Il tassonomista francese Adrien Franchet è stato uno dei maggiori studiosi della flora cinese e più in generale dell'Estremo Oriente. Eppure non ha mai messo piede né in Cina né in altri paesi dell'Asia orientale. Sono state piuttosto le piante cinesi a venire da lui, sotto forma di esemplari d'erbario spediti soprattutto dai missionari delle Missions Etrangères de Paris. Quando aveva ormai superato la quarantina, fu assunto al Museo di scienze naturali di Parigi per classificare le piante di Armand David; poi arrivarono quelle di Delavay, Farges, Soulié ed altri, moltissime delle quali inedite. Fu così che Franchet classificò e descrisse migliaia di nuove piante acquisendo una conoscenza senza pari della flora di quei paesi che mai aveva visto di persona. Lo ricorda, immancabilmente, una pianta cinese, Sinofranchetia chinensis. ![]() Dalla flora della valle della Loira a quella giapponese Come ho raccontato in questo post, il missionario francese Armand David tra il 1866 e il 1874 fece tre spedizioni in Cina, dalle quali inviò ingenti materiali al Museo di scienze naturali di Parigi. Per quanto riguarda le piante, si trattava di migliaia di esemplari d'erbario da esaminare, classificare e pubblicare, considerando che in una notevole percentuale erano nuove per la scienza. Nel 1880, Édouard Bureau, professore di botanica del Muséum, decise di affidare il lavoro al botanico Adrien René Franchet (1834-1900), che aveva attirato la sua attenzione come coautore di un volume sulla flora giapponese; grazie alla sua insistenza, egli fu assunto al Muséum come botanico ausiliario e si mise alacremente all'opera. Lavorando sui materiali raccolti dal padre David e poi da altri missionari attivi in Cina, Giappone e Corea, sarebbe diventato il massimo esperto della flora dell'estremo oriente, anche se non visitò mai di persona nessuno di quei paesi. Franchet era nato a Pezou, un paesino della valle della Loira, non lontano da Blois. Il padre era giardiniere e viticultore, ma morì quanto egli era ancora piccolo. Già era appassionato di piante e a dieci anni iniziò il suo primo erbario; quando ne aveva 12, la madre pensò di collocarlo come apprendista presso un farmacista di Blois. Il ragazzino ne fu felicissimo; si alzava all'alba e, prima di prendere servizio, andava ad erborizzare nella foresta di Russy. Ma ogni giorno gli era più difficile smettere; arrivava al lavoro sempre più in ritardo, finché in capo a un mese la madre lo ritirò e lo mandò a studiare al Petit séminaire de Saint François de Sales di Blois, una scuola secondaria di ottima reputazione che formava sia futuri seminaristi sia allievi laici. Qui seguì i classici studi liceali, ma senza dimenticare la passione per la botanica, cui dedicava il tempo libero. Al termine degli studi, forse pensava di diventare insegnante. Nel 1857 insegnava come supplente al collegio di Pontlevoy. Era un giovane serio e preparato e fu segnalato al marchese Paul de Vibraye, proprietario del castello di Cheverny, che lo assunse come curatore della sua collezione archeologica, geologica e paleontologica. Franchet si trasferì a Cour-Cheverny e divenne il braccio destro del marchese, uno dei pionieri degli studi preistorici in Francia, partecipando anche a scavi archeologici in Dordogna. Mentre la collezione del marchese cresceva (tra quelle private, era una delle più ricche, con decine di migliaia di oggetti tra cui 6000 reperti preistorici), Franchet continuava a dedicare il tempo libero alla botanica; erborizzava a Cheverny e nei dintorni, e accresceva il suo erbario con le raccolte e con gli scambi con altri appassionati. Al momento, si interessava solo di flora locale. Nel 1866 pubblicò il suo primo articolo (uno studio sulla distribuzione delle fanerogame nel dipartimento del Loir-et-Cher) e fu ammesso alla Société botanique. Nel 1868 il suo primo lavoro di sistematica, dedicato al genere Verbascum, incominciò a farlo conoscere negli ambienti scientifici. Più o meno nello stesso periodo cominciò a corrispondere con Ludovic Savatier (1830-1891), che nel 1865 era stato inviato a Yokosuka in Giappone come medico di una missione francese incaricata di costruire un complesso siderurgico, per poi divenire il responsabile sanitario dell'arsenale. Nei dieci anni durante i quali rimase in Giappone (1865-1876) Savatier contribuì allo scambio botanico tra Europa e Giappone sia raccogliendo e facendo raccogliere ai suoi collaboratori piante nipponiche, sia acclimatando piante europee nel paese del Sol Levante, sia soprattutto cercando di colmare la distanza culturale tra la botanica europea e quella nipponica. In Europa erano uscite due opere complessive su quella flora, Flora japonica di Thunberg (1784) e Flora japonica di Siebold e Zuccarini (1835-1848); in Giappone erano disponibili tre opere illustrate, Kwa-wi ("Raccolta di piante") di Shimada Yonan (1759), Honzo Zufu ("Trattato illustrato di botanica") di Iwasaki Tsunemasala (1828) e Somoko Zusetsu ("Illustrazioni e descrizioni di piante") di Jinuma Yokusai (1856). Anche se in quest'ultimo le piante erano organizzate secondo il sistema linneano e talvolta erano dati i nomi latini, non c'era corrispondenza sistematica tra il modo in cui le piante erano presentate in queste opere, con i loro nomi volgari, e la nomenclatura scientifica europea. Sollecitato dai suoi amici giapponesi, Savatier si era proposto di colmare questo gap, in primo luogo traducendo Kwa-wi con l'aiuto del suo allievo Saba, poi con un'opera illustrata che familiarizzasse i botanici nipponici con la nomenclatura e i sistemi di classificazione europei. A tal fine, fece intense raccolte, arricchite dagli invii di residenti europei e collaboratori giapponesi, mettendo insieme un erbario di almeno 1600 specie, di cui un centinaio nuove per la scienza; inoltre fece disegnare numerose tavole botaniche da artisti giapponesi. Non sappiamo esattamente come e quando cominciò la sua amicizia epistolare con Franchet; ci sono rimaste 221 lettere che egli inviò al botanico francese tra l'ottobre 1866 e il 1878 (non possediamo invece le risposte). Nonostante la distanza che rendeva lenti e difficili gli scambi, l'amicizia divenne intensa e a un certo punto Savatier coinvolse Franchet nel progetto; anche se fino ad allora si era occupato solo di piante europee, anzi prevalentemente del suo dipartimento natale, egli accettò, occupandosi da una parte del riscontro con la letteratura botanica europea, dall'altro con qle piante recentemente raccolte dal botanico russo Maximowicz e custodite presso l'orto botanico di San Pietroburgo, di cui poté ottenere i doppioni. Il risultato del lavoro a quattro mani fu Enumeratio plantarum: in Japonia sponte crescentium, in due volumi, usciti tra il 1875 e il 1879 a spese dello stesso Savatier, che con suo rammarico a causa dei costi dovette rinunciare a inserirvi le illustrazioni. Come leggiamo nella prefazione, voleva essere un manuale pratico: "Questo lavoro è stato redatto su richiesta dei botanici giapponesi e nella forma che essi stessi hanno indicato come più adatta a facilitare la ricerca e la conoscenza delle piante del loro paese". Le piante (circa 2600) sono organizzate in famiglie, generi e specie e per ciascuna specie sono dati i riferimenti alla letteratura botanica europea, l'eventuale riferimento alla letteratura botanica e iconografica nipponica, l'habitat, la distribuzione, il nome giapponese. Nel secondo volume, oltre all'aggiunta di specie segnalate nel frattempo fino al 1877, vengono date la diagnosi delle specie descritte per la prima volta (circa 400), chiavi per il riconoscimento di numerosi generi e una bibliografia aggiornata sulla flora nipponica. Non si tratta ovviamente di una flora completa del Giappone, ma è di notevole valore; sul piano storico, inoltre, fu la prima ad essere pubblicata dopo l'apertura delle frontiere agli stranieri. Per Franchet, cui si deve probabilmente gran parte del lavoro tassonomico, fu l'iniziazione alla flora dell'Asia orientale e, come ho anticipato, il biglietto d'ingresso al Museo di scienze naturali di Parigi. ![]() Pubblicare le piante dei missionari Nel 1880 il marchese di Vibraye morì e Franchet, dopo più di vent'anni al suo fianco, si trovò all'improvviso disoccupato; accettò dunque di buon grado la proposta di Bureau e nel 1881 si trasferì a Parigi. Da quel momento avrebbe lavorato al Muséum fino alla morte, prima come botanico aggiunto, poi dal 1886 come ripetitore presso il laboratorio di Alti Studi della cattedra di botanica, per le classi di classificazione e famiglie naturali. Di fatto fu distaccato all'erbario e si specializzò nella flora dell'estremo oriente. Il suo primo compito fu occuparsi delle piante inviate dal padre David, che dal 1875 viveva a Parigi nella casa madre del suo ordine. Gli era dunque possibile consultare il raccoglitore in persona, con il quale nacque anche un'amicizia personale. Nacquero così i due volumi di Plantae davidianae ex sinarum imperio, pubblicati tra il 1884 e il 1888, il primo dedicato alle piante raccolte in Mongolia e nella Cina centrale, il secondo a quelle del Tibet orientale. Quest'ultimo è certamente il più importante, sia per il gran numero di specie nuove (circa 150) sia per il loro carattere himalayano. Spiccano in particolare i numerosissimi rododendri (nella sua vita, Franchet ne avrebbe studiati e classificati 193). Tra le piante più note Davidia involucrata (che però fu descritta per la prima volta da Baillon, non da Franchet), Acer davidii, Buddleja davidii, Lilium duchartrei, Viola mongolica. Nel 1881 un altro missionario attivo in Cina, il padre Jean Marie Delavay, di passaggio a Parigi tra una missione e l'altra, incontrò padre David che lo presentò a Franchet. Egli durante una prima missione in Cina aveva già raccolto alcune piante, che però aveva consegnato al console britannico per il British Museum e per Kew. Franchet lo convinse a inviare invece al Muséum le piante che avrebbe raccolto nella nuova sede. Delavay fu assegnato allo Yunnan nordoccidentale, una regione ricchissima di biodiversità e sconosciuta ai botanici prima di lui. Fu l'inizio di un incredibile flusso di piante; tra il 1882 e il 1895 egli avrebbe raccolto e inviato al museo circa 200.000 esemplari appartenenti a oltre 4000 specie, 1500 delle quali di nuova segnalazione. Molte furono pubblicate da Franchet in vari articoli e nella sua seconda grande opera dedicata alla flora cinese, Plantae Delavayanae. Plantes de Chine recueillies au Yun-nan par l'abbé Delavay (1889-1890), che contiene tra l'altro 142 piante descritte per la prima volta; purtroppo, a causa del costo elevato delle numerose illustrazioni, ne uscirono solo tre fascicoli. Intanto, incoraggiati dai loro superiori, altri missionari dalle Missions Etrangères de Paris avevano incominciato a fare raccolte ed inviarle al Muséum. Tra quelli che furono pubblicati da Franchet, possiamo citare gli invii di Jean-André Soulié che raccolse più di 7000 specie in Tibet; di Paul Guillaume Farges, attivo a Chengkou nel Sichuan nord-orientale, raccoglitore di quasi 4000 specie; di Émile-Marie Bodinier dal Guizhou; di Urbain Jean Faurie dal Giappone, dalla Corea e da Formosa. In loro onore creò i generi Delavaya, Fargesia e Souliea (quest'ultimo, oggi non più accettato). Inoltre, in collaborazione con Bureau, studiò l'erbario della spedizione in Asia centrale, Tibet e Cina condotta nel 1890 da Gabriel Bonvalot e dal principe Henri d'Orléans. Anche se occasionalmente si occupò anche di piante di altre aree (ad esempio, pubblicò le piante raccolte in Somalia durante la missione Révoil del 1884), dedicò gran parte della sua attività alla flora dell'Asia orientale, con oltre ottanta tra libri ed articoli. In molti di essi approfondì la tassonomia di generi come Delphinium, Epimedium, Primula, Syringa, Gentiana, Lilium, Adonis, maturando sempre più la convinzione della profonda analogia tra la flora alpina europea e quella dei monti asiatici e dell'importanza dello studio di quella flora per comprendere la genesi delle piante delle nostre montagne; così nel 1896, a proposito di una nuova specie di Gentiana, scrisse: "Nel nostro periodo geologico, è proprio nell'Asia centrale e più propriamente nella Cina occidentale che si trova il maggior centro specifico di gran parte dei generi considerati a ragione caratteristici della regione alpina europea". Era su questo terreno che indirizzò i suoi studi negli ultimi anni della vita, ma senza poter giungere a un'opera complessiva, a causa della morte che lo colse improvisa nel 1900, all'età di 66 anni. Nella sua operosissima attività di botanico aveva pubblicato diverse migliaia di piante, 1400 delle quali tuttora accettate, e 17 generi validi. ![]() Grappoli di bacche viola-blu Non stupisce che questo grandissimo tassonomista, in contatto con i principali orti botanici, ed in particolare con Kew e San Pietroburgo, sia ricordato da una pletora di eponimi; sono almeno 138 le piante che si fregiano della denominazione franchetii o franchetianus, la più nota delle quali è probabilmente Cotoneaster franchetii. Ben quattro furono i generi che gli furono dedicati: in ordine di tempo, Franchetia, da parte di Baillon nel 1885; Franchetella da parte di Pierre nel 1890; un'altra Franchetella da parte di Kuntze nel 1891, (1891), Sinofranchetia da parte di Hemsley nel 1907 (ma già creati come sottogenere di Holboellia da Diels nel 1900). Solo quest'ultimo è tuttora accettato. Sinofranchetia (Diels) Hemsley è un genere monotipico della famiglia Lardizabalaceae, rappresentato dalla sola S. chinensis. Franchet era stato il primo a descriverla nel 1894, come Parvatia chinensis. E' una rampicante legnosa originaria delle foreste dense e dei margini forestali della Cina centro-meridionale. E' caratterizzata da belle foglie tripennate, con fogliolina centrale largamente obovata e foglioline laterali ovato-ellittiche disposte obliquamente, glauche nella pagina inferiore. I fiori unisessuali (talvolta portati su esemplari diversi), verdastri, piccoli e poco appariscenti, sono raccolti in lunghi racemi penduli. A farsi notare sono piuttosto i frutti, bacche blu-violaceo delle dimensioni di un chicco d'uva, disposti a coppie o in fascetti di tre a ogni nodo dell'infruttescenza pendula, lunga anche una ventina di centimetri. Sono eduli, ma insipidi. A differenza di specie di generi affini come Holboellia S. chinensis è quasi rustica.
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CimbalariaAppassionata da sempre di piante e giardini, mi incuriosiscono gli strani nomi delle piante. Un numero non piccolo di nomi generici sono stati creati in onore dei personaggi più diversi. Vorrei condividere qui le loro storie e quelle delle piante cui sono legati. Archivi
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