Nel febbraio 1787, William Curtis pubblica il primo numero di The Botanical Magazine, una rivista illustrata di botanica e giardinaggio di nuova concezione. Da allora le pubblicazioni non sono mai cessate; strettamente associato con i Kew Gardens che ne sono tuttora l'editore, è il periodico botanico più longevo e, dopo più di due secoli, continua ad essere un luogo d'incontro privilegiato tra scienza, passione per le piante ed arte. Innumerevoli le piante che sono state descritte e pubblicate la prima volta nelle sue pagine; le sue illustrazioni costituiscono la più vasta serie di illustrazioni botaniche mai prodotta. Dal 1801 la rivista porta il nome Curtis's Botanical Magazine in ricordo del suo fondatore cui è anche stato dedicato il genere monotipico Curtisia. Come un farmacista diventò botanico In Gran Bretagna, l'ultimo quarto del Settecento fu segnato da un profondo mutamento delle pubblicazioni di scienze naturali. Mentre fino ad allora erano scritte per lo più in latino e si rivolgevano a un pubblico di addetti ai lavori (scienziati, medici, farmacisti) che si era via via allargato a un'élite di gentiluomini amatori, quasi sempre con notevoli disponibilità economiche, ora c'erano molte altre persone interessate a leggere di argomenti scientifici: donne, artigiani, membri della classe media. A colmare le loro attese fu un fiorente mercato di pubblicazioni divulgative accessibili e spesso esteticamente curate. Uno dei protagonisti di questa svolta fu senza dubbio William Curtis (1746-1799). Nato in una famiglia quacchera di Alton (Hampshire), come non conformista era escluso dagli studi universitari. In famiglia c'era però una forte tradizione medica: il nonno, uno zio, due fratelli e un cugino erano chirurghi e farmacisti. William avrebbe dunque seguito le loro orme, inizialmente sotto la guida del nonno, di cui fu apprendista per cinque anni. Già allora però si faceva sentire l'interesse per la natura, grazie a Thomas Legg, oste e naturalista dilettante, in compagnia del quale egli percorreva la campagna alla ricerca di piante e insetti, con disapprovazione del nonno. Fu forse per allontanarlo dalle distrazioni della campagna che questi decise di spedirlo a completare il tirocinio a Londra, per un anno nella bottega di George Vaux e per due in quella di Thomas Talwin; intanto seguiva i corsi di chirurgia al St. Thomas Hospital e continuava a coltivare botanica e entomologia con i nuovi amici londinesi, come John Coakley Lettsom che lo mise anche in contatto con un altro medico quacchero, John Fothergill. Nel dicembre 1771 fu ammesso alla corporazione dei farmacisti ed aprì una propria bottega in società con il chirurgo William Wawell. Secondo diverse fonti, sarebbe subentrato a Talwin alla morte di questi, ma poiché Talwin nel 1774 era ancora vivo e risulta tra gli esaminatori per l'ammissione alla corporazione, la notizia è certamente errata. All'epoca, infatti, Curtis aveva già abbandonato la farmacia per seguire la sua vera vocazione. Così descrive la circostanza James Edward Smith: "I doveri di un praticante su e giù per le strade cittadine mal si accordavano con le escursioni di un naturalista; il farmacista fu presto offuscato dal botanico, e la bottega sostituita da un giardino". Infatti nel 1771 Curtis cedette impulsivamente il negozio al socio per fondare il suo primo orto botanico, situato in un terreno di appena un acro a Bermondsey, non lontano dall'attuale Old Vic, e dedicato principalmente alla flora britannica. È dello stesso anno il suo primo libro, Instructions for collecting and preserving insects. Rivolto esplicitamente ai principianti, fornisce istruzioni pratiche per catturare, montare e conservare esemplari di insetti, "in particolare falene e farfalle". L'anno successivo seguì un lavoro più ambizioso, Fundamenta Entomologiae: or, an Introduction to the Knowledge of Insects, ovvero la traduzione della tesi omonima di Andreas Johan Bladh, pubblicata da Linneo nel settimo volume di Amoenitates Academicae. Le tesi, all'epoca, erano per lo più scritte dai professori, e possiamo concordare con la prefazione che "se non si tratta interamente di un'opera di Linneo, ha avuto la sanzione della sua approvazione". Per avvicinare all'entomologia un pubblico più ampio, Curtis mirò a un linguaggio piano e scorrevole e aggiunse due tavole calcografiche. Ormai cominciava ad essere conosciuto negli ambienti dei naturalisti e nel dicembre 1772 fu nominato dimostratore di botanica del giardino dei farmacisti di Chelsea, prendendo servizio all'inizio del 1773. Tra i suoi compiti, coordinare il mantenimento del giardino, supervisionare il lavoro del capo giardiniere William Forsyth, tenere lezioni di botanica agli apprendisti farmacisti, organizzare le escursioni o herborizing, predisporre 50 esemplari d'erbario da consegnare ogni anno alla Royal Society. Dopo un buon inizio, le inadempienze di Curtis e gli ammonimenti del Comitato direttivo incominciarono a moltiplicarsi, fino alle dimissioni presentate nel 1777. In effetti a distogliere l'attenzione di Curtis dai suoi compiti a Chelsea era il progetto, secondo le parole del suo primo biografo R.J. Thornton, di dare al paese "una storia naturale completa delle isole britanniche con tavole illustrate per ciascun oggetto, [...] non in una scala minuscola e inadeguata, ma giusta, nobile e magnifica, come il nostro Impero, davvero degna della nazione britannica". Come primo atto, si trattava di descrivere nel modo più completo possibile le piante indigene che crescevano in un raggio di dieci miglia dalla capitale. Nacque così Flora londinensis; era un'opera in formato in folio con illustrazioni estremamente accurate a grandezza naturale, affidate principalmente a William Kilburn, Sydenham Edwards, James Sowerby, Francis Sansom e forse altri (nessuna tavola è firmata). Per realizzarla, Curtis fece accurate ricerche spingendosi anche oltre le dieci miglia dichiarate, tanto che Flora londinensis è considerato di fatto la prima flora dell'Inghilterra meridionale. Per ogni specie viene indicato il nome latino e quello inglese, seguiti dai sinonimi edei principali autori, da una diagnosi in latino e in inglese, da una nota in inglese sull'habitat, la distribuzione, il mese di fioritura e elementi utili a facilitare l'identificazione. Commercializzata con il metodo della sottoscrizione (il primo volume riporta una lista di 321 sottoscrittori) era venduta in fascicoli, ciascuno dei quali conteneva la trattazione di sei specie e altrettante tavole; dodici fascicoli formavano un volume. Il primo fascicolo (costava 2 scellini e mezzo in bianco e nero, 5 scellini a colori, 7 scellini e mezzo se colorato con maggior accuratezza) uscì nel 1775, il primo volume fu concluso nel 1777, l'ultimo nel 1798, un anno prima della morte dell'autore, per un totale di 72 fascicoli, 6 volumi, 432 incisioni. La nascita di una rivista mitica Era un'opera magnifica, che fu immediatamente lodata per la bellezza e la precisione delle tavole, ma anche per la completezza delle ricerche botaniche. Tuttavia era anche costosissima e non fu un successo commerciale, anche se per arrotondare le entrate le tavole colorate a mano venivano anche vendute separatamente; il numero dei sottoscrittori non si allargò e di ogni fascicolo non furono mai stampate molto più delle 330 copie iniziali. Nonostante l'eredità paterna, il soccorso finanziario di lord Bute cui l'opera è dedicata e di altri amici, Curtis si trovò in ristrettezze finanziarie e dovette rallentare il ritmo di pubblicazione. Abbiamo visto che fin dal 1771 egli aveva creato un piccolo orto botanico a Bermondsey; nel 1778 lanciò una sottoscrizione per creare un orto botanico aperto al pubblico battezzato London Botanic Garden; in effetti, non esisteva nulla di simile. Anche se ammettevano selezionati visitatori, il giardino di Chelsea era riservato ai farmacisti e i Kew Gardens al sovrano; l'orto botanico concepito da Curtis era invece pensato per "l'uso del medico, del farmacista, dello studente di medicina, dell'agricoltore scientifico, del botanico (particolarmente del botanico inglese), dell'amante dei fiori e del pubblico in generale". Sarebbe dunque stato aperto a tutti, dietro pagamento del biglietto d'ingresso, e avrebbe raccolto piante native, piante officinali, piante agricole e alimentari, piante belle per soddisfare un pubblico così vasto e variegato. Grazie a numerosi sottoscrittori (amici, collezionisti, vivaisti, lo stesso giardino di Kew) Curtis ottenne circa 6000 piante che, insieme a quelle trasferite da Bermondsey, vennero piantate in un terreno più vasto situato a Lambeth Marsh in un'area posta tra gli attuali Westminster Bridge e Waterloo Station. Il London Botanic Garden aprì i battenti il 1 gennaio 1779; il biglietto d'ingresso non era modico (una ghinea), ma dava anche accesso alla biblioteca. Le piante era sistemate in aiuole dove, etichettate secondo il sistema di Linneo, erano contrassegnate da bastoni colorati: blu per le piante alimentari e orticole, neri per quelle velenose, rossi per le tintorie, verdi per le agricole e gialli per le officinali. Più che a un orto botanico, assomigliava dunque a un museo all'aria aperta. Era però anche un vivaio dove era possibile acquistare semi e talee delle piante esposte. Curtis vi teneva anche periodicamente lezioni o conferenze di botanica. Fu grazie ai visitatori del giardino che Curtis concepì infine l'idea vincente. Molti appassionati lamentavano che mancassero opere autorevoli che fornissero informazioni aggiornate sulle piante esotiche che da ogni parte affluivano sempre più numerose e che essi coltivavano nelle loro serre e nelle loro aiuole. Spesso seguiva la più grande delusione perché quelle straniere, in mancanza di cure adeguate, morivano. La risposta di Curtis fu la pubblicazione di The Botanical Magazine; il primo numero, rivolto "alle signore, ai signori e ai giardinieri che desiderano acquisire una conoscenza scientifica delle piante che coltivano", uscì il 1 febbraio 1787; secondo il modello sperimentato in Flora londinensis semplificato e adattato al nuovo scopo, di ogni pianta era fornito il nome latino, il nome inglese, la classificazione nel sistema di Linneo, una breve diagnosi in latino (distinta in generica e specifica), qualche referenza bibliografica, un breve testo inglese con provenienza, habitat e dettagliate indicazioni di coltivazione (per lo più ricavata dal Gardeners Dictionary di Miller), un'illustrazione a grandezza naturale, anche se dall'imponente in folio si era passati al più maneggevole ottavo. La rivista sarebbe uscita a cadenza mensile (ogni numero costava uno scellino), presentando ogni volta tre nuove piante; quelle scelte per il numero d'esordio sono Iris persica (una pianta notoriamente di difficile coltivazione), Rudbeckia purpurea (oggi Echinacea purpurea), Helleborus hyemalis (oggi Eranthis hyemalis). Bellissima è soprattutto la delicatissima tavola di Iris persica, disegnata da James Sowerby, che anche in seguito fu uno degli artisti principali, insieme a Sydenham Edwards. Le incisioni si devono invece Francis Sansom. Il successo fu travolgente: le sottoscrizioni arrivarono da appassionati, da persone colte ma anche del tutto digiune di botanica, e moltissime da giardinieri e vivaisti, che vi trovarono uno strumento di lavoro utilissimo. La tiratura di ogni numero presto superò le 2000 copie, garantendo a Curtis quel successo finanziario che era mancato a Flora londinensis; spiritosamente commentò che la rivista gli aveva procurato tanto lodi quanto pudding. Mentre la rivista proseguiva il suo cammino a gonfie vele, Curtis continuava a lavorare a mille progetti. Prendeva note per la progettata Flora britannica (nel 1782 trascorse sei settimane a botanizzare nello Yorkshire), l'invasione di un bruco irritante gli offrì l'occasione per tornare all'entomologia, lanciò (con esiti finanziari disastrosi, tanto che la pubblicazione fu sospesa dopo appena due fascicoli) un'opera illustrata sulle piante e gli animali usati in medicina, cercò di lanciare sul mercato foraggere e ortaggi di cui produceva i semi nel suo orto botanico, accompagnandoli con opuscoli informativi. Il suo vero successo rimaneva dunque la rivista, anche se a partire dal 1789 non mancò qualche critica. I lettori avevano notato con disappunto che delle 72 piante dei primi tre anni, ben 40 erano europee, mentre il loro interesse principale andava alle novità esotiche. Contro le loro preferenze, invece per Curtis le piante native erano state e continuavano ad essere il vero amore. Ne approfittò anche la concorrenza: nel 1797 Henry C. Andrews, botanico e illustratore, lanciò il periodico Botanist's Repository for New and Rare Plant, sottolineando che la maggior parte delle piante presentate dalla rivista di Curtis consisteva in "piante ben note e comuni, da lungo tempo coltivate nei nostri giardini". Furono piuttosto i successori di Curtis a trasformare il periodico nell'araldo delle piante esotiche. Inoltre nel 1790 Sowerby, che fino a quel momento aveva dipinto per The Botanical Magazine 56 tavole, lasciò la rivista per lavorare alla sua immensa English Botany, con testi di James Edward Smith, che in un certo senso è la realizzazione del progetto di una flora britannica concepito ma mai realizzato da Curtis. Nel 1789, allo scadere del contratto d'affitto, anche per sfuggire all'inquinamento urbano, Curtis trasferì il suo orto botanico a Brompton, una zona dove sorgevano diversi vivai. Per qualche tempo, pensò di associarsi con Haworth, riunendo alle sue collezioni e alla sua biblioteca quelle di quest'ultimo, ma il progetto naufragò. Nel 1798 divenne invece suo socio Salisbury, che era stato suo allievo e continuò a gestire il Brompron Botanical Garden anche oltre la morte di Curtis, avvenuta nel 1799, dopo di che trasferì il giardino a Chelsea. Al momento della morte di Curtis erano già usciti 13 volumi della rivista e la tiratura di ciascuna uscita si aggirava sulle 3000 copie. Della pubblicazione del volume 14 si occupò il fratello di Curtis Thomas; a partire dal 15, se ne prese carico il medico John Sims che in onore del fondatore mutò il titolo in Curtis's Botanical Magazine; da allora non ha mai cessato le pubblicazioni, divenendo il più longevo periodico di botanica; fino dall'Ottocento fu strettamente legato ai Royal Botanic Gardens di Kew che ne sono tuttora l'editore. Un albero sudafricano Nonostante la sua predilezione per le piante native, avrà certamente fatto piacere a Curtis la dedica da parte di Aiton, il capo giardiniere dei Kew Gardens, della sudafricana Curtisia faginea (ora C. dentata). E' l'unica specie di questo genere, anzi l'unica rappresentante di un'intera famiglia: inizialmente classificata nelle Cornaceae, è ora sistemata in una famiglia propria, Curtisiaceae. Curtisia dentata è un albero sempreverde di medie dimensioni (solitamente fino a 12 metri, ma può raggiungere 20 metri) che cresce in gran parte delle foreste del Sudafrica e dello Swaziland, dal livello del mare fino a 1200 metri, in diverse condizioni, ma con una predilezione per quelle mediamente umide, dove si trova insieme a Podocarpus latifolius e Olea capensis. Cresce anche nelle foreste aride, ma qui le sue dimensioni rimangono minori. E' un albero elegante che in Sudafrica è ampiamente utilizzato anche come ornamentale, come esemplare isolato o per formare siepi sempreverdi. Il suo nome afrikaans è assegaai "lancia" perché gli zulu lo capitozzavano alla base per raccoglierne i ricacci diritti e duri usati appunto come lance. Negli esemplari giovani, la corteccia è liscia e grigia o color cannella, ma con l'età diventa ruvida, dal marrone scuro al nero e profondamente fessurata. I giovani germogli e le nuove foglie sono vellutate e bronzo dorato. Le foglie adulte, sempreverdi, coriacee. ovate con apici acuti, margini profondamente dentati (da cui l'epiteto), disposte lungo i rami in coppie opposte, hanno pagina superiore liscia, verde scuro e lucida, mentre la pagina inferiore è grigio-verde con nervatura cospicua. Mentre i fiori sono insignificanti, oltre al bel fogliame un ulteriore elemento decorativo è costituito dai frutti, grappoli di bacche da arrotondante a ovali, carnose, da bianco crema a rosate, che rimangono a lungo sulla pianta. Sono eduli, ma amare. La corteccia è usata nella medicina tradizionale per curare diarrea e problemi di stomaco. Gli sono anche attribuite proprietà afrodisiache, cosa che ha portato ad un eccessivo sfruttamento e alla sua scomparsa in alcune parti del paese. Oggi è una specie protetta.
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Tra secondo Settecento e primo Ottocento, a Londra operano due vivaisti omonimi: si chiamano entrambi William Malcolm, non sono padre e figlio come spesso si legge, ma probabilmente parenti, visto che gestirono successivamente lo stesso vivaio. Dapprima situato a Kennington, poi a Stockwell, ai tempi del primo William Malcolm divenne uno dei principali vivai del paese, specializzato in piante esotiche da serra e "stufa", il primo in assoluto ad usare i nomi linneani per il proprio catalogo. Poi la concorrenza aumentò e all'epoca del secondo William Malcolm era solo uno dei tanti vivai dell'area londinese. A ricordarli entrambi (non sappiamo di preciso chi fosse il dedicatario) il genere Malcolmia (Brassicaceae), che vanta tra l'altro un raro endemismo italiano e una splendida benché da noi poco nota annuale da giardino. Due vivaisti al prezzo di uno Nel 1771 William Malcom, proprietario di un vivaio nel sobborgo londinese di Kennington, pubblicò il suo primo catalogo, A catalogue of hot-house and green-house plants, fruit and forest trees [...]. I motivi d'interesse sono diversi. Non solo si tratta di uno dei primi cataloghi a stampa sopravvissuti, ma è il primo in assoluto in cui le piante offerte non sono elencate sotto il loro nome comune, ma sotto il nome botanico binomiale, imposto da Linneo da pochissimo (Species plantarum è del 1753). Inoltre, il cuore dell'offerta non sono più le piante da giardino, le orticole o le piante da frutto coltivate da tempo e ormai più o meno naturalizzate, ma le piante esotiche, come è evidente fin dal frontespizio. Nella pomposa immagine (l'unica per il resto sobrio catalogo) si vede sulla destra, sotto una specie di baldacchino disposto attorno a un albero, una donna assisa (presumibilmente la Britannia) che tiene in mano una pianticella e in grembo un calamaio; la assistono tre figure femminili, una delle quali regge un termometro. Ai suoi piedi, un volume con la scritta Linnaeus Syst. (Sistema di Linneo). Al centro tre figure maschili le offrono cornucopie colme di fiori e frutti: sono l'America che porge un ananas, l'Asia e l'Africa. In alto a sinistra, adagiati tra le nuvole sotto un arco di zodiaco, vediamo il Tempio e la Verità. Sotto, a fare da sfondo, si intravvede un angolo di giardino con una serra e una pianta in vaso. Sotto, racchiuse in un cartiglio rococò, vediamo il prospetto laterale e frontale di due serre. Il messaggio è chiaro: tutto il mondo offre le sue ricchezze botaniche alla Britannia, ma per goderne bisogna vincere l'ostacolo del clima freddo; a soccorso, ecco le serre ma anche la scienza botanica. Nella prefazione (To the reader), oltre a rivendicare la propria ampia esperienza di coltivatore di piante esotiche ("la raccolta di piante e semi dalle varie parti del globo e la loro propagazione è stato il mio studio preferito, e in esso non ho risparmiato né esperienza, né fatica, né cura"), Malcolm spiega e difende la sua decisione di usare i nomi scientifici: in molti libri, specialmente nei cataloghi, le piante sono disposte in modo confuso, la stessa pianta compare in capitoli diversi, ed è presentata sotto nomi differenti, secondo questo o quel sistema, o anche nessun sistema; ne nascono continue dispute e i clienti lamentano di ricevere piante con il nome sbagliato e di aver acquistato una pianta per l'altra. A tutta questa confusione, non vede altro rimedio che "abolire una buona volta tutti i sinonimi e i termini e nomi astrusi degli antichi scrittori e adottare quelli del più corretto e esplicito autore moderno come standard per un catalogo generale"; nella sua opinione, nessun sistema da ogni punto di vista è più indicato di quello linneano, per la sua correttezza e universalità. Dunque ha deciso di elencare le piante con il nome di genere e specie, cui ha affiancato il nome inglese "più intelligibile e noto". Malcolm spiega poi la disposizione delle piante nel catalogo: trattandosi di piante provenienti da paesi diversi e da vari climi, possono essere ricondotte a tre categorie: quelle che, provenendo dai climi più caldi, devono essere coltivate in una serra riscaldata (hot-house o stove); quelle che non sopportano il freddo ma si accontentano della protezione invernale di una serra fredda (green-house); quelle che possono vivere all'aperto. Queste ultime sono ulteriormente divise in alberi e arbusti rustici, erbacee perenni, piante da frutto e bulbose; a terminare il catalogo "i semi più utili per l'orto e il giardino dei fiori o per il miglioramento del terreno". Così organizzato, segue un catalogo di una settantina di pagine, che offre in vendita 650 specie tra esotiche ed erbacee più 250 specie di alberi e arbusti da fiore. Nell'edizione del 1778 le pagine saliranno a 90, le erbacee a 1100 e le legnose a 650 (un numero ineguagliato fino ai cataloghi di Loddiges un quarto di secolo dopo) e l'offerta si allargherà agli utensili da giardino. William Malcom era il creatore e il direttore di uno dei vivai leader dell'area londinese. Della sua vita personale non sappiamo molto, tanto che ignoriamo il luogo e la data di nascita. Come si desume dal cognome, era di origini scozzesi, del resto come la maggior parte dei giardinieri e dei vivaisti britannici dell'epoca. Intorno alla metà degli anni '50 del Settecento prese in affitto un terreno a Kennington, non lontano dall'area dove anni dopo sarebbe sorto il campo di cricket noto come "Oval". Il contratto prevedeva parte del pagamento in natura, con la fornitura di 100 asparagi, segno che, almeno all'inizio, Malcolm - come molti colleghi - doveva soprattutto coltivare ortaggi; successivamente però si specializzò in piante esotiche, destinate anche al mercato internazionale, come testimonia la sua corrispondenza con David van Royen, professore di botanica a Leida, iniziata nel 1768 e protrattasi fino al 1773. Forse il suo interesse per le esotiche iniziò con la coltivazione degli ananas, uno status symbol immancabile nelle collezioni degli aristocratici, visto che a Kennington Malcolm aveva anche un negozio di sementi intitolato The Pine Apple e nel catalogo del 1771 sono elencate sei diverse varietà di ananas. Malcolm allargò sempre più il giro di affari; nel 1769 fornì piante alla principessa Augusta del Galles per i giardini di Kew e dal quel momento si fregiò del titolo di Royal Nurseryman; nel 1779 è citato tra i donatori che fornirono piante a William Curtis per aiutarlo a creare un orto botanico a Londra. Si occupava anche di progettazione di giardini come quello di Woodhall Park nell'Hertfordshire, disegnato intorno al 1782. Certamente a Kennington Malcolm possedeva una o più serre, ma con l'arricchirsi del catalogo e il crescente numero di clienti dovettero divenire insufficienti. Nel 1788 il vivaio fu trasferito a Stockwell in un terreno di 50 acri, dove Malcolm fece costruire un'elegante casa in mattoni grigi ed estese serre fredde e riscaldate. William Malcolm morì l'anno dopo. Nel suo testamento vengono nominati tre figli: James, Marmaduke George Russell e Jacob. Nessuno di loro però dopo la sua morte si occupò del vivaio di Stockwell. La gestione passò a un altro William Malcolm (1768 - 1835), di cui non conosciamo l'esatta parentela con William senior. Poiché suo fratello Alexander lavorava già nel vivaio, si suppone fosse un nipote (figlio di un fratello). Sotto la sua direzione, il vivaio continuò a godere di prestigio e di una buona clientela, ma con un successo probabilmente ridimensionato rispetto all'epoca del primo Malcolm. Negli anni '90 il vivaio Malcolm & son (il son era James, la cui attività principale dovette essere quella di agrimensore) fu incaricato di ristrutturare il giardino di Soho Square; furono piantati una doppia siepe viva e diversi nuovi alberi e arbusti (mandorli, peschi, ciliegi, lillà, maggiociondoli, caprifogli e gelsomini), forse scelti di persona da sir Joseph Banks, la cui casa si affacciava sulla piazza. Come si vede, niente di particolarmente esotico; segno che Stockwell non era più il vivaio leader delle esotiche, ma si stava spostando verso produzioni più abituali e consolidate; purtroppo però non abbiamo cataloghi di questi anni. Nel 1794 i Board of Agriculture del Sussex e del Buckinghamshire commissionarono a padre e figlio indagini sull'andamento dell'agricoltura e sulle migliori pratiche delle loro contee, che però lasciarono scontenti i committenti. Negli anni successivi James dovette continuare l'attività di agrimensore, come dimostrano alcune sue mappe, e nel 1805 pubblicò A compendium of modern husbandry, in cui si occupa soprattutto del miglioramento dei concimi. Forse ormai aveva lasciato il vivaio di Stockwell. Il padre continuò a dirigerlo e cercò di rilanciarlo associandosi con altri vivaisti. Tra il 1805 e il 1810 il suo socio fu un certo Doughty e dal 1811 il celebre giardiniere ed autore di testi di giardinaggio Robert Sweet. Ma non funzionò, e il vivaio di Stockwell chiuse definitivamente nel 1815. Sopravvisse invece la ragione sociale Malcolm & Co. Malcolm infatti affittò un terreno più piccolo a Kensington (una zona assai alla moda) e presumibilmente lo gestì fino alla morte nel 1835, quando lo stabilimento passò a Richard Forrest. Nel 1824 fu convocato come testimone della difesa nel processo contro Sweet, che lodò come persona e come professionista. Del vivaio Malcolm & Co. a Kensington possediamo anche un catalogo (purtroppo senza data): per numero e tipo di piante (essenzialmente limitato a specie ormai ben stabilite nel vivaismo britannico) il confronto con quelli del primo William Malcolm è impietoso. Una bella annuale da (ri)scoprire Il genere Malcolmia venne pubblicato nel 1812 nella seconda edizione del catalogo dei Kew Gardens Hortus kewensis (dove è scritto scorrettamente Malcomia); il volume compare sotto il nome del capo giardiniere (e poi direttore) di Kew William Townsend Aiton, ma è noto che le descrizioni dei generi si devono a Robert Brown; tuttavia, in questo caso, non è automatico che la paternità vada attribuita a lui piuttosto che a Aiton, prevalentemente indicato come autore. Come che sia, né Brown né Aiton hanno indicato chi intendessero onorare. Certo il primo William Malcolm era morto da diversi anni, ma era stato un personaggio di grande rilievo, mentre il secondo era ancora in piena attività e, se pur su scala minore, era comunque stimatissimo. Dunque non sappiamo chi sia il dedicatario di Malcolmia: l'uno o l'altro dei William Malcolm o entrambi. Aiton inizialmente attribuì al nuovo genere tre specie, ciascuna delle quali era stata già descritta da Linneo e collocata in un genere diverso e allo stato attuale è assegnata altri generi ancora, solo la specie tipo rimanendo in Malcolmia (famiglia Brassicaceae). E' una chiara testimonianza della sua eterogeneità e difficoltà tassonomica. Nel corso dell'Ottocento e della prima metà del Novecento la sua delimitazione è stata variamente trattata dai botanici, giungendo a comprendere una trentina di specie. A partire dagli anni '60 del Novecento se ne è riconosciuta l'eterogeneità e, soprattutto in seguito agli studi molecolari, le specie attribuite sono state via via ridistribuite in ben sette generi: Maresia, Neotorularia, Sisymbrium, Strigosella, Zuvanda, il neo creato Marcus-Kochia e appunto Malcolmia in senso stretto. Quest'ultimo attualmente comprende undici specie ed è geograficamente ristretto dal Mediterraneo centrale al Pakistan, con centro di diversità in Grecia (quattro specie), mentre le specie del Mediterraneo occidentale sono passate ad altri generi. Delle sette specie segnalate per il territorio italiano, quattro sono state trasferite ad altri generi; M. flexuosa, una specie balcanica, in passato è stata segnalata per la Puglia, ma è oggi ritenuta estinta; M. maritima, originaria dei Balcani, è presente in Puglia ed è stata segnalata come avventizia, presumibilmente sfuggita dai giardini, in altre regioni; M. orsiniana è invece un raro endemismo dell'Appennino, la cui presenza è stata rilevata unicamente sul Monte Nerone per le Marche, su Majella e Gran Sasso per l'Abruzzo e sulle Montagne della Duchessa per il Lazio. Le Malcolmia sono erbacee annuali o più raramente biennali con stelo eretto, ascendente o decombente, foglie basali spesso raccolte a rosetta e foglie cauline più o meno rade e di dimensioni minori, intere, dentate, più raramente sinuate, spesso di colore grigio per la presenza di tricomi; i fiori, raccolti in racemi di pochi-molti, hanno calice tubolare e quattro petali da rosa a viola, arrotondati, con una leggera insenatura all'apice. I frutti sono silique. Alcune sono eccellenti piante da giardino, in particolare M. maritima, originaria di Albania e Grecia, ma naturalizzata altrove; è un'annuale bassa, che può essere facilmente coltivata da seme e fiorisce rapidamente, producendo racemi di fiori fragranti rosa, viola, bianchi; seminandola scalarmente, può garantire fioriture dalla primavera all'estate. Stranamente da noi non è molto diffusa, mentre potrebbe affiancare validamente altre annuali più popolari. I Pelargonium, nativi per lo più del Sudafrica, incominciarono ad arrivare in Europa a fine Seicento, ma a lungo le specie note e coltivate furono meno di una decina. Poi tutto cambiò grazie a Francis Masson che dal suo primo viaggio in Sudafrica ne riportò non meno di quaranta. Erano belli, diversi tra loro, facili da coltivare e si ibridavano con facilità. Tra i pionieri della loro ibridazione spicca Robert Sweet che, giardiniere specializzato fin dall'adolescenza nella coltivazione delle piante esotiche, fu anche il prolifico autore di pubblicazioni che univano a un certo rigore scientifico un taglio pratico. Tra di esse, per la sua importanza storica spicca Geraniaceae, or The natural order of Gerania, in cui Sweet prestò particolare attenzione ai nuovi Pelargonium ibridi di creati da lui stesso e da altri giardinieri britannici: sono gli antenati degli attuali gruppi Regal e Angel. Sweet godeva di enorme reputazione; eppure, nonostante questo (o forse proprio per questo) fu trascinato in tribunale, accusato di aver acquistato piante rubate ai Kew gardens, nonostante ne conoscesse la provenienza illecita. Lo ricorda il genere monospecifico sudamericano Sweetia. Furto ai Kew Gardens Tra le sette e le otto del mattino del 29 gennaio 1824 John Smith, l'aiuto giardiniere dei Royal Botanic Gardens di Kew addetto alla serra delle esotiche, notò una finestra semiaperta; un esemplare di Banksia grandis che avrebbe dovuto essere presso la finestra mancava. Esaminò allora la serra e constatò che mancavano altre sette piante, tutte rare e una addirittura non ancora identificata. Informò immediatamente il suo superiore, il direttore William Townsend Aiton, e poco dopo i due si recarono a porgere denuncia alla più vicina stazione di polizia. Purtroppo i furti ai Kew Gardens erano all'ordine del giorno e certamente avvenivano con la complicità del personale. Aiton additò il colpevole materiale in Michael Hogan, un altro aiuto giardiniere che dal giorno 26 non si era più presentato al lavoro e ora risultava irreperibile; fu probabilmente sempre lui a insinuare che il mandante fosse il noto giardiniere e autore di testi botanici Robert Sweet. Così la sera stessa Mr, Ruthven, l'agente incaricato dell'indagine, e Smith si recarono a casa di Sweet; il poliziotto, convinto che egli fosse colpevole, lo investì con modi molto aggressivi ingiungendogli di consegnare la cassa che doveva aver ricevuto quella stessa mattina dall'ufficio postale di Kew Bridge o di Brentford. Sweet cadde dalle nuvole e disse di non saperne nulla. L'agente lo costrinse ad accompagnarlo nel vivaio Covill, di cui Sweet era sovrintendente. Qui dovette mostrare esemplari delle specie rubate, che in gran parte Smith riconobbe come quelli di Kew, anche se erano piantati in vasi e terricci differenti. Nel negozio di sementi annesso fu anche trovata una scatola indirizzata a Sweet che secondo il commesso era arrivata nella tarda mattinata. Nel frattempo Sweet, che durante la perquisizione era spesso apparso confuso ed esitante, era già stato ammanettato. Venne quindi condotto in arresto alla stazione di polizia; Covill - immediatamente riconosciuto estraneo ai fatti - offrì di pagare una cauzione per il prigioniero, ma questa rifiutata. Il fattaccio fece molto rumore. Sweet non era infatti uno qualunque. Oltre ad essere un giardiniere di provata abilità, era l'autore di molte importanti pubblicazioni (le vedremo meglio tra poco) e godeva della stima universale. Lo dimostra il gran numero di amici e colleghi che si mobilitò in occasione del processo, tenutosi il 24 febbraio di fronte all'Old Bailey. L'accusa non era di ricettazione, ma di fellonia: le piante di Kew appartenevano infatti a sua Maestà il re. Durante il dibattimento, emersero molte incongruenze; Smith ammise che poteva anche essersi sbagliato nel riconoscere in quelle piante quelle sottratte a Kew; Ruthven, pur continuando ad insistere sulle esitazioni e a suo parere reticenze di Sweet, ammise di non aver trovato le prove che Hogan avesse spedito un pacco da Kew Bridge o Brentford e che il pacco rinvenuto era troppo piccolo per le piante (ma i vasi originali erano più piccoli, aggiunse). Furono poi sentiti la moglie del direttore dell'ufficio postale di Brentford e uno dei corrieri, che testimoniarono di aver ricevuto e consegnato un pacco per Sweet da parte di un certo Charles Noyce la sera del 28. Provato dall'arresto e da quasi un mese di reclusione, Sweet fece leggere una memoria difensiva dal suo avvocato; seguì poi una sfilza di testimoni a difesa. Molte le voci di giardinieri e vivaisti; dalle loro testimonianze emerse che inviare scatole di piante, talee e semi era pratica comune (a volte addirittura per divertimento), che le piante sparite da Kew non erano né affatto uniche né così preziose come pretendevano Aiton e Smith; William Anderson, sovrintendente di Chelsea, scodellò un elenco di prezzi che costituisce per noi un documento prezioso. Una decina tra giardinieri e vivaisti testimoniò poi l'onesta e l'onorabilità dell'imputato: "lo ritengo un uomo onesto e onorevole", dichiarò Joseph Knight; "non esiste un uomo più onesto" rincarò William Malcolm, e così via. Nella sua requisitoria il giudice si schierò per la colpevolezza, soprattutto sulla base del supposto comportamento esitante e reticente di Sweet al momento dell'arresto, ma invitò anche la giuria a non trascurare i dubbi. E infatti la giuria non li trascurò: dopo un'ora e mezza di discussione, dichiarò Sweet non colpevole. Oggi diremmo che fu assolto per insufficienza di prove. La convinzione attuale è che fosse davvero innocente e che Aiton, incastrando Sweet, avesse voluto dare una lezione e un avvertimento ai vivaisti che, certamente con la complicità dei giardinieri, si procuravano surrettiziamente piante rare da Kew, per poi moltiplicarle nei loro vivai e metterle in vendita. Insomma, colpirne uno per ammonirne cento. Nuove piante per i giardini britannici Così il povero Robert Sweet (1783-1835) se la cavò con un mese di carcere che non intaccò la sua reputazione e il suo prestigio tra giardinieri e botanici, del resto attestato anche dai numerosi colleghi che si erano presentati in tribunale a difenderlo. E' pur vero che, difendendo lui, difendevano sé stessi, ma Sweet era certamente una figura di primo piano del giardinaggio britannico. La sua carriera era iniziata a sedici anni, come aiuto giardiniere sotto il fratellastro James Sweet, all'epoca capo giardiniere di Ham Green, la tenuta del medico Richard Bright presso Bristol. Qui aveva lavorato nove anni, poi era passato al servizio dell'uomo d'affari e collezionista John Julius Angerstein, come curatore della collezione di esotiche della tenuta di Woodlands. Nel 1810 entrò nel vivaismo come socio del vivaio Malcolm di Stockwell e quando questo fu chiuso nel 1815, passò al servizio come capo giardiniere e sovrintendente prima del vivaio Whitley, Brames, & Milne, poi del vivaio Covill, posizione che occupava come abbiamo visto al momento della sua disavventura. La lasciò nel 1826, per concentrarsi maggiormente nella scrittura; contemporaneamente coltivava un numero limitato di piante prima in un piccolo giardino a Parson's Green (Fulham), poi dal 1830 in uno più grande a Chelsea. Tuttavia a partire dal 1831 soffrì di febbri cerebrali; la sua salute precipitò, portandolo alla morte nel 1835. Sweet, che fin dal 1812 era membro della Linnean Society, affiancò al lavoro di giardiniere una copiosa attività pubblicistica. La sua prima opera è Hortus suburbanus londinensis; si tratta di un catalogo delle piante coltivate nei dintorni di Londra. Come leggiamo nella prefazione, era il frutto della congiunzione tra l'esperienza pratica e ottime conoscenze teoriche: "Il compilatore del presente [libro], dall'infanzia fino ad oggi, è stato costantemente impegnato nella coltivazione delle piante esotiche come mezzo di sostentamento; e, per quanto glielo hanno permesso gli impegni di lavoro e le opportunità che gli si sono offerte, si è sforzato industriosamente di coniugare la parte scientifica con quella pratica della sua vocazione". E' una semplice lista, senza né descrizioni né note di coltivazione, ma risulta ugualmente ricca di informazioni. Per ogni specie, disposte secondo le classi linneane, vengono infatti indicati il nome botanico, quello inglese, in molti casi l'ordine naturale (di cui Sweet nella prefazione sottolinea l'utilità pratica per la corretta coltivazione, le ibridazioni e gli innesti), l'origine geografica, l'anno di introduzione, il periodo di fioritura, la forma biologica, una referenza iconografica. Il tutto in forma di tabella. Nel 1820 incominciò ad uscire il primo volume dell'opera forse più importante di Sweet Geraniaceae, or The natural order of Gerania; ne sarebbero seguiti altri quattro, fino al 1830. Splendidamente illustrata, con 500 figure a piena pagina colorate a mano (incise da S. Watts da disegni di Edwin Dalton Smith), è una delle prime monografie dedicate a questo gruppo di piante, cui solo recentemente L'Heritier de Brutelle aveva portato chiarezza, separando da Geranium Pelargonium e Erodium. Ci sono anche questi "cugini poveri", ma a fare la parte del leone sono soprattutto i Pelargonium. Il numero delle specie disponibili in Gran Bretagna dopo le raccolte di Masson era enormemente aumentato, offrendo molto materiale agli ibridatori. In questo campo Sweet fu un vero pioniere; così nell'opera hanno grande spazio i "mules", ovvero gli ibridi, molti dei quali di sua creazione; da questi esperimenti nacquero i progenitori dei gruppi Regal e Angel. Grazie al suo sovrintendente, Covill, che in precedenza era specializzato in bulbose sudafricane, poté offrire ai suoi clienti un catalogo di quasi 500 varietà. Il libro di Sweet, con le sue descrizioni accurate e le magnifiche illustrazioni contribuì enormemente alla popolarità di queste piante. Geraniaceae dovette richiedere un forte impegno, anche finanziario; eppure Sweet lavorò contemporaneamente ad altre opere. Nel 1821 pubblicò The Botanical Cultivator, poi ripubblicato in seconda edizione accresciuta sotto il titolo A Hothouse and Greenhouse Manual, un manuale pratico dedicato principalmente alla coltivazione delle piante in serra che riscosse tanto successo da giungere alla quinta edizione vivente l'autore. Nel 1825, in concorrenza con pubblicazioni come il Curtis's o il Botanical Register di Edwards, Sweet cominciò a pubblicare The British Flower Garden, in cui presentava "le piante erbacee rustiche più ornamentali e curiose"; secondo il modello introdotto dal Curtis's, di ogni pianta, illustrata a piena pagina da Edwin Dalton Smith, veniva fornita una breve diagnosi in latino e una più ampia descrizione in inglese; tuttavia i testi di Sweet si distinguevano da quelli della concorrenza per le accurate istruzioni per la coltivazione e la moltiplicazione. Sweet tra il 1823 e il 1829 ne pubblicò una prima serie in tre volumi; nel 1831 iniziò una seconda serie di cui, nostante fosse ormai gravamente malato, uscirono altri quattro volumi più un addendum postumo. Ma non è ancora tutto. Mentre era ancora intento a completare Geraniaceae Sweet si interessò a un'altra famiglia caratterizzata da fiori vistosi e ornamentali. Il risultato fu Cistineæ, The Natural Order of Cistus, Or Rock-rose, inizialmente pubblicato tra il 1825 e il 1829 in 28 fascicoli venduti a 3 scellini l'uno, poi riuniti in un volume. La formula è la stessa di The British Flower Garden, ma i disegni non sono più di E. D. Smith, bensì di una certa signora Brown e di J., M. e W. Hart. Contemporaneamente, Sweet diede mano al Sweet's Hortus Britannicus (1826-27): è l'evoluzione della sua prima opera Hortus suburbanus londinensis, di cui mantiene il formato a tabella e l'assenza di illustrazioni, ma ora l'ambito dai giardini dei dintorni di Londra si è allargato all'intera Gran Bretagna, le piante non sono più presentate secondo il sistema linneano, ma per famiglie (ordini) naturali; il repertorio dovette essere apprezzato se ne uscirono altre due edizioni, l'ultima delle quali postuma. Nacque invece ancora dalla collaborazione tra Sweet e E. D. Smith Flora Australasica (1827-1828) dedicata a una "selezione di piante belle o curiose native della Nuova Olanda o delle Isole dei Mari del Sud"; la formula è sempre la stessa, ma ora si tratta per lo più di piante delicate da coltivare in serra o in ambiente protetto. Formula e autori si ritrovano in The Florist's Guide, and the Cultivator's Directory, uscita a fascicoli tra il 1827 e il 1831 e poi riunita in due volumi; il soggetto ora sono "i fiori più scelti coltivati dai fioristi, inclusi ranuncoli, garofani e garofanini, fiori variegati, dalie, auricole e primule, giacinti e tulipani". Prima che le "febbri celebrali" mettessero fine a questa prodigiosa produzione, venne ancora il primo volume di British Botany, in collaborazione con H. Weddell (1831). Sweet era anche ornitologo: nel 1825 pubblicò The British Warblers, dedicati ai piccoli uccelli canori britannici. Il formidabile insieme delle opere botaniche di Sweet, che si rivolgevano chiaramente a un pubblico allargato di media cultura, attratto sia dalle magnifiche illustrazioni sia dalle precise indicazioni di coltivazione, diede un grande contributo a popolarizzare il giardinaggio nel momento storico in cui esso si stava trasformando da status symbol riservato a pochi ricchi a passione nazionale condivisa dalle classi medie. Grande esperto e appassionato i piante esotiche, spesso riuscì ad anticipare i botanici professionisti; gli si deve dunque la pubblicazione di centinaia di specie e di decine di generi, anche se solo in piccola parte sono rimasti validi; forse più con l'occhio del vivaista, che deve offrire ai suoi clienti piante sempre nuove che con quello del botanico, tendeva infatti a moltiplicare le entità, ad esempio istituendo nuovi generi anche per piccole differenze: così nella sua monografia sulle Geraniaceae istituì i generi Ciconium, Grenvillea, Hoarea, Isopetalum, Jenkinsonia, Phymatanthus, Seymouria, tutti rientranti in Pelargonium. Per limitarci ai generi, rimangono però validi Herbertia, Hoodia, Hunnemannia, Luculia, Orthosanthus, Piptanthus, Polyspora e Sphenotoma. Eresse poi a genere Agonis, Chaetonychia e Sarcocaulon, già creati da de Candolle ma come sottogeneri o sezioni. Tra le sue centinaia di specie, mi limito a citarne le assai colitivate Coreopsis grandiflora e Lablab purpureus. Un omaggio dal Sud America Nel 1825, circa un anno dopo la sua disavventura giudiziaria, due illustri botanici, de Candolle e Sprengel offrirono al malcapitato Sweet il riscatto di un genere Sweetia; ad essere valido è quello creato dal secondo. Né de Candolle né Sprengel però esplicitarono le motivazioni della dedica. Sweetia Spreng. è un genere monotipico della famiglia Fabaceae, rappresentato unicamente da S. fruticosa. Nativa di Bolivia, Paraguay, Brasile e Argentina nord orientale, dove vive per lo più ai margini della foresta pluviale in ambienti stagionalmente aridi, è un grande arbusto o più spesso un piccolo albero deciduo caratterizzato da un tronco dritto e cilindrico, una chioma molto aperta e globosa, foglie composte, piccoli fiori bianchi. I legumi, appiattiti, irregolari ed asimmetrici, hanno forma simile a una samara (legume samaroide). Può raggiungere un'altezza di 10-18 metri. Ne viene talvolta utilizzato il legname che, essendo durevole e inattaccabile dagli insetti, si presta a lavori di falegnameria, ma anche a traversine e pali. Nella medicina tradizionale sempre il legame trova impiego come febbrifugo. Per molto tempo il genere Sweetia è stato assegnato alla tribù Sophoreae, soprattutto sulla base della morfologia dei fiori; tuttavia recentemente analisi filogenetiche molecolari lo hanno trasferito nella clade informale detta vataireoidi, che raggruppa i generi Vatairea, Vataireopsis, Luetzelburgia e appunto Sweetia, distribuiti soprattutto nel Sud America settentrionale, principalmente in Brasile. |
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
August 2024
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