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A un mese dalla fondazione, l'Accademia francese delle scienze vara il grandioso progetto di una storia universale delle piante, in cui le proprietà officinali siano messe alla prova della chimica. Alla scienza del tempo però mancano gli strumenti per realizzare un progetto del genere; e fallimentare è anche la scelta di rinunciare a priori a ogni sistema di classificazione. Le ambizioni si scontrano con la realtà e dopo dieci verrà pubblicata la descrizione di appena 40 piante. Dovrebbe essere un saggio dimostrativo dell'opera futura, invece non verrà pubblicato neient'altro. A mettere fine a quel progetto, allo stesso tempo velleitario e anacronistico, sarà la pubblicazione dell'epocale Elemens de botanique di Pitton de Tournefort. Tra le persone coinvolte, c'è ancora una coppia di botanici padre e figlio: Nicolas e Jean Marchant. Il loro compito, come membri dell'accademia e responsabili della coltivazione, era procurare e coltivare in una sorta di giardino sperimentale piante inedite da studiare, descrivere e illustrare dal vero. Ricavato all'interno stesso del Jardin du roi, fu visto come un corpo estraneo da Fagon fino ad essere spazzato via quando venne meno la protezione di Colbert e lo stesso Fagon divenne intendente. La vittima finale fu Marchant figlio, che non vide mai pubblicati i suoi lavori se non molto parzialmente. Eppure non era né un incompetente né un conservatore, come dimostra anche il fatto che fu il primo a scoprire che un organismo che tutti credevano un lichene era in realtà una pianta. In onore di suo padre la chiamò Marchantia; era la prima epatica riconosciuta e ancora oggi dà il nome all'intera divisione delle epatiche (Marchantiophyta). Un progetto ambizioso e irrealizzabile Scrivendo intorno al 1674, John Ray lamentò che lo studio delle piante richiedesse la consultazione di una moltitudine di testi perché una storia generale delle piante ancora mancava. L'ultima opera in tal senso era stata il Pinax teatri botanici di Caspar Bauhin, ma dalla sua pubblicazione (1596) gli arrivi e le scoperte di nuove piante si erano moltiplicati vertiginosamente. In Inghilterra a colmare la lacuna pensarano da una parte Robert Morison, con la sua Historia Plantarum Universalis Oxoniensis, di cui però riuscì a completare solo un volume (1680), e lui stesso, con la sua Historia Plantarum, pubblicata a partire dal 1686. Dall'altra parte della Manica, un progetto analogo nelle intenzioni, ma del tutto diverso nella concezione e negli esiti, prese forma nello stesso torno di tempo per iniziativa della neonata Académie royale des sciences. Era un'istituzione recentissima, creata per impulso del ministro Colbert, la cui seduta inaugurale si tenne il 22 dicembre 1666. Circa un mese dopo, il medico Claude Perrault (1613-1688) - forse più noto come architetto: gli si deve tra l'altro il colonnato del Louvre - presentò un progetto che si rifaceva a un analogo programma esposto qualche mese prima da Christian Huygens all'Accademia delle scienze olandesi: pubblicare una storia naturale basata sul metodo induttivo baconiano, ovvero sull'osservazione e la raccolta dei dati, guidate dalla ragione. Tuttavia, al contrario di Huygens , egli non propose una storia naturale onnicomprensiva, ma una coppia di opere dedicate rispettivamente ai regni animale e vegetale. La futura Histore des Plantes in prospettiva avrebbe dovuto comprendere tutte le piante note, ma per iniziare Perrault proponeva di concentrarsi sulle specie già edite; la novità sarebbe piuttosto venuta dal metodo, che avrebbe affiancato a descrizioni precise ed accurate analisi chimiche e lo studio delle funzioni fisiologiche. D'altra parte (a differenza di Ray e Morison) si rinunciava in partenza a ogni classificazione: proprio come nel Pinax, che per Perrault era ancora il modello insuperato. le piante sarebbero state elencate in ordine alfabetico. Mentre lo stesso Perrault si dedicava all'opera gemella sugli animali (tra il 1671 e il 1676 sarebbe stato uno dei principali autori di Mémoires pour servir à l'histoire naturelle des animaux, con contributi importantissimi sull'udito, la vista e il volo degli uccelli), la direzione dell'Histore des Plantes fu assunta dal chimico Samuel Cottereau du Clos (detto Duclos); nell'edificio che ospitava l'Accademia fu aperto un laboratorio di chimica e Duclos si diede con un certo vigore a distillazioni e analisi. Di fatto, la chimica vegetale era ancora agli esordi e queste ricerche non approdarono a nulla, anzi finirono per rallentare l'opera. Un motivo di contrasto se non aperto, almeno sotterraneo, fu la decisione di Duclos di concentrarsi sulla flora francese, suscitando i malumori dei botanici il cui interesse principale andava alle specie esotiche. A mettere d'accordo tutti era esigenza di illustrare ogni pianta con incisioni della massima precisione e realismo, secondo il modello dei vélins realizzati da Nicolas Robert per il duca d'Orléans a Blois e trasferiti a Parigi alla Biblioteca reale dopo la morte di questi nel 1660. Insieme ai vélins e al loro autore nominato"peintre ordinaire de Sa Majesté", a Parigi era arrivato anche il medico e botanico Nicolas Marchant (+ 1678). Laureato in medicina a Padova, era entrato al servizio del duca d'Orléans come farmacista, collaborando con i tre botanici che si succedettero alla direzione del suo orto botanico: Abel Brunyer, Robert Morison e Jean Laugier. Forse nel 1656 accompagnò Morison in un'escursione botanica a La Rochelle. Sappiamo che già all'epoca aveva intrapreso la revisione del Pinax. Certamente entrò al servizio del re, ma ci è ignoto con quale ruolo; è probabile che sia stato coinvolto nel progetto dell'Histore des Plantes fin dall'inizio, visto che fu immediatamente ammesso all'Accademia, di cui fu il solo botanico fino al 1673, quando fu affiancato da Denis Dodart. Si era comunque solo ai preliminari. Mentre Duclos si concentrava sulle analisi chimiche e il fisico Mariotte studiava la circolazione della linfa, secondo la testimonianza purtroppo scritta molti anni dopo dell'Histore de l'Academie Royale des Sciences (1733), Marchant "ogni giorno portava una delle descrizioni che aveva fatto, che l'Accademia paragonava con la pianta stessa". Sempre secondo la stessa fonte, nel 1670 "si lavorò molto alla storia delle piante; vennero fatti fare disegni esatti e si cominciò a seminare semi di piante straniere e a coltivarli. M. Marchant li descrisse [...] Quell'anno ne furono descritte 26". Lo stesso anno Duclos lesse una memoria "sul modo di analizzare le piante" e il laboratorio di chimica fu affidato a Claude Bourdelin che quell'anno esaminò 42 piante. Si trattava di ben poca cosa rispetto all'immensità del mondo vegetale. Un nuovo impulso fu dato nel 1673 dall'arrivo di Dodart - il teorico - con il quale si precisò anche il ruolo di Marchant - il pratico, o se preferite, la mente e il braccio. Il compito di Dodart sarebbe stato quello di esaminare tutto ciò che Antichi e moderni avevano scritto sul soggetto, per arrivare a una corretta identificazione delle piante vive; a Marchant spettava sia coltivarle sia descriverle. Perrault chiese venisse istituito un apposito "giardino accademico"; nel 1674, all'interno del Jardin royal des plantes médicinales venne riservato uno spazio alla coltivazione di piante per l'Accademia, noto come Petit jardin, affidato alla direzione di Marchant come “concierge et directeur de la culture des plantes du Jardin Royal". Inevitabili furono le tensioni con il personale del Jardin, ed in particolare con il sottodimostratore, ovvero il professore di botanica, al quale, fino a quel momento, era affidata la direzione delle coltivazioni. Dal 1671, il sottodimostratore era Guy-Crescent Fagon, non certo una persona conciliante e remissiva. Infatti, nei manoscritti di Marchant conservati presa la biblioteca nazionale, Yves Laissus ha trovato una lettera di Nicolas Marchant a Colbert, non datata ma presumbilmente risalente alla seconda metà degli anni '70, in cui lamenta "la conduitte de M. Fagon", accusato di una serie di sgarbi, ma soprattutto di intrigare alle sue spalle. Finalmente, nel 1676 vide la luce Mémoires pour servir à l'histoire des plantes, che avrebbe dovuto essere il preludio all'enciclopedica Histore des Plantes, ed invece sarebbe rimasto senza seguito. L'opera è divisa in due parti: un'ampia prefazione, intitolata Projet de l'Histoire des plantes, scritta da Dodart (la esaminerò nel post dedicato a quest'ultimo) e Descriptions de quelques plantes nouvelles, con le descrizioni di 40 piante rare o comunque mai descritte in precedenza, nella maggior parte dei casi provenienti dall'America, scritte da Marchant. Di lunghezza assai variabile, da qualche riga a una pagina, esse per lo più si concentrano sugli elementi distintivi, dalla radice ai fiori, aggiungendo l'eventuale odore, il gusto, il periodo di fioritura e qualche indicazione di coltivazione; in contraddizione con la premessa teorica, l'analisi chimica non è mai presente e anche le descrizioni stesse non corrispondono agli alti standard esposti da Dodart nella prefazione: "E' desiderabile che ogni pianta sia descritta in modo tale che sia impossibile confonderla con quelle che sono già state scoperte, e, anche, se osiamo dirlo, con nessuna di quelle che potranno essere descritte". Talvolta è indicato chi procurò la pianta; ad esempio di Trifolium echinatum capite (Trefle teste herissée) leggiamo: "M. Magnol, dottore in medicina, assai curioso e sapiente nella conoscenza delle piante, ce l'ha inviata da Montpellier". La descrizione di ciascuna specie è preceduta da un'incisione a piena pagina di ammirevole precisione e finezza, disegnata e incisa ad acquaforte da Nicolas Robert. Nei dieci anni successivi, il progetto va avanti e si precisa una specie di lenta routine. Robert e altri, tra cui Louis de Châtillon che ne prosegue l'opera dopo la sua morte nel 1685, disegnano e incidono 319 tavole, con una spesa che dovette essere indubbiamente notevole, poiché il disegno di ogni tavola è pagato 22 livres e l'incisione tra 85 e 97 livres, Bourdelin, fino alla morte nel 1699, fa numerose analisi, senza tuttavia raggiungere alcun risultato concreto. Nel Petit Jardin Nicolas Marchant coltiva piante rare, le descrive e passa gli esemplari ai pittori e a Bourdelin. Nel 1676 muore, ma il suo lavoro viene continuato dal figlio Jean (1650-1738) che nel solo 1680 fa venire "da paesi stranieri" i semi di ben 500 piante. Eppure né le sue descrizioni né le analisi di Bourdelin saranno mai pubblicate e l'opera finì per essere accantonata. Certamente contò non poco la morte di Colbert (1683); i suoi successori, prima Louvois poi Pontchartrain, dimostrarono un interesse quanto meno tiepido verso il progetto. Ma soprattutto Marchant perse il suo principale protettore proprio mentre il suo anniversario Fagon faceva carriera, divenendo prima medico della regina e dal 1693 archiatra e intendente del Jardin du roi. Contemporaneamente, proprio grazie al sostegno di Fagon, Pitton de Tournefort si affermava come nuova stella della botanica francese. Arrivato a Parigi nel 1683 come sotto dimostratore supplente di Fagon, presto divenne un caposcuola e un insegnante carismatico; nel 1691 fu ammesso all'Accademia delle scienze come terzo botanico accanto a Dodart e Jean Marchant. Secondo l'Histoire de l'Academie Royale des Sciences tra il 1691 e il 1693 collaborò con loro alle descrizioni per l'Histoire des plantes, ma di fatto si era ormai verificato un mutamento di paradigma scientifico. Contemporaneamente, per i suoi studenti stava scrivendo l'opera fondativa della botanica moderna, Elemens de botanique. L'era dei cataloghi sul modello del Pinax era tramontata, per lasciare il posto alla sistematica. Nel 1694, a sancire il passaggio, tre eventi simbolici: la pubblicazione di Elemens de botanique, la ristrutturazione delle aiuole del Jardin con le piante classificate secondo il sistema di Tournefort, la sopressione del posto di "concierge et directeur de la culture des plantes". L'Accademia prese atto del cambiamento di paradigma e abbandonò definitivamente l'Histoire des plantes. Mentre Dodart, uomo disinteressato dal carattere mite, accettò il fatto compiuto, Marchant non si rassegnò. Rimasto senza incarichi ufficiali, senza finanziamenti, né una pensione, privato del giardino sperimentale, continuò a descrivere nuove piante, forse in vista di un'opera propria che non riuscì a finire. L'Accademia pubblicò sporadicamente qualche sua memoria, in cui si rivela eccellente osservatore. Tra le più significative, Sur la Production de nouvelles especes de plantes, pubblicato nel 1719 in cui fu tra i primi a documentare, attraverso lo studio di Mercurialis annua, che le forme delle piante possono mutare, contraddicendo così l'idea allora dominante che le specie non cambiano nel tempo e conservano la forma data da Dio al momento della creazione. E' dunque considerato uno dei primi precursori dell'evoluzionismo. Un errore fecondo, ovvero la scoperta di Marchantia Le capacità di osservazione, ma anche l'indipendenza di pensiero di Jean Marchant sono confermate da un'altra memoria, pubblicata negli atti dell'Accademia nel 1713, Nouvelle Découverte des Fleurs et des Graines D'une Plante rangée par les Botanistes sous le genre du Lichen. Osservando con la lente di ingrandimento una pianta nota fin dai tempi antichi e classificata tra i licheni, osservò strutture riproduttive che prese per fiori e semi. Non lo erano; giusta invece la conclusione: non si trattava di un lichene, ma una pianta appartenente a un genere del tutto nuovo. Lo chiamò Marchantia in memoria di suo padre "il fu M. Marchant che per primo ebbe l'onore di occupare il posto di botanico in questa accademia, quando il re creò questa istituzione nel 1666". Ne approfittò anche per togliersi un sassolino dalle scarpe: per definire le caratteristiche dei licheni fece riferimento al "più moderno di questi autori"e alle sue Institutiones rei herbariae, ovvero a Tournefort; dopo aver dimostrato anche partendo da questa premessa che la specie in questione non è un lichene, concluse: "La scoperta di questo fenomeno [= la fioritura di Marchantia] è stata a lungo celata ai botanici, dal momento che lo stesso M. Tournefort, che ha definito il carattere generico di Lichen, non ne fa menzione". Ufficializzato da Linneo, Marchantia è uno dei generi più noti e tipici delle epatiche, tanto da dare il nome non solo a una famiglia (Marchantiaceae), ma alla divisione (Marchantiophyta) che comprende tutte le epatiche. Insomma, almeno da questo punto di vista, la mossa di Jean Marchant per sottrarre suo padre dall'oblio si è rivelata decidamente vincente. Marchantia comprende da venti a quaranta specie (il numero varia di molto da uno studioso all'altro), presenti in tutto il mondo, soprattutto in ambienti umidi. Sono caratterizzate da un tallo appiattito a forma quasi di nastro, differenzato in due strati: quello superiore, con epidermide ben definita e provvista di pori, che provvede alla fotosintesi; quello inferiore con funzione di riserva. Il tallo presenta piccole strutture a forma di coppa chiamate gemme, contenenti piccoli pezzi di tessuto utilizzati per la riproduzione asessuata. Può infatti riprodursi sia in modo asessuato, sia in modo sessuato, tramite strutture riproduttive dette anteridi (maschili) e archegonia (femminili). Non producono semi, ma spore. La specie studiata da Marchant è M. polymorpha, un'epatica a diffusione planetaria (tutti i continenti ad eccezione dell'Antartide), altamente variabile, con numerose sottospecie. Dioica, presenta strutture riproduttive maschili e femminili su piante separate; probabilmente a ingannare Marchant che li scambiò per fiori furono gli archegoniofori costituiti da uno stelo con raggi a forma di stella. Questa specie è spesso visibile anche nei nostri giardini dove può infestare vasi e strutture. E' anche una pianta pioniera, spesso la prima a crescere dopo un incendio. A causa della forma del tallo, che può ricordare vagamente quella del fegato, sulla base della dottrina delle segnature per secoli è stata ritenuta un rimedio per le malattie di questo organo; da questa credenza deriva il nome "epatica".
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Secondo Fontenelle, che come d'uso fu incaricato dall'Accademia delle scienze di scriverne l'elogio funebre, la vita del dottor Morin era regolata in modo rigidissimo, "con un ordine quasi altrettanto uniforme e preciso dei movimenti dei corpi celesti". Ogni sera, andava a letto alle sette, per alzarsi alle due. Dedicava poi tre ore alla preghiera, spesso assisteva a una messa a Notre Dame, quindi trascorreva la mattinata in ospedale. Alle undici era ora di mangiare (una cosa di poco momento, visto che si nutriva di pane e acqua); se faceva bello, andava al Jardin des Plantes, dove rimaneva fino alle due. C'erano poi le visite ai poveri, quindi si richiudeva nella sua camera a studiare. Se qualcuno veniva a trovarlo, pazienza: "Quelli che vengono a trovarmi mi fanno onore, ma quelli che non vengono mi fanno piacere". Fu questa vita così regolare, così scandita con precisione dall'orologio a fare di Louis Morin un precursore della meteorologia: infatti per cinquant'anno annotò prima su un grosso registro, poi, quando divenne troppo pesante per le sue scarse forze di vecchio, su fogli volanti, la temperatura rilevata tre volte al giorno a ore fisse, le variazioni di pressione e umidita, lo stato del cielo e tutti i fenomeni atmosferici. Un materiale preziosissimo che fa la gioia di storici del clima e non solo. Non ha scritto nulla di botanica, che pure amava con passione, ma si è guadagnato la stima e la riconoscenza di Tournefort, che gli dedicò lo spinoso ma bellissimo genere Morina. Il registro del clima del dottor Morin Nel 1700, prima di partire per il suo viaggio in Oriente, Joseph Pitton de Tournefort cercò un supplente che lo sostituisse nelle dimostrazioni al Jardin des Plantes. Invece di rivolgersi a uno dei giovani assistenti del giardino, come Sébastien Vaillant, pensò a un medico già anziano, ma di grande esperienza e reputazione, Louis Morin (1635-1715), detto di Saint-Victor. Morin era nato a Le Mans e, secondo un cliché ricorrente nelle biografie dei botanici, si innamorò delle piante fin da ragazzino; il suo primo maestro fu un contadino che riforniva di "semplici" le farmacie della città. Si dice che gli pagasse le "lezioni" passandogli una parte del suo cibo; in tal modo, iniziò quell'abitudine alla sobrietà da cui mai si sarebbe discostato. Venuto a Parigi per studiare medicina, si nutriva solo di pane e acqua per dedicarsi interamente allo studio. Nel 1662 si laureò e incomincò ad avere fama di medico eccellente; entrò così all'Hôtel-Dieu; continuava a vivere da asceta, concedendosi talvolta qualche frutto, e, di nascosto, metteva i suoi guadagni nella cassetta delle elemosine. Per la sua grande reputazione, fu scelto come medico personale dalla duchessa di Guisa; mentre in precedenza si muoveva solo a piedi, ciò lo costrinse a prendere una carrozza. Ma nel 1688, quando la dama morì, se ne sbarazzò, e si ritirò a vivere nell'abbazia di San Victor, senza neppure un domestico, nonostante Mlle de Guise gli avesse lasciato una pensione di 2000 livres. Da quel momento, curò solamente i poveri. Gli anni e le infermità della vecchiaia lo costrinsero a integrare la dieta con un po' di riso e un'oncia di vino al giorno (circa 30 ml) attentamente misurata e assunta come una medicina. Della sua abilità come medico fa fede il medico reale Denis Dodart che scrisse: "Morin è indubbiamente il medico più abile di Parigi, e il meno ciarlatano". Non aveva però mai abbandonato l'interesse per la botanica; creò un notevole erbario e nel 1699 proprio come botanico fu ammesso come membro associato all'Accademia delle scienze; nel 1707 divenne membro effettivo, succedendo proprio a Dodart. Oltre a sostituire Tournefort durante la sua assenza, partecipò al catalogo del Jardin des Plantes dove, secondo la testimonianza di Fontenelle, se il tempo era bello si recava ogni giorno. Il suo contributo più importante riguarda la meteorologia. Per circa cinquant'anni, annotò su un apposito registro la temperatura, osservata tre volte al giorno (presumibilmente, tra le 5 e le 6 il mattino, tra le 14 e le 15 il pomeriggio e tra le 18 e le 19 la sera), le variazioni barometriche, l'umidità dell'aria, il vento, la nebbia, lo stato del cielo, la pioggia e altri fenomeni atmosferici. Alla fine degli anni '80 del Novecento questo diario meteorologico è stato riscoperto e attentamente studiato da Jean-Pierre Legrand et Maxime Le Goff; si tratta in effetti di un documento di estremo interesse tanto per i meteorologi quanto per gli storici. Morin si spense serenamente a 79 anni, "senza malattia, unicamente per mancanza di forze", sempre secondo Fontenelle. Grande erudito, dedicava il tempo libero dagli impegni professionali allo studio, e lasciò una notevole biblioteca, un medagliere e un erbario. Scrisse invece pochissimo; compilò un indice assai completo delle opere di Ippocrate in greco e in latino, rimasto però allo stato di manoscritto. Una pianta "orrida" ma bellissima Questo medico austero o santo laico entra nella tassonomia botanica grazie a Tournefort che al suo ritorno dall'Oriente espresse la sua riconoscenza al proprio "supplente" con la dedica di una pianta orientale. Le circostanze di questa dedica sono così raccontate nella relazione del viaggio. Tournefort e i suoi compagni si trovavano in una amena valle nei pressi di Erzurum dove c'erano numerosi mulini: "In uno di questi mulini avemmo il piacere di procedere alla nomina di uno dei più bei generi di piante del Levante, dandogli il nome di una persona molto stimabile per la sua scienza e la sua virtù. E' il signor Morin dell'Accademia reale delle Scienze, dottore in medicina della facoltà di Parigi, che per una singolare fortuna ha coltivato questa pianta da seme nel suo giardino all'abbazia di Saint Victor. Dico una singolare fortuna perché i semi non sono germinati né al Jardin Royal né in altri giardini dove li avevo fatti seminare. Sembra che [la pianta] si glori di portare il nome di M. Morin, che ha sempre amato e coltivato la botanica con passione". Grazie alla testimonianza di Tournefort, scopriamo così che a Saint Victor Morin aveva un giardino, dove fu il primo a coltivare Morina orientalis, ribattezzata M. persica da Linneo, che ufficializzò il genere istituito da Tournefort. In precedenza assegnato a una famiglia propria (Morinaceae), oggi fa parte delle Caprifoliaceae e comprende una quindicina di erbacee perenni distribuite nell'Eurasia, dai Carpazi all'Himalaya orientale e al Myanmar, attraverso il Vicino oriente, l'Asia centrale e la Cina, il principale centro di diversità con otto specie. Sono soprattutto specie montane, anche se crescono in una varietà di ambienti, tra cui affioramenti rocciosi, prati alpini, pendii aridi, margini di pinete, e persino aree umide di alta quota fino a 4800 metri. Ricche di costituenti chimici e aromatici, alcune specie trovano impiego nella medicina tradizionale cinese. Sono robuste erbacee perenni, talvolta munite di un breve caudice legnoso, Le foglie, unite in verticilli di 3-4, piuttosto varie da una specie all'altra, sono spesso spinose e profumate, I fiori sono riuniti in diversi giri successivi (verticillastri), protetti da bratte simili a foglie; avvolti da un involucello con denti spinosi, hanno lungo tubo calicina e corolla irregolare con due labbra e lembo diffuso. Il frutto è un achenio colonnare rugoso. Alcune specie, come le himalayane M. longifolia e M. nepalensis, sono talvolta coltivate in bordure assolate e giardini rocciosi, in particolare la seconda, una specie in miniatura di notevole bellezza. PS In alcuni siti si legge che il genere è dedicato al giardiniere parigino René Morin che nella prima metà del Seicento possedeva un notevole giardino con piante rare. Si tratta di un'informazione errata; la dedica di Tournefort è inequivocabile, e ad essa fa riferimento Linneo che in Hortus cliffortianus precisa: "Questa pianta, tanto terribile per le spine quanto bella e piacevole per i fiori, fu dedicata da Tournefort al dott. Morin suo supplente nell'orto botanico parigino nel periodo del suo viaggio". Potremmo anche pensare a un ritratto vegetale: le temibili spine di M. persica potrebbero alludere alla spigolosità del carattere del buon dottore, che a ogni compagnia preferiva se stesso, la bellezza dei fiori alla sua bontà caritatevole. Non c'è dubbio che Joseph Dalton Hooker, che sempre si firmò modestamente Hook.f., sia stato un botanico ancora più grande del padre, uno dei maggiori e più influenti dell'Ottocento. In gioventù visitò luoghi che nessun botanico aveva toccato primo di lui: le isole e i gelidi mari australi, i monti del Sikkim e dell'Assam. Rischiò di morire in un naufragio e per le sue amate piante affrontò la prigionia. Raccoglitore instancabile, arricchì i giardini e l'erbario di Kew, dove ora regnava suo padre, con migliaia e migliaia di esemplari (e anche i nostri giardini con piante meravigliose, primi tra tutti gli amati rododendri). Amico e confidente di Darwin, si batté per l'affermazione scientifica dell'evoluzionismo. Come direttore di Kew, non dovette affrontare né le tempeste e i ghiacci dell'Antartide, né i sospetti di un raja, ma l'invidia e la malvagità di un piccolo politicante da strapazzo. Affrontò anche questa battaglia con calma e razionalità, com'era nel suo carattere e nel suo stile. Lo ricordano due piccoli generi, ciascuno originario dei due mondi di cui fu esloratore: le isole dei mari meridionali e l'India. Un'avventura tra i ghiacci Il 7 luglio 1860, sette mesi dopo la pubblicazione dell'Origine delle specie di Darwin, nel Museo dell'Università di Oxford va in scena il celebre "Oxford evolution debate". Solitamente, come partecipanti più incisivi sono ricordati, da una parte, contro Darwin il vescovo Samuel Wilberforce, dall'altra, a suo favore, Thomas Henry Huxley; tuttavia l'intervento forse più convincente fu quello di Joseph Dalton Hooker, che concluse la serata. Ai suoi argomenti, Wilberfoce non trovò nulla da contrapporre: "Sam rimase zitto, non ebbe una parola da dire in risposta e la riunione fu immediatamente sciolta". Al momento del dibattito Joseph Dalton Hooker (1817-1911), figlio del direttore di Kew sir William Jackson Hooker ed egli stesso vicedirettore, era già un botanico stimatissimo, protagonista di due avventurose spezioni e autore tra l'altro di opere come Flora Anctartica, The Rhododendrons of Sikkim–Himalaya, Flora indica e Handbook of the British Flora. Nel 1865, alla morte del padre, gli sarebbe succeduto, confermandosi come figura leader della botanica non solo britannica. William Jackson Hooker e la moglie Maria Sarah Turner avevano avuto due figli, William Dawson e appunto Joseph Dalton, e tre figlie. Il maggiore era un botanico promettente; si laureò in medicina e ad appena 21 anni pubblicò il resoconto di un viaggio in Norvegia. Non godeva però di buona salute e, nella speranza di un miglioramento, si trasferì in Giamaica dove morì ventiquattrenne nel 1840. A seguire le orme del padre fu dunque il secondogenito Joseph. Si dice che abbia sviluppato un precoce interesse per la botanica, seguendo le lezioni paterne fino dall'età di sette anni. Dal padre, apprese anche l'arte del disegno, che gli sarebbe stata molto utile nei suoi viaggi. Studiò alla Glasgow High School, quindi all'università di Glasgow, laureandosi in medicina nel 1839. Fresco di laurea, entrò nel servizo medico navale e prese parte parte alla spedizione Ross in Antartico come assistente chirurgo della nave Erebus. Protrattasi per quasi quattro anni (1839-43), la spedizione, promossa dalla British Association for the Advancement of Science (BA) aveva lo scopo di esplorare i mari antartici per individuare il polo magnetico meridionale. Sotto la guida dal capitano James Clark Ross, un marinaio di grande esperienza che aveva preso parte all'individuazione del polo magnetico settentrionale e aveva percorso otto volte i mari antartici, comprendeva due navi dallo scafo irrobustito per affrontare i ghiacci, Erebus, comandata dallo stesso Ross, e Terror, comandata dal secondo Francis Crozier. Nelle stive, equipaggiamenti all'avanguardia, abiti pesanti, un piccolo gregge di pecore e viveri per tre anni, compresi barili di crauti e zuppe di verdura per prevenire lo scorbuto. Con i suoi 23 anni, Hooker era il più giovane dei 129 uomini dell'equipaggio. Il suo compito, come assistente del primo chirurgo Robert McCormick, era raccogliere esemplari zoologici e geologici; il suo "capo" era un veterano, avendo già visitato i mari meridionali come chirurgo del secondo viaggio del Beagle, quello al quale avena partecipato come "gentiluomo viaggiatore" Charles Darwin; e nella nutrita biblioteca che Hooker portò con sé c'era anche il resoconto darwiniano di quel viaggio. Le navi partirono il 30 settembre 1839 e nella loro rotta verso i mari del sud toccarono diverse isole: Madera, Tenerife, Santiago e Santa Maria nell'arcipelago di Capo Verde, l'isolotto di São Paulo e Trindade al largo del Brasile, Sant'Elena; ovunque Hooker fece raccolte di piante, incominciando ad elaborare la sua teoria sulla flora insulare. Durante la navigazione, invece, raccolse esemplari di alghe e animali marini servendosi di due reti. Le navi quindi doppiarono il Capo di Buona Speranza, entrando nell'Oceano meridionale. Sostarono brevemente nell'Île de la Possession nell'arcipelago Crozet, quindi raggiunsero le Kerguelen, dove si fermarono alcuni giorni, permettendo a Hooker di esplorare a fondo la flora: il suo bottino fu di 18 angiosperme, 35 muschi ed epatiche, 25 licheni e 51 alghe. La tappa successiva fu Hobart in Tasmania, dove giunsero nell'agosto 1840. Seguirono cinque mesi di navigazione nei mari antartici per individuare il Polo magnetico meridionale. Il giorno di Natale avvistarono il primo iceberg e il capodanno del 1841 superarono il Circolo polare antartico. Tre giorni dopo raggiunsero il limite della banchisa e, speronando il bordo del ghiaccio, riuscirono ad aprirsi un varco e a proseguire una difficile navigazione tra il mare aperto e banchi di ghiaccio. Finalmente, dopo una settimana, raggiunsero una vasta laguna: era il mare di Ross, come sarebbe stato chiamato in onore del comandante. A sud, finalmente, avvistarono terra. Dopo averne seguito la costa per due settimane, il 27 gennaio assistettero all'eruzione di un altissimo vulcano, battezzato Erebus in onore della nave ammiraglia, mentre un secondo vulcano fu battezzato Terror. Qualche giorno dopo, la scoperta di una barriera di ghiaccio invalicabile mise fine a questa parte del viaggio. Del resto, dopo cinque mesi di navigazione in mari così difficili, era ora di raddobbare le navi. Si tornò quindi per il raddobbo a Hobart. Poi fu la volta di Sydney e della Baia delle Isole (Bay of Islands) in Nuova Zelanda, eslorata tra agosto e novembre 1841. Era di nuovo estate (le stagioni nell'emisfero sud sono invertite) ed era ora di affrontare una seconda volta i ghiacci antartici. Ebbero però meno fortuna; nel gennaio 1842 nel mare in burrasca entrambe le navi persero i timoni e l'Erebus fu spogliato del rivestimento di rame. Solo dopo molti giorni poterono liberarsi dalla morsa dei ghiacci e invertire la navigazione. Avevano raggiunto il punto più a sud mai toccato in navigazione (78° 11'); sarebbe rimasto insuperato per sessant'anni. Il 13 marzo un incidente rischiò di mettere fine in modo tragico alla spedizione. L'Erebus entrò in collisione con la Terror, spezzandone il bompresso. Le due navi andarono alla deriva verso due iceberg, separati tra loro da appena 18 metri. Prima la Terror, poi l'Erebus riuscirono a insinuarsi nello stretto passaggio. Navigando verso nord raggiunsero le Falkland, dove Hooker strinse amicizia con il governatore Moody, che gli mise a disposizione la sua eccellente biblioteca. Fu poi la volta della Terra del Fuoco e nuovamente delle Falkland. Nel dicembre 1872 iniziò la terza sortita antartica, che fu più breve e non si spinse così a sud come le precedenti. Dopo uno scalo nell'isola Cockburn, fu infatti esplorata la penisola antartica, l'estremità più settentrionale del continente. La grande avventura era giunta al termine: toccando il Capo, Sant'Elena e l'Ascension, le navi rientrarono in Inghilterra il 4 settembre 1843. Ross aveva confermato che l'Antartide era un continente, mappandone un tratto di costa, e fu premiato con il cavalierato. Quanto a Hooker, non si era certo annoiato in quei mari che i naturalisti che li avevano affrontati prima di lui avevano considerato privi di vita e di interesse. Oltre alle piante, raccolse una miriade di origanismi marini, dalle diatomee ai piccoli crostacei, Senza contare la fauna di dimensioni maggiori, come foche, leoni marini, pinguini e altri uccelli. In tutti gli scali, e specialmente in Tasmania, Nuova Zelanda e nelle Falkand, raccolse un vasto numero di esemplari. Ne diede contro nei sei volumi di The Botany of the Antarctic Voyage; i primi due, Flora Antartica, furono pubblicati tra il 1844 e il 1847; documentavano molte piante di nuova scoperta e divennero un testo di riferimento per la botanica dell'Antartide e dell'emisfero sud. La reputazione di Hooker come tassonomista e come esperto di queste flore gettò le basi dell'amicizia con Darwin; i due si erano già incontrati una volta prima del viaggio e, come abbiamo visto, Hooker aveva portato con sè Viaggio di un naturalista intorno al mondo; al suo ritorno dall'Antartide, Darwin gli chiese di aiutarlo a classificare le piante raccolte alle Galapagos e in Sud America. Hooker accettò e da quel momento divenne amico e confidente di Darwin, che incoraggiò e seguì nell'elaborazione dell'evoluzionismo con i suoi consigli assennati e tranquilli. Anni dopo Darwin avrebbe scritto di lui: "E' l'unica anima viva da cui abbia ricevuto costantemente simpatia". All'esplorazione della flora indiana e himalayana Mentre Joseph Dalton Hooker navigava i mari antartici, suo padre aveva fatto carriera. Nel 1841 era stato nominato direttore di Kew e aveva lasciato Glasgow e la cattedra di botanica. La sua nuova posizione e le connessioni con l'ammiragliato gli permisero di ottenere da quest'ultimo una sovvenzione di 1000 sterline per le tavole illustrate di Botany of the Antarctic Voyages e uno stipendio annuo di 200 sterline per Joseph. Non poté invece incidere sulla sua carriera accademica. Nel 1845 Joseph Dalton Hooker fece domanda per la cattedra di botanica all'università di Edimburgo. Tuttavia gli fu contrapposto e preferito in quanto botanico locale John Hutton Balfour. Venne così a liberarsi la cattedra all'università di Glasgow, alla quale Balfour era succeduto a Hooker padre, ma Joseph Dalton Hooker la rifiutò, accettando invece la posizione di botanico del Geological Survey of Great Britain, che gli avrebbe permesso di rafforzare le sue abilità di ricerca sul campo. Incominciò così a interessarsi di paleobotanica, per studiare le piante fossili contenute nei carboni dei giacimenti del Galles. Vi lavorò però per appena un anno, perché il suo vero obiettivo era tornare a viaggiare. Nel 1847 ricevette ufficialmente dal padre l'incarico di viaggiare in India e nell'Himalaya come raccoglitore di Kew. Il servizio geologico lo incaricò anche di studiare piante fossili in India e in Borneo. Lasciò l'Inghilterra nel novembre 1847. Era l'inizio di un viaggio di tre anni, molto più confortevole e meno pericoloso del precedente. Imbarcatosi sulla Sidon, raggiunse Suez per reimbarcarsi alla volta di Calcutta, dove giunse il 12 gennaio 1848. Pochi giorni dopo ne ripartiva per unirsi alla ricognizione geologica sotto la guida di David Hiram Williams; già il 3 marzo però lasciò i geologi per spostarsi in elefante a Mirzipur, e da qui in battello sul Gange fino Siliguri e poi a cavalo di un pony fino a Darjeeling, dove arrivò il 16 aprile e stabilì la propria base. Ospitato dal naturalista Brian Houghton Hodgson, incontrò il rappresentante della Compagnia delle Indie che negoziò con delegati del Rajah del Sikkim l'ammissione propria e di Hooker nel paese. Mentre le trattative si dilungavano, Hooker esplorò il Bengala con il residente locale Charles Barnes, quindi navigò lungo il Runjeet River fino alla confluenza con il Teesta River, esplorando il monte Tonglu al confine con il Nepal. Il 27 ottobre 1848, accompagnato da numerosi portatori, era in partenza per il Nepal; via Zongri esplorò il Kangchenjunga, qui passò nel Tibet da dove contava di entrare nel Sikkim. Nella primavera del 1849 il gruppo, che ora comprendeva anche Campbell, si mosse lungo la valle di Lachen, quindi il Kongra Lama Pass e il Lachoong Pass. Erano paesaggi magnifici, pieni di fiori, tra cui spiccavano i rododendri, e le raccolte compensavano gli attacchi delle sanguinsughe e l'incessante pioggia gelida. Mentre si dirigevano verso il passo Cho Lo Campbell e Hooker furono arrestati per ordine del primo ministro del Sikkim e portati a Tumlong, all'epoca capitale del paese. L'intenzione era probabilmente usarli come ostaggi nel braccio di ferro che contrapponeva il Sikkim alla Compagnia delle Indie per i diritti doganali sul Morang. Ne seguì una crisi diplomatica, che si ritorse pesantemente contro il paese himalayano. Immediatomente truppe della compagnia si ammassarono a Darjeeling, mentre la stampa britannica parlava di "barbarie" e di oscurantismo contro la scienza e il progresso, e invocava a gran voce la necessità di impartire una lezione "se necessario, con la forza". Di fronte alla minaccia di invasione, il rajah capitolò e dopo un mese e mezzo di detenzione Campbell e Hooker furono rilasciati. Ma la loro avventura aveva offerto ai britannici il migliore dei casus belli: seguì una spedizione punitiva e nel 1853 il distretto di Morang fu annesso all'India britannica, mentre il Sikkim perse l'indipendenza divenendo un protettorato. Ma torniamo a Hooker, forse inconsapevole cavallo di Troia di questa ordinaria storia di colonialismo. Tornato a Darjeeling, dedicò i primi mesi del 1850 a rivedere il diario, a sostituire gli esemplari persi durante la detenzione e a pianificare la prossima meta. Non aveva intenzione né di tornare in Sikkim né di spostarsi in Borneo, secondo gli accordi iniziali con il servizio geologico; optò invece per l'Assam, dove avrebbe esplorato le Khasi Hills, dove lo attendeva la più elusiva delle orchidee: l'azzurra Vanda coerulea. Accompagnato da Thomas Thomson, amico e compagno di studi all'università di Glasgow, lasciò Darjeeling il 1 maggio per raggiungere la Baia del Bengala e addentrarsi nell'interno a dorso d'elefante. Stabilì poi il suo quartier generale a Curra, dove rimase fino all'inizio di dicembre, al momento della partenza per Inghilterra. La spedizione fruttò la raccolta di circa 7000 specie, numerose delle quali ancora sconosciute alla scienza. Ad arricchirsene fuorno in primo luogo le collezioni di Kew, ma anche i giardini britannici. Insieme a Thomson, pubblicò Flora indica, una descrizione sistematica della flora dell'India britannica; anche se per mancanza di fondi poté pubblicarne solo il primo volume, il saggio introduttivo è considerato una pietra miliare sia della geografia della flora indiana sia più in generale della fitogeografia. Con la collaborazione di Fitch, che rivide e corresse i disegni di artisti locali, pubblicò poi Illustrations of Himalayan Plants (1855), una collezione di splendide tavole con le proprie descrizioni. Non meno importante il diario di viaggio (Himalayan Journals), pubblicato nel 1855 e dedicato a Darwin. Proprio i suoi viaggi lo avevano convinto della fondatezza delle idee dell'amico di cui, come abbiamo visto all'inizio, prese pubblicamente le difese non solo nel dibattito di Oxford, ma anche nelle sue opere. Nel 1859, nel saggio introduttivo a Flora Tasmaniae fu il primo scienziato a sostenere apertamente le teorie darwiniane. A partire dal 1864, fu uno dei nove membri del cosiddetto x-Club che, da gruppo di amici che si incontravano per cenare insieme, si trasformò in una potente lobby a sostegno dell'evoluzonismo e da una scienza liberata da ogni influenza teologica, Direttore a Kew, tra onori e scontri Ne era in effetti uno dei membri più noti ed influenti. Fin dal ritorno dall'Antartide e ancora più dopo il viaggio indiano, i risultati straordinari delle sue raccolte e le pubblicazioni ne avevano fatto una delle figure più eminenti della scienza britannica. Nel 1855 fu nominato vicedirettore di Kew; dieci anni dopo, sarebbe succeduto al padre come direttore, incarico che avrebbe mantenuto per vent'anni, fino al pensonamento. Nel 1847, appena trentenne, era stato ammesso alla Royal Society e dal 1873 al 1877 ne sarebbe stato il presidente. Nel 1869 fu nominato cavaliere dell'ordine del bagno e da quel momento, come suo padre, poté anteporre al suo nome il titolo onorifico Sir. Proprio come il padre, univa a una vigorosa attività ammnistrativa come direttore dell'orto botanico, di cui continuava ad accrescere le collezioni e il peso scientifico, una poderosa massa di pubblicazioni. Ci furono anche alcuni altri viaggi, più brevi e meno avventurosi di quelli giovanili. Nell'autunno del 1860 visitò la Siria e la Palestina insieme a Daniel Hanbury; in una serie di articoli che ne trasse Hooker riconobbe tre regioni fitogeografiche: Siria e Palestina occidentale; Siria e Palestina orientale; regioni montane della Siria centrale e superiore. Tra aprile e giugno 1871, con alcuni amici e un giardiniere di Kew, visitò il Marocco. Infine nel 1877 visitò gli Stati uniti su invito di Asa Gray, da tempo suo corrispondente. Lo scopo era, da una parte, stabilire la linea di demarcazione tra la flora artica dell'America e quella della Groenlandia, dall'altra indagare il problema scientifico della presenza nella flora dell'America orientale di connessioni con le flore dell'Asia orientale e del Giappone. Un esempio tipico è quello del glicine (genere Wisteria), con quattro specie, una cinese, due giapponesi e una degli Stati Uniti orientali. Hooker e Gray ipotizzarno un precedente collegamento terrestre e distruzioni di biodiversità causate dalle glaciazioni. Hooker visitò numerose città e istituzioni botaniche, si mosse in ferrovia ma fece anche lunghe escursioni a piedi e scalò la Sierra Blanca. Tra i luoghi visitati, Colorado Springs, Denver e Salt Lake City per un'escursione alla Wasatch Range, Reno, Carson City, Silver City e la Sierra Nevada, Yosemite e Calaveras Grove. Il viaggio si concluse a San Francisco e a ottobre Hooker tornò a Kew con un migliaio di exsiccata. Tra le opere principali, oltre a quelle già citate, il completamento delle Florae Anctarticae con i volumi dedicati alle flore della Nuova Zelanda (1853) e della Tasmania (1859); Flora of British India, pubblicato in sette volumi tra il 1872 e il 1897, che gli guadagnò la nomina a Knight Grand Commander dell'ordinde della Stella dell'India (di cui era già Knight Commander dal 1877); la momentale Genera plantarum in collaborazione con George Bentham; il completamento di The Handbook of the British flora, iniziato da Bentham. Ancora a 87 anni, nel 1904, pubblicò A sketch of the Vegetation of the Indian Empire. Continuò il progetto paterno di Icones plantarum e la cura del "Curtis's". Tuttavia nel 1877 ruppe con Fitch, che fino a quel momento aveva illustrato tutte le sue pubblicazioni. Dopo un breve interregno durante il quale le illustrazioni furono preparate da sua figlia Harriet, l'incarico di illustratrice ufficiale di Kew passò a Mathilda Smith. Non fu la sua sola amarezza con direttore di Kew. La crescita dell'erbario, di cui fu il massimo responsabile con le migliaia di esemplari raccolti in Antartide e in India, portò a una rivalità con l'erbario del British Museum e il suo direttore, Sir Richard Owen. A rendere ancora più tese le relazioni con quest'ultimo, fu l'adesione al darwinismo e al x-club. Si arrivò alla rottura quando nel 1868 Hooker propose che l'intera collezione di Banks fosse trasferita dal British Museum a Kew, accusando tra l'altro il museo di cattiva gestione. Owen trovò un sostenitore in parlamento nel deputato Acton Smee Ayrton, nominato da Gladstone primo segretario del dipartimento delle finanze e membro del Board of Works da cui Kew dipendeva per i finanziamenti. Nell'intento di ridurre le spese pubbliche, Ayrton propose di trasferire le costose attività scientifiche di Kew, considerato un puro doppione, e di trasformare il giardino in un semplice parco pubblico, Cercò inoltre di minare l'influenza di Hooker agendo alle sue spalle, interferendo con tutte le decisioni, tagliando i finanziamenti e sottraendogli tutte le nomine, Lo scopo ultimo era costringere Hooker alle dimissioni. Il disgusto per l'orribile personaggio quasi lo spinse in questa direzione, finché si decise a contattare il segretario privato di Gladstone, Algernon West. John Lubbock presentò ai comuni una dichiarazione firmata da Darwin, Huxley, Bentham e altri a sostegno del valore scientifico di Kew e altri documenti furono presentati alla Camera dei Lord. Lord Derby chiese di visionare tutta la corrispondenza. Dall'inchiesta emerse anche che Ayrton aveva commissionato a Owen un rapporto, mantenuto segreto e quindi mai mostrato a Hooker, in cui accusava lui e suo padre di aver gestito male le piante e che il loro approccio alla botanica non fosse altro che "associare barbari binomi a erbacce straniere". Hooker rispose alle accuse punto per punto e anche la sua replica si aggiunse al dossier. Se ne discusse in parlamento e sulla stampa, provocando l'indignazione dell'opinione pubblica, che si schierò sempre di più con Kew e Hooker. Anche il Tesoro lo sostenne e censurò il comportamento di Ayrton. Non si arrivò però a un voto parlamentare; la faccenda finì in una bolla di sapone nel 1874 quando Gladstone trasferì Ayrton nominandolo Giudice Avvocato Generale. Poi il suo governo cadde e Ayrton non fu rieletto in Parlamento. Kew era salvo; l'elezione di Hooker a presidente della Royal Society nel 1873, proprio nel bel mezzo di questa polemica, testimonia della stima che i suoi colleghi scienziati nutruvano per lui e il suo lavoro. Nel 1885 Hooker - aveva compiuto 68 anni - decise di andare in pensione e di lasciare la direzione dell'orto botanico; gli succedette William Turner Thiselton-Dyer, marito di sua figlia Harriett. Nessuno dei suoi figli seguì le sue orme e la dinastia botanica Hooker terminò con lui. Non cessò per altro di studiare, scrivere, pubblicare. Tra l'altro, curò la pubblicazione del diario di Banks del viaggio dell'Endevour, diversi volumi indipendenti di Imperial Gazetteer of India e completò una flora di Ceylon. Attivo, in buona salute fisica e mentale, si spense nel sonno a 94 anni, nel 1911, dopo una breve malattia. Omaggi botanici L'opera di Joseph Dalton Hooker (Hook.f.) è ancora più imponente di quella del padre. L'International Plant Names Index (IPNI) gli attribuisce la creazione di oltre 9000 taxa; secondo Plants of the World on line, quelli accettati sono quasi 4000. Centinaia sono le piante con gli eponimi hookeri, hookerianus; molti certo ricordano il padre, ma la maggioranza si riferiscoe a lui; sono le piante del suo viaggio antartico, come Sagina hookeri, Pleurophyllum hookeri, Raoulia hookeri, le specie indiane e himalayane come Magnolia hookeri, Pleione hookeriana, Ficus hookeriana, Dendrocalamus hookeri e tante e tante altre, comprese quelle che non raccolse di persona ma studiò e pubblicò nei suoi numerosissimi libri e articoli. Gli furono dedicati quattro generi, due dei quali accettati. Partiamo da quelli che non lo sono: nel 1895 Tieghem pubblicò Hookerella, sinonimo di Tristerix; nel 1891 Kuntze Hookerina, sinonimo di Heteranthera. Quasi cent'anni dopo, il botanico russo Alekseev gli rese omaggio con Hookerochloa (Poaceae); questo piccolissimo genere comprende due specie di graminacee perenni dell'Australia orientale, presenti soprattutto nelle boscaglie e nelle foreste subalpine e montane, H. hookeriana e H. eriopoda. La prima fu raccolta in Tasmania da Hooker e pubblicata da Mueller sulla base della sua descrizione come Festuca hookeri. Il secondo genere valido ha una storia travagliata. Nel 1851 il chirurgo e botanico della Compagnia delle Indie Wight pubblicò come Josephia due orchidee indiane; ma il nome non era valido, perché bloccato da un precedente omonimo, dedicato da Salisbury a sir Joseph Banks (anch'esso non valido, ma ciò non ha importanza per le regole della nomenclatura). Nel 1883 in Genera Plantarum Bentham e lo stesso Hooker tentarono di rimediare togliendo una i, ma anche il loro Josepha rimaneva inaccettabile. A rimediare fu Kuntze che nel 1883 ribattezzò il genere Sirhookera; comprende due specie di piccole orchidee, S. lanceolata e S. latifolia, native delle foreste sempreverdi dell'India meridionale e dello Sri Lanka. Sono epifite, la prima acaule, la seconda con uno stelo brevissimo. Hanno foglie da oblunghe a ellittiche e piccoli fiori bianchi o bianchi con tocchi viola solitari o raccolti in un lungo racemo composto. Per quasi mezzo secolo, succedendo l'uno all'altro, William Jackson Hooker (Hook.) e suo figlio Joseph Dalton Hooker (Hook. f.) ressero l'orto botanico di Kew, che sotto la loro direzione si consolidò ed espanse, divenendo di gran lunga il maggiore del mondo. Impegnati in mille iniziative e autori prolifici, entrambi furono tra i più eminenti e influenti botanici delle loro rispettive generazioni. Il padre in gioventù fu un promettente briologo, e proprio agli anni giovanili risale la dedica del genere che lo onora, Hookeria, che dà anche il nome a una famiglia di muschi (Hookeriaceae); più tardi è venuto ad aggiungersi la dedica indiretta di un secondo genere di muschi, Hookeriopsis. Ritratto di un botanico da cucciolo Nelle coppie di padre e figli botanici che abbiamo incontrato finora, per le diverse vicende della tassonomia solo uno dei membri (solitamente il padre) è celebrato da un genere valido. Non è così per gli Hooker, entrambi onorati da almeno un genere accettato. Cominciamo dunque con il padre: William Jackson Hooker (1785–1865). Egli nacque a Norwich in una famiglia legata al commercio tessile. Il padre, Joseph Hooker, dopo un primo impiego presso i Baring Brothers, si dedicò agli affari a Norwich; uomo colto e curioso, era un appassionato botanico dilettante, in particolare di piante succulente. La madre, Lydia Vincent, proveniva invece da una famiglia di tessitori e artisti, che gli trasmise sensibilità estetica e inclinazione per il disegno. William da ragazzo amava leggere libri di scienze naturali, disegnare e raccogliere insetti, insieme al fratello maggiore Joseph. Entrò così in contatto con il reverendo Kirby, fondatore dell'entomologia britannica, che nel 1805 gli dedicò Apion hookeri, poi ribattezzato Apion hookerorum in onore di entrambi i fratelli. Fu invece la scoperta di un raro muschio (attualmente chiamato Buxbaumia aphylla) a metterlo in contatto con James Edward Smith che gli consigliò di rivolgersi al briologo Dawson Turner. Si interessava anche di ornitologia e amava studare e disegnare gli uccelli dal vero. L’eredità di una proprietà terriera dal padrino William Jackson gli garantì una certa indipendenza economica, permettendogli di viaggiare e di dedicarsi ai suoi interessi scientifici. Nel 1806 fu ammesso alla Linnean Society e si recò a Londra, dove visitò numerosi naturalisti, tra cui Banks. Sul piano personale, la sua relazione più importante fu tuttavia quella con Dawson Turner. Pur essendo un banchiere di professione, Turner dedicava tutto il suo tempo libero alla raccolta sul campo ed era un esperto riconosciuto di alghe e muschi. Tra il 1806 e il 1809, Hooker fu spesso ospite a Yarmouth da Turner e produsse le illustrazioni per la sua opera in quattro volumi Historia Fucorum. Nel 1807, durante un'escursione botanica, fu morso da una vipera: quasi in fin di vita, fu trasportato a casa Turner, dove fu curato e si rimise lentamente. Dopo la convalescenza, viaggiò in Scozia con Turner e sua moglie Maria, una notevole pittrice. In società con Turner e Samuel Paget, fu anche coinvolto nella gestione di una birreria, ma con scarso successo: gli mancava totalmente il senso degli affari. Nel 1808 visitò nuovamente la Scozia con l'amico William Borrer; sul Ben Nevis scoprì la nuova specie di muschio Andreaea nivalis, oggetto di una delle sue prime pubblicazioni. Sulle sue raccolte di muschi nei pressi di Holt si basò lo stesso anno James Edward Smith per stabilire il nuovo genere Hookeria, in un articolo illustrato da disegni dello stesso Hooker. Ormai un botanico promettente e riconosciuto, il suo vero sogno era viaggiare in paesi lontani. Su suggerimento di Banks — che a sua volta aveva visitato l'isola — il suo primo viaggio all'estero lo portò in Islanda. Arrivò a Reykjavík nel giugno 1809, quasi in coincidenza con il tentativo di rivolta indipendentista promossa dall'avventuriero danese Jørgen Jørgensen. Durante il viaggio di ritorno, un gruppo di prigionieri danesi incendiò la nave su cui viaggiava, con il risultato che quasi tutte le sue raccolte andarono perdute. Grazie alla sua buona memoria e all'aiuto di Banks, che gli mise a disposizione le sue collezioni, poté però scrivere, a partire da ciò che era rimasto del suo diario, una relazione sull'isola, i suoi abitanti e la sua flora: A Journal of a Tour in Iceland (1809), pubblicato nel 1811. Tra il 1810 e il 1811, fece notevoli sacrifici finanziari, vendendo anche la proprietà ereditata, nella speranza di unirsi al nuovo governatore di Ceylon, sir Robert Brownrigg; la situazione politica, con la ripresa della guerra, fece fallire il progetto. Pensò allora di partire per Giava, ma fu dissuaso da amici e parenti. Ripiegò su un viaggio europeo: partì per Parigi in compagnia dei Turner, per poi proseguire da solo nella Francia meridionale, in Svizzera e in Lombardia. Dopo nove mesi tornò a casa e, nel 1815, si sposò con la figlia maggiore dei Turner, Maria. I muschi continuarono a essere il suo principale campo di interesse: nel 1816 pubblicò British Jungermanniae e, tra il 1818 e il 1820, Musci exotici. Professore a Glasgow A imprimere una svolta alla sua vita non fu un viaggio impossibile, ma la nomina a professore di botanica dell'Università di Glasgow, dove nel 1820, grazie al sostegno di Banks, fu chiamato a sostituire Robert Graham, trasferitosi a Edimburgo. Si trattava di un'istituzione recentissima: in precedenza non c’era un insegnamento della botanica separato dalla medicina. La cattedra era stata creata proprio per Graham nel 1818 e, in parte grazie a fondi della corona e dell’università, in parte con il sostegno di molti cittadini, nel 1817 era stato creato un piccolo orto botanico, aperto al pubblico nel 1819. Un giovane botanico come Hooker, attivo, entusiasta e già ben inserito negli ambienti scientifici in patria e all’estero (nel 1812 era stato ammesso alla Royal Society e nel 1815 all’Accademia delle scienze svedese), era la scelta ideale per far crescere questa realtà ancora in embrione. Eppure, quando nel febbraio 1820 seppe della nomina, Hooker si preparò ad assumere l’incarico non senza apprensione. Per lui era una vera sfida: non aveva mai insegnato e, botanico autodidatta, si riteneva impreparato su molti aspetti della disciplina. Preparò con cura la prolusione e, con l’aiuto del suocero, cultore di studi classici, la presentò in latino nel maggio 1820, senza sfigurare di fronte all’ambiente accademico, che lo accolse con cordialità. Egli si impose soprattutto con la qualità e la portata innovativa delle sue lezioni, che attirarono un numero crescente di studenti: dai 30 del primo anno ai 130 di dieci anni dopo. Nella biografia del padre, Joseph Dalton Hooker sottolinea le qualità che gli permisero di trasformarsi rapidamente da colto dilettante in autorevole docente: "Aveva risorse che gli permettevano di superare tutti gli ostacoli: familiarità con la sua materia, dedizione al suo studio, energia, eloquenza, una presenza autorevole, modi urbani e, soprattutto, l'arte di far amare allo studente la scienza che insegnava". Le lezioni iniziavano con alcuni approfondimenti sulla storia della botanica e sulle caratteristiche generali della vita vegetale. Successivamente erano strutturate in due parti: la prima mezz’ora dedicata alla teoria (organi e morfologia delle piante, sistematica), la seconda all’analisi di campioni portati dagli studenti, sia condotta dal professore sia da studenti volontari. Molto importanti erano i supporti visivi: Hooker illustrava le lezioni con disegni alla lavagna, mentre alle pareti erano appesi grandi disegni a colori, soprattutto di piante medicinali, e litografie degli organi delle piante, originariamente di sua mano. Particolarmente gradite erano le escursioni botaniche guidate dal professore. Ogni sessione estiva ne comprendeva generalmente tre: due sabati nei dintorni di Glasgow, e una terza di più giorni, che coinvolgeva una trentina di persone tra studenti e visitatori, muovendosi anche in zone impervie delle Highlands occidentali, come le Breadalbane. Largamente frutto delle ricerche sul campo fu la sua prima opera del periodo di Glasgow, Flora scotica, pensata come libro di testo per i suoi studenti, Pubblicata nel 1821, comprendeva una prima parte limitata alle Fanerogame classificate secondo il sistema linneano, e una seconda parte, più innovativa, con Fanerogame e crittogame disposte secondo il sistema naturale. Per quest’opera si avvalse della collaborazione di Lindley e Greville, trattando in tutto 1784 piante, 802 delle quali crittogame. Il lavoro di docente era relativamente leggero, sebbene mal pagato: il salario iniziale, poi leggermente aumentato, era di appena 114 sterline, e fu necessario integrarlo con ripetizioni a ragazzi benestanti. Le lezioni si tenevano unicamente d’estate (solo negli ultimi anni egli le estese volontariamente all’inverno), lasciandogli molto tempo per studiare e scrivere. Prendeva molto sul serio anche il suo compito di direttore dell’orto botanico, che con le sue collezioni era per lui una finestra sul mondo. Glasgow, città industriale e commerciale in espansione, permise a Hooker di far crescere rapidamente le collezioni: da circa 9.000 specie nel 1821, si passò a 12.000 nel 1825, con un incremento annuo di circa 300-500 specie. Quando lasciò l’incarico, il giardino ospitava 20.000 piante, tanto da rendere necessario il trasferimento in un sito più ampio. Hooker sfruttò le sue relazioni internazionali per inserire il giardino nella rete di scambi degli orti botanici: nel 1828 aveva rapporti con 12 giardini britannici e irlandesi, 21 europei e 5 tropicali, oltre a 300 giardini privati. Sponsorizzò anche spedizioni di raccolta, come quella organizzata nel 1830 insieme all’orto botanico di Edimburgo e sottoscrittori privati per inviare Thomas Drummond in Nord America. Si deve inoltre a lui la "scoperta" di David Douglas: arrivato a Glasgow come aiuto giardiniere quasi in coincidenza con la nomina di Hooker, divenne il suo assistente nelle spedizioni di raccolta e imparò a preparare gli esemplari, per poi essere raccomandato alla Horticultural Society. Sul piano intellettuale, il periodo di Glasgow fu il più produttivo della sua vita. Tra le numerose opere pubblicate in questi anni, vanno segnalate almeno la seconda edizione di Flora londinensis di Curtis (1817-1828), a cui contribuì anche con gran parte delle tavole; i resoconti delle piante raccolte durante i viaggi artici di Parry e Sabine (1823-1828); la prima edizione di British Flora (1830), che avrebbe raggiunto otto edizioni, l'ultima nel 1860. Ancora più incisive le opere sulla flora esotica, in primo luogo Flora boreali-americana (1829-1840), dedicata alla flora del nord America, per la quale si avvalse delle scoperte e degli invii di numerosi viaggiatori e corrispondenti, tra cui lo stesso Douglas e l'esploratore artico John Franklin; in due volumi in folio, con numerose illustrazioni di suo pugno, include 2500 specie, comprese numerose felci. The Botany of Captain Beechey's Voyage to the Bering Sea (1830-1841), scritto in collaborazione con Walker Arnott, va molto al di là del resoconto di viaggio, per descrivere oltre 2700 specie, notevoli anche per appartenere a molte flore diverse. Nel 1837 avviò la grande serie di Icones Plantarum, inizialmente dedicata all'illustrazione delle piante nuove e rare del suo erbario. Come direttore di un orto botanico in crescita, a cui affluiva un gran numero di specie rare o del tutto ignote, ne pubblicò molte in riviste a puntate, iniziando da "Exotic Flora", di cui curò tre volumi dal 1823 al 1827, con 232 tavole a colori, Nel 1827, tuttavia, subentrò a Sims come curatore del "Curtis's", che da quel momento divenne lo strumento principale per pubblicare le nuove specie, anche se collaborò in modo più o meno ampio con altre riviste e, come vedremo meglio più avanti, pubblicò anche serie di carattere meno divulgativo. Un altro capitolo, iniziato a Glasgow e proseguito per tutta la vita, fu lo studio delle felci, campo in cui sarebbe diventato il massimo esperto. Come ho accennato, ne trattò diverse in Flora boreali-americana; tra il 1828 e il 1831 pubblicò i due volumi di Icones Filicum, con 240 tavole di R. K. Greville; nel 1832, con lo stesso illustratore, seguì Enumeratio filicum, inteso come un'opera complessiva sulle specie nuove o poco note; il progetto fu però abbandonato, e ripreso in altra veste negli anni di Kew. Nel 1836, in riconoscimento dei suoi meriti botanici, Hooker fu nominato cavaliere dell'Ordine reale guelfo e da quel momento poté fregiarsi del titolo di sir. Tuttavia si sentiva sempre più deluso dalla tiepida considerazione delle autorità accademiche e dalla posizione periferica di Glasgow. Così nel 1841 la nomina a direttore dei Kew Gardens giunse estremamente gradita. Direttore di Kew Quando Hooker arrivò a Kew, i tempi d’oro erano lontani: il suo compito era far rivivere il giardino e renderlo degno di una grande nazione. Dopo la morte di Banks nel 1820, il glorioso orto botanico era stato trascurato. Non c’era nessun direttore, neppure ufficioso, come era stato Banks, e il sovrintendente, il capo giardiniere William Townsend Aiton, era impegnato soprattutto a creare e curare i giardini del Royal Pavilion di Brighton e di Buckingham Palace. Al contrario del padre, il nuovo sovrano Giorgio IV non amava Kew e lo abbandonò a se stesso, così come il successore Guglielmo IV. Alla morte di questi, nel 1837, il Parlamento nominò una commissione formata da John Lindley, Joseph Paxton e Joseph Wilson per valutare lo stato dei giardini e decidere se mantenerli o chiuderli definitivamente. La relazione evidenziava degrado e cattiva amministrazione, ma sosteneva che il giardino andasse rilanciato "nell’interesse della scienza". Il governo invece decise inizialmente di smantellare il giardino e di trasferirne le collezioni in vari giardini reali. A salvare Kew fu Lindley, che riuscì ad animare un vasto movimento di opinione a favore della sopravvivenza dei giardini. Così, nel 1840, con delibera del Tesoro, essi passaroni dal patrimonio della Corona all’Ufficio dei boschi e delle foreste come orto botanico nazionale, e nel 1841 William Jackson Hooker ne fu nominato primo direttore. Il compito era gravoso ma adatto alla sua personalità e al suo talento. Oltre che scienziato, Hooker era un perfetto uomo di mondo, dotato di fascino, tatto e savoir-faire. A Glasgow aveva coltivato una vasta rete di relazioni e acquisito esperienza gestionale, ora messa a frutto. Doveva trasformare un giardino reale trascurato in una vera istituzione scientifica e una risorsa per tutta la nazione. Una delle prime iniziative fu la creazione di un Museo di botanica economica, con l’obiettivo di mostrare applicazioni pratiche e potenziale economico della botanica, stimolando la ricerca di piante utili. Esponeva prodotti vegetali da tutto l’Impero britannico non rappresentati né dalle piante vive né dagli esemplari di erbario. C'era davvero di tutto; carta, vestiti, corde, cestini, giocattoli, medicinali, gomme, resine, oli, cibi e bevande, attrezzi, modelli, e così via. A Kew non c’era un erbario. Gli esemplari inviati dai raccoglitori erano custoditi nella collezione personale di Banks a Soho Square, poi passata al British Museum. Hooker portò con sé il suo vastissimo erbario personale, sistemandolo nella sua residenza privata e rendendolo disponibile ai ricercatori. Nel 1852, Hunter House, un edificio su Kew Green, fu ristrutturato per ospitare l’erbario di Hooker e quello di William Arnold Bromfield. Da quel momento ebbe inizio l’erbario ufficiale di Kew, che si arricchì grazie a donazioni e invii da tutto il mondo, incluso l’importante contributo dell’erbario di Bentham nel 1865. L'anno dopo anche le collezioni di Hooker diventarono ufficialmente di proprietà statale. Veniamo ora ai giardini. Durante la gestione di William Jackson Hooker la superficie dell'orto botanico passò da 11 a 75 acri, e l'arboreto e i giardini di piacere a 270 acri. Egli usò tutta la sua inflenza e le sue capacità diplomatiche per acquisire molti dei terreni reali circostanti, a cominciare da parti del Deer Park, aggiunte nel 1845. Le aiuole furono ristrutturate in modo più logico e scientificamente fondato. Le vecchie serre - erano una decina - vennero smantellate e sostituite da 25 serre di maggiore dimensione e concezione moderna. Tra di esse spicca la famosa Palm House, realizzata tra il 1844 e il 1848 da Richard Turner su progetto di Decimus Burton. Destinata alla coltivazione di palme e altre piante tropicali, era interamente realizzata in ferro e vetro e all'epoca era la più grande del mondo. Altrettanto grandiosa la serra temperata, costruita sempre da Burton e Turner a partire dal 1860, e completata solo nel 1897, molto dopo la morte di Hooker. Hooker sfruttò le sue relazioni internazionali e la diplomazia con governi e istituzioni per incoraggiare spedizioni botaniche che portarono a Kew piante da tutto il mondo. Prima del suo arrivo, il giardino non era aperto al pubblico. Nel 1841 introdusse un orario di apertura di cinque ore pomeridiane, dall’una alle sei, che consentì l’accesso libero a visitatori e studiosi. Il primo anno si registrarono circa 9.000 presenze, ma entro il 1865 erano oltre 529.000, testimoniando la trasformazione dell’orto da giardino privato della famiglia reale e della corte a istituzione pubblica. Sebbene l’impegno organizzativo e gestionale a Kew assorbisse gran parte delle sue energie, Hooker non interruppe l'attività di ricerca. La sua produzione scientifica fu meno copiosa che negli anni di Glasgow, ma rimase significativa e contribuì a consolidare la reputazione internazionale del giardino. Pubblicò numerose monografie su generi e famiglie botaniche e continuò a curare il "Botanical Magazine" che sotto la sua direzione acquisì maggiore rigore scientifico e un pubblico ancora più vasto; le tavole, di eccellente qualità scientifica e artistica, erano opera del grande illustratore Walter Hood Fitch; originario di Glasgow, aveva incominciato a collaborare con la rivista nel 1834 e nel 1841 segui Hooker a Londra, divenendo l'illustratore ufficiale del giardino. Già a Glasgow, accanto al "Botanical Magazine", Hooker aveva iniziato a pubblicare serie illustrate rivolte a un pubblico più specialistico. La prima fu "Botanical Miscellany", di cui uscirono solo tre annate tra il 1830 e il 1833; seguì "The Journal of Botany" (1834-1842), poi divenuto "The London Journal of Botany (1842–1848) e "Hooker's Journal of Botany and Kew Garden Miscellany" (1849–1857); in questa veste divenne anche uno strumento per far conoscere le acquisizioni del giardino e consolidare la sua reputazione come centro di ricerca internazionale. Inoltre Hooker incoraggiò il lavoro di altri botanici e sovrintese all’uscita di opere collettive di grande respiro, spesso in collaborazione con specialisti di diversi paesi, rafforzando la funzione di Kew come centro globale di conoscenze botaniche. Tra di esse le cosiddette Florae Antarcticae (Flora Antarctica, Flora Novae-Zelandiae, Flora Tasmaniae, 1844–1860), basate sulle raccolte di James Clark Ross; Niger Flora (1849), di cui curò la parte botanica con Bentham e altri collaboratori; flore coloniali come Flora of British India, iniziata da lui e completata da suo figlio con Bentham e Baker. Un impegno di grande rilievo fu la direzione del monumentale Icones Plantarum, avviato a Glasgow e proseguito con continuità a Kew, che divenne un punto di riferimento per la tassonomia grazie alle dettagliate illustrazioni di piante rare o nuove. Parallelamente, promosse la catalogazione sistematica delle collezioni vive e dell’erbario, pubblicando repertori che gettarono le basi per il lavoro tassonomico dei decenni successivi. Un settore che coltivò con particolare intensità fu lo studio delle felci, delle quali pubblicò descrizioni e tavole illustrate in diverse serie e monografie. Ai primi lavori già citati per gli anni di Glasgow, nel 1842 si aggiunse Genera Filicum, con illustrazioni di altissima qualità realizzate da Franz Bauer, in cui presentò i caratteri distintivi dei principali generi di felci. E' considerata una delle opere fondative della moderna pteridologia. Era la premessa per un'opera di grandissimo impegno, cui continuò a lavorare per vent'anni fino ai suoi ultimi giorni, Species Filicum (1846-1864), in cui si proponeva di descrivere tutte le specie conosciute. In cinque volumi, è una pietra miliare dello studio delle felci che ebbe enorme risonanza tra studiosi e collezionisti, alimentando l’interesse del pubblico colto e degli appassionati di questo affascinante gruppo di piante nel pieno della "pteridomia" vittoriana. Ottantenne, ancora attivo, lavorava all’ultimo volume di Species Filicum quando fu vittima di una malattia respiratoria epidemica, descritta all’epoca come “epidemic sore throat”, che aveva colpito diverse persone a Kew. Alla sua morte, la direzione dei Kew Gardens passò al figlio Joseph Dalton Hooker, protagonista del prossimo post. Dediche briologiche In oltre cinquant'anni di attività instancabile, William Jackson Hooker pubblicò più di 300 lavori scientifici, realizzò migliaia di disegni e tavole botaniche – stimati in circa 8.000 – e trasformò Kew da giardino reale trascurato a istituzione scientifica di rilievo internazionale, lasciando un’eredità duratura sia nelle collezioni vive e negli erbari, sia nella sistematica delle piante e nello studio delle felci. La sua impronta nella tassonomia e nella nomenclatura botanica è rilevantissima. Secondo IPNI, pubblicò oltre 7500 taxa; sono poi centinaia e centinaia le specie con l'eponimo hookeri o hookerianus, anche se è difficile definire il numero preciso di quelle a lui dedicate perché molte si riferiscono al figlio Joseph Dalton Hooker o a entrambi. Tra le specie sicuramente dedicate a lui ne ricordiamo due di coltivazione relativamente frequente, Anthurium hookeri e Epiphyllum hookeri. Abbiamo già visto che nel 1808, quando aveva appena 23 anni, James Edward Smith gli intitolò il genere Hookeria. Tuttora valido, comprende circa nove specie di muschi prevalentemente tropicali. Ha dato il nome alla famiglia Hookeriaceae. Tra le specie più ampiamente diffuse troviamo H. lucens, che vive invece in aree temperate dell'emisfero boreale - America, Europa, Asia occidentale, isole atlantiche - soprattutto in zone costiere umide. È particolarmente associata a diversi biomi della costa pacifica del Nord America, come boscaglie sempreverdi umide, margini lacustri e torbiere, dove colonizza facilmente tronchi in decomposizione Appartiene invece alla famiglia Pilotrichaceae un secondo genere di muschi indirettamente dedicato a Hooker, Hookeriopsis ("simile a Hookeria"), creato da Jaeger nel 1877, al quale Bryophyte Portal attribuisce circa 20 specie, distribuite soprattutto nelle regioni tropicali e subtropicali dell'America centrale e meridionale, con qualche rappresentante nelle Antille. Tipicamente epifiti, questi muschi vivono su rami e tronchi d'albero. A William Dalton Hooker fu dedicato ancheWilliamia, da Baillon (1858), poi ridotto a sezione di Phyllanthus. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2025
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