L'orto botanico di Stoccolma ha una storia molto particolare. E' amministrato congiuntamente dall'Università e dalla Reale Accademia delle Scienze, alla quale nel 1790 fu donato con lascito testamentario dal medico Peter Jonas Bergius, che era stato allievo di Linneo, e l'aveva creato presso la sua casa di campagna insieme al fratello, il bibliofilo e storico Bengt Bergius. Lasciò anche un cospicuo capitale e la raccomandazione che a dirigere il giardino fosse un professore nominato dall'accademia che sarebbe stato allo stesso tempo un ricercatore. Dal 1791 al 2014 l'orto botanico è stato dunque diretto dal Professor Bergianus, a cominciare dal grande tassonomista Olof Swartz. Dato che non viaggiò al di fuori della Svezia, Bergius non è considerato un apostolo di Linneo, ma era molto stimato dal maestro che gli dedicò il genere Bergia. ![]() Un medico di successo appassionato di botanica I fratelli Bengt (1723-1784) e Peter Jonas Bergius (1730-1790) erano figli del governatore distrettuale Bengt Bergius e di sua moglie Sara Maria Dryselia. Quando il primo aveva sette anni e il secondo era un neonato, il padre morì, ma l'energica madre riuscì a tenere a galla la numerosa famiglia (c'erano altri cinque figli), fino a quando non morì anch'essa. I ragazzi vennero dispersi e affidati a diversi parenti, ma, grazie ad alcuni di essi, Bengt però poté studiare e laurearsi in filosofia all'università di Lund, dove insegnò per qualche tempo. Fin da studente, incominciò a raccogliere documenti sulla storia svedese, che divenne il suo campo di studi; celebre per la sua erudizione, fu autore di cronache su Carlo IX e su Gustavo Adolfo e di una imponente raccolta di documenti originali. Membro dell'Accademia delle scienze, ne fu per due volte presidente. Affidati a parenti diversi, per qualche tempo Bengt e Peter Jonas furono separati, finché si ritrovarono a Lund, dove il primo all'epoca era professore associato di storia e il secondo si iscrisse all'università sedicenne, ancora incerto sul proprio futuro. Avrebbe potuto diventare prete o avvocato, ma la balbuzie sconsigliava queste carriere basate sulla parola. Fu così che, su consiglio di Bengt, decise di trasferirsi a Uppsala per studiare medicina. Vi arrivò diciannovenne e scoprì la sua vera vocazione, grazie a un professore carismatico, ovvero il grande Linneo. Seguiva le sue lezioni private e pubbliche e partecipava alle celebri escursioni naturalistiche settimanali. Si appassionò di botanica e nel 1750 discusse la tesi preliminare De seminibus muscorum sulle spore dei muschi, eccezionalmente scritta almeno in parte da lui. Forse Linneo, che ne stimava grandemente l'intelligenza e la dedizione allo studio, pensava di farne uno dei suoi apostoli. Organizzò per lui due brevi spedizioni, la prima nel Dalarna, la seconda nel Gotland, con l'incarico di raccogliere coralli e fossili per il conte Tessin (era anche un modo per assicurare qualche guadagno all'allievo, promettente ma senza mezzi). Nelle sue intenzioni, erano forse il preludio a una spedizione nelle Indie Orientali, finanziata dalla regina Lovisa Ulrika, Il progetto però non si concretizzò. Anche se era interessato alle scienze naturali, Bergius desiderava essere soprattutto un medico e fu profondamente influenzato anche dall'altro professore di Uppsala, Rosén von Rosenstein, che indirizzò il suo interesse verso le malattie infettive. Proprio con lui nel 1755 concluse gli studi di medicina con una tesi sul vaiolo. Si trasferì quindi a Stoccolma dove iniziò una carriera medica di straordinario successo. Entrò a far parte del Collegium medicum e nel 1758 fu ammesso all'accademia delle scienze, di cui fu presidente tre volte. Nel 1761, quando il Collegium medicum istituì una cattedra di storia naturale e farmacologia, fu chiamato a ricoprirla. Come medico, era stimato e richiestissimo, e ciò gli permise di accumulare una discreta fortuna. La investì nell'acquisto di una residenza estiva, detta Bergielund, con un parco che nel 1777 fu ampliato a sette ettari. C'era ampio spazio per la biblioteca e la collezione di documenti di Bengt e per l'erbario di Peter Jonas che trasformò il parco in un vero e proprio orto botanico e in un giardino modello, soprattutto per gli alberi da frutto. Nei loro rispettivi campi, i due fratelli erano eruditi e scrittori prolifici. Si influenzarono anche a vicenda; grazie al fratello minore, Bengt incominciò ad interessarsi di agricoltura (scrisse, tra l'altro una memoria sulla gestione dei prati e delle erbe foraggere), mentre Peter Jonas non rifuggiva dal dare una dimensione storica ai suoi scritti di medicina, come la sua prolusione all'Accademia delle scienze in cui mise a confronto la Stoccolma dei suoi giorni con quella di duecent'anni prima. Peter Jonas Bergius scrisse molto sia di medicina sia di botanica. Come medico fu tra gli iniziatori in Svezia dell'inoculazione del vaiolo, suggerendo anche misure legislative per estenderne la pratica; scrisse anche diverse memorie sull'argomento. Tra le sue opere mediche più importanti, uno studio commissionatogli dal Collegium medicum sulle cause dei decessi tra il 1754 e il 1756, che è considerato l'esordio dell'epidemiologia descrittiva in Svezia. A cavallo tra medicina e botanica si situa Materia medica (1778) in cui descrisse 571 erbe medicinali usate nella farmacologia svedese dell'epoca. Tra le opere di agronomia, la più importante è un "Discorso sui frutteti e la loro promozione nel nostro Regno", che può essere considerato un vero e proprio manuale pratico di frutticoltura, basato anche sulle sue esperienze a Bergielund. Non aveva mai cessato di corrispondere con Linneo (di cui era corrispondente anche il fratello) e, su sua influenza, a interessarsi di piante esotiche. Pubblicò una trentina di lavori di botanica, per lo più dedicati ad esse. Il più importante è Descriptiones plantarum ex Capite Bonæ Spei (1767), basata su una collezione di piante sudafricane ricevuta da Michael Grubb, futuro direttore della Compagnia svedese delle Indie Orientali. Bergius vi istituì 14 nuovi generi (9 dei quali tuttora validi) e descrisse 130 specie inedite, tra le quali potremmo citare almeno Erica verticillata, Dilatris corymbosa, Disa uniflora, Pelargonium crispum. Si tratta di un notevole contributo alla conoscenza delle piante sudafricane, ma soprattutto della prima opera su questa flora pubblicata posteriormente a Species plantarum, che come è noto segna il punto di partenza delle denominazioni botaniche. Nello stesso torno di tempo, Linneo stava scrivendo Mantissa plantarum [prima], che contiene un certo numero di piante sudafricane, alcune delle quali coincidono con quelle pubblicate da Bergius; ma poiché la sua opera uscì un mese dopo quella dell'allievo, in caso di conflitto ad essere valide sono le denominazioni di quest'ultimo. La collezione di Grubb costituì il primo nucleo dell'erbario di Bergius che, costantemente arricchito con acquisti e donazioni, giunse a comprendere 9000 specie. E' di notevole importanza storica perché contiene molti tipi di piante descritte dallo stesso Bergius e dai botanici che si succedettero nella fondazione da lui istituita. Provengono soprattutto dal Sudafrica, dall'America tropicale, dall'Oriente, dalla Cina e dalla Siberia. L'altra grande opera botanica di Bergius è il suo stesso giardino. Su stimolo di Linneo, nel 1753 il Collegium Medicum aveva istituito un giardino presso l'Ospedale Seraphim, dove venivano coltivate soprattutto le piante medicinali destinate all'ospedale stesso; nel 1761, dopo la sua nomina a professore, la direzione venne affidata a Bergius che lo ampliò trasformandolo in un vero orto botanico sul modello di quello di Uppsala. Per motivi finanziari, il giardino fu chiuso nel 1774, ma l'esperienza fu utile a Bergius per l'orto botanico che creò Bergielund. Negli ultimi anni della loro vita, i fratelli, scapoli e senza eredi, incominciarono a preoccuparsi della sorte del giardino e delle collezioni. Stabilirono di comune accordo di lasciarle all'Accademia della scienze, insieme a un cospicuo lascito. Il primo a mancare nel 1784 fu Bengt, lasciando in custodia al fratello superstite la biblioteca e la raccolta di manoscritti, che comprendeva un gran numero di lettere e documenti pubblici e privati. Peter Jonas lo seguì nel 1790. Il suo testamento legava all'Accademia quasi l'intero patrimonio suo e del fratello (che, oltre a un capitale liquido, comprendeva anche una ricca miniera), la biblioteca con i documenti - con la condizione, voluta da Bengt, non fossero resa disponibili per la ricerca prima di cinquant'anni -, l'erbario, la proprietà di Bergielund. Inoltre espresse la volontà che nel giardino venisse istituita una scuola di orticoltura e che a presiedere l'orto botanico fosse uno studioso a cui l'erbario e la biblioteca avrebbero offerto opportunità di ricerca. Indicò anche il nome della persona ideale in Olof Swartz. Nel 1791 le ultime volontà di Peter Jonas Bergius si tradussero nella creazione di una Fondazione e nella nascita ufficiale dell'Hortus Bergianus (Bergianska trädgården), amministrato congiuntamente dall'Accademia reale svedese delle scienze e dall'Università di Stoccolma. A dirigerlo il Professor Bergianus. Con la sua singolare commistione tra fattoria modello, orto botanico e istituto di ricerca, da allora avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella storia della botanica svedese. ![]() Piante anfibie Nel 1771, in Mantissa plantarum altera, Linneo dedicò al suo vecchio allievo il genere Bergia; purtroppo all'epoca non aveva più l'abitudine di indicare le ragioni delle sue dediche, ma è molto probabile che pensasse all'opera di Bergius sulla flora del Capo di Buona Speranza, visto che come unica specie indicò B. capensis, scrivendo "habitat in Capite Bonae Spei". In realtà, l'informazione è errata: questa specie, di ampia diffusione in altre zone dell'Africa, in Sudamerica, nell'Asia occidentale e centrale, in India, in Indocina, proprio in Sudafrica non c'è, al punto che è stato anche suggerito di sostituirla come specie tipo (cosa non possibile secondo le regole vigenti). Bergia è uno dei due soli generi della famiglia Elatinaceae (l'altro è Elatine); comprende circa trenta specie distribuite nel nord America, nelle Antille, in gran parte dell'Africa, l'Asia tropicale e subtropicale e l'Australia, con due centri di diversità, in Africa e in Australia. Sono erbacee annuali o perenni o suffrutici; possono essere sia terrestri sia acquatiche, e alcune si adattano ad entrambi gli ambienti: ad esempio, B. capensis quando cresce in acqua sviluppa radici verdi e fluttuanti che producono fotosintesi; quando cresce in terra, ha radici bianche, forti e ramificate. Sono dunque definite erbe anfibie. L'ambiente tipico sono aree stagionalmente allagate. Sono piante solitamente di piccole dimensioni. I fusti possono essere eretti o prostrati, molto ramificati; hanno foglie opposte, con margini serrulati, e numerosi fiori, raccolti in cime ascellari o raggruppati alle ascelle fogliari, per lo più minuscoli. I frutti sono piccole capsule che contengono semi oblunghi, lievemente ricurvi.
0 Comments
Sempre più frequentemente troviamo donne alla testa di istituzioni come orti botanici e erbari centrali. Per fare solo qualche esempio, nel 2018 Carrie Rebora Barratt è diventata la prima presidente dell'orto botanico di New York e nel 2023 Gillian Brown la prima direttrice dell'erbario del Queensland. I casi sono moltissimi anche in Italia, da Consolata Siniscalco, direttrice dell'orto botanico di Torino dal 2012 a Barbara Baldan, prefetto dell'orto botanico di Padova dal 2015, e a Lucia Amadei, curatrice del Museo botanico dell'orto botanico di Pisa. In Svezia, ci sono voluti 223 anni perché una donna ricevesse il prestigioso titolo di Professor Bergianus, che all'epoca comportava anche la direzione dell'Hortus Bergianus. E' Birgitta Bremer, tassonomista specializzata nella famiglia Rubiacae, a cui appartiene anche il genere che la celebra, Bremeria. ![]() Una ricercatrice all'avanguardia Nel 1790, con il suo testamento il medico Peter Jonas Bergius donò all'Accademia delle scienze svedese l'orto botanico che aveva creato insieme al fratello Bengt, all'epoca concepito come parte di una scuola orticola; stabilì anche che le attività di formazione e ricerca fossero dirette da un professore che avrebbe "lavorato nella storia naturale, in particolare nella botanica, per la crescita e il progresso della scienza". L'anno successivo nacque così la Fondazione Bergius e venne creata la prestigiosa cattedra di botanica presso l'Università di Stoccolma nota come Professor Bergianus. Il titolare avrebbe dovuto congiungere la ricerca con la direzione del Bergianska trädgården o Hortus Bergianus, amministrato congiuntamente dall'Accademia reale svedese delle scienze e dall'Università di Stoccolma. Così è stato per 223 anni, fino al 2014, quando è stato deciso di separare i due incarichi. L'ultima persona a ricoprire entrambi i ruoli è stata la botanica Birgitta Bremer (nata nel 1950), nominata Professor Bergianus nel 2002, nona titolare e prima donna, dopo otto illustri colleghi. La nomina ha segnato il culmine di una brillante carriera accademica. Bremer è una tassonomista; si è formata presso l'Università di Stoccolma, dove nel 1980 ha conseguito il dottorato in botanica con una tesi sulla tassonomia di un genere di muschi. Ha quindi immediatamente iniziato a insegnare presso la sua alma mater, prima come assistente poi come lettrice di botanica sistematica. Nell'anno accademico 1985-1986 è stata ricercatrice associata presso il Missouri Botanical Garden. Ha poi proseguito la carriera presso l'università di Uppsala, prima come lettrice di biologia, poi come capo del dipartimento di botanica sistematica, infine come titolare della cattedra di sistematica molecolare delle piante. E' stata professor Bergianus, capo della Bergius Foundation, prefetto dell'Hortus Bergianus e capo del dipartimento di sistematica vegetale dal 2002 al 2014. Le ricerche di Bremer riguardano soprattutto le piante tropicali e subtropicali; ha partecipato a spedizioni in Sri Lanka, Malesia, Indonesia, Ecuador, Sudafrica, Africa orientale e Madagascar. Anche se ha studiato anche altri gruppi di angiosperme, approfondendo i sistemi di impollinazione, i modi di dispersione, le forme e i tassi di diversificazione, il suo campo di specializzazione è la grande famiglia delle Rubiaceae, di cui ha studiato le relazioni filogenetiche, i meccanismi di speciazione, le relazioni ecologiche con i diversi ambienti. Nei suoi studi ha combinato le analisi morfologiche e i dati molecolari; è stata una delle prime in Svezia a introdurre i metodi di biologia molecolare nella botanica sistematica. Ha pubblicato, da sola o in collaborazione, oltre 175 articoli. Dal 2009, è membro dell'Accademia svedese delle scienze. Durante la sua carriera, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, il più prestigioso dei quali è indubbiamente la medaglia d'oro Linneo, assegnatale nel 2014 dall'Università di Uppsala per essere riuscita a conciliare la ricerca, la responsabilità accademica e la direzione di un grande orto botanico. Un compito difficile, tanto è vero che, come ho anticipato, dopo il suo pensionamento nel 2014, l'Accademia delle scienze ha deciso di svincolare il Professor Bergianus dalla direzione dell'orto botanico, considerando orami impossibile conciliare la ricerca con le responsabilità amministrative e didattiche. Come professore aggiunto dell'Università di Stoccolma, il Professor Bergianus può ora dedicarsi interamente alla ricerca, senza altri compiti; che la decisione non sia stato semplice lo dice il fatto che la posizione è rimasta vacante per ben otto anni. Solo nel 2022 la micologa Hanna Johannesson è divenuta la decima titolare. Curatrice dell'orto botanico è stata nominata Gunvor Larsson, che in precedenza era stata la botanica responsabile della serra della Victoria amazonica per un ventennio. Il pensionamento di Birgitta Bremer (che è comunque rimasta attiva come ricercatrice e membro di vari comitati) ha dunque segnato la fine di un'era, con la definitiva separazione della ricerca e della gestione dell'orto botanico. ![]() Il genere Bremeria Tra i suoi numerosi lavori dedicati alla sistematica delle Rubiaceae, nel 1998 Bremer pubblicò, insieme a Mats Thulin, un importante studio in cui veniva ristabilita la tribù Mussaendeae come gruppo monofiletico; le loro conclusioni sono state confermate nel 2005 da un équipe internazionale formata da Alejandro, Razafimandimbison e Liede-Schumann, che ha ulteriormente delimitato Mussaenda, restringendolo alle specie africane e asiatiche, e ha creato il nuovo genere Bremeria per accogliere le specie dell'Oceano Indiano, ovvero malgasce e delle isole mascarene. Come caratteri distintivi vengono indicati la disposizione degli elementi florali nella gemma e gli stili densamente pubescenti. Bremeria Razafim. & Alejandro comprende 18 specie, 17 malgasce, una (B. landia) endemica di Mauritius e Réunion. Vivono nelle foreste sempreverdi umide e subumide. Sono arbusti o alberi di medie dimensioni, con foglie opposte, solitamente pubescenti e talvolta scabre. I fiori sono solitamente uniti in infiorescenze panicolate terminali, talvolta ridotte a un singolo fiore. Questi ultimi in genere sono grandi, con un tubo calicino variamente peloso, corolla imbutiforme con lungo tubo e cinque (talvolta sei) lobi, da bianca a rosata, o, in B. landia, verde alla base e all'apice e rossastra in mezzo. I frutti sono grandi drupe o bacche carnose, coronate dai lobi persistenti del calice; contengono molti semi. La specie delle Mascarene è nota fin dal Settecento, quando fu descritta da Poiret come Mussaenda landia; il nome locale è Quinquina Pays, ovvero albero della china del paese. Appartiene infatti alla stessa famiglia della Cinchona ed è raccolta dagli erboristi per le sue proprietà astringenti, toniche e febbrifughe. Cresce dal livello del mare fino a circa 1000 metri; ha un tronco diritto e poco ramificato, tranne in alto. E' oggi rara; viene talvolta piantata in parchi e giardini per la bellezza dei suoi fiori, piacevolmente profumati. Nel 2009 è stata immortalata in un francobollo di Mauritius. Situata all'estremo confine nordorientale del paese e delimitata dai bacini dei fiumi Paraná, che la separa dal Paraguay, e Uruguay, che la separa da Uruguay e Brasile, la provincia argentina di Corrientes è caratterizzata da una flora estremamente ricca e varia. Al suo studio ha dedicato tutta la sua vita la botanica Sara Graciela Tressens, sia con le sue ricerche sul campo sia con le sue numerose pubblicazioni. A onorarla è Tressensia, un genere monotipico endemico delle foreste di quella provincia. ![]() Studiare la flora locale La parola Mesopotamia evoca immediatamente una delle culle della civiltà, il territorio posto tra i due fiumi Tigri ed Eufrate dove fiorirono le civiltà sumerica, assira, babilonese. Ma c'è un'altra Mesopotamia, un'altra terra posta tra i fiumi: è la Mesopotamia argentina, e i fiumi in questione non sono due, ma tre: il Paraná ad ovest, l'Uruguay ad est e l'Iguazú a nord. Essa costituisce il settore più orientale del Nordeste argentino ed è divisa tra tre provincie: Misiones all'estremo nordest, Corrientes a nord e Entre Ríos a Sud; la ricchezza di acque e il clima subtropicale ne fanno uno scrigno di biodiversità. Corrientes, capitale della provincia omonima, è sede di un importante istituzione botanica, l'Instituto de Botánica del Nordeste (IBONE), presso la Facoltà di scienze agrarie dell'Universidad Nacional del Nordeste (UNNE), e del suo erbario, noto con l'acronimo CTES. Tra i ricercatori che hanno animato l'IBONE fin dalla fondazione troviamo la botanica Sara Graciela Tressens; nata nel 1944, e oggi ottantenne. continua a figurare nell'organico dell'istituto come "ricercatrice volontaria". Tressens è nata a Mercedes, una cittadina della medesima provincia; si è quindi trasferita a Corrientes per frequentare l'università. Nel 1966, ventiduenne, si è laureata in biologia presso la facoltà di scienze esatte e naturali, per poi ottenere la laurea di secondo livello in botanica nel 1972. Fin da questi anni universitari, ha fatto parte del gruppo di ricerca fondato intorno al 1966 da un'eccezionale coppia di docenti e studiosi, l'agronomo Antonio Krapovickas e sua moglie, la botanica Carmen Lelia Cristóbal, che sarebbe sfociato nell'IBONE, nato ufficialmente nel 1977. Allieva di Cristóbal, Tressens ne ha assorbito il metodo di lavoro e l'entusiasmo per la flora locale; dopo la laurea, è rimasta a lavorare all'Universidad Nacional del Nordeste, dove si è svolta tutta la sua carriera accademica (docente associata dal 1980, titolare ad interim dal 1988, ordinaria dal 1990, libera docente dal 2005 al 2007); come docente, ha seguito le tesi di innumerevoli studenti e ha partecipato attivamente a conferenze e simposi in Sud America e in Spagna. L'altro versante della sua attività è quello della ricerca. Tra il 1986 e il 1999 ha preso parte a numerosi progetti sostenuti dall'equivalente argentino del CNR, il CONICET (Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas), spesso a fianco di Krapovickas. Nel 1990 è stata nominata ricercatrice aggiunta del CONICET presso l'IBONE. Soprattutto negli anni '90, ha diretto team di ricerca in varie aree dell'Argentina settentrionale. Studiosa della flora del Nordeste e dell'ecologia degli ambienti subtropicali umidi, da sola o più spesso con vari coautori, ha pubblicato una trentina di articoli su argomenti che spaziano dalle piante medicinali, alla tassonomia di generi di varie famiglie, alla pubblicazione di specie nuove. Ha collaborato a diverse opere sulla flora del Nordeste e a Flora of Argentina del Missouri Botanical Garden con capitoli sulle Lauraceae e le Sapotaceae. E' coautrice di Flora Iberá con un'altra botanica dell'università di Corrientes e dell'IBONE, María Mercedes Arbo. Pioniera dell'applicazione delle tecnologie informatiche alla botanica, ha partecipato alla creazione di una base di dati della flora dell'Iberá. Tra i suoi vari ruoli istituzionali, quello di curatrice aggiunta dell'erbario CTES, prima affiancando Carmen Lelia Cristóbal, poi sostituendola per un breve periodo dopo il pensionamento della sua maestra. Dal 2003 al 2009 ha diretto "Bonplandia", la rivista dell'IBONE. ![]() Endemismi di Corrientes Quella di Sara Graciela Tressens è una carriera accademica e scientifica lenta e senza scosse, che sembrerebbe testimoniare una raggiunta parità. In realtà, non è proprio così. In Argentina le ragazze costituiscono il 66% delle matricole universitarie e il 54% dei ricercatori sono donne. Tuttavia mano a mano che avanza il livello della carriera scientifica e accademica, la presenza femminile si riduce: sono circa il 27% sia tra i ricercatori di livello superiore sia nei ruoli di autorità delle organizzazioni scientifiche e tecniche. Dunque, sebbene non più eccezionale, una carriera come quella di Tressens è ancora un caso minoritario. D'altra parte, la studiosa argentina è una delle pochissime botaniche viventi a potersi fregiare della dedica di un genere botanico valido, che nel 2017 è venuta ad aggiungersi a quella di due endemismi di Corrientes, Ruehssia tressensiae e Sida tressensiae. La dedica arriva da un ricercatore dell'IBONE con cui spesso ha collaborato e può essere considerata una specie di oscar alla carriera: "Genere dedicato alla dottoressa Sara G. Tressens, botanica originaria della provincia di Corrientes, che ha fatto parte del gruppo di ricercatori che hanno fondato l'erbario CTES e l'Instituto de Botánica del Nordeste". Del resto, lo stesso anno ricorreva il quarantennale della fondazione dell'IBONE, e Tressens è stata una dei sei pionieri premiati in quell'occasione (quattro uomini e due donne; l'altra è la già citata María Mercedes Arbo). Tressensia è un genere monotipico della famiglia Apocynaceae, rappresentato unicamente da T. viridis, una rampicante volubile rinvenuta in frammenti di selva e boschi ripari dell'estremità nordorientale e sudorientale della provincia di Corrientes. L'eponimo fa riferimento al colore verde dei fiori. Caratteristica di ambienti umidi ed endemica di questa provincia, è una dedica perfetta per celebrare la carriera quarantennale di Sara Graciela Tressens. E se, per una volta, invece di parlare di botanici maschi morti, scrivessi di botaniche vive? Ecco allora un breve ritratto della statunitense Charlotte M. Taylor, grande studiosa dei generi Psychotria e Palicourea e più in generale delle Rubiaceae dell'America tropicale. Cui appartiene anche l'anagrammatico Tromlyca. ![]() Dare un nome alle piante Nel 2018 su "Taxon" uscì il primo articolo dedicato a un'analisi statistica del contributo delle donne alla pubblicazione di nomi botanici; le autrici, basandosi sui dati di International Plant Names Index (IPNI), che registra tutte le 624,682 specie descritte come nuove per la scienza tra il 1753 e il 2013, hanno verificato che solo il 3% è stato pubblicato da donne. La prima in assoluto fu la botanica e pittrice Elizabeth Blackwell nel 1757 con Amomum verum Blackw. Nell'Ottocento, il contributo femminile rimase episodico e solo all'inizio del Novecento toccò l'1% dei nomi pubblicati, per poi crescere lentamente nel corso del secolo, toccando il 10% negli anni '90. La percentuale attuale è appena sotto il 12%. Dei 500 autori di nomi di piante più produttivi, solo otto sono donne. La più produttiva di tutte fu la sudafricana Margaret Louisa Bolus (1877-1970), che pubblicò 1,494 nuove specie, seguita da Olive Mary Hilliard (1925-2022) dell'orto botanico di Edimburgo con 522. La terza è ancora in attività: è la statunitense Charlotte Morley Taylor, nata nel 1955: nel corso della sua carriera quarantennale, ne ha pubblicate più di 500. Sarà dunque lei la prima delle botaniche viventi e se possibile in attività alle quali ho deciso di dedicare i post di questo mese. Come ha raccontato lei stessa, l'interesse per le scienze naturali, è nato in famiglia, grazie ai suoi genitori, appassionati bird watcher; tuttavia, ha scelto la botanica che le offriva maggiore libertà di ricerca. Si è formata presso l'Università del Michigan, per poi conseguire il dottorato (PhD) presso la Duke University di Durham (North Carolina). Contemporaneamente, insegnava al Colegio Universitario de Cayey a Puerto Rico. Ha avuto così modo di studiare dal vivo la flora centro americana; come risultato della ricerca post-laurea, ha pubblicato una revisione del genere Monnina (Poygalaceee) in America centrale e un sommario del genere Palicourea (Rubiaceae). E proprio a questo genere, di cui poi è diventata una grande specialista, appartiene la prima specie da lei pubblicata (1984), P. spathacea. Dopo aver lavorato per tre anni all'università del Porto Rico, dal 1990 è entrata al Missouri Botanical Garden di cui oggi è curatrice; è inoltre professoressa associata dell'università del Missouri-St Louis e ricercatrice associata del National Tropical Botanical Garden (Hawaii). Il campo privilegiato delle sue ricerche è la grande famiglia delle Rubiaceae, cui appartengono piante economicamente importanti come quelle da cui si ricava il caffè e il chinino, ma soprattutto alcuni dei generi con il maggior numero di specie del regno vegetale, in particolare Psychotria e Palicourea. In un'intervista ha così spiegato il suo fascino per questi generi: "Hanno una vasta gamma di dimensioni e colori dei fiori, e modi di presentarli, così la varietà di forme non finisce mai; la maggior parte delle specie ha fiori vistosi che vengono impollinati dai colibrì, che sono belli e affascinanti". Il suo lavoro parte dall'osservazione dei campioni d'erbario e prosegue sul campo; le sue ricerche l'hanno portata in gran parte del centro America, ma anche in Perù, Cile e Bolivia. Ama viaggiare in paesi tropicali ricchi di biodiversità, collaborare con altri botanici e gustare cibi diversi; la gioia maggiore è però trovare piante che non riesce a identificare perché sono nuove per la scienza e non hanno ancora nome. Una gioia che, come abbiamo visto, si è ripetuta finora non meno di 500 volte. Oltre a numerosi studi sui generi delle tribù Palicoureeae e Psychotrieae, ha collaborato per la trattazione delle Rubiaceae a numerose flore dell'America centrale e meridionale (ma anche della Cina); insieme al marito Roy Emile Gereau (uno specialista della flora dell'Africa orientale), ha inoltre pubblicato relazioni sulle comuni spedizioni botaniche in America centrale. Per conoscerla più da vicino, niente di meglio che la bella intervista di Carlos A. Ordóñez-Parra, da cui emergono, da una parte, tutta la sua passione, dall'altro il suo rigoroso metodo di lavoro. ![]() Un nome anagrammatico Diverse piante rendono omaggio a Charlotte Taylor: Lepidium tayloriae, Palicourea tayloriae, Rondeletia tayloriae, Rudgea tayloriae, Breonia tayloriana, Randia tayloriana. Mancava però un genere. A rimediare ha pensato il botanico ungherese Attila Borhidi; ma quale nome usare (Taylor è un cognome comunissimo e esistevano già Tayloria, Tayloriella, Tayloriophyton)? Borhidi così ha pensato a un anagramma: da C. M.Taylor ha ricavato l'enigmatico Tromlyca (gli enigmi, le cacce al tesoro piacciono alla dedicataria). Non c'è quasi bisogno di dire che il nuovo genere appartiene alla famiglia Rubiaceae, tribù Palicoureeae; la sua unica specie, T. locellata, era in effetti stata descritta in precedenza proprio da Charlotte Taylor come Palicourea locellata. Si tratta di un endemismo delle foreste umide della Cordillera Oriental delle Ande colombiane; è un arbusto o un piccolo albero che si distingue da Palicourea per varie caratteristiche ed in particolare per la peculiarità delle stipole e dei frutti (pireni). |
Se cerchi una persona o una pianta, digita il nome nella casella di ricerca. E se ancora non ci sono, richiedili in Contatti.
CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
July 2025
Categorie
All
|