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1841. Un padre e un figlio insieme descrivono e disegnano piante, Stanno lavorando a un'iconografia della flora mitteleuropea. Il padre, Ludwig Reichenbach (Rchb.) è professore universitario, medico, ornitologo, botanico, direttore del Museo di scienze naturali, dell'orto botanico e dello zoo di Dresda; il figlio Heinrich Gustav Reichenbach (Rchb. f.) è uno studente di 18 anni. Proprio da quell'esperienza nascerà il suo amore di tutta la vita, le orchidee, di cui diventerà il massimo esperto della seconda metà dell'Ottocento. Questa volta, la sindrome di Crono è rotta: non ci sono un padre prorompente e un figlio sua pallida ombra, ma due grandissimi botanici. Le strane vicende della tassonomia fanno sì che solo il padre sia ricordato da un genere valido, Reichenbachia, perché quelli dedicati al figlio sono stati ridotti a sinonimi. Ma a ricordare entrambi sono le loro opere e l'enorme contributo alla botanica, di cui rappresentarono due generazioni successive: il padre ancora naturalista a tutto tondo, il figlio iperspecializzato in un campo specifico. Ludwig Reichenbach e la flora mitteuropea Il padre, botanico, ma anche zoologo, direttore di un museo, fondatore di un orto botanico, autore di oltre 200 opere, aveva certo tutte le caratteristiche di una figura ingombrante. Heinrich Gottlieb Ludwig Reichenbach (1793 – 1879) nacque a Lipsia, la città di Bach e Wagner. Suo padre Johann Friedrich Jakob, autore del primo dizionario tedesco-greco, era il preside della Thomasschule. Ludwig crebbe in un ambiente intellettualmente stimolante; tra gli amici di famiglia c'era il botanico e briologo Johann Hedwig che risvegliò in lui l'interesse per le scienze naturali; dallo zio Friedrich Barthel apprese invece le tecniche del disegno dal vero. Dopo aver completato gli studi liceali presso la Thomasschule, si iscrisse alla facoltà di medica nella città natale. Nel 1813 fu tra i sanitari chiamati in soccorso dei numerosissimi feriti della "battaglia delle nazioni"; le condizioni sanitarie erano pessime e contrasse il tifo, ma, al contrario di molti, ne guarì. Nel 1815 conseguì il dottorato in filosofia e nel 1817 la laurea in medicina, con una tesi sull'importanza delle piante per la farmacologia, pubblicata come Florae lipsiensis pharmaceuticae specimen. Oltre a lavorare come medico, conseguì l'abilitazione all'insegnamento e tenne, come libero docente, lezioni sulla flora della Sassonia, accompagnate da seguitissime erborizzazioni, che gli valsero la nomina a professore associato della facoltà di medicina. Il 1820 segnò una svolta nella sua vita. Si sposò e, nominato professore di storia naturale all'Accademia di medicina e chirurgia e Ispettore del Gabinetto Imperiale di Storia Naturale, si trasferì a Dresda. Il Gabinetto di Storia Naturale, ospitato nel palazzo dello Zwinger, riuniva le ricchissime collezioni accumulate dai sovrani sassoni fin dal Cinquecento e aveva ancora le caratteristiche di un gabinetto di curiosità; Reichenbach lo trasformò in un vero Museo di storia naturale, accentuandone la funzione didattica. A Dresda mancava ancora un orto botanico. Per ospitarlo, nel 1815 il re cedette all'Accademia di medicina e chirurgia un terreno presso il bastone Mars della fortezza cittadina, ma i lavori di allestimento non erano ancora iniziati. Reichenbach presentò un proprio progetto al re Federico Augusto I che lo approvò e lo sostenne. Con l'aiuto dei giardinieri di corte Carl Adolph e Johann Gottfried Terscheck, Reichenbach fondò e creò il giardino in tempi rapidissimi. Dopo la posa della prima pietra nello stesso 1820, già l'anno dopo poté pubblicare il primo Index seminum per gli scambi con altri orti botanici; nel 1822, grazie ad essi e alle ricche collezioni dei giardini e dei parchi reali, il giardino ospitava già 7800 specie o varietà; Reichenbach lo avrebbe diretto per quasi sessant'anni, fino alla sua morte nel 1879. Nelle adiacenze venne anche creato uno zoo. L'orto botanico divenne per Reichenbach un laboratorio all'aperto dove approfondire gli studi di sistematica. Fin dal suo primo anno a Dresda si dedicò a un'intensa attività pubblicistica, inaugurata da una monografia sul genere Aconitum, con 19 tavole disegnate da lui stesso. Ancota nel 1820 fu ammesso alla Leopoldina. Le sue lezioni di botanica erano seguite non solo dagli studenti dell'Accademia medico-chirurgica, ma anche da molte persone di ogni classe ed età, che partecipavano volentieri anche alle escursioni botaniche. Non c'erano però testi divulgativi accessibili che aiutassero ad identificare le piante coloro che mancavano di una formazione specifica. Nacque così l'idea di Iconographia botanica. Tra il 1823 e il 1836 Reichenbach ne pubblicò undici volumi (centurie), per un totale di più di 1700 specie o varietà e oltre 1100 tavole calcografiche. I testi, su due colonne colonne, in latino e tedesco, sono molto sintetici, ma non mancano osservazioni sull'habitat e sulle differenze con specie simili; una legenda rimanda ai particolari distintivi, che solitamente nelle tavole sono disegnati al piede, ingranditi. Per le incisioni Reichenbach si affidò a diversi artisti, ma i disegni, di mirabile precisione e accuratezza, sono di sua mano; le specie "critiche", ovvero difficili da distinguere e identificare, per evidenziare meglio le differenze e i caratteri distintivi, sono in vari casi raffigurate nella stessa tavola. Lo scopo era presentare, e aiutare a distinguere, specie rare o "critiche" in genere già pubblicate da altri autori, in particolare da Willdenow, Schkuhr, Persoon, Roemer e Schultes; si distacca l'ultimo volume, interamente dedicato a graminacee e ciperacee, da cui il titolo alternativo Agrostographia germanica. Come vedremo meglio tra poco, esso costituisce anche il primo volume di Icones florae Germanicae et Helveticae, in cui le piante sono raggruppate in modo sistematico. Non però il sistema di Linneo o uno dei sistemi naturali elaborati dai botanici del suo tempo, ma un sistema creato da Reichenbach stesso, partendo dalle premesse teoriche di Metamorphose der Pflanzen di Goethe e della filosofia naturale di Lorenz Oken. Al contrario del convincimento dell'autore, che lo considerava dettato dalla natura stessa, ne risultò un sistema del tutto artificiale, che suscitò molte polemiche, ma ebbe anche un certo seguito; infatti, grazie alla sua profonda conoscenza delle piante, egli individuò correttamente la posizione di molte famiglie. Egli lo espose in Conspectus regni vegetabilis per gradus naturales evoluti (1828) e lo illustrò in Handbuch des natürlichen pflanzensystems (1837), dove lo mise anche a confronto con altri sistemi. Ne fece uso in Flora germanica excursoria (1830-32), dove per fortuna abbandonò le denominazioni ostiche di sua invenzione per tornare ai più abituali nomi di famiglia, e appunto in Icones florae Germanicae et Helveticae, il suo capolavoro. Ancor più che in Iconographia botanica, i testi sono brevissimi e il valore dell'opera sta tutto nelle splendide tavole, che ora sono parzialmente a colori. Tra il 1834 e il 1850, ne pubblicò 12 volumi, per un totale di 731 tavole, disegnate da lui o da suo figlio Heinrich Gustav, che incominciò ad affiancarlo nel 1841, quando aveva appena 18 anni. A partire dai volumi 13 e 14 (1851), dedicati alle orchidee, il figlio lo sostituì, continuando la pubblicazione fino al 1867 (voll. 13-21). Nei primi anni del Novecento l'opera fu infine completata dal botanico Günther Beck von Mannagetta und Lerchenau, curatore dei volumi 22-25. Complessivamente, contiene 3000 calcografie e litografie colorate a mano. L'area toccata non è solo la Germania e la Svizzera, ma l'intera Europa centrale. Ludwig Reichenbach si occupò anche di flora esotica, pubblicando Iconographia botanica exotica (1827–1830) e Flora exotica (1834-1836), con le medesime caratteristiche. Era un attivo divulgatore della botanica; tra il 1821 e il 1826 pubblicò una rivista dedicata alle piante da giardino e nel 1826 fondò la Società sassone per la botanica e l'orticoltura "Flora", di cui fu presidente fino al 1843. Per un trentennio, dal 1836 al 1866 fu anche presidente di "Isis", la più importante società scientifica della Sassonia. Nel 1842 pubblicò ancora Flora Saxonica, ma dalla seconda metà degli anni '30 i suoi interessi avevano cominciato a spostarsi verso il regno animale, anche in questo caso con una messe di opere, da Regnum animale (1834-37) a Deutschlands Fauna (1842) al vastoVollständigste Naturgeschichte des In- und Auslandes in 9 volumi con circa 1000 tavole (1845-54); è stato notato che le tavole zoologiche sono meno impeccabili di quelle botaniche e spesso troppo piccole. Il suo soggetto preferito erano gli uccelli, e in particolare i colibrì, ai quali dedicò Trochilinarum enumeratio (1855): è una semplice lista, per una volta senza illustrazioni. Nell'arco della sua vita, per le sue diverse opere, Reichenbach ne disegnò circa 6000. Nel maggio 1849, in seguito ai disordini politici, lo Zwinger con il Museo di Storia Naturale e la stessa casa in cui viveva Reichenbach furono incendiati e le collezioni a cui aveva dedicato trent'anni di vita andarono in fumo. Con grande energia e facendo appello alla solidarietà di tutti i musei d'Europa, di società scientifiche e collezionisti, in poco tempo riuscì a ricostruire le collezioni, anche se rimase profondamente scosso da quell'evento che ne fece un nemico della democrazia parlamentare. Gli ultimi anni della sua vita furono amareggiati da dispute e contrasti. Nel 1869, in seguito al morte del Presidente Carl Gustav Carus, nella Leopoldina si aprì una crisi; molti membri auspicavano una profonda riforma dell'Accademia e si accordarono per nominare presidente Wilhelm Friedrich Behn, favorevole alla riforma, anziché Reichenbach, che era contrario. Egli si considerava il naturale successore di Carus e cercò di ostacolare l'elezione di Behn in ogni modo, giungendo persino a fomentare una specie di scissione. Rifiutò infatti di riconoscere la nomina del rivale e si fece eleggere presidente da un gruppo di membri. Tuttavia l'elezione di Behn fu confermata dall'assemblea generale e il vecchio botanico dovette accettare la sconfitta. A inasprire il suo carattere, forse aveva contribuito la solutudine; era rimasto vedovo, e, a parte una figlia che lo accudiva, i figli vivevano lontani. Nel 1864 l'Accademia medico-chirurgica venne sopressa ed egli perdette la cattedra; continuò a dirigere il museo, fino al pensionamento nel 1874, e l'orto botanico fino alla morte. Dopo il 1874, la sua salute cominciò a declinare, soprattutto dopo una caduta da cui non si rimise mai completamente. Morì nel 1879, all'età di 86 anni. Fu uno degli ultimi naturalisti ad essere allo stesso tempo un eminente botanico e zoologo, all'epoca in cui le due discipline si stavano dividendo e acquistavano una propria autonomia disciplinare. Heinrich Gustav Reichenbach e le orchidee Ed eccoci arrivati al figlio, Heinrich Gustav Reichenbach (1824-1889), Rchb. f. come si firmava. Nato a Dresda dopo il trasferimento del padre, vi frequentò gli studi liceali. Già in quegli anni era un esperto della flora locale e un ottimo disegnatore, tanto che assistette il padre per Iconographia botanica e per la redazione delle località di Flora saxonica. Dopo la maturità conseguita nel 1843, una lunga escursione botanica lo impegnò per diversi mesi, portandolo tra l'altro nel Vaud. In Svizzera strinse amicizia con molti botanici, tra cui De Candolle e Boissier, Iniziò poi gli studi di medicina, prima a Dresda, poi a Lipsia, dove fu allievo di Kunze. Intanto, cominciava a scrivere e pubblicare. Nel 1844 collaborò a Histoire naturelle des Canaries di Webb e Berthelot per le Solanaceae e le Orchidaceae e pubblicò su "Linnaea"Orchideae Leiboldianae, dedicato alle raccolte di Friedrich Ernst Leibold a Cuba e in Messico; nel 1845 fu la volta delle orchidee delle raccolte giapponesi di Philip Friedrich Wilhelm Goering e tra il 1846 e il 1847 di Orchidographische Beiträge su "Linnaea", Insomma, non solo era escusivamente un botanico, ma fin da subito si era specializzato in orchidee, di cui si era innamorato diciottenne mentre lavorava al fianco del padre. Nel 1848 il professor Emil Adolf Roßmäßler, che aveva idee politiche opposte a quelle Reichenbach padre, fu eletto all'Assemblea nazionale; il Ministero nominò Heinrich Gustav Reichenbach suo supplente presso l'Accademia di Silvicoltura e Agricoltura di Tharand; qui per cinque semestri egli tenne lezioni di botanica generale, botanica applicata per la silvicoltura e l'agricoltura, fisiologia vegetale, zoologia ed entomologia, e guidò anche escursioni. Continuava per altro a pubblicare articoli sulle orchidee su "Botanische Zeitung", "Linnaea" e "Annalen" di Walpers. Deciso a intraprendere la carriera accademica, tra il 1850 e il 1851 si concentro sulla sua tesi di dottorato, ma riuscì comunque a pubbicare Orchidographia europaea, come volume 13-14 delle Icones paterne; comprende 170 tavole disegnate e colorate da lui ed è il frutto di dieci anni di lavoro. Nel 1852 ottenne il dottorato con una tesi sul polline delle orchidee dal contenuto molto innovativo. Teneva lezioni come libero docente e continuava a pubblicare su diverse riviste articoli sulle amate orchidee; erano gli anni in cui venivano introdotte sempre nuove specie dai cacciatori di piante che lavoravano per orti botanici ma sempre più spesso anche per vivai commerciali. Oltre a numerosi altri articoli, Reichenbach pubblicò le raccolte di Regnell, Warscewicz, Schlim e incominciò a collaborare a "Flore des serres", la rivista di Van Houtte. Continuava a pubblicare, con la cadenza di un volume all'anno, le Icones iniziate dal padre, con disegni suoi: nel 1855 nel volume dedicato alle Gentianaceae ne pubblicò 460. L'anno primo era entrato nella redazione di Pescatorea, la straordinaria pubblicazione sulla collezione di orchidee di Pescatore diretta di Linden e Lindley, e aveva iniziato a pubblicare i primi fascicoli di Xenia Orchidacea, l'opera in cui avrebbe riunito le nuove orchidee che andava pubblicando. Ora cominciava ad essere riconosciuto a livello internazionale. Nel 1855 fu nominato professore straordinario dell'Università di Lipsia e subito dopo custode dell'erbario. Era comunque una situazione non del tutto soddisfacente, perché la cattedra di botanica (e con essa la direzione dell'orto botanico) era ricoperta da Georg Heinrich Mettenius, che aveva appena due anni più di lui. Così Reichenbach cercò una posizione più solida al di fuori di Lipsia, o anche della Germania. La possibilità più ovvia era candidarsi a sostituire permanentemente a Tharand Roßmäßler (dopo la sconfitta dei moti del '48-'49, questi fu addirittura processato per alto tradimento), ma doveva rassegnarsi a rimanere a Lipsia almeno cinque anni, il periodo di insegnamento universitario previsto per i candidati. Nel 1859 suo padre Ludwig cercò goffamente di usare tutta la sua influenza a corte - era molto vicino al re di Sassonia che lo aveva nominato consigliere - per risparmiargli il quinto, con l'unico risultato di provocare le proteste dei professori di Tharand. Così Heinrich Gustav non presentò nemmeno la candidatura. Altri tre fallimenti lo amareggiarono profondamente. Dopo la partenza di Carl Nägeli da Friburgo (1857), Heinrich Gustav Reichenbach fu considerato come possibile successore. La sua candidatura però non ebbe seguito: egli era soprattutto un sistematista e uno specialista di orchidee, mentre in quegli anni le università tedesche cercavano sempre più botanici orientati alla fisiologia sperimentale. Tentò invano di ottenere una cattedra a Liegi, dove incontrò l’opposizione del cardinale di Mechelen (verosimilmente per motivi religiosi, essendo protestante). Subito dopo, fu respinto anche a Copenaghen, perché straniero. La svolta arrivò solo con la morte di Johann Georg Christian Lehmann, nel 1860, che lasciò vacante la direzione dell’Orto Botanico e la cattedra al Ginnasio Accademico di Amburgo. Calorosamente raccomandato da amici e mecenati, Reichenbach si impose su numerosi candidati, ma solo dopo una lunga e penosa attesa di oltre tre anni: l'incarico gli fu affidato ufficialmente solo nel luglio 1863. Gli otto anni come professore straordinario a Lipsia furono per altro estremamente produttivi, Pubblicò numerosi articoli su "Bonplandia", "Gartenflora", "Allgemeine Gartenzeitung", "Hamburger Garten- und Blumenzeitung", sugli annali dell'Accademia di Amsterdam e altre riviste, numerosi contributi su Pescatorea, tre volumi di Icones (vol. 18. Labiatae - Convulaceae; vol. 19 Cicoriaceae - Cucurbitacee, vol. 20 Solanaceae - Lentibularieae, con 630 tavole complessive). Curò la pubblicazione postuma degli ultimi fascicoli di Die Farnkräuter di Kunze e completò il primo volume di Xenia Orchidacea (1858), con 100 tavole. Accanto all'insegnamento a Lipsia, insegnava botanica e zoologia presso la scuola agraria di Lützschena. Con numerosi viaggi in Germania, Inghilterra, Belgio, Olanda, e con relazioni epistolari strinse solidi rapporti scientifici con i più eminenti botanici e naturalisti europei e statunitensi, da Grisebach a Göppert nell'area tedesca, Anderson a Stoccolma, E. Fries a Uppsala, gli Hooker e Lindley in Inghilterra, Edmond Boissier e Alphonse de Candolle a Ginevra, Asa Gray a Boston, Moris a Torino e Parlatore a Firenze. Reichenbach assunse l'incarico ad Amburgo nell'autunno 1863. La sua attività come direttore dell'orto botanico non fu meno incisiva di quella del padre a Dresda. Il giardino, che era stato fondato da Lehmann nel 1821, era già uno dei più importanti del territorio tedesco. Grazie ai suoi contatti internazionali, Reichenbach ne arricchì grandemente le collezoni; furono costruite nuove serre, in particolare per ospitare la crescente collezione di orchidee, ancora oggi ricchissima; lo aprì inoltre al mondo del giardinaggio, cui trasmise le sue conoscenze sulla coltivazione delle esotiche e delle amate orchidee. Il Ginnasio Accademico era una curiosa istituzione, a metà tra scuola accademica e università; Reichenbach vi teneva regolari lezioni di botanica, anatomia e fisiologia vegetale e formò numerosi studenti. Il centro della sua attività rimanevano le orchidee, cui dedicò una messe enorme di lavori. Dopo la morte di Lindley nel 1865, ne divenne il massimo esperto mondiale ed era naturale rivolgersi a lui per catalogare le nuove specie che affluivano copiose dal Messico, dal Sud America, dall'Asia orientale. Egli parlava perfettamente diverse lingue ed era di casa nelle serre dei Kew Gardens, ma anche di vivaisti specializzati nell'introduzione di orchidee tropicali come Veitch e Sanders. Riunì un erbario enorme, con oltre 30.000 esemplari solo per le orchidee. Amava erborizzare e approfittava di viaggi, congressi e ogni occasione per incrementare le sue raccolte. E continuva a scrivere e pubblicare una prodigiosa quantità di opere. Tra il 1865 e il 1889 quasi ogni settimana su "Gardeners' Chronicle" compariva un suo articolo per illustrare questa o quella novità introdotta da uno dei suoi amici inglesi; scriveva poi per molte altre riviste. I suoi scritti di questi anni sono troppo numerosi per essere citati. Tra i più significativi, Contributions to the Orchidology of Central America (1869), in cui descrisse le raccolte di Endres e altri raccoglitori; Otia botanica Hamburgensia, in due parti (1871-1881), Refugium botanicum, con Saunders e Baker (5 voll., 1869-1873). Qualche parola a parte merita Reichenbachia: Orchids Illustrated and Described. Intorno al 1886, il vivaista di origini tedesche Frederick Sander che aveva fondato a St Albans un vivaio specializzato in orchidee, divenuto un'azienda leader, come forma di raffinata pubblicità decise di pubblicare un'opera prestigiosa e lussuosa sul meglio delle proprie collezioni. Egli aveva finanziato le spedizioni di diversi cacciatori di piante e molte delle sue introduzioni erano state descritte da Reichenbach che visitava regolarmente il vivaio durante i suoi soggiorni in Inghilterra. In suo onore, la intitolò Reichenbachia; affidò le illustrazioni, a grandezza naturale, principalmente al pittore Henry George Moon e i testi allo stesso Reichenbach. Pubblicata inizialmente in fascicoli mensili di 4 tavole poi riuniti in volume, l'opera comprende due serie di due volumi ciascuna, pubblicate rispettivamente nel 1888 e nel 1890, in due formati: in folio e "imperiale", ancora più grande, di cui furono stampate solo 100 copie. Ogni volume conteneva 48 illustrazioni con testi in tedesco, francese, inglese. I quattro volumi furono dedicati rispettivamente alla Regina Vittoria, all'imperatrice di Germania, alla zarina e alla regina del Belgio. L'insegnamento, la direzione dell'orto botanico, ma soprattutto la massa di pubblicazioni minori e la cura dell'erbario, che - dopo quello di Bossier, è considerato il più vasto mai appartenuto a un privato - ogni giorno doveva essere aggiornato con le piante che affluivano da tutto il mondo, rallentarono il lavoro di Reichenbach per le opere maggiori, Icones e Xenia. Nel 1867 pubblicò il vol. 21 di Icones florae Germanicae et Helveticae, dedicato alle Umbelliferae, con 210 tavole, ma al momento della sua morte, quasi trent'anni dopo il 22 volume, sulle Leguminosae, non era ancora finito, anche se erano pronte 220 tavole. Il botanico austriaco Günther Beck von Mannagetta und Lerchenau ne aggiunse una trentina e lo pubblicò postumo nel 1901, e, come ho anticipato, in seguito curò i volumi 23-25. Quanto a Xenia orchidacea, nel 1874 fu completato il secondo volume, ma del terzo vennero finite solo le prime tre decadi; a completarlo fu Fritz Kraenzlin. Verso la metà degli anni '80, anche se aveva poco più di 60 anni, la salute di Reichenbach comiciò a declinare. Era sua intenzione andare in pensione o dimettersi, per tornare a Lipsia e dedicarsi unicamente alle due opere maggiori, ma la morte, sopraggiunta nel 1889, glielo impedì. E' stato descritto come una personalità piuttosto eccentrica; era molto orgoglioso del gran numero di orchidee pubblicate (più di 4500) e ciò a volte lo spinse a descrizioni poco accurate, causando non poche confusioni tassonomiche. Ma forse il danno maggiore venne dopo la sua morte. Tutti si aspettavano che lasciasse la biblioteca, le sue carte e l'immenso erbario (comprendeva anche quello del padre) a Kew dove, come abbiamo visto, era di casa. Invece all'apertura del testamento, si scoprì che li aveva destinati al Museo imperiale di Vienna. Per farlo arrivare a destinazione, occorsero quattro vagoni ferroviari. Si ritiene avesse cambiato idea, contrariato dalla nomina di Robert Allen Rolfe a responsabile dell'erbario delle orchidee di Kew. Rolfe era un autodidatta e Reichenbach non lo stimava. Detestava l'idea che, dopo la sua morte, egli potesse approfittare del suo erbario e pubblicare le "sue" orchidee; così, oltre a destinarlo a Vienna, pose la condizione che non potesse essere consultato per 25 anni, dando luogo a molte descrizioni e denominazioni doppie o multiple. Forse aveva ereditato qualcosa del carattere orgoglioso e tavolta permaloso del padre. Certamente ne aveva ereditato l'abilità nel disegno: contando solo le tavole preparate per Icones e Xenia ammontano a 2180, sempre di ammirevole precisione e accuratezza. Quanto al suo contributo alla classificazione delle orchidee, nonostante le pecche segnalate, è incalcolabile per quantità e qualità. A chi è toccato Reichenbachia? Padre e figlio furono membri di numerose società scientifiche, ben inseriti e rispettati nell'establishment botanico; il figlio, in particolare, era una figura di respiro internazionale, presenza costante in congressi e simposi, con una rete di corrispondenti estesissima. Entrambi ovviamente ebbero molti riconoscimenti in termini di dediche di specie. Tra quelle dedicate al padre le più note sono probabilmente Iris reichenbachii, una bella specie balcanica, e Viola reichenbachiana, comunemente detta viola silvestre, di ampia diffusione in Europa, Nord Africa e Asia occidentale: appartiene a un genere tanto facile da identificare, quanto difficile da classificare a livello di specie, cui egli portò chiarezza con le accuratissime e puntuali tavole del primo volume di Icones; nell'orto botanico di Dresda creò una vasta collezione di Cactaceae, che gli guadagnò la dedica di Echinocactus reichenbachii; inoltre gli vennero dedicati diversi animali, tra cui il colibrì Anabathmis reichenbachii. A ricordare il figlio sono ovviamente numerosi nomi di orchidee: Masdevallia reichenbachiana, Ida reichenbachii, Bulbophyllum reichenbachianum, Phalaenopsis reichenbachiana e molti altri. L'unico genere tuttora valido dedicato a uno dei Reichenbach venne già nel 1823, quando Ludwig era un botanico alle prime armi; nel creare Reichenbachia, Curt Sprengel lo ricorda come studioso della flora della Sassonia e autore di due monografie su Myosotis e Aconitum. Appartenente alla famiglia Nyctaginaceae, esso comprende una sola specie, R. hirsuta, un arbusto o piccolo albero con foglie ovate pelose, fiori tubolari con calice irsuto, seguiti da frutti da verdi a neri o rossi a maturazione; vive nei biomi stagionalmente aridi sul Sudamerica meridionale, dalla Bolivia al Brasile e all'Argentina. Al figlio sono stati dedicati due generi di orchidee, ma, la tassonomia di questa famiglia, per altro vastissima, è complicata e spesso soggetta a revisioni. Nel 1882 il botanico brasiliano João Barbosa Rodrigues creò Reichenbachanthus "in omaggio al sapiente botanico tedesco, il mio amico dr. Heinrich Gustav Reichenbach figlio, il grande orchidologo europeo". Oggi è sinonimo di Scaphyglottis. Nel 1962 Garay e Sweet crearono il genere di ibridi orticoli × Reichenbachara, per le orchidee ottenute dall'incrocio tra Euanthe, Vanda e Vandopsis. Ma poiché più tardi Euanthe è stato assorbito da Vanda, rientrano negli ibridi Vanda × Vandopsis, conosciuti con il nome orticolo Vavanda.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
November 2025
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