovvero Plovidiv), la capitale della Tracia romana, che ritrae la ninfa Rodhope, con la pianta alla sua sinistra e un fiore nella mano destra; secondo la leggenda, esso sarebbe nato dalle lacrime versate da Orfeo per la perdita di Euridice. Secondo un'altra versione, sarebbe invece spuntata dalle gocce di sangue di Orfeo smembrato dalle baccanti. In realtà, la pianta della moneta di Antonino Pio, alta e ramificata, con un fiore eretto simile piuttosto a un giglio o a un tulipano, è abbastanza diversa da Haberlea rhodopensis, una specie acaule con foglie a rosetta e fiori a 45° rispetto allo stelo, corolla ad imbuto e lobi nettamente zigomorfi in tenere sfumature di bianco, rosa, lilla. Ma come rara testimonianza della flora del periodo preglaciale e per la sua capacità di risorgere (come Orfeo sperava facesse Euridice, per ottenere la cui risurrezione scese agli Inferi) è più che degna di alimentare queste e altre leggende. Documentata in articoli scientifici solo nel Novecento, la capacità di rigenerarsi probabilmente non era sfuggita ai montanari dei Rodopi, che da tempo la utilizzavano per curare i cavalli. Studi dell'Università di Plovdiv ne hanno confermato l'efficacia come coadiuvante della cicatrizzazione dei tessuti. Altri studi hanno dimostrato l'efficacia cosmetica dei suoi estratti, per ridare elasticità alla pelle. Haberlea rhodopensis è un endemismo di un'area piuttosto ristretta al confine tra Bulgaria e Grecia. La maggior parte delle popolazioni (sono una ventina) si trova sul versante bulgaro dei monti Rodopi, a varie altitudini, fino a 2000 metri sul livello del mare; alcune stazioni si trovano anche sul versante meridionale, greco, della catena e nel massiccio della Stara Planina in Bulgaria. Come le altre Gesneriaceae europee, ama crescere tra le rocce calcaree del versante in ombra.
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November 2024
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