Più che gli esseri umani - rappresentati dallo sfortunato farmacista e botanico Johann Sievers che, al servizio di Caterina II, negli ultimi anni del Settecento visitò la Siberia, la Mongola, il Kirghizistan e il Kazakhstan - le protagoniste di questa storia sono le piante. Una cercata appassionatamente e non trovata, il rabarbaro cinese; l'altra scoperta quasi per caso: il Malus siversii, ovvero il "papà delle mele". Ovviamente c'è anche il genere Sieversia e l'ormai obsoleto Novosieversia. Dal re dei lassativi... Come sa ogni spettatore del Malato immaginario di Molière, due erano le cure fondamentali della medicina del Sei-Settecento: i salassi e le purghe. Il purgante più ricercato, perché allo stesso tempo efficace e non drastico, privo di sgradevoli effetti collaterali, era il rabarbaro. Importato dalla lontana Cina, era apprezzatissimo e costosissimo: nell'Inghilterra del Seicento era tre volte più caro dell'oppio. Per giungere in Occidente, infatti, doveva fare una lunga strada; parte giungeva dall'impero Ottomano attraverso l'India, ma il migliore di tutti era il "rabarbaro russo", che in realtà era cinese. Il commercio del rabarbaro cinese attraverso le steppe russe datava fin dall'antichità, tanto che il nome stesso della pianta, in greco e latino Rheum, deriva da Rha, l'antico nome del fiume Volga, lungo le cui rive si trovavano i punti di smistamento delle vie carovaniere. Ma a farne una voce decisiva del bilancio russo fu Pietro il Grande. Nel 1696 impose su di esso il monopolio statale; dal 1727, come tutte le transazioni commerciali sino-russe, il suo commercio fu regolato dal trattato di Kiakhta. Dal 1730 l'importazione fu assegnata in esclusiva a una famiglia di Bukhari, che trasportavano fino a Kiakhta il rabarbaro acquistato in Cina; qui veniva esaminato da un farmacista russo: tutto quello di cattiva qualità era immediatamente bruciato, mentre quello che aveva passato la selezione veniva avviato a Mosca e a San Pietroburgo, dove era ulteriormente esaminato prima di essere esportato in Occidente. Grazie a questa trafila il rabarbaro "russo" si impose sul mercato come il migliore, sebbene gli alti prezzi ne facessero una medicina solo per ricchi. I profitti erano così alti che il ricavo di una sola transazione permetteva di mantenere l'esercito russo per un anno. Ai tempi di Caterina II - lei stessa fu curata con efficacia con il rabarbaro in seguito a una grave costipazione causata da una scorpacciata di ostriche - la situazione cominciò a mutare. Intorno al 1745, Olandesi e Inglesi invasero il mercato vendendo a prezzi stracciati il rabarbaro "indiano", certamente di qualità inferiore ma molto più abbordabile. Inoltre le relazioni con la Cina erano soggette ai malumori e alle scelte spesso xenofobe del Celeste impero; così, in seguito a incidenti di frontiera, tra 1764 e il 1768 la Cina ruppe le relazioni diplomatiche e proibì le esportazioni verso la Russia. Negli stessi anni, la grande spedizione dell'Accademia, guidata da Pallas, aprì nuove prospettive. Nel 1772 lo stesso Pallas visitò Kiakhta, ricavandone l'impressione negativa che, nel gioco commerciale, i soli a guadagnarci fossero i cinesi, che potevano imporre i loro prezzi a piacimento. Nella sua esplorazione delle regioni siberiane, inoltre, il naturalista tedesco scoprì diverse specie di Rheum; egli era convinto che il rabarbaro cinese fosse ottenuto da varie specie e che non fosse né diverso né superiore rispetto a quello reperibile sul territorio russo, che era di cattiva qualità solo perché coltivato e conservato con metodi sbagliati. Propose dunque un ambizioso piano di raccolta di semi, da coltivare negli orti botanici di Mosca, San Pietroburgo e eventualmente Irkutsk, selezionando le varietà migliori da ridistribuire per creare un'industria russa del rabarbaro. ... al papà delle mele Nel 1781 Caterina II eliminò un monopolio ormai in declino, liberalizzando il commercio del rabarbaro e puntando sulla sua coltivazione nel territorio nazionale. Ma prima bisognava scoprire se aveva ragione Pallas, e quale specie convenisse coltivare. L'imperatrice stabilì un premio per chi avesse scoperto la pianta del "vero" rabarbaro e nel 1790 l'Accademia delle Scienze russa inviò alla sua ricerca il botanico e farmacista di origine tedesca Johann Erasmus (August Carl) Sievers. Egli doveva anche individuare le aree più adatte a un'eventuale coltivazione. La spedizione durò cinque anni. Nel 1791 Sievers esplorò i monti Yablonoi, una catena montuosa del sud-est della Siberia, situata tra la Mongolia e il lago Baikhal. Individuò le specie di rabarbaro segnalate da Pallas (oggi Rheum rhabarbarum e R. nanum), provò a seminarle, ma con risultati che lo convinsero che non si trattava del vero rabarbaro, a suo parere una specie esclusivamente cinese di cui al momento non erano note le caratteristiche. Nel 1792 proseguì le sue ricerche più a occidente, al di là del fiume Irtys, esplorando i monti Altai e la valle del fiume Bukhtarma. Nel 1793 fu il primo botanico a visitare i monti Tarbagatai, dove rischiò di morire di inedia; a salvarlo fu l'incontro con i membri di alcune tribù turco-mongole che lo ospitarono e lo guidarono alla scoperta delle valli e degli impervi versanti della catena; qui Sievers scoprì boschetti di alberi di mele, che all'assaggio si rivelarono dolcissime. Ne scrisse entusiasta a Pallas, che informava puntigliosamente delle sue scoperte botaniche e etnologiche. Raggiunto il lago Alakol, nel 1794 Sievers riuscì a passare in Cina, ma, presto rimandato indietro, non poté trovare l'oggetto delle sue ricerche. Nel 1795, a soli 33 anni, morì improvvisamente. Una sintesi della sua breve vita nella sezione biografie. Dopo la sua morte, Pallas pubblicò le sue lettere sotto il titolo Briefe auf Sibiren, "Lettere dalla Sibera", importanti sia per le notizie etnografiche, sia per il contributo alla conoscenza dalla flora di aree largamente inesplorate prima della spedizione di Sievers. Sulla base dell'erbario e delle note del naturalista defunto, più tardi Pallas pubblicò Plantae novae ex herbario et schedis defuncti Botanici Ioanni Sievers, Hannoverani, descriptae, "Nuove piante descritte sulla base dell'erbario e delle note del defunto botanico hannoveriano Johann Sievers". Sono numerose le specie raccolte o descritte per la prima volta: tra le altre, Ribes fragrans, Rheum nanum, Picea schrenkiana, Asclepias rubra, Bassia (=Kochia) scoparia, Artemisia sieversiana, e soprattutto Malus sieversii, il melo che Sievers aveva incontrato sulle pendici dei monti Tarbagatai. Questa particolare specie di melo ha acquisito grande notorietà qualche anno fa quando, in seguito alla descrizione completa del genoma delle mele coltivate e allo studio comparativo di tutte le specie del genere Malus, si è scoperto che proprio M. sieversii è il progenitore della maggior parte delle cultivar domestiche. Il "papà" delle mele (del resto, Alma-Ata, il nome sovietico della capitale del Kazakhstan, significa "padre delle mele") ha frutti particolarmente gustosi e grandi (diametro fino a 7 cm). All'origine delle mele, potrebbe anche essere il loro futuro: la ricchezza genetica e l'eccezionale resistenza alle malattie potrà essere utile per produrre nuove cultivar che non necessitino di pesticidi. Le aree del Kazakhstan, dove si trovano le foreste di meli di Sievers, gravemente minacciate dalla deforestazione, sono state proposte come patrimonio dell'umanità Unesco. La Sieversia, bellezza glaciale Per onorare lo sfortunato botanico, che quanto meno le pubblicazioni di Pallas avevano salvato dall'oblio, nel 1811 Willdenow creò il genere Sieversia, della famiglia Rosaceae, molto affine a Geum, da cui lo distingue lo stilo deciduo piumoso e privo di uncino. Per duecento anni, i botanici si sono divertiti ora a considerarlo un genere autonomo, ora un sottogenere o una sezione di Geum; a questo pingpong ha messo fine nel 2002 uno studio che, sulla base di dati genetici, ha stabilito l'indipendenza di Sieversia, ridotto tuttavia a due sole specie. Del resto lo stesso Geum è un gruppo geneticamente eterogeneo, un complex, che raggruppa presumibilmente più generi e deve essere indagato da studi più approfonditi. Le specie superstiti sono Sieversia pentapetala e S. pusilla. La prima è una graziosa perenne erbacea della tundra e degli ambienti montani, presente nella Siberia orientale, in Giappone e in Alaska, con cinque petali candidi che contrastano con gli stami giallo brillante; può essere una specie dominante che forma dense colonie. La seconda è un endemismo della Siberia orientale e della Kamchatka, simile alle precedente ma di dimensioni minori. Con le sue origini siberiane e montane, Sieversia è un omaggio quanto mai adatto a Sievers, esploratore della flora siberiana e tra i primi descrittori di Sieversia pentapetala (allora Dryas anemonoides). Qualche approfondimento nella scheda. Nel 1933 F. Bolle sottopose a revisione il genere Geum e ne distaccò diversi generi, tra cui Novosieversia, che includeva una sola specie, N. glacialis, una specie circumboreale con fiori gialli e stili piumosi. Oggi è per lo più considerato sinonimo di Geum glaciale. Ma, come si è detto, lo stesso genere Geum è tutt'altro che compatto, e non sappiamo quale svolta terminologica ci riserverà il futuro.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
April 2024
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