Il destino di alcuni scienziati è collaborare alle ricerche di colleghi più celebri, che forse senza di loro non avrebbero mai raggiunto i risultati che li hanno resi universalmente noti, per poi essere dimenticati o al massimo ricordati in una nota a piè di pagina. A condividere questo destino è anche il medico-scienziato Jean-François Gaultier, versato in molti settori delle scienze naturali e collaboratore di Duhamel du Monceau, Réaumur e Guettard. Il suo nome sarebbe caduto nell'oblio se un giorno dell'estate del 1749 a Québec non fosse giunto un viaggiatore che arrivava dalla Svezia, il puntiglioso Pehr Kalm. Grazie a lui, la memoria di Gaultier è preservata dal genere Gaultheria. Il nostro agente a Québec Il momento più proficuo del viaggio di Pehr Kalm in nord America furono i due mesi trascorsi ad erborizzare intorno al fiume San Lorenzo, spesso in compagnia di Jean François Gaultier cui l'aveva affidato il compiacente governatore La Galissonière. La scelta era ottima: Gaultier non era solo un medico, ma anche uno scienziato polivalente, una figura tipica dell'età dei lumi. A Parigi aveva probabilmente seguito le lezioni dei de Jussieu, i luminari del Jardin des Plantes; poco dopo il suo arrivo in Canada con l'incarico di medicin du roi (ovvero di responsabile della sanità nella colonia) era stato ammesso all'Accademia delle scienze come membro corrispondente, sotto la protezione di influenti scienziati come Duhamel de Monceau, Réaumur, Guettard. Il suo incarico in Canada, infatti, prevedeva anche la raccolta e l'invio a Parigi di materiali e dati scientifici. Come corrispondente di Guettard, i minerali e i fossili da lui inviati furono essenziali per permettere al geologo francese di pubblicare la prima carta geologica e mineralogica del Canada (1756), nonché di mettere a punto la sua teoria sulla struttura geologica dei continenti. Gualtier creò la prima stazione meteorologica del Canada e fu anche grazie alle sue osservazioni che Réaumur perfezionò il termometro, per renderlo capace di registrare temperature molto basse. Come medico e corrispondente di Duhamel de Monceau, la botanica era però il principale oggetto di indagine di Gaultier. Al momento del conferimento dell'incarico nella "Nouvelle France", gli vennero affidati i materiali raccolti da Michel Sarrazin, suo predecessore come medico reale nella colonia, con il compito di redigere una flora della Canada. Le sue ricerche furono inoltre sostenute appassionatamente dal governatore La Galissonière, a sua volta botanofilo, e redattore (insieme a Duhamel du Monceau) delle Instructions pour le transport par mer des plantes, semences et animaux ("Istruzioni per il trasporto marittimo di piante, semi e animali"), rivolte ai comandanti delle navi francesi, cui era fatto obbligo di inviare a Parigi ogni possibile esemplare di flora e fauna esotica. Nell'ambito delle sue funzioni mediche, Gaultier era attento ai contributi della medicina popolare e indigena; raccomandava l'uso del "tè dei boschi" per rafforzare l'organismo e i decotti di Adianthum pedatum contro le malattie polmonari. Come corrispondente dell'Accademia delle Scienze, redasse diverse memorie; di queste e altri contributi scritti, che ammontavano a oltre 1000 pagine, solo un decimo furono effettivamente pubblicati. Tra le altre, una memoria sull'estrazione e la preparazione dello sciroppo d'acero. Ogni anno, a bordo delle navi che collegavano la colonia con la madre patria, era suo compito inviare a Parigi per il Jardin des plantes semi, bulbi e piante raccolte nei mesi precedenti. Il giardino dell'intendenza di Québec assunse così la funzione di vivaio di transito, dove Gualtier creò una collezione permanente di piante canadesi. Quanto alla progettata flora del Canada, rimase inedita. Si tratta di un manoscritto di circa 400 pagine (oggi conservato nel fondo Jean-François Gaultier della Biblioteca nazionale di Québec) che tratta circa 175 specie, concentrandosi soprattutto sugli alberi e gli arbusti, in particolare sulle specie non ancora descritte dagli studiosi che l'avevano preceduto, come Sarrazin. Un interesse particolare va alle essenze utilizzabili nelle costruzioni navali; tra l'altro Gaultier fu il primo a distinguere le quattro specie di pini del Canada orientale (Pinus strobus, P. resinosa, P. banksiana, P. rigida). Diverse copie del manoscritto pervennero a Duhamel du Monceau che se ne servì per la redazione della sua Pomologia (Traité des arbres et arbustes qui se cultivent en France, 1755). Tuttavia circostanze che non conosciamo - molto probabilmente la guerra dei sette anni e la morte precoce dell'autore - ne impedirono la pubblicazione. L'ottimo medico morì infatti sul campo, una delle tante vittime dell'epidemia di tifo importata in Canada dall'equipaggio della nave Le Léopard nel 1756. Una curiosità: tra i personaggi minori nel classico della letteratura canadese The Golden Dog di William Kirby (1877) compaiono Pehr Kalm, il governatore La Galissonière e il nostro dottor Gaultier, presentato come "uno scapolo ricco, generoso e sapiente... era accolto da tutti con segni di stima e affetto. Possedeva un'anima simpatica e affettuosa". Peccato che nelle righe che seguano il medico scienziato, corrispondente dell'Accademia delle scienze e collaboratore dei più bei nomi della scienza illuminista, venga trasformato in un astrologo... Altri approfondimenti sulla sua vita nella biografia. Dal thé de Bois alla Gaultheria Il diario di viaggio di Kalm ricorda molte volte Gaultier, definito "uomo di grande sapere in medicina e botanica". E' grazie a lui - medico di quelle istituzioni - che egli può visitare non solo l'ospedale militare, ma persino i conventi femminili, altrimenti chiusi al sesso forte. Il medico francese mette a disposizione di Kalm, che le trascrive diligentemente, persino le sue osservazioni meteorologiche; inoltre lo accompagna in diverse escursioni, tra cui quella in cui il botanico finlandese tocca il punto estremo della spedizione, il Cap aux Oyes. Quale pianta dedicargli, tra le tante inedite che il finlandese ha incontrato in Canada? La scelta cade sul tè dei boschi (thé des bois, thé de montaigne, thé du Canada, wintergreen, eastern teaberry), un arbusto strisciante che cresce abbondante nelle foreste canadesi di cui Gaultier apprezzava le numerose proprietà mediche. Così nel 1753, nella prima edizione di Species plantarum di Linneo la piantina diventa Gaultheria procumbens (il cognome del medico francese veniva scritto in vari modi e Kalm usò la grafia Gaulthier). Il genere che rende omaggio al poliedrico medico del re appartiene alla famiglia delle Ericaceae e comprende circa 150 specie di arbusti sempreverdi, nativi non solo del Nord e Sud America, ma anche di Asia e Australia. Fino a qualche anno fa, le specie sudamericane erano assegnate al genere Pernettya, ma recentemente i due generi sono stati unificati. Proprio la Pernettya del Cile (Gaultheria mucronata) è probabilmente la specie più nota; questo arbustino dalle foglie sempreverdi e dalle belle bacche rosse, bianche o rosa da qualche anno è diventata popolare nel periodo natalizio grazie a colori festosi. Gaultheria procumbens, oltre ad essere una magnifica tappezzante per terreni acidi, è utilizzata in erboristeria; se ne ricava un olio essenziale, chiamato olio di wintergreen, usato sia in profumeria sia in campo medico per le sue proprietà antidolorifiche, date dall'altissima concentrazione di salicilato di metile, che ne fa un rimedio efficace ma da usare con estrema cautela. Altri approfondimenti sul genere Gaultheria nella scheda.
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Un botanico che vive in provincia può competere con i suoi contemporanei per preparazione e erudizione, ma non ha né le occasioni né le conoscenza giuste per vedere pubblicare la sua opera, che spesso è condannata a rimanere allo stadio di manoscritto, quasi una curiosità preservata in una biblioteca locale. A ricordarlo solo qualche erudito, anch'egli legato al piccolo luogo. Insomma, un botanico endemico! Ne è un esempio il farmacista di Grenoble Pierre Bérard. A ricordarlo, non poteva che essere un endemismo, l'intrigante Berardia. Pierre Bérard, chi era costui? Con il nome endemismo ci si riferisce a una specie animale o vegetale limitata a un ambiente geografico circoscritto, per l'estremo adattamento a tale ambiente o per la presenza di barriere naturali, geografiche che ne impediscono l'espansione. Proporrei di estendere il concetto ai botanici. Con l'espressione "botanico endemico" mi riferisco a botanici che sono nati e vissuti in un luogo di cui hanno studiato la flora; scelte personali o circostanze avverse, biografiche culturali storiche, li hanno mantenuti relegati per sempre nella loro piccola patria. In questo senso, il piemontese Carlo Allioni potrebbe rientrare nella categoria: nato e vissuto a Torino, ha dedicato il suo lavoro scientifico principalmente alla flora piemontese; ma d'altro canto l'amicizia con Linneo, l'appartenenza alle maggiori accademie scientifiche del tempo, la risonanza europea delle sue opere, ne fanno una figura di rilevanza europea. Un esempio molto più calzante è quello di Pierre Bérard, maestro farmacista di Grenoble vissuto nella prima metà del Seicento. Nel corso della sua lunga vita, affiancò all'attività professionale approfonditi studi botanici, condotti attraverso sia lo studio della letteratura scientifica del tempo, sia l'esplorazione del territorio, grazie alla quale individuò e descrisse molte specie fino ad allora ignorate. Fu anche in corrispondenza con molti botanici del suo tempo (francesi, ma anche spagnoli, italiani, tedeschi). Come altri botanici contemporanei, ebbe l'ambizione di scrivere una grande opera che raccogliesse tutte le specie descritte nei grandi repertori - primo fra tutti il Pinax di Gaspard Bauhin - integrandole con nuove acquisizioni; fu così che mise insieme un manoscritto di sette volumi in folio, contenenti 6000 piante, concluso nel 1653 con il titolo Theatrum botanicum. Non sappiamo in seguito a quali circostanze, l'opera non venne pubblicata. Possiamo però ipotizzare che diversi elementi abbiano contribuito all'endemismo del povero Bérard: la stampa di un'opera di tali dimensioni era costosissima ed evidentemente all'autore mancavano i mezzi, la forza (all'epoca aveva già superata i settant'anni), i contatti giusti; non era sostenuto da un'Università (un farmacista era considerato un semplice artigiano), da un'Accademia, dal potente di turno. Almeno a livello locale, non fu dimenticato del tutto: qualche anno dopo la sua morte Guy Alliard (1635-1716, storico endemico?), autore del Dictionnaire historique, chronologique, géographique, généalogique, héraldique, juridique, politique et botanographique du Dauphiné ricavò dal Theatrum botanicum le voci dedicate alla flora del Delfinato, grazie alla collaborazione del figlio di Pierre, Jacques Bérard, priore a Serres. D'altra parte anche l'opera di Alliard venne pubblicata solo nella seconda metà dell'Ottocento. Nel 1780 il manoscritto del Theatrum botanicum fu acquistato dalla Biblioteca di Grenoble e rimase inedito. Nella sezione biografie le poche notizie su Pierre Bérard che sono riuscita a rintracciare. Per un botanico della provincia, una pianta di qui A sottrarre almeno un poco Bérard all'oblio totale fu un altro botanico quasi endemico, Dominique Villars (1745-1814), grande esperto della flora del Delfinato, che affiancava alle spedizioni botaniche le ricerche nei polverosi scaffali delle biblioteche; fu folgorato dall'opera di Bérard, tanto da scrivere nella prefazione della sua Histoire des plantes de Dauphiné (1786-89): "Quest'opera era senza dubbio la più completa della sua epoca, ed è una grande sfortuna per i botanici in generale e per questa provincia [cioè il Delfinato] in particolare che non sia stato stampato. Sarebbe stata di maggior valore della Historia Plantarum di Jean Bauhin, di quella di Lione [non sono riuscita a identificare quest'opera], del teatro di Parkinson, persino della storia delle piante di Ray, anche se sono arrivate molto dopo di lui". Propose così di dedicare a Bérard una pianta alpina, Arctium lanuginosum Lam., di cui era stato recentemente riconosciuta l'appartenenza a un genere distinto: "Ho dato il nome di Berardia a questa pianta allo scopo di conservare ai posteri il nome di un sapiente botanico di Grenoble che l'aveva bene conosciuta e le cui opere non sono state stampate... Lasciamo l'omaggio di questo nome a un botanico della provincia". Da quel momento, Bérardia subacaulis (Asteraceae), un endemismo che vive nei macereti calcarei delle Alpi Occidentali (Delfinato, Alpi Marittime, Alpi Cozie), si è assunta il compito di ricordare il suo altrimenti dimenticato dedicatario. E lo fa benissimo, lei che è così tenace da vivere in condizioni proibitive ed è così antica che, secondo il botanico tedesco H. Merxmuller, è contemporanea del sollevamento che ha dato origine alle Alpi. Gli approfondimenti nella scheda. Grandi, succose, belle, benché meno saporite e profumate di quelle selvatiche, le fragole coltivate rallegrano le nostre tavole e si trasformano in dolci golosi. Così come le conosciamo, sono un'acquisizione recente, il frutto di un'ibridazione casuale di specie che in natura vivono ai due capi del continente americano. E per farle incontrare sono stati necessari un esploratore, Jacques Cartier, una spia, Amédée-François Frézier, un botanico-coltivatore, Antoine-Nicolas Duchesne. E in questa storia c'è anche una parente povera e indesiderata, la Duchesnea indica (che oggi, più propriamente, dovremmo chiamare Potentilla indica). Fragole bianche, fragole rosse e fragoloni Alla corte del Re Sole avviene una rivoluzione del gusto: banditi i piatti rinascimentali sovraccarichi di spezie, la parola d'ordine è ora semplicità. Diventano di moda i legumi, non più camuffati in complicati pasticci, ma serviti al dente, restituiti al loro gusto naturale. Il Potager du roi, gestito da un genio dell'orticultura, il direttore degli orti e dei frutteti reali Jean-Baptiste de la Quintinie, rifornisce la tavola di Versailles con le più deliziose primizie. Furoreggiano i piselli (oggetto di una mania su cui ironizza Mme de Sevigné) e le fragole, servite fuori stagione grazie ai metodi rivoluzionari messi a punto dal maestro giardiniere. Il re adorava questi piccoli frutti profumati, con disapprovazione del suo medico Fagon che li riteneva nocivi allo stomaco. Le fragole coltivate nelle aiuole di Versailles erano le nostre fragoline di bosco Fragaria vesca, probabilmente anche Fragaria moschata; forse già un secolo prima era arrivata in Europa anche Fragaria virginiana, che forse fu portata dal navigatore Cartier, specie molto amata per il fine profumo. Nel 1712 l'ingegnere militare Amédée-François Frézier viene inviato in Sud America per una missione di spionaggio; mentre si trova in Cile nota che in quel paese viene venduta e coltivata una fragola bianca, molto più grande di quelle europee, anche se meno gustosa e profumata. Conoscendo la passione del re, prima di partire se ne procura alcune piante e riesce a farne sopravvivere cinque, lesinando a se stesso l'acqua dolce tanto preziosa per le piantine durante il lungo viaggio oceanico. Rientrato in Francia nell'agosto del 1714, fa giusto in tempo a presentare il suo omaggio al re che morirà un anno dopo. Anche se a questo punto le leggende incominciano a moltiplicarsi, sappiamo di certo che "la bianca del Cile" - come viene chiamata, per noi Fragaria chiloensis - oltre che al Potager du Roi approderà al Jardin de Plantes e in Bretagna, a Plougastel. Qui trova condizioni ideali e incomincia fruttificare, mentre le "parigine" si riveleranno sterili. Ma a questo punto entra in scena in nostro eroe, Antoine-Nicolas Duchesne. Figlio del Prevosto agli edifici reali, fin da bambino ha potuto frequentare i giardini del re e ha sviluppato una grande passione per la botanica e l'orticultura. Egli nota che le piantine di Fragaria chiloensis coltivate vicino a F. virginiana fruttificano: infatti si tratta di esemplari femminili privi di stami che hanno bisogno di essere fecondati dal polline di altre piante. L'incrocio tra le due varietà - nota Duchesne - dà vita a un ibrido che battezza Fragaria x ananassa (per il profumo che ricorda vagamente l'ananas): ha il gusto e il profumo da F. virginiana e la grandezza da F. chiloensis. Insomma, è nato il fragolone coltivato, da cui deriveranno in seguito tutte le attuali cultivar orticole. Duchesne - egli stesso si definirà botanico-coltivatore - differentemente dai suoi contemporanei univa una solida preparazione teorica (era allievo di Bernard de Jussieu, uno degli esponenti di questa importante famiglia di botanici del Jardin des Plantes) alla propensione alla sperimentazione; tenta dunque diversi esperimenti di ibridazione e di semina; tra l'altro nota che nelle fragolaie del Jardin des Plantes c'è una fragola strana: anziché tre foglioline, ne ha una sola. Prova a seminarla, e nota che la caratteristica è mantenuta dalla discendenza. Invia un esemplare a Linneo che la battezza F. monyphylla e la considera una nuova specie. Duchesne invece è il primo a capire che la pianta è il frutto di una mutazione e rompe quello che era ancora un tabù della scienza: che le specie fossero immutabili. E' anche il primo a distinguere (pur con qualche imprecisione) tra specie e varietà. A soli 19 anni, il geniale giovanotto scrive Histoire naturelle des fraisiers, in cui descrive con accuratezza le diverse specie e varietà di fragole e arriva a disegnarne l'albero genealogico. Si capisce così perché il libro di Duchesne abbia intercettato l'attenzione di Darwin. Per altre informazioni su Duchesne e sul suo contributo alla botanica e all'orticoltura, leggetene la biografia. Da Duchesne alla Duchesnea All'inizio dell'Ottocento, in Asia vengono individuate delle Rosacaee affini alle fragole, che alcuni botanici assegnano al genere Fragaria, altri al genere Potentilla. James Edward Smith, presidente della Linnean Society di Londra nel 1810 le attribuisce a un nuovo genere, che denomina Duchesnea in onore di Antoine Nicolas, con la seguente motivazione: “Dando il nome a questo nuovo genere voglio commemorare i meriti di Mr. Duchesne autore della Histoire naturelle des Fraisiers in cui le varietà di fragole sono così accuratamente descritte e i sinonimi così ben illustrati che non riesco a immaginare perché non abbia suscitato maggiore attenzione in Linneo”. Così, con una certa ironia, quel grandissimo esperto di fragole è onorato dal nome di una pianta che, a causa dei frutti belli e invitanti ma totalmente insapori, è chiamata volgarmente con nomi come "fragola dei cani" "fragola matta" "finta fragola". E, colmo dei colmi, ultimamente ha perso anche questo piccolo omaggio, visto che le ricerche più recenti, basate sul DNA, declassano la Duchesnea a sottogenere della Potentilla. Originaria dell'Asia, Duchesnea indica (che dovremo rassegnarci a chiamare Potentilla indica) è stata introdotta come pianta ornamentale in Europa e America, ma se n'è ben presto fuggita dai giardini per diventare un'infestante di cui - in alcuni paesi, come il Belgio - è addirittura vietata la coltivazione. Per quanto riguarda l'Italia - la notizia è riportata da Wikipedia ma non ho potuto riscontrarla - sarebbe stata introdotta come curiosità nell'Orto botanico di Torino e da lì avrebbe colonizzato la penisola. Nel mio giardino cresce rigogliosa, abbiamo un patto di non belligeranza e - vi assicuro - con qualche accorgimento la si può far stare al suo posto. Qualche approfondimento nella scheda. Con le scoperte geografiche, centinaia e centinaia di piante mai viste in Europa vengono "scoperte" e descritte da viaggiatori e botanici (o viaggiatori-botanici tout court). Come chiamarle? Si può usare il nome indigeno, creare un nome che ne descriva le caratteristiche, ma un frate minimo, al ritorno dei suoi viaggi nelle Antille, ha un'idea più brillante: perché non trasformare i nomi delle piante in un omaggio ai grandi botanici del passato e del presente, senza dimenticare di pagare qualche debito di riconoscenza? E' quello che farà Charles Plumier nel suo Nova plantarum americanarum genera. Linneo, cogliendo un suggerimento di Tournefort, lo celebrerà con il profumatissimo genere Plumeria. Nelle Antille alla ricerca della Cinchona Tra gli uomini che a partire dal Cinquecento esplorarono il nuovo mondo un gruppo consistente è rappresentato dai religiosi, spinti dallo spirito missionario ma anche impegnati in spedizioni scientifiche. Difatti, a quell'epoca, in particolare nei paesi cattolici, un giovane d'ingegno, ma povero di mezzi, aveva un solo modo per accedere agli studi: abbracciare la carriera ecclesiastica. Così in paesi come la Francia, l'Italia, la Spagna, la maggior parte degli studiosi e degli eruditi tra Cinquecento e Seicento era membro del clero. D'altra parte, mano a mano che nuove essenze arrivavano in Europa, ci si rendeva conto del loro enorme valore economico: ad esempio la diffusione rapida del mais contribuiva a attenuare le devastanti carestie, mentre piante medicinali offrivano inediti e più efficaci rimedi alle malattie, come il chinino ricavato dalla quasi mitica Cinchona. Del resto giardini ricchi di piante esotiche e la sponsorizzazione di spedizioni scientifiche garantivano il prestigio internazionale di ogni sovrano. La Francia del Re Sole doveva ovviamente giocare anche questa carta. Così nel 1689 un medico con buone conoscenze farmacologiche, Joseph Donat Surian, e un frate che è al tempo stesso eccellente botanico e ottimo disegnatore, il frate minimo Charles Plumier, vengono inviati nelle Antille francesi alla ricerca di piante medicinali, in particolare la Cinchona officinalis. Uscito ben presto di scena Surian, nel corso di tre viaggi, tra il 1689 e il 1695, Plumier esplora Martinica, Guadalupa, Haiti, oltre a diverse piccole Antille; forse visita anche le coste del Brasile. Nel corso delle sue esplorazioni incontra e descrive moltissime piante, che ritrae in migliaia di disegni, talvolta a colori. Le nuove piante americane di Plumier Alcune di esse sono del tutto nuove per la scienza e non appartengono ad alcun genere noto. A un centinaio di esse Plumier dedica Nova plantarum americanarum genera (1703-1704), cioè "I nuovi generi di piante americane". L'opera (a cui oggi chiunque può accedere facilmente, essendo stata messa on line dalla Bibliothèque Nationale de France) è interessante da molti punti di vista. Intanto non è dedicata a un sovrano o al potente di turno, ma botanicis et botano-philis, "ai botanici e agli amanti della botanica". Inoltre - ben prima di Linneo - a Plumier è evidente che solo un nome condiviso eviterà errori e confusioni; eccolo quindi battezzare i nuovi generi con nomi da lui creati per dotarli di un nome certo (plantas incertas certis generibus insignire). Per coniare i nomi, spesso si rifà alle denominazioni volgari spagnole o indigene, quasi sempre attraverso la mediazione dei botanici spagnoli che avevano decritto le piante prima di lui; raramente desume il nome dalle caratteristiche della pianta; in circa la metà dei casi, ricava il genere dal nome di illustri botanici, viaggiatori e descrittori di piante, o più raramente potenti che avevano protetto gli studi botanici. In tal modo, afferma nella prefazione, egli intende "cingere la loro chioma del meritato alloro". Botanica e storia della botanica Ciascuna voce del catalogo di 106 nuovi generi (per un totale di 219 specie) ha una struttura ricorrente: - il nome del genere, in maiuscoletto a centro pagina; - la descrizione del genere, basata sul modello imposto dal botanico Pitton de Tournefort che si sofferma su fiori e frutti; - l'elenco delle diverse specie (spesso sotto forma di nomi-descrizione) - in carattere corsivo, la biografia del dedicatario. In tal modo Nova plantarum americanarum genera, oltre che un omaggio ai grandi botanici, diventa una storia della botanica attraverso i suoi studiosi più eminenti, da Dioscoride ai contemporanei come appunto il conterraneo (e amico) Pitton de Tournefort o l'inglese Hans Sloane. L'opera è completata da 40 tavole di disegni analitici dei particolari di fiori e frutti dei generi decritti, di mano dell'autore, la cui abilità di disegnatore era pari alla competenza botanica. Nella scelta dei dedicatari, Plumier dimostra la sua grande indipendenza di pensiero: a parte pochi potenti (e tra di loro non c'è il re), gli uomini che incorona sono coloro che l'hanno preceduto nell'esplorazione della flora americana (quindi soprattutto viaggiatori e botanici spagnoli) e i botanici del passato e del presente, badando al loro contributo scientifico, non alle loro posizioni ideologiche e religiose. Dunque c'è un bel drappello di protestanti, esuli dalla Francia come Clusius, Lobel, i Bauhin, o costretti alla conversione forzata, come Magnol. Per capire l'importanza dell'opera di Plumier, basti pensare che Linneo ne farò largo uso, considerando il frate francese la maggior autorità per le piante americane. Quanto ai nuovi generi "onorifici", lo svedese ne farà propri moltissimi: ad esempio, tra i più noti, Fuchsia, Lobelia, Magnolia, Bauhinia, Matthiola. Tuttavia, in qualche caso, riprenderà il nome assegnandolo a un'altra pianta; è il caso di Cortusa e Lonicera. Altre informazioni sulla vita di Plumier, i suoi viaggi e i suoi disegni nella biografia. La profumatissima Plumeria Ma è ora di parlare della Plumeria. A differenza di Linneo, Plumier era l'umiltà fatta persona e mai avrebbe dedicato un genere a se stesso. Tuttavia ci fu chi lo fece per lui. Nel 1700 il grande botanico Joseph Pitton de Tournefort pubblicò Institutiones rei herbariae (Istituzioni del mondo della botanica), in cui distinse chiaramente il concetto di genere e descrisse 698 generi. Un certo numero erano proprio piante americane fatte conoscere da Plumier; ad esempio la Begonia, che il frate stesso aveva battezzato in onore di Michel de Bégon, e appunto la Plumeria, battezzata da Pitton de Turnefort "in onore dell'illustre scopritore Plumier, botanico del re, che ha arricchito la botanica di così numerose e belle piante". Nel testo, vengono elencate tre specie, con i classici nomi polinomiali del tempo seguito dal nome francese: - Plumeria flore roseo, odoratissimo - Frangipanier a fleur rouge ; - Plumeria flore niveo, foliis longis, angustis et acuminatis - Frangipanier a fleur blanche; - Plumeria flore niveo, foliis brevioribus et obtusis. Le prime due potrebbero corrispondere alle due specie anche oggi più note, P. rubra e P. alba. Come si nota, quando il botanico francese descrisse e battezzò la pianta, essa era già conosciuta con il nome frangipani (in francese frangipanier). Probabilmente Plumier lo conobbe con questo nome quando lo vide la prima volta nelle Antille, anche se nello spagnolo del sud America, accanto a frangipani, si usano anche nomi indigeni. Il più poetico è senza dubbio il nome, di origini nahuatl, sacuanjoche che significa letteralmente "fiore preziosa piuma gialla" . Per approfondimenti sul genere Plumeria, si rinvia alla scheda. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
April 2024
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