Sempre più frequentemente troviamo donne alla testa di istituzioni come orti botanici e erbari centrali. Per fare solo qualche esempio, nel 2018 Carrie Rebora Barratt è diventata la prima presidente dell'orto botanico di New York e nel 2023 Gillian Brown la prima direttrice dell'erbario del Queensland. I casi sono moltissimi anche in Italia, da Consolata Siniscalco, direttrice dell'orto botanico di Torino dal 2012 a Barbara Baldan, prefetto dell'orto botanico di Padova dal 2015, e a Lucia Amadei, curatrice del Museo botanico dell'orto botanico di Pisa. In Svezia, ci sono voluti 223 anni perché una donna ricevesse il prestigioso titolo di Professor Bergianus, che all'epoca comportava anche la direzione dell'Hortus Bergianus. E' Birgitta Bremer, tassonomista specializzata nella famiglia Rubiacae, a cui appartiene anche il genere che la celebra, Bremeria. ![]() Una ricercatrice all'avanguardia Nel 1790, con il suo testamento il medico Peter Jonas Bergius donò all'Accademia delle scienze svedese l'orto botanico che aveva creato insieme al fratello Bengt, all'epoca concepito come parte di una scuola orticola; stabilì anche che le attività di formazione e ricerca fossero dirette da un professore che avrebbe "lavorato nella storia naturale, in particolare nella botanica, per la crescita e il progresso della scienza". L'anno successivo nacque così la Fondazione Bergius e venne creata la prestigiosa cattedra di botanica presso l'Università di Stoccolma nota come Professor Bergianus. Il titolare avrebbe dovuto congiungere la ricerca con la direzione del Bergianska trädgården o Hortus Bergianus, amministrato congiuntamente dall'Accademia reale svedese delle scienze e dall'Università di Stoccolma. Così è stato per 223 anni, fino al 2014, quando è stato deciso di separare i due incarichi. L'ultima persona a ricoprire entrambi i ruoli è stata la botanica Birgitta Bremer (nata nel 1950), nominata Professor Bergianus nel 2002, nona titolare e prima donna, dopo otto illustri colleghi. La nomina ha segnato il culmine di una brillante carriera accademica. Bremer è una tassonomista; si è formata presso l'Università di Stoccolma, dove nel 1980 ha conseguito il dottorato in botanica con una tesi sulla tassonomia di un genere di muschi. Ha quindi immediatamente iniziato a insegnare presso la sua alma mater, prima come assistente poi come lettrice di botanica sistematica. Nell'anno accademico 1985-1986 è stata ricercatrice associata presso il Missouri Botanical Garden. Ha poi proseguito la carriera presso l'università di Uppsala, prima come lettrice di biologia, poi come capo del dipartimento di botanica sistematica, infine come titolare della cattedra di sistematica molecolare delle piante. E' stata professor Bergianus, capo della Bergius Foundation, prefetto dell'Hortus Bergianus e capo del dipartimento di sistematica vegetale dal 2002 al 2014. Le ricerche di Bremer riguardano soprattutto le piante tropicali e subtropicali; ha partecipato a spedizioni in Sri Lanka, Malesia, Indonesia, Ecuador, Sudafrica, Africa orientale e Madagascar. Anche se ha studiato anche altri gruppi di angiosperme, approfondendo i sistemi di impollinazione, i modi di dispersione, le forme e i tassi di diversificazione, il suo campo di specializzazione è la grande famiglia delle Rubiaceae, di cui ha studiato le relazioni filogenetiche, i meccanismi di speciazione, le relazioni ecologiche con i diversi ambienti. Nei suoi studi ha combinato le analisi morfologiche e i dati molecolari; è stata una delle prime in Svezia a introdurre i metodi di biologia molecolare nella botanica sistematica. Ha pubblicato, da sola o in collaborazione, oltre 175 articoli. Dal 2009, è membro dell'Accademia svedese delle scienze. Durante la sua carriera, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, il più prestigioso dei quali è indubbiamente la medaglia d'oro Linneo, assegnatale nel 2014 dall'Università di Uppsala per essere riuscita a conciliare la ricerca, la responsabilità accademica e la direzione di un grande orto botanico. Un compito difficile, tanto è vero che, come ho anticipato, dopo il suo pensionamento nel 2014, l'Accademia delle scienze ha deciso di svincolare il Professor Bergianus dalla direzione dell'orto botanico, considerando orami impossibile conciliare la ricerca con le responsabilità amministrative e didattiche. Come professore aggiunto dell'Università di Stoccolma, il Professor Bergianus può ora dedicarsi interamente alla ricerca, senza altri compiti; che la decisione non sia stato semplice lo dice il fatto che la posizione è rimasta vacante per ben otto anni. Solo nel 2022 la micologa Hanna Johannesson è divenuta la decima titolare. Curatrice dell'orto botanico è stata nominata Gunvor Larsson, che in precedenza era stata la botanica responsabile della serra della Victoria amazonica per un ventennio. Il pensionamento di Birgitta Bremer (che è comunque rimasta attiva come ricercatrice e membro di vari comitati) ha dunque segnato la fine di un'era, con la definitiva separazione della ricerca e della gestione dell'orto botanico. ![]() Il genere Bremeria Tra i suoi numerosi lavori dedicati alla sistematica delle Rubiaceae, nel 1998 Bremer pubblicò, insieme a Mats Thulin, un importante studio in cui veniva ristabilita la tribù Mussaendeae come gruppo monofiletico; le loro conclusioni sono state confermate nel 2005 da un équipe internazionale formata da Alejandro, Razafimandimbison e Liede-Schumann, che ha ulteriormente delimitato Mussaenda, restringendolo alle specie africane e asiatiche, e ha creato il nuovo genere Bremeria per accogliere le specie dell'Oceano Indiano, ovvero malgasce e delle isole mascarene. Come caratteri distintivi vengono indicati la disposizione degli elementi florali nella gemma e gli stili densamente pubescenti. Bremeria Razafim. & Alejandro comprende 18 specie, 17 malgasce, una (B. landia) endemica di Mauritius e Réunion. Vivono nelle foreste sempreverdi umide e subumide. Sono arbusti o alberi di medie dimensioni, con foglie opposte, solitamente pubescenti e talvolta scabre. I fiori sono solitamente uniti in infiorescenze panicolate terminali, talvolta ridotte a un singolo fiore. Questi ultimi in genere sono grandi, con un tubo calicino variamente peloso, corolla imbutiforme con lungo tubo e cinque (talvolta sei) lobi, da bianca a rosata, o, in B. landia, verde alla base e all'apice e rossastra in mezzo. I frutti sono grandi drupe o bacche carnose, coronate dai lobi persistenti del calice; contengono molti semi. La specie delle Mascarene è nota fin dal Settecento, quando fu descritta da Poiret come Mussaenda landia; il nome locale è Quinquina Pays, ovvero albero della china del paese. Appartiene infatti alla stessa famiglia della Cinchona ed è raccolta dagli erboristi per le sue proprietà astringenti, toniche e febbrifughe. Cresce dal livello del mare fino a circa 1000 metri; ha un tronco diritto e poco ramificato, tranne in alto. E' oggi rara; viene talvolta piantata in parchi e giardini per la bellezza dei suoi fiori, piacevolmente profumati. Nel 2009 è stata immortalata in un francobollo di Mauritius.
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E se, per una volta, invece di parlare di botanici maschi morti, scrivessi di botaniche vive? Ecco allora un breve ritratto della statunitense Charlotte M. Taylor, grande studiosa dei generi Psychotria e Palicourea e più in generale delle Rubiaceae dell'America tropicale. Cui appartiene anche l'anagrammatico Tromlyca. ![]() Dare un nome alle piante Nel 2018 su "Taxon" uscì il primo articolo dedicato a un'analisi statistica del contributo delle donne alla pubblicazione di nomi botanici; le autrici, basandosi sui dati di International Plant Names Index (IPNI), che registra tutte le 624,682 specie descritte come nuove per la scienza tra il 1753 e il 2013, hanno verificato che solo il 3% è stato pubblicato da donne. La prima in assoluto fu la botanica e pittrice Elizabeth Blackwell nel 1757 con Amomum verum Blackw. Nell'Ottocento, il contributo femminile rimase episodico e solo all'inizio del Novecento toccò l'1% dei nomi pubblicati, per poi crescere lentamente nel corso del secolo, toccando il 10% negli anni '90. La percentuale attuale è appena sotto il 12%. Dei 500 autori di nomi di piante più produttivi, solo otto sono donne. La più produttiva di tutte fu la sudafricana Margaret Louisa Bolus (1877-1970), che pubblicò 1,494 nuove specie, seguita da Olive Mary Hilliard (1925-2022) dell'orto botanico di Edimburgo con 522. La terza è ancora in attività: è la statunitense Charlotte Morley Taylor, nata nel 1955: nel corso della sua carriera quarantennale, ne ha pubblicate più di 500. Sarà dunque lei la prima delle botaniche viventi e se possibile in attività alle quali ho deciso di dedicare i post di questo mese. Come ha raccontato lei stessa, l'interesse per le scienze naturali, è nato in famiglia, grazie ai suoi genitori, appassionati bird watcher; tuttavia, ha scelto la botanica che le offriva maggiore libertà di ricerca. Si è formata presso l'Università del Michigan, per poi conseguire il dottorato (PhD) presso la Duke University di Durham (North Carolina). Contemporaneamente, insegnava al Colegio Universitario de Cayey a Puerto Rico. Ha avuto così modo di studiare dal vivo la flora centro americana; come risultato della ricerca post-laurea, ha pubblicato una revisione del genere Monnina (Poygalaceee) in America centrale e un sommario del genere Palicourea (Rubiaceae). E proprio a questo genere, di cui poi è diventata una grande specialista, appartiene la prima specie da lei pubblicata (1984), P. spathacea. Dopo aver lavorato per tre anni all'università del Porto Rico, dal 1990 è entrata al Missouri Botanical Garden di cui oggi è curatrice; è inoltre professoressa associata dell'università del Missouri-St Louis e ricercatrice associata del National Tropical Botanical Garden (Hawaii). Il campo privilegiato delle sue ricerche è la grande famiglia delle Rubiaceae, cui appartengono piante economicamente importanti come quelle da cui si ricava il caffè e il chinino, ma soprattutto alcuni dei generi con il maggior numero di specie del regno vegetale, in particolare Psychotria e Palicourea. In un'intervista ha così spiegato il suo fascino per questi generi: "Hanno una vasta gamma di dimensioni e colori dei fiori, e modi di presentarli, così la varietà di forme non finisce mai; la maggior parte delle specie ha fiori vistosi che vengono impollinati dai colibrì, che sono belli e affascinanti". Il suo lavoro parte dall'osservazione dei campioni d'erbario e prosegue sul campo; le sue ricerche l'hanno portata in gran parte del centro America, ma anche in Perù, Cile e Bolivia. Ama viaggiare in paesi tropicali ricchi di biodiversità, collaborare con altri botanici e gustare cibi diversi; la gioia maggiore è però trovare piante che non riesce a identificare perché sono nuove per la scienza e non hanno ancora nome. Una gioia che, come abbiamo visto, si è ripetuta finora non meno di 500 volte. Oltre a numerosi studi sui generi delle tribù Palicoureeae e Psychotrieae, ha collaborato per la trattazione delle Rubiaceae a numerose flore dell'America centrale e meridionale (ma anche della Cina); insieme al marito Roy Emile Gereau (uno specialista della flora dell'Africa orientale), ha inoltre pubblicato relazioni sulle comuni spedizioni botaniche in America centrale. Per conoscerla più da vicino, niente di meglio che la bella intervista di Carlos A. Ordóñez-Parra, da cui emergono, da una parte, tutta la sua passione, dall'altro il suo rigoroso metodo di lavoro. ![]() Un nome anagrammatico Diverse piante rendono omaggio a Charlotte Taylor: Lepidium tayloriae, Palicourea tayloriae, Rondeletia tayloriae, Rudgea tayloriae, Breonia tayloriana, Randia tayloriana. Mancava però un genere. A rimediare ha pensato il botanico ungherese Attila Borhidi; ma quale nome usare (Taylor è un cognome comunissimo e esistevano già Tayloria, Tayloriella, Tayloriophyton)? Borhidi così ha pensato a un anagramma: da C. M.Taylor ha ricavato l'enigmatico Tromlyca (gli enigmi, le cacce al tesoro piacciono alla dedicataria). Non c'è quasi bisogno di dire che il nuovo genere appartiene alla famiglia Rubiaceae, tribù Palicoureeae; la sua unica specie, T. locellata, era in effetti stata descritta in precedenza proprio da Charlotte Taylor come Palicourea locellata. Si tratta di un endemismo delle foreste umide della Cordillera Oriental delle Ande colombiane; è un arbusto o un piccolo albero che si distingue da Palicourea per varie caratteristiche ed in particolare per la peculiarità delle stipole e dei frutti (pireni). |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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