Non sono d'accordo con Victor Hugo; certamente, il vero eroe di Waterloo non fu Napoleone, né Welligton, né Blücher; ma neppure Cambronne. Secondo me fu il medico (e botanico) olandese Sebald Justinus Brugmans, che con competenza e un'incredibile capacità organizzativa riuscì a salvare la vita a migliaia di soldati feriti, amici o nemici che fossero. A ricordarlo un genere di piante spettacolari e molto amate, Brugmansia (anche se da più di 200 anni continuano ad essere confuse con Datura). Ma vi rivelerò tutti i trucchi per distinguerle senza fallo, senza più correre il rischio di confondere le trombe degli angeli con quelle del diavolo. Una vita al servizio delle vittime di guerra Se non gli fosse toccato di vivere negli anni turbolenti della rivoluzione francese e dell'epopea napoleonica, forse Sebald Justinus Brugmans sarebbe stato un dotto professore universitario come tanti. Figlio d'arte, con una preparazione enciclopedica che spaziava dalla filosofia alla medicina, dalla chimica alla botanica, aveva iniziato in giovane età una carriera accademica di successo che nel 1786 (aveva solo ventisei anni) lo portò a occupare la prestigiosa cattedra di botanica dell'Università di Leida (che implicava la direzione dell'orto botanico), cui l'anno dopo si aggiunse quella di scienze naturali. Ma la sua vita di brillante studioso cambiò a partire dall'inverno 1793-94. In seguito all'occupazione francese dei Paesi Bassi austriaci, feriti e malati degli eserciti di Gran Bretagna e Hannover affluirono in Olanda, in particolare a Leida dove nell'antico lazzaretto fu organizzato un ospedale temporaneo. La struttura organizzativa fu creata quasi dal nulla proprio da Brugmans, che, oltre ai medici cittadini, vi coinvolse anche i suoi studenti; colpito dall'alto tasso di mortalità tra quegli sventurati, incominciò inoltre a studiare il legame tra sovraffollamento, condizioni igieniche, infezioni ospedaliere. Da quel momento, anche se continuava la carriera accademica (gli vennero assegnate pure le cattedre di medicina e di chimica, e più tardi fu anche rettore), il centro dell'attività di Brugmans divenne l'organizzazione degli ospedali militari, sotto i diversi regimi che si susseguirono in quell'irrequieto ventennio (la Repubblica batava dal 1795, il Regno d'Olanda dal 1806 al 1810, l'annessione all'Impero dal 1810), fino ad essere nominato settimo Ispettore generale dei servizi medici dell'esercito napoleonico. Ancora due volte fu chiamato a organizzare strutture ospedaliere in momenti d'emergenza: nel 1799, a nord di Ijmuden, a favore dei soldati britannici e russi; nel 1809, per soccorrere le vittime del bombardamento di Vlissingen da parte della Marina britannica. Come responsabile degli ospedali militari olandesi, riuscì a diminuire fortemente l'incidenza della mortalità ospedaliera, intervenendo sul regime quotidiano dei pazienti e sulle condizioni igieniche. Soprattutto, divenne un esperto nella prevenzione della cosiddetta "cancrena ospedaliera", ovvero delle devastanti infezioni che colpivano un'altissima percentuale di feriti dopo l'intervento operatorio. In un'epoca in cui ancora non si sapeva nulla di virus e batteri, i chirurghi operavano infatti in condizioni igieniche precarie: in sale spesso affollate, lavoravano senza guanti e spesso senza lavarsi le mani tra un intervento e l'altro; gli strumenti chirurgici non venivano disinfettati, ma ripuliti alla bell'e meglio con un panno sempre più sporco; non di rado si usavano fasciature già usate e mai sterilizzate. La conseguenza è che circa la metà degli amputati o dei pazienti con ferite lacere moriva tra atroci sofferenze. Pur essendo convinto, come i suoi contemporanei, che la malattia fosse dovuta ai "miasmi" (ovvero a gas venefici) presenti nell'aria dei cameroni sovraffollati, Brugmans fu il primo a capire che si trasmetteva in qualche modo da un paziente all'altro e che aveva un legame con le condizioni igieniche; riuscì così a diminuirne drasticamente l'incidenza prescrivendo misure come la ventilazione dei locali, una distanza adeguata tra un letto e l'altro, l'isolamento dei pazienti infetti e la disinfezione dei materassi e delle bende. Nel 1814 scrisse un trattato sull'argomento, che riscosse grande attenzione e aprì la strada agli studi successivi (che sarebbero culminati con le scoperte di Lister). Nell'autunno del 1813, l'Olanda conobbe un ultimo rivolgimento politico: un moto rivoluzionario cacciò i francesi, riportando sul trono i Nassau-Orange; Brugmans fu epurato, perdendo d'un colpo le sue quattro cattedre universitarie e le funzioni di rettore dell'Università di Leida e di ispettore generale del servizio sanitario. Ma dopo appena un anno fu riabilitato, richiamato a Leida (nella facoltà di Matematica e scienze naturali) e reintegrato a capo del servizio sanitario militare. Fu così che a Waterloo conquistò il suo maggiore titolo di gloria. La battaglia di Waterloo, combattuta il 18 giugno 1815, durò oltre dieci ore e fu assai cruenta. Al termine della giornata, sul campo giacevano 10.000 cavalli e i corpi di 40.000 tra morti e feriti. Per organizzare il soccorso dei circa 27.000 feriti, il neo re d'Olanda, Guglielmo I, diede ordine a Brugmans di recarsi immediatamente a Bruxelles. Arrivato in città il giorno successivo, il medico trovò così tanti feriti (britannici, prussiani, russi, olandesi e francesi) che per ricoverarli non bastavano né gli ospedali né le chiese né le caserme, ma molti erano stati portati anche in case private. In pochi giorni, con estrema efficienza, Brugmans riuscì a fornire cure mediche adeguate a amici e nemici. Mobilitò tutti i medici, i chirurghi, gli infermieri e gli studenti disponibili, assegnandoli alle divisioni e stabilendo un sistema di turni che coprivano a rotazione tutte le aree della città; per evitare il possible contagio, mantenne a Bruxelles solo i feriti più gravi, sistemati in luoghi ben ventilati, mentre gli altri vennero distribuiti in città vicine. Grazie a questo servizio sanitario efficace e alle pratiche igieniche ormai consolidate, riuscì così a salvare moltissime vite, tanto che ben tre sovrani riconoscenti (il re d'Olanda, lo zar di Russia e il re di Prussia) lo premiarono con un'onorificenza. Altri particolari sulla vita di questo benefattore dell'umanità nella sezione biografie. Brugmansia o Datura? Per un ventennio, la direzione dei servizi sanitari militari costrinse Brugmans a lasciare da parte l'attività scientifica, anche se continuò a curare la gestione dell'Orto botanico di Leida, nei limiti delle crescenti difficoltà causate da uno stato di guerra permanente e dall'interruzione dei rapporti con le colonie d'oltremare. Con il ritorno della pace, il rilancio dell'Orto divenne anzi il suo principale interesse; nel 1816 fece acquistare un terreno che ne quadruplicò la superficie. La sistemazione, secondo lo stile paesaggistico inglese, fu affidata al giovane botanico tedesco T.F.L. Nees von Esenbeck, che per un breve periodo fu il suo assistente. Nel 1818, l'anno prima della morte, Brugmans pubblicò il catalogo delle piante coltivate nel giardino e introdusse l'abitudine di redigere un indice dei semi da inviare a altre istituzioni e a privati. Furono tuttavia probabilmente soprattutto i suoi meriti umanitari a indurre un altro botanico olandese, Christiaan Hendrik Persoon, a dedicargli nel 1805 Brugmansia, separandolo dall'affine Datura, con queste parole: "Questo bellissimo genere, nell'aspetto tanto simile a Datura, voglio dedicarlo alla memoria del chiarissimo professor Brugmans, meritevolissimo e degnissimo professore di storia naturale e botanica dell'Università di Leida". Brugmansia (famiglia Solanaceae) è davvero simile a Datura, tanto che per circa 250 anni i botanici si sono divertiti ora a riunirli, ora a separarli, finché nel 1973 T.E. Lockwood li ha divisi definitivamente sulla base di un serrato confronto morfologico. Eppure, anche per noi profani, le differenze sono piuttosto evidenti: le Daturae, anche quando sono di dimensioni cospicue, sono erbacee, per lo più annuali o di breve vita; hanno fiori rivolti all'insù e frutti tondeggianti, in genere armati di spine; le Brugmansiae sono perenni legnose arboree o arbustive, hanno fiori penduli e frutti simili a baccelli privi di spine. Naturalmente ci sono anche affinità; la più evidente è che le specie di entrambi i generi contengono alcaloidi, che ne rendono tutte le parti estremamente tossiche, e hanno proprietà allucinogene (in molte culture indigene del Sud America erano usate per provocare stati di trance durante le cerimonie religiose) che non sono sfuggite a esponenti della cultura psichedelica, causando vari causi di grave avvelenamento. In giardino (o in vaso, dove le temperature non permettono la coltivazione in piena terra), sono piante di bellezza spettacolare, con lunghi fiori penduli che hanno loro guadagnato il soprannome di "trombe degli angeli", oltretutto delicatamente profumati; le sorelle Daturae con le loro larghe corolle rivolte verso l'alto vengono invece chiamate "trombe del diavolo", ma, come avrete capito, almeno quanto a pericolosità qui tra angeli e demoni c'è poca differenza. Originarie delle regioni tropicali del Sud America, lungo la cordigliera dal Venezuela al Cile, e del Brasile sud-orientale, furono selezionate e coltivate per secoli dalle popolazioni indigene sia per le loro proprietà medicinali sia per le proprietà psicotrope, tanto che sembra non esistano più allo stato naturale; introdotte come piante ornamentali, si sono invece naturalizzate in molte paesi tropicali e subtropicali, dove anzi la specie più diffusa, l'ibrido orticolo B. x candida, in alcuni paesi è considerata una pericolosa aliena infestante. Per qualche informazioni in più sulle diverse specie, rimando alla scheda.
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